Nel 2013, 11 miliardi di finanziamenti dalla BEI alle pmi

Il 2013 è stato un anno record per i finanziamenti arrivati alle imprese italiane da parte della Banca Europea per gli Investimenti.
Sono infatti 10,4 miliardi erogati alle pmi, ai quali si aggiungono ulteriori 600 milioni provenienti dal Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI) per un totale di 11 miliardi, che hanno attivato progetti per oltre 30 miliardi, circa il 2% del Pil.

Fabrizio Saccomanni, ministro dell’Economia e delle Finanze, ha così dichiarato in proposito: “L’Italia ha sempre attribuito grande importanza al ruolo che la BEI può avere per lo sviluppo e la crescita, in particolare in una fase segnata da profonda recessione. Anche per questo l’Italia ha partecipato con entusiasmo all’aumento di capitale della BEI nel corso del 2013 con la propria quota di 1,6 miliardi, e ha contribuito – in seno all’assemblea dei soci e nel consiglio di amministrazione – a orientare il ruolo della banca verso una strategia di sostegno in particolare alle piccole e medie imprese che costituiscono il tessuto connettivo della nostra industria”.

Sono più di 8.400 le piccole e medie imprese che nell’anno appena trascorso hanno ricevuto finanziamenti, per una cifra complessiva di 3,3 miliardi, pari al 34% del totale.
Nel 2012 i fondi Bei erogati alle pmi erano stati pari a 2,5 miliardi.
In termini di settore, la BEI è intervenuta nell’energia, a cui è stato attribuito il 22% dei finanziamenti erogati nel 2013, nelle telecomunicazioni e trasporti (20%), nell’industria (13%), nell’acqua (10%) e nello della sanità (1%).

Tra i progetti maggiormente finanziati dalla Bei nel corso del 2013, ampio spazio hanno avuto quelli appartenenti a ricerca e sviluppo, ma anche quelli relativi all’ammodernamento infrastrutturale del paese, compreso lo sviluppo della banda larga.

Sono stati inoltre avviati nuovi settori di attività, tra cui il primo finanziamento nel social housing in Italia (a Parma), il sostegno al Parco scientifico Erzelli di Genova e al progetto Energy Efficiency Milan Covenant of Mayors, finanziamenti ai porti e a iniziative Growth finance (GFI).

Ha aggiunto Saccomanni: “Auspico che l’impegno della Bei possa essere ulteriormente sviluppato in futuro, per sostenere e accompagnare la nostra industria e le nostre imprese nella fase di ripresa economica che, seppur ancora molto debole, sta mostrando i primi segnali anche in Italia“.

Vera MORETTI

Scadenza imminente per mini Imu e Tares

Anche se il ministro Fabrizio Saccomanni ha dichiarato che la mini Imu sarà, tutto sommato, equa, chi è chiamato a pagarla, con scadenza 24 gennaio, non sembra così ansioso di farlo. Anzi, ne farebbe volentieri a meno.

Il motivo? Semplice: per tutto il 2013 era stato promesso che i contribuenti non sarebbero stati chiamati, per quest’anno, al pagamento dell’aliquota, se proprietari di prima casa, perciò alla luce dei fatti, gli scontenti sono molti.

Stessa scadenza riguarda la Tares, maggiorata di 0.30 euro al metro quadro.
Questa maggiorazione interesserà tutti, sia i proprietari di immobili ad uso residenziale, sia quelli ad uso strumentale.

Vera MORETTI

Imu, rischio collasso per i Caf

L’incertezza sulle modalità di pagamento della seconda rata dell’Imu è come una valanga che lungo la sua corsa trascina con sé tutto quello che trova e che si ingrandisce sempre di più, mano a mano che prosegue sul suo cammino. Un esempio? L’allarme arrivato da Unimpresa.

Secondo l’associazione che costituisce il sistema di rappresentanza delle micro, piccole e medie imprese così come individuate dalle norme dell’Unione Europea, è allarme nei Caf (i centri di assistenza fiscale) per il calcolo della seconda rata Imu. L’approvazione del decreto legge che cancella, solo parzialmente, il versamento di dicembre sulle abitazioni principali, è arrivata infatti troppo a ridosso delle scadenze.

Ma soprattutto la confusione generata dalla norma che consente ai comuni di far pagare la quota di imposta relativa all’eventuale aumento stabilito nel 2012 e nel 2013 rispetto all’aliquota ordinaria (4 per mille) rende molto probabili errori nella determinazione degli importi da pagare entro il 16 gennaio. Con l’elevatissimo rischio di dare il via a un contenzioso di grandi proporzioni tra contribuenti e amministrazioni locali. Sono 900 Centri di assistenza fiscale, distribuiti in 60 province in tutta Italia, che aderiscono a Unimpresa.

Il decreto legge approvato mercoledì, ricorda Unimpresa, prevede il pagamento per la quota di Imu superiore alla aliquota base fissata al 4 per mille; i proprietari di abitazioni principali dovranno corrispondere ai comuni il 40% di questa eccedenza mentre il restante 60% è a carico dello Stato. Su 8.000 comuni complessivi, finora sono stati approvati circa 4.000 regolamenti Imu: c’è tempo fino al 5 dicembre ed è molto probabile che si assisterà ad aumenti selvaggi. I bilanci delle amministrazioni locali sono in rosso e l’opportunità offerta dal Governo col decreto approvato mercoledì consente di fare cassa rapidamente. Il decreto, infatti, fa scattare il prelievo extra sia per i comuni che hanno deliberato l’aumento dell’aliquota nel 2013 o devono ancora farlo, sia per i comuni che hanno confermato una aliquota superiore a quella base approvata lo scorso anno.

L’altro grave problema ricordato da Unimpresa, è la determinazione degli importi, considerato che il decreto Imu prevede che solo una parte (il 40%) dell’imposta si effettivamente pagata. “Il decreto – osserva il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardiè una barzelletta. In un colpo solo sono stati spostati due termini, quello per le delibere comunali e quello per il versamento, ed è stata portata dal 16 dicembre al 16 gennaio la scadenza per i versamenti. E poi c’è l’aspetto politico. Il Governo di Enrico Letta si è rimangiato la promessa e alla fine, anche se per cifre non rilevanti, obbliga le famiglie a una ministangata”.

Imurtacci vostri! L’imposta sugli immobili è sempre più un caos

di Davide PASSONI

Siamo veramente il Paese di Pulcinella. Neanche sulla tanto contestata Imu il governo è riuscito a dare una risposta chiara e definitiva. Va bene che in Italia ammazza quasi di più l’incertezza fiscale che il fisco stesso, ma con l’imposta sulla prima casa il governo ha sfiorato ancora di più il ridicolo.

Dopo la pubblicazione dei decreti sulla Gazzetta Ufficiale è infatti ancora più chiaro il caos che regna in materia. Prima la parte della seconda rata a carico dei cittadini, adesso la clausola di salvaguardia posta a garanzia dell’incasso, per cancellare la prima rata. Una mossa che prevedeva che il gettito in sarebbe arrivato dalla sanatoria sui giochi on line (600 milioni) e dalla maggiore Iva incassata dopo l’accelerazione dei pagamenti dei debiti della PA. (925 milioni). Ma, almeno per i giochi, non sarebbe andata come il ministro Saccomanni sperava, avendo incassato poco più della metà di quanto previsto; in sostanza, mancano i soldi: scattano quindi gli aumenti degli acconti Ires-Irap (per le aziende) e delle accise (gas, energia, alcolici ma non benzina, almeno per ora…).

Insomma, buio totale. Ecco perché questa settimana noi di INFOIVA cercheremo di capirne di più. Perché se, come detto all’inizio, l’incertezza fiscale è, sia per le imprese sia per i cittadini, quasi più dannosa della marea di tasse stessa, non possiamo arrenderci al fatto di essere trattati come sudditi. Il nostro compito è quello di mantenere alta l’attenzione: sudditi sì (purtroppo), scemi no.

Lettera di Alemanno al Governo

Riccardo Alemanno, presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio Enrico Letta e al Ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, e per conoscenza al Vice Ministro Fassina ed ai Presidenti delle Commissioni Finanze di Senato e Camera Marino e Capezzone richiedendo la proroga della scadenza Imu ed avere subito la certezza del rinvio annunciato degli acconti da autotassazione.

Nella lettera inviata dal presidente di INT si legge: “La presente per evidenziare uno stato di profondo malessere dei tributaristi aderenti all‘INT, che mi onoro di presiedere, come tutti i professionisti dell’area tributaria dobbiamo quotidianamente cercare di spiegare ai contribuenti perché il fisco oltre ad essere oppressivo dal punto di vista economico, credo di non dovere evidenziare che la pressione fiscale in Italia non sia più sostenibile, lo sia anche per la sua complessità e per l‘assoluta mancanza di certezza“.

Ma non è tutto perché Alemanno, dopo aver illustrato come la pressione fiscale abbia raggiunto livelli inaccettabili, ha motivato la sua richiesta: “L’ eterna incertezza delle norme e delle scadenze, con un continuo cambiamento delle regole, ne abbiamo esempi anche in questi giorni mi riferisco alla rimodulazione degli acconti da autotassazione ed alla ormai imminente scadenza dell’Imu. Non sono amante delle proroghe, perché la proroga è sinonimo di sconfitta delle regole, della corretta programmazione, del diritto del cittadino-contribuente di avere norme che diano tempi certi per potere adempiere ai propri obblighi tributari, ma si è creata una tale problematica che è inevitabile spostare, almeno al 30 dicembre, la scadenza del saldo IMU ed avere immediatamente la certezza del rinvio degli acconti da autotassazione, anche per il rispetto dei contribuenti che sono cittadini e non sudditi“.

Il tono perentorio con cui Riccardo Alemanno si è rivolto ai destinatari della sua richiesta è dovuto alla situazione in cui versa l’Italia, ovvero di estrema criticità, sia che si tratti dei professionisti che devono adempiere alle scadenze fiscali, sia dei contribuenti, esasperati da cuneo fiscale e da continue incertezze sul piano burocratico.

Il numero uno di INT, però, ha infine ribadito la totale disponibilità a collaborare con il Governo per dare vita ad una riforma fiscale che, considerando la condizione attuale, “deprime l‘economia e mortifica l‘impresa, soprattutto le micro-imprese ed il mondo del lavoro autonomo“.

Vera MORETTI

Rateizzazione in dieci anni per i contribuenti in difficoltà

La crisi ha messo in difficoltà i contribuenti a tal punto che, in molti casi, faticano ad adempiere ai pagamenti che stanno arrivando a scadenza.

Per questo motivo, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha firmato un decreto ministeriale che prevede la possibilità di rateizzare in 120 mesi le cartelle di Equitalia dei contribuenti in difficoltà per la crisi.

I piani di rateizzazione sono diversi:
Quello ordinario scatta in caso di “temporanea situazione di obiettiva difficoltà economica”, come disciplinato dal Testo unico sulla riscossione delle imposte sul reddito del 1973, e prevede un massimo di 72 rate.

Il piano straordinario può essere chiesto invece di fronte a una “comprovata e grave situazione di difficoltà, indipendente dalla responsabilità del debitore e collegata alla congiuntura economica”: in questo caso, si potrà diluire il debito con il Fisco in 120 rate.
Il piano straordinario scatta quando il contribuente non è in grado di pagare una rata superiore al tetto del 20% sul reddito mensile per i privati e del 10% sul valore della produzione per le imprese.

Confesercenti ha dato in giudizio positivo al provvedimento: “Il provvedimento che consente di spalmare su 120 rate il pagamento delle cartelle Equitalia è intelligente e umano, perché evita di sommare crisi a crisi: tanti, imprenditori e non, si trovano in difficoltà a causa della recessione, e sono quindi realmente impossibilitati a pagare in tempi brevi le proprie pendenze fiscali. Il nostro apprezzamento va anche all’onorevole Daniele Capezzone, promotore della mozione per un fisco più umano, che con il suo lavoro ha permesso a famiglie e imprese di tirare un sospiro di sollievo”.

Vera MORETTI

Il Governo assicura: niente seconda rata Imu

Niente seconda rata dell’Imu?
A quanto pare, sembra che, dopo la prima, anche la seconda manche di una delle tasse più odiate e discusse non si pagherà.

Ad assicurarlo è stata la voce del vicepremier Angelino Alfano, che ha ribadito come il Parlamento abbia intenzione di mantenere la promessa a suo tempo mantenuta.
E della stessa idea, pur non rinnegando le difficoltà di applicazione del provvedimento, è il ministro dell’Economia e delle Finanze Fabrizio Saccomanni.

Medesimo pensiero è quello di Gianpiero D’Alia, ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione: “Molto seriamente il ministro Saccomanni ha posto il tema delle coperture, nel senso che bisogna intervenire con ulteriori tagli di spesa e quindi ognuno dovrà assumersi la responsabilità di individuare quali sono le priorità in questo campo. E’ un lavoro complesso che va fatto con serietà e senza annunci che non hanno significato. E’ facile fare rivendicazioni di principio, poi bisogna tradurre tutto in fatti concreti che hanno ricadute”.

Vera MORETTI

Attività commerciali: la ripresa dov’è?

Provate a parlare di ripresa a chi ha un’attività commerciale. Nella migliore delle ipotesi, vi risponderà con una sonora risata, nella peggiore vi tirerà addosso il mazzo di chiavi con il quale ha dovuto chiudere il proprio negozio.

Il recente meeting di Confesercenti che si è tenuto in Umbria ha infatti messo bene in chiaro una cosa: la crisi non allenta la presa sul commercio. Nonostante segnali di miglioramento rispetto al 2012, l’estate 2013 ha segnato un altro momento nero del settore. Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Confesercenti, tra luglio e agosto hanno aperto 2.656 nuove imprese commerciali in sede fissa e hanno cessato l’attività 5.574, per un saldo negativo di 2.918 unità.

Il risultato del IV bimestre 2013 è lievemente migliore (+332 imprese) di quello registrato lo scorso anno nello stesso periodo (-3.250 esercizi), ma si è annullata la “ripresina” messa a segno nel bimestre maggio-giugno 2013 quando hanno aperto 7.546 nuove imprese, 3.532 in più rispetto a marzo-aprile.

Complessivamente, nei primi otto mesi dell’anno si registra un saldo negativo di 14.246 imprese nel commercio al dettaglio (18.208 nuove aperture e 32.454 chiusure). Si tratta comunque di un miglioramento, anche se debole, rispetto al saldo dei primi otto mesi del 2012, negativo per 15.772 esercizi. Il risultato è dovuto principalmente all’aumento delle nuove iscrizioni (+2.015), dato che compensa il più lieve incremento delle chiusure (+489).

Il rapporto di Confesercenti sottolinea che la percentuale di imprenditori stranieri nel settore è arrivata al 67%: “un fenomeno socio-economico che meriterebbe un approfondimento”. Molto importante anche il ruolo delle imprese giovanili, il 38,2% delle nuove iscritte, e significativo il peso delle imprese femminili (30%) e di quelle straniere (22,1%). In termini di peso sul totale delle cessazioni, appare critica la situazione delle imprese femminili, che compongono la percentuale maggiore (35%). Male anche quelle giovanili, che rappresentano il 20% delle chiusure. Resistono meglio gli imprenditori stranieri (11,9%).

La recessione, tecnicamente, sta per finire. Purtroppo non si può dire altrettanto della crisi del commercio e di quella del turismo”, dice il segretario generale di Confesercenti, Mauro Bussoni. “Ormai è chiaro a tutti che le liberalizzazioni delle aperture non servono ad agganciare la ripresa: il miglioramento dei dati 2013 sul 2012 è così lieve da sembrare più che altro un rimbalzo”.

Secondo Bussoni è “particolarmente preoccupante” la situazione di donne e giovani: “Intraprendono l’avventura imprenditoriale per crearsi un lavoro, ma la domanda interna è ancora bassissima, e il mercato asfittico”.

Senza puntare sulla formazione dei nuovi imprenditori e sull’informatizzazione delle nuove imprese – dice ancora Bussoni – non si può più sperare che il commercio continui a rivestire il ruolo di shock absorber della disoccupazione. Non è tenendo aperto sempre che si aiuta il settore: c’è bisogno di un cambiamento di mentalità e di passo. Non ci si può più improvvisare imprenditori. Ora il governo dia risposte nuove e convincenti”.

Già, sempre il governo…

La ripresa: tutti ne parlano, pochi la toccano con mano

di Davide PASSONI

Tutti ne parlano, qualcuno dice di vederla, di toccarla con mano ma, alla prova dei fatti la tanto attesa ripresa sembra essere più un mantra e un auspicio che la realtà.

Ci sono segnali di ripresa ma sarà abbastanza lenta“, ha detto il governatore di Bankitalia Ignazio Visco al termine del recente Ecofin, precisando subito che “c’è incertezza e si riflette su imprese e attività produttiva” e che sulla ripresa dell’economia pesa in particolare un “ritardo non solo di natura ciclica ma anche strutturale“. “Ripresa entro fine anno. Una crisi di governo ora sarebbe irrazionale”, gli ha fatto eco il ministro dell’Economia Saccomanni.

E per chiudere, la Bce conferma “per i restanti mesi del 2013 e il prossimo anno un lento recupero del prodotto, sostenuto soprattutto dall’orientamento ‘accomodante’ della politica monetaria“.

Insomma, tutti a dire che, forse, il fondo lo abbiamo davvero toccato e adesso altro non si può fare che risalire. In realtà, però a guardare le cifre relative alla mortalità delle imprese italiane, al peso delle tasse che le schiacciano, alla difficoltà di ripresa della domanda interna (motore primo da accendere per poter ripartire), la fotografia che appare è ben diversa.

Questa settimana Infoiva cercherà di capire che cosa c’è di vero e che cosa di propagandistico in questi proclami e di verificare se, anche in questo quadro economico il momento che stiamo vivendo è come l’ora più buia della notte: quella che precede l’alba.

Investitori asiatici per Telecom?

Mancano pochi giorni al 19 settembre, quando, durante il consiglio convocato dai vertici Telecom, si dovranno vagliare le alternative per affrontare la crisi ed evitare che un debito troppo elevato faccia declassare la compagnia telefonica.

Le premesse non sembrano tanto incoraggianti, poiché Naguib Sawiris, il magnate egiziano che aveva manifestato l’intenzione di sottoscrivere un aumento di capitale riservato, pare ci abbia ripensato perché la politica dell’azienda “sarebbe più favorevole a un’offerta di Telefonica”.

A smentire questa dichiarazione, ci sono però le parole di Fabrizio Saccomanni, il quale ha dichiarato che il governo non ha alcun tipo di preclusione contro eventuali investitori esteri.
Ciò vale in ugual modo per Telefonica e per Sawiris e quindi qualsiasi soluzione proposta verrà valutata con attenzione e soprattutto senza preclusioni.

Nel frattempo, Telco aspetta al varco le decisioni del gruppo spagnolo.
Se Telefonica manifestasse l’intenzione di rilevare Telecom, Mediobanca, Intesa e Generali, che insieme controllano l’11,8% di Telecom, sarebbero felici di passare il testimone al gruppo spagnolo. Ma se viceversa Alierta decidesse di mantenere lo status quo, allora gli italiani, invocando la scissione, avrebbero le mani libere per valorizzare questa quota, anche autonomamente, cedendo le azioni del gruppo telefonico al miglior offerente.

Dalle indiscrezioni, sembra che Bernabè stia vagliando l’interesse di potenziali investitori asiatici, che sarebbero pronti a sottoscrivere un aumento di capitale riservato senza pretendere in cambio particolari diritti di governance.
Il presidente di Telecom avrebbe illustrato a diversi investitori di lungo termine un nuovo piano per risanare Telecom capace di creare valore per tutti, anche senza operazioni straordinarie, salvo tamponare l’emergenza debiti che si è creata quest’anno dopo che il margine lordo delle attività domestiche è sceso oltre ogni previsione.

L’ad Marco Patuano starebbe infatti lavorando a un nuovo piano industriale da presentare al consiglio del 19 settembre.
Della ricerca di nuovi investitori si sarebbe invece occupato Bernabè, e secondo fonti finanziarie, tra i candidati ci sarebbe il fondo sovrano del Qatar, che fra l’altro insieme alla Cdp ha recentemente sottoscritto un veicolo che dovrà investire nel made in Italy e nel turismo.

Vera MORETTI