Vita sempre difficile per i piccoli negozi

Continua il periodo difficile per negozi e botteghe, che non sono riuscite a risollevarsi dall’ennesima annata deludente nemmeno nel periodo natalizio.

Considerando i dati forniti da Istat, la situazione è davvero desolante, tanto che nel 2017 sono scomparsi altri 10mila negozi e il gap tra piccoli negozi e centri commerciali si fa sempre più grande, ormai incolmabile.

Ad arrancare sono ancora una volta i negozi su piccole superfici, che hanno registrato perdite che vanno ad aggiungersi a quelle degli scorsi anni: -0,3% nel 2015, -0,8% nel 2016, -1,6% lo scorso anno. La situazione è ancora più pesante per le imprese fino a 5 addetti, che nel 2017 registrano un crollo del 3,1%.

Questo accade perché il commercio tradizionale si trova ad operare in condizioni sempre più difficili, anche a causa del dilagare dell’e-commerce, che restringono e riducono all’osso gli spazi di mercato.
Ad incidere è anche la ripresa dell’indice dei prezzi, causata soprattutto dalla risalita dei beni energetici, ovviamente sentita dalle famiglie, che hanno visto diminuire il loro potere d’acquisto.
E questo non migliorerà finche non ci sarà una ripresa stabile, poiché l’inflazione in aumento rischia di portare ad una ennesima riduzione dei consumi, con ovviamente effetti pesanti e conti pubblici.

Come fare, dunque, per risolvere una situazione che sembra affossarsi sempre più? Ci vorrebbe una drastica inversione di marcia, che possa agire sulla leva fiscale e alleggerire famiglie ed imprese, ma anche una contromossa per poter arrivare a colmare gli squilibri evidenti tra negozi di vicinato e grande distribuzione.
Tra i rimedi più prossimi potrebbe esserci il tax credit, o la cedolare secca anche per i locali commerciali. Questi provvedimenti comporterebbero una rinascita pressoché immediata per tante attività, e quindi un’impennata nelle vendite che davvero servirebbe.

Vera MORETTI

Esercizi commerciali: servono orari più stabili

Confcommercio ha espresso la sua opinione circa la regolamentazione degli orari degli esercizi commerciali dando il suo parere positivo affinché ciò avvenga.
Si tratterebbe, fanno sapere da Confcommercio,”di una regolamentazione minima e ragionevole in materia di orari dei negozi, peraltro assolutamente compatibile con i principi e le prassi prevalenti in Europa in materia di libertà di concorrenza”.

Obiettivo di questo provvedimento è quello di arrivare ad avere deroghe certe all’interno di un chiaro quadro normativo, per consolidare, così, il modelli distributivo italiano e le sue imprese, piccole, medie o grandi che siano, arrivando così a valorizzare la vocazione turistica delle diverse e sfaccettate territorialità. Ma non è tutto, perché con questa modalità si arriverebbe a rispettare anche il valore sociale di queste imprese, mantenendo un adeguato livello nell’offerta dei servizi ai consumatori.

Nella nota divulgata da Confcommercio si legge inoltre: “Vale la pena come la totale liberalizzazione del commercio avviata all’inizio del 2012 non abbia prodotto né maggiore concorrenza, obiettivo impossibile da raggiungere visto il già elevato grado di liberalizzazione del settore, né particolari stimoli ai consumi o all’occupazione. E anche i dati più recenti indicano che le imprese del commercio al dettaglio continuano a chiudere – poco meno di 23mila nei primi tre mesi di quest’anno con un saldo negativo per oltre 10mila unità rispetto alle nuove aperture – e i consumi continuano a mostrare ritmi di ripresa ancora inadeguati a recuperare quanto perso dal 2007 ad oggi (-7,6%) e comunque insufficienti a dare qualche beneficio ai negozi di vicinato“.

Vera MORETTI

In tutta Italia si potranno decidere orari e giorni di chiusura dei negozi

Manca poco al via libera per la liberalizzazione degli orari di apertura al pubblica dei negozi al dettaglio. Fin’ora il regolamento vigeva solo nei centri artistici e turistici. La misura è stata proposta dal ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla, che l’ha vigorosamente difesa in un’intervista a ”Libero” affermando di non riuscire a ”capire” le obiezioni di alcune associazioni di categoria e sindacati su quella che è ”una vera e propria rivoluzione liberale, qualcosa che in questo Paese nessuno era riuscito a fare”.

Il governo – continua la Brambilla – deve prima di tutto rispondere alle richieste dei cittadini e pensare alla competitività del Paese. Ovunque funziona così. E l’Italia non può restare indietro soprattutto nel particolare momento economico che stiamo vivendo. Come si fa a criticare una norma che in una situazione di crisi fa crescere l’offerta e di conseguenza anche la domanda? Rimettiamo in moto un circolo virtuoso che parte dai consumi e dà impulso all’economia e all’occupazione“.

A breve è previsto un tavolo con i sindacati per dar vita ad una concertazione necessaria per porre in essere la nuova normativa senza disguidi.

Mirko Zago