Moda italiana, crescono gli acquisti in Italia

La moda italiana è una dei campioni dell’export del made in Italy, ma non dobbiamo dimenticare che la gran parte del fatturato del settore arriva dagli acquisti effettuati in Italia, tanto dagli stranieri quanto dai nostri connazionali, che della moda italiana sono innamorati.

Ebbene, secondo i dati che emergono dall’Osservatorio Fashion Industry Insight di American Express, nei primi sei mesi di quest’anno gli acquisti di moda italiana effettuati nel nostro Paese sono rimasti stabili rispetto allo stesso periodo del 2014, con i dati relativi al secondo trimestre che parlano di una leggera ripresa, pari al 2,4%.

È vero, i dati della ricerca sono parziali perché analizzano i comportamenti di spesa dei titolari delle carte American Express, ma dal report emerge che la passione per la moda italiana non conosce certo crisi, dal momento che l’incremento del secondo trimestre 2015 è stato generato agli acquisti di beni di lusso (+4,3% rispetto allo stesso periodo del 2014) e al contributo fondamentale dei department store (+3%).

In questi comportamenti di spesa, di coloro i quali comprano in Italia la moda italiana, non stupisce il fatto che Milano si confermi la meta preferita di chiama la moda, forse anche per l’effetto trainante di Expo 2015 sui turisti, italiani e stranieri.

Nella prima metà del 2015, la spesa a Milano ha fatto segnare un +4,2%, spinto dal +6% dei beni di lusso e dal +16% dei grandi magazzini. La buona performance dei grandi magazzini del lusso e della moda italiana è confermata dalla crescita robusta dello scontrino medio che, per ogni singola transazione, ha fatto registrare un +37%.

In sostanza, in base ai dati dell’Osservatorio, nei primi 6 mesi dell’anno i cosiddetti big spender hanno speso di più e più spesso. Le loro transazioni sono triplicate nell’ambito dei beni di lusso e duplicate nelle categorie “high street brands”, “aspirational fashion” e “department stores”. Perché la moda italiana comprata in Italia ha evidentemente un altro fascino.

Food Made in Italy re dell’export

Seppur siano tanti i settori di eccellenza che hanno imposto il Made in Italy oltre i confini nazionali, è ancora il food che spopola e che colloca il Belpaese ai vertici mondiali di gradimento, con ben 20 prodotti.

Sono la pasta, le conserve di pomodoro, gli insaccati, i formaggi, ma anche le verdure e gli ortaggi, i prodotti più amati dagli stranieri, in particolare nel Paesi dove l’export è cresciuto maggiormente nell’ultimo anno, come la Germania (+17,3 per cento), la Francia (+20,5 per cento), l’Inghilterra (+23,6 per cento) e gli Stati Uniti (+37,8 per cento).

Tra gli alimenti che solleticano le papille gustative in Europa e nel mondo, ci sono anche i dolci e i prodotti da forno, il caffè, le carni e i vini, immancabili quando si tratta di Made in Italy.

si tratta di un patrimonio il cui export vale 30 miliardi di euro, in crescita di un terzo rispetto a cinque anni fa, nonostante le contraffazioni e l‘italian sounding, che danneggiano pesantemente il nostro nome e le nostre tradizioni.

Le cifre sono da capogiro: si tratta di un fatturato di quasi 300 miliardi di euro, che garantisce 230mila posti di lavoro.
Considerando la qualità, altissima, dei prodotti, c’è da andarne fieri.

Vera MORETTI

La miniera d’oro dell’ export italiano

Non passa giorno che non arrivino conferme del fatto che il made in Italy è un prodotto vincente soprattutto sotto il profilo dell’ export. Secondo il recente rapporto I.t.a.l.i.a. – Geografie del nuovo made in Italy, stilato da Unioncamere, Fondazione Edison, Fondazione Symbola e Aiccon, tra il 2010 al 2014 l’ export manifatturiero del nostro Paese, compreso quello agroalimentare, è cresciuto del 18,4%, da 323 a 382 miliardi di euro, mentre l’import è leggermente calato, da 285 a 282 miliardi. Una differenza che ha fatto in modo che il surplus commerciale nel 2014 raggiungesse quasi i 100 miliardi di euro, un record.

Un trend dell’ export che non interessa solo l’Europa, sottolinea il rapporto, ma tutto il mondo occidentale “perché per trovare un attivo industriale più alto di quello italiano – che è il quinto in assoluto – bisogna spingersi in Estremo Oriente, cioé in Cina, Giappone e Corea”.

L’ export è stato quindi ancora una volta il salvagente della nostra economia, poiché settori che hanno visto crollare i consumi interni, hanno trovato nuova vita all’estero. Tre su tutti, ricorda il rapporto: il legno arredo, l’impiantistica e la meccanica. Clamoroso il caso di questi ultimi due, che nel 2014 hanno fatto registrare un surplus di 50,4 miliardi (meccanica) e di 7,2 miliardi (impiantistica).

Se in Paesi come l’Italia la crisi ha indebolito la domanda interna, all’estero vi è stata una dinamica inversa. Basti paragonare i nostri risultati con quelli dei Paesi europei più affini a noi. In Italia, nel 2014, fatturato interno -17,9%, fatturato estero +10,8%; in Germania fatturato interno -2,1%, fatturato estero +8,8%; Francia fatturato interno +4,5%, fatturato estero +3%.

Il nostro export è dunque la miniera d’oro delle imprese e, non a caso, il rapporto I.t.a.l.i.a. sottolinea come, rispetto al 2010, il nostro Paese abbia mantenuto il 95,8% delle quote di export; per dire, un Paese come il Regno Unito ha tenuto il 98,1%, la Germania il 96,9%, la Francia il 89,7% e il Giappone il 71,2%.

Made in Italy superstar nei mercati emergenti

Expo 2015, oltre che una vetrina per l’Italia nel mondo, è l’occasione per fare il punto su diversi aspetti della nostra economia, attraverso studi, ricerca sondaggi. Recentemente il Centro Studi Confindustria e Prometeia hanno presentato la sesta edizione della ricerca “Esportare la dolce vita”, dalla quale emerge che l’export dei prodotti made in Italy nei mercati emergenti è sempre più forte e destinato a migliorare

Secondo quanto emerge dallo studio, il valore delle esportazioni made in Italy dei cosiddetti “Bbf”, i prodotti belli e ben fatti, nei 30 principali mercati emergenti, raggiungerà i 16 miliardi di euro nel 2020, dagli 11 dello scorso anno; un incremento che, in termini percentuali, vale il 45%, mentre sui mercati maturi si attesterà intorno al 27%.

Si tratta in realtà di mercati che, per il made in Italy, non sono spesso nuovissimi. La Russia, per esempio, resterà il principale mercato per le imprese italiane, con una previsione di fatturato per il 2020 di 3,5 miliardi e una crescita frenata dal quadro macroeconomico e politico non rassicurante.

Dietro a Mosca vengono gli Emirati Arabi, vera Mecca per il made in Italy: 3,3 miliardi e un +1,3 miliardi di import. Medaglia di bronzo per la Cina: 2,2 miliardi nel 2020, con un +0,7 miliardi di import.

L’analisi di Confindustria e Prometeia si concentra particolarmente sui Bbf dei settori abbigliamento e tessile casa, alimentare, arredamento, calzature, gioielleria, occhialeria e oreficeria. Tutti settori del made in Italy appetitosi per i nuovi ricchi dei mercati emergenti che, secondo lo studio, nel 2020 saranno 224 milioni in più rispetto allo scorso anno. La metà di essi risiederà nelle principali città di Cina, India e Indonesia, ma occhio a Paesi vicini in forte crescita come, per esempio, la Turchia..

Confindustria e Prometeia mettono però in guardia le imprese del made in Italy che vogliono esportare in questi Paesi, poiché l’accesso a quei mercati non è sempre facile. Ecco perché è stata stilata una classifica di accessibilità per Paese che vede al primo posto gli Emirati Arabi in testa in tutti i settori in cui si struttura il ranking; seguono la Malesia e i mercati europei. Occhio all’assenza nella top 10 di Paesi chiave per il nostro made in Italy come Russia e Cina. Segno che, su questo aspetto, c’è ancora da lavorare.

Cresce ancora l’ export italiano

In un quadro macroeconomico nel quale il nostro Paese ancora fatica a risollevare la testa, nonostante qualche timido segnale di ripresa, c’è un dato che non tradisce mai le attese, quello dell’ export italiano. Secondo i numeri diffusi dall’Istat, a febbraio 2015 le esportazioni verso i Paesi extra Ue hanno fatto segnare un +4,5% e le importazioni un +1,1% rispetto a gennaio.

La forte la crescita tendenziale dell’ export italiano (+7,1%) è stata determinata, secondo l’Istat, dai beni strumentali (+19,9%) e, in misura minore, dai cosiddetti prodotti intermedi (+4,6%). A febbraio l’avanzo commerciale è stato pari a 2.840 milioni di euro (+1.338 milioni rispetto a febbraio 2014), mentre il surplus nell’interscambio di prodotti non energetici è stata pari a 5 miliardi rispetto ai 4,7 miliardi di febbraio 2014.

Nell’ultimo trimestre, la dinamica congiunturale dell’ export italiano verso i Paesi extra Ue si conferma positiva (+1,5%) e investe tutti i principali beni, esclusa l’energia (-17,9%). Le vendite di prodotti intermedi sono in rilevante espansione (+3,7%).

Nel mese di febbraio 2015, i mercati di sbocco più dinamici per l’ export italiano sono stati gli Usa (+49,3%, che scende a +24,8% al netto dei mezzi di navigazione marittima) e la Turchia (+10,7%). L’embargo verso la Russia e la debolezza del rublo hanno invece penalizzato l’ export italiano verso quel Paese (-28,5%) e anche i Paesi dell’area Mercosur (il mercato comune del Sudamerica) hanno fatto registrare un calo piuttosto sensibile: -17,6%.

L’ export agroalimentare italiano crolla in Russia

Che l’embargo dei prodotti italiani imposto alla Russia dopo la crisi ucraina sia stato una mazzata per il nostro export agroalimentare e non è un dato di fatto certificato, ora, anche dai numeri.

Secondo un’analisi sulla base dei dati Istat relativi al mese di novembre 2014, rispetto allo stesso periodo dello 2013, è crollato del 23% in un mese l’ export agroalimentare e non di prodotti made in Italy in Russia. Un tracollo dovuto, oltre all’embargo, anche al drastico rallentamento dell’economia russa e al deprezzamento del rublo, che ha ridimensionato le previsioni sul Pil di Mosca: la stima del 3,5% per il 2015 è calata al -3%, mentre dal 2,5% per il 2016 si è passati al -1%.

Secondo l’analisi Istat, l’ export agroalimentare è stato il più colpito, dal momento che l’embargo ha bloccato l’ingresso in Russia per molti prodotti agroalimentari, ma le perdite che si sono registrate sono notevoli anche in altri comparti. Nello specifico, oltre al -66% per l’ export agroalimentare, è stato segnato -82% negli autoveicoli, -21% per i mobili e -27% nel tessile.

Ad aggravare la situazione per l’ export agroalimentare, fanno sapere da Coldiretti Giovani, in Russia è in atto una vera “svalutazione dell’immagine e del mercato Made in Italy”, causata dalla diffusione delle imitazioni di prodotti tipici dell’enogastronomia italiana. Un boom di prodotti Made in Italy taroccati che, dicono da Coldiretti Giovani, “non hanno nulla a che fare con il Bel Paese”. Ed è un boom che preoccupa…

Nasce il fondo che valorizza le esportazioni italiane

Se le esportazioni italiane sono una delle voci più pesanti e d’eccellenza della nostra economia, perché non farne anche una fonte di investimento? È quello che deve essersi chiesto Comoi Group, che ha infatti attivato Italy Export Credit, un fondo di investimento specializzato che investe nelle esportazioni italiane.

Il fondo è destinato esclusivamente a fondazioni, compagnie assicurative e fondi pensione – tipicamente i grandi investitori istituzionali – e dà valore alle esportazioni italiane investendo in obbligazioni di pagamento che vengono rilasciate dalle banche dei Paesi importatori, le quali operano nelle transazioni commerciali con le aziende italiane esportatrici; in questo modo smobilizzeranno i propri crediti liberandosi del rischio correlato.

Il valore delle imprese e delle esportazioni italiane è stato sottolineato dal direttore generale di Comoi Sim, Gerardo Stigliani, in occasione della presentazione di Italy Export Credit: “Italy Export Credit è la prima iniziativa di questo tipo in Europa e si pone come un fondo di sistema in grado di creare finalmente un ponte tra il risparmio previdenziale e assicurativo raccolto dagli investitori istituzionali e l’economia produttiva più vitale rappresentata dalle imprese che esportano”.

Meccanica, gioiello del made in Italy

Chi ha detto che il made in Italy che vince nel mondo è solo quello del cibo e della moda? Forse non tutti sanno che uno dei settori nei quali l’Italia è campione del mondo in qualità, innovazione ed export è quello della meccanica.

Proprio al settore della meccanica è stato dedicato il dossier redatto da Symbola, Fondazione Edison e Unioncamere intitolato 10 verità sulla competitività italiana, realizzato per la Fondazione Ucimu.

Secondo il rapporto, sono solo cinque i Paesi al mondo con un surplus commerciale manifatturiero superiore a 100 miliardi di dollari; l’Italia è uno dei cinque, che tra il 2008 e il 2013 ha aumentato l’export del 16,5%.

Numeri positivi, il cui merito va anche a uno dei settori, quello della meccanica, che nel 2012 ha fatto registrare un surplus di 53 miliardi di dollari, stimati in salita a 70 miliardi per il 2013. Meglio della meccanica italiana ci sono solo la meccanica tedesca e giapponese. Su un totale di 496 prodotti, la meccanica italiana occupa le prime tre posizioni al mondo per attivo commerciale con l’estero in quasi la metà dei casi, 235.

Una capacità di fare impresa e di resistere alla crisi con l’eccellenza (non solo della meccanica) ben sintetizzata nel dossier: “L’Italia è in crisi, una crisi profonda. Ma non è un Paese senza futuro. Dobbiamo affrontare problemi che vengono da lontano, che vanno ben oltre il pesante debito pubblico. E la crisi mondiale si è innestata proprio su questi mali. Rimediare non è facile, ma non è impossibile. Basta guardare con occhi nuovi al Paese e avere chiaro quali sono i nostri punti di forza”.

Il rapporto annuale Censis premia il made il Italy

È stato di recente pubblicato il rapporto annuale Censis sulla situazione sociale del Paese 2014, il 48esimo, dal quale emerge un’Italia sempre più disillusa e ripiegata su se stessa, in preda alla tentazione del facile egoismo.

Eppure, tra le tante ombre presenti nel rapporto annuale Censis, qualche luce c’è ed è costituita dalla tenuta del made in Italy all’estero. Secondo il 48esimo rapporto annuale Censis, infatti, l’interesse suscitato all’estero dall’Italia, nonostante non sia adeguatamente sfruttato, non conosce crisi: l’Italia è infatti la quinta destinazione turistica al mondo, con 186,1 milioni di presenze straniere nel 2013 e 20,7 miliardi di euro spesi (+6,8% rispetto al 2012).

L’export delle cosidedette “4 A” del made in Italy (alimentari, abbigliamento, arredo-casa e automazione) è cresciuto del 30,1% in termini nominali tra il 2009 e il 2013. Secondo il 48esimo rapporto annuale Censis, il successo di cibo e vini italiani nel mondo è uno degli indicatori più significativi dell’appeal incrollabile che ha il nostro stile di vita. L`Italian food, nella sua accezione di rapporto con il territorio, autenticità, qualità, sostenibilità, è uno dei primi ambasciatori del nostro Paese nel mondo.

Secondo il 48esimo rapporto annuale Censis, il made in Italy agroalimentare è una delle componenti più dinamiche dell’export: 27,4 miliardi di euro nel 2013, con un +26,9% rispetto al 2007. L`Italia è infatti il Paese con il più alto numero di alimenti a denominazione o indicazione di origine (266), e stacca Francia (219) e Spagna (179) al secondo e terzo posto. Così il nostro Paese sta riuscendo a conquistare, con logica da soft power, un posto di rilievo nel mercato globale. Mentre il mercato interno, purtroppo, arranca sempre di più.

L’export salva la ceramica Made in Italy

La ceramica, una delle eccellenze del Made in Italy, sta risalendo la china, dopo un periodo in cui era stata registrata una pericolosa flessione.
Infatti, dopo che il 2012 si era concluso con un preoccupante segno meno, il 2013 aveva riportato i risultati agli antichi albori, chiudendo a dicembre con un incremento delle esportazioni del 4,76%.

Questo trend, che vede nell’export il vero cardine del successo di questo comparto, sta continuando anche nel 2014, anche se, per avere i dati precisi, si dovrà aspettare Capodanno.

Ad oggi, le aziende attive nel settore sono 156, con un impiego di 20.537 addetti, che nel corso del 2013 hanno prodotto 363,4 milioni di metri quadrati (-1,05%) tali da consentire vendite per 389,3 milioni di metri quadrati (+1,85%).

Per quanto riguarda, comunque, la dinamica dei mercati di destinazione, la flessione è ancora molto forte all’interno dei confini nazionali (-7,18% ), mentre le esportazioni sono in aumento del 4,76%, che contribuiscono al segno positivo definitivo delle vendite.

Considerando, infatti, solo l’export, si nota un aumento di fatturato del 5,66%, che, però, sommato al segno negativo degli scambi a livello nazionale (-6,84%), fa assestare la percentuale a +3,16%.

Importante sottolineare che per l’anno in corso gli investimenti previsti sono pari a oltre 248 milioni di euro (+10% rispetto al 2013).

Le vendite nell’Unione Europea (Italia esclusa), sono ora a 155,8 milioni di metri quadrati e pari a quasi il 52% delle vendite oltreconfine. Le esportazioni verso gli altri paesi europei extra Ue presentano una dinamica positiva sia in quantità (+1,88%) sia in valore (+1,41%).

Per quel che riguarda la situazione extra Europa, da segnalare un rallentamento nel quarto trimestre delle esportazioni verso la Russia, comunque ancora positivo il dato cumulato (+2,52% in quantità e +1,67% in valore).
Si confermano dinamiche fortemente positive negli Stati Uniti (+15,06% in quantità).

Significative crescite per i volumi di vendita verso l’Asia pari a 34,4 milioni di metri quadrati, con l’aggregato Golfo che registra un incremento del 15,5% in quantità. In crescita anche le esportazioni verso l’Africa (+14,77%) e verso Australia e Oceania (+14,28%).

Vera MORETTI