Buoni Fruttiferi: Federconsumatori impugna ordinanza inammissibilità

Dopo la decisione del Tribunale di Roma di dichiarare inammissibile la Class Action, promossa da Federconsumatori, inerente il corretto calcolo delle imposte sui Buoni Fruttiferi Postali e a cui avevano aderito già migliaia di risparmiatori, l’associazione annuncia il ricorso avverso tale decisione. I risparmiatori possono continuare a sperare.

Class Action di Federconsumatori contro Poste Italiane

La controversia nasce in seguito alla sentenza del Tribunale di Bergamo che ha sanzionato Poste Italiane per il calcolo errato della tassazione applicata sui Buoni Fruttiferi Postali della serie Q emessi tra il luglio 1986 e il 31 ottobre 1995. In basso sono presenti i link degli approfondimenti su questa annosa questione.

Partendo da questa sentenza, Federconsumatori aveva proposto una class action a cui avevano dato la pre-adesione migliaia di risparmiatori in possesso dei titoli emessi da Poste Italiane e garantiti dallo Stato.

Preliminare alla vera trattazione della questione è il giudizio di ammissibilità che il Tribunale Civile di Roma ha rigettato lo scorso mese di gennaio 2022 per carenza di presupposti. Tra le motivazioni addotte vi è il fatto che il contraddittorio doveva essere integrato anche nei confronti di Cassa Depositi e Prestiti e nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Inoltre la Class Action è disciplinata nel Codice dei Consumatori, ma i ricorrenti non possono essere considerati tali in quanto sono investitori.

Buoni Fruttiferi Postali: Federconsumatori impugna l’ordinanza di inammissibilità della class action

Federconsumatori ha dichiarato di trovare inspiegabile e opinabile la motivazione con cui il Tribunale Civile di Roma ha dichiarato con ordinanza inammissibile la class action. Il presidente di Federconsumatori Michele Carrus sottolinea che nelle settimane trascorse l’associazione ha ricevuto molteplici sollecitazioni a proseguire la strada intrapresa. Di conseguenza è stata presa la decisione di proseguire e proporre reclamo alle giurisdizioni superiori avverso l’ordinanza di inammissibilità pronunciata dal Tribunale di Roma. Ha dichiarato: “I cittadini, che numerosi, in questi giorni, ci hanno manifestato la volontà di proseguire impugnando l’ordinanza, chiedono a gran voce giustizia. Una richiesta a cui non possiamo sottrarci.

Rimandiamo agli approfondimenti sulla questione per ulteriori informazioni sulla questione inerente i buoni fruttiferi postali della serie Q:

Buoni Fruttiferi Postali: perché ci sono controversie sulla serie Q/P?

Tassazione Buoni Fruttiferi Postali: la decisione del Tribunale di Bergamo

Buono da 5 milioni con rimborso 65.000 euro: pesante condanna per Poste Italiane

Maxi valutazione per un Buono Fruttifero del 1986: 246.560 euro

Class Action Buoni Fruttiferi di Poste Italiane: cosa sapere

Buoni Fruttiferi Postali: inammissibilità class action, motivi

Buoni Fruttiferi Postali: Inammissibilità class action, i motivi

Rese note le motivazioni che hanno spinto il Tribunale di Roma a dichiarare inammissibile la class action contro Poste Italiane intentata da Federconsumatori a tutela dei risparmiatorim che hanno sottoscritto Buoni Fruttiferi Postali emessi tra il 1° luglio 1986 e il 31 ottobre 1995 con indicazione “serie Q”. Ecco i chiarimenti sulla inammissibilità della class action.

Inammissibilità class action contro Poste Italiane: arrivano le motivazioni

Il giorno 13 gennaio 2022 è stata depositata l’ordinanza di inammissibilità della class action contro Poste Italiane intentata da Federconsumatori a tutela dei risparmiatori che hanno visto calcolare le imposte sui loro Buoni Fruttiferi Postali con il metodo della capitalizzazione annuale degli interessi e non con la capitalizzazione al momento della riscossione. Questo metodo di calcolo infatti è particolarmente svantaggioso per i risparmiatori e soprattutto ha già avuto la censura del Tribunale di Bergamo con la sentenza 1390 del 2020.

Nelle scorse ore sono state rese note le motivazioni per le quali la sedicesima sezione del Tribunale di Roma ha ritenuto inammissibile la class action andando così a deludere gli oltre 5.000 risparmiatori che avevano già manifestato la pre-adesione alla procedura.

Disciplina della class action posteriore rispetto all’emissione dei Buoni

Il primo motivo è strettamente temporale. In Italia la class action, cioè la possibilità di intentare un’azione legale a tutela di una “classe” di soggetti che vogliono tutelare “diritti individuabili omogenei” è entrata in vigore nel 2009, ma come ha fatto rilevare Poste Italiane che naturalmente ha cercato di far valere le proprie ragioni, l’emissione dei Buoni Fruttiferi Postali della serie Q è antecedente rispetto all’entrata in vigore di questa disciplina.

Federconsumatori, invece ritiene che l’azione sia ammissibile perché il torto sarebbe emerso non al momento dell’emissione, ma al momento della riscossione dei Buoni.

L’azione doveva essere intentata contro Cassa Depositi e Prestiti e il Ministero dell’Economia e delle Finanze

La seconda motivazione riguarda la necessità di integrare il contraddittorio, infatti l’azione non doveva essere presentata solo contro Poste Italiane, ma anche contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze e contro Cassa Depositi e Prestiti che hanno emessi i Buoni oggetto di controversia.

I “ricorrenti” non sono consumatori ma investitori

La terza motivazione addotta è basata sul fatto che la class action è un’azione legale collettiva generalmente riservata ai consumatori e infatti questa procedura fino al maggio 2021 non era disciplinata nel Codice di Procedura Civile, ma all’interno del Codice dei Consumatori. Il caso che però qui interessa non ha ad oggetto comportamenti lesivi dei diritti del consumatore, ma di investitori.

Di conseguenza anche Federconsumatori non è soggetto idoneo a tutelare gli interessi dei risparmiatori.

A ben vedere si tratta di motivi ostativi di tipo procedurale, d’altronde il giudice in questa fase non può entrare nel merito delle questioni. Da parte sua Federconsumatori ha già reso noto che intende proporre ricorso avverso tale decisione. Per i risparmiatori resta comunque la possibilità di procedere autonomamente a tutela dei loro diritti facendo riferimento alle sentenze già emesse e tra queste appunto la 1390 del 2022 pronunciata dal Tribunale di Bergamo. Per saperne di più leggi l’articolo: Tassazione Buoni Fruttiferi Postali: la decisione del Tribunale di Bergamo 

e l’articolo: Buoni Fruttiferi Postali: perché ci sono controversie sulla serie Q/P

Buoni fruttiferi postali: per il Tribunale di Roma inammissibile la class action

Federconsumatori nei mesi scorsi ha proposto una class action contro Poste Italiane per l’annosa questione della tassazione calcolata sui Buoni Fruttiferi della Serie Q/P emessi da Poste Italiane tra il 1 luglio 1986 e il 31 ottobre 1995. E’ arrivata il 13 gennaio 2022 la tanto attesa risposta e purtroppo non è quella che i risparmiatori si aspettavano.

Storica sentenza del tribunale di Bergamo contro Poste Italiane

Il Tribunale di Bergamo con la sentenza 1390 del mese di ottobre 2020, risolvendo un contrasto tra norme gerarchicamente diverse, aveva acceso le speranze di molti risparmiatori. Nella sentenza Poste Italiane viene condannata a corrispondere al titolare del Buono i maggiori importi dovuti in seguito a un calcolo errato delle imposte operato da Poste Italiane. Il calcolo degli importi da corrispondere ai risparmiatori  secondo il Tribunale deve essere effettuato capitalizzando gli interessi al momento della riscossione e non con capitalizzazione annuale come è solita fare Poste Italiane. Questa però non è l’unica questione che colpisce i Buoni Fruttiferi Postali emessi in questo periodo, infatti Poste Italiane ha già subito numerose condanne perché nei Buoni della Serie Q/P non sono chiaramente indicati i nuovi tassi di interesse applicati dal ventunesimo anno al trentesimo anno.

La class action dei risparmiatori in possesso di Buoni Fruttiferi Postali

Sulla base della sentenza del Tribunale di Bergamo, Federconsumatori decide di proporre una class action a cui hanno dato la pre-adesione migliaia di risparmiatori. L’obiettivo dell’azione proposta è far in modo che l’annosa questione dei buoni della Serie Q/P sia risolta in un unico momento. La decisione sull’ammissibilità della class sarebbe dovuta arrivare il giorno 8 novembre 2021, ma il Tribunale di Roma in tale data ha preferito rimandare la decisione in quanto ha ritenuto di dover preliminarmente sciogliere il nodo della partecipazione all’azione di Cassa Depositi e Prestiti e del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

La decisione del Tribunale di Roma sulla class action contro Poste Italiane

Ora la decisione del Tribunale di Roma sulla class action di Federconsumatori contro Poste Italiane è arrivata. La decisione non è però quella attesa da migliaia di risparmiatori, infatti ha bocciato la class action in quanto ha ritenuto che ci sia una carenza di presupposti. In poche parole si è ritenuto che Federconsumatori non avesse la legittimazione ad agire per la classe di risparmiatori.

Naturalmente questo non vuol dire che i risparmiatori debbano arrendersi, infatti possono ciascuno autonomamente agire in giudizio per ottenere il corretto calcolo degli interessi e delle imposte da versare. Inoltre Federconsumatori ha già dichiarato di voler intraprendere ulteriori iniziative per procedere con la class action.

Federconsumatori ha dichiarato che la decisione appare “inspiegabile e irrituale”, inoltre, attraverso il Presidente Michele Carrus, ha reso noto che “Esistono fondati motivi, a nostro avviso, per ritenere impugnabile il pronunciamento odierno” e di conseguenza l’associazione sta valutando come operare.

Per conoscere tutte le questioni inerenti i Buoni Fruttiferi Postali emessi tra 1 luglio 1986 e il 31 ottobre 1995, è possibile leggere gli approfondimenti di seguito indicati.

Buoni fruttiferi postali: perché ci sono controversie sulla serie Q/P

Tassazione Buoni Fruttiferi Postali: la decisione del Tribunale di Bergamo

Buono da 5 milioni con rimborso 65.000 euro: pesante condanna per Poste

Maxi valutazione per un Buono fruttifero del 1986: 246.560 euro

 

Buoni fruttiferi postali: decisione sulla class action rimandata

Slitta ancora la decisione sull’ammissibilità della Class Action proposta da Federconsumatori contro Poste Italiane per le liquidazioni più basse rispetto alle aspettative dei Buoni Fruttiferi Postali della serie Q.

Class Action: decisione rimandata, occorre integrare il contraddittorio con Poste Italiane e Cassa Depositi e Prestiti

Oggetto della controversia sono i rendimenti e la tassazione calcolati sui buoni fruttiferi postali emessi tra il 1° luglio 1986 ed il 31 ottobre 1995 . Come già annunciato in un precedente articolo l’udienza che avrebbe dovuto decidere sull’ammissibilità dell’azione era stata fissata per l’8 novembre 2021.

La stessa si è tenuta ma il giudice ha chiesto maggiore tempo per decidere in quanto è opportuno preliminarmente valutare se debbano essere coinvolti  Cassa Depositi e Prestiti e il Ministero dell’Economia e delle Finanze perché entrambi hanno emesso dei titoli. Federconsumatori non appoggia tale tesi perché ritiene che la stessa porti esclusivamente ad allungare i tempi. L’altro nodo da sciogliere è se effettivamente sia ammissibile la Class Action contro Poste Italiane, quest’ultima ritiene che non si possa utilizzare tale procedura in quanto i fatti si riferiscono a un periodo in cui nel nostro ordinamento ancora non era prevista tale tipologia di azione giudiziaria.

Nel frattempo cresce il numero di coloro che hanno deciso di sostenere tale azione e di aderire alla stessa. Le pre-adesioni registrate da Federconsumatori superano le 4.000 unità anche se l’associazione sottolinea che i soggetti interessati potrebbero essere molti di più considerando l’emissione di circa 250.000 titoli.

Al momento non si conosce la data della nuova udienza per l’ammissibilità della Class Action, rimandiamo agli approfondimenti già scritti per coloro che sono in cerca di informazioni, mentre cercheremo di aggiornare nel più breve tempo possibile appena sarà nota la decisione.

Class Action Buoni Fruttiferi di Poste Italiane: cosa sapere 

Buoni Fruttiferi Postali: perché ci sono controversie sulla serie Q/P 

Tassazione Buoni Fruttiferi Postali: la decisione del Tribunale di Bergamo

Class Action Buoni fruttiferi di Poste Italiane: cosa sapere

L’iniziativa della Class Action contro Poste Italiane per il pasticcio dei Buoni Fruttiferi Postali emessi dal 1986 al 1995 e ricadenti nella serie Q è di Federconsumatori e l’udienza per l’ammissibilità dell’azione è stata fissata per il giorno 8 novembre 2021 quindi a breve potrebbero esservi importanti novità. Se la Class Action dovesse essere ammessa, con un’unica trattazione e un’unica sentenza potrebbero trovare tutela tutti i risparmiatori che aderiscono con una notevole riduzione dei tempi della giustizia e soprattutto con una pronuncia uniforme che non potrà essere disattesa da Poste Italiane.

Class Action di Federconsumatori contro Poste Italiane per i buoni fruttiferi serie Q

Federconsumatori stima che i sottoscrittori di Buoni Postali Fruttiferi della Serie Q siano circa 250.000. Di questi molti hanno proceduto in autonomia a proporre ricorsi contro il calcolo degli interessi maturati effettuato da Poste Italiane e contro la tassazione dei rendimenti capitalizzati di anno in anno, mentre altri ancora non hanno provveduto. Tra questi vi sono  circa 1000 consumatori che hanno già formulato la loro pre-adesione alla class action di Federconsumatori, ma i termini per aderire ancora non sono scaduti. Occorre ricordare che molti titolari non sanno di poter agire, oppure avendo già riscosso ritengono che i termini siano per loro scaduti.

L’azione dell’associazione dei consumatori parte dalla sentenza 1390 del 2020 del tribunale di Bergamo, questa ha in oggetto la tassazione dei buoni fruttiferi della serie citata. Dal 1986 fa il suo ingresso nel nostro ordinamento la tassazione degli interessi sui Buoni Fruttiferi Postali, ciò che invece non viene chiarito fin da subito è se la tassazione va calcolata sul montante finale o con capitalizzazione annuale degli interessi. Le differenze dal punto di vista economico sono rilevanti e Poste Italiane ha applicato il metodo che più di altri danneggia i risparmiatori, cioè la capitalizzazione annuale.

Il tribunale di Bergamo, risolvendo un conflitto tra norme di diverso rango, ha deciso che gli interessi devono essere calcolati sul montante finale e quindi ha risolto in modo favorevole all’investitore. Da questa pronuncia può aprirsi un filone importante e ammettere la class action può voler dire per i giudici italiani risolvere in breve tempo molte controversie.

Puoi trovare il commento alla sentenza 1390 /2020 del Tribunale di Bergamo nell’articolo: Tassazione Buoni Fruttiferi Postali: la decisione del tribunale di Bergamo

Per un’attenta disamina della questione inerente i buoni fruttiferi postali della serie Q/P è possibile leggere l’articolo Buoni fruttiferi Postali: perché ci sono controversie sulla serie Q/P

Ammissibilità della class action contro Poste Italiane

Il Tribunale davanti al quale è stata presentata la class action dovrà stabilire se la questione posta da Federconsumatori sia caratterizzata da manifesta fondatezza (qualità che appare ovvia viste le diverse sentenze che sono state già pronunciate in materia), inoltre dovrà valutare l’ammissibilità e l’omogeneità dei diritti rivendicati con l’azione stessa. Secondo i legali di Federconsumatori il requisito della omogeneità è rispettato in quanto Poste Italiane sistematicamente commette gli stessi errori.

Federconsumatori sottolinea che è possibile effettuare la propria adesione all’azione anche se il Buono Fruttifero Postale è già stato riscosso, ma è essenziale avere una copia del Buono stesso. Nel caso in cui il risparmiatore non abbia più tale documento è possibile recarsi presso l’ufficio postale di riscossione e chiedere “la ricerca cartacea dei titoli riscossi” per effettuare tale operazione è necessario versare 50 euro con bollettino postale.

Se il buono è stato riscosso da persona che nel frattempo è deceduta, l’azione può essere proposta dagli eredi.

Cenni alla procedura di adesione

La normativa italiana sulla class action è inserita nella legge 31 del 2019 e prevede che in seguito alla dichiarazione di ammissibilità dell’azione, il giudice fissa un termine non inferiore a 60 giorni e non superiore a 180 giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza di ammissibilità per poter aderire all’azione da parte di soggetti collettivi portatori di interessi individuali (quindi possono aderire altre associazioni di consumatori). Per quanto invece riguarda i soggetti tutelati, cioè i singoli individui, Federconsumatori parla oggi di pre-adesioni perché in realtà le adesioni possono essere anche successive.

In seguito all’eventuale pronuncia di accoglimento dell’azione di classe, sarà nominato il giudice delegato per la procedura di adesione e i singoli potranno aderire inserendo la propria adesione nel fascicolo telematico, la stessa però deve essere suffragata da fatti e prove. Il giudice dovrà poi decidere sulla singola adesione.  L’adesione potrà essere fatta anche senza essere assistiti da un avvocato.

Ricordiamo, infine, che è possibile agire anche autonomamente contro Poste Italiane in tutti i casi in cui si ritiene che sia stata applicata una tassazione errata o un calcolo degli interessi sbagliato.

Stangata d’autunno? Aumenti in vista per le tariffe, ma attenti agli allarmismi

L’economia italiana è in forte ripresa come non accadeva da anni, ma tutto questo ha dei riflessi anche sui costi e il Codacons, associazione dei consumatori, parla di stangata d’autunno e prevede un aumento considerevole delle tariffe più importanti con un maggiore esborso per le famiglie di circa 1500 euro distribuito su soli 3 mesi. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

Stangata d’autunno: attenzione all’eccessivo allarmismo

Occorre sottolineare che i titoli allarmistici sulla stangata d’autunno sono un po’ esagerati, infatti nella stima del Codacons sono inseriti anche i costi relativi al rientro a scuola degli studenti. Si calcola che per ogni figlio, tra corredo scolastico e libri, ci sia un esborso di circa 1200 euro. Tale somma però non è determinata solo da rincari, ma anche da prezzi “base”. Codacons calcola il solo corredo scolastico (astucci, diari, quaderni, zaini, colori) nel 2021 costerà 550 euro circa per alunno, ma su queste voci è possibile comunque operare con oculatezza, ad esempio evitando prodotti griffati. In realtà gli effetti rincari sono più bassi e li vedremo nel prosieguo.

Tenendo in considerazione esclusivamente i rincari, Federconsumatori stima una spesa in più pari a 7,1 euro per il corredo scolastico del 2021. Addirittura Federconsumatori per il 2021 ipotizza una riduzione della spesa relativa ai libri, calcola che uno studente del primo anno di liceo debba spendere per i libri 668,20 euro, pari all’1,3% in meno rispetto al 2020. Per uno studente di prima media, invece, sempre secondo Federconsumatori, la spesa per i libri sarà di 429,30 euro, pari al 3,1% in meno rispetto al 2020. Naturalmente sono stime, infatti molto dipende anche dalle scelte dei libri scolastici operate dagli insegnanti, ogni singola famiglia potrà valutare l’effettiva spesa.

Rincari d’autunno: nel 2021 l’inflazione corre

Ritornando alle voci sulla stangata d’autunno, in Italia attualmente si registra un’inflazione al 2,1% e questo porta ad un aumento dei prezzi al consumo, a farne le spese più di tutti è il comparto energetico, trasporti, turismo. Dal solo aumento dell’inflazione secondo le stime fatte ci sarà un aumento di 190 euro del costo della vita.

Il solo comparto dei trasporti che ha visto ad agosto un forte aumento di domanda ha registrato aumenti di prezzi del 5,3%, questi però non sono del tutto giustificati se non con la necessità del settore turismo di aumentare le entrate dopo i blocchi dovuti al covid e all’aumento di domanda degli italiani.

Stangata d’autunno 2021: il settore energetico registra aumento del costo della materia prima

Particolarmente importante è l’aumento del prezzo del metano, raddoppiato rispetto a quello dei mesi primaverili, tale aumento è dettato da un incremento della domanda da parte dei Paesi asiatici. A ciò si aggiunge che il 1° ottobre l’ARERA ( Autoritàdi Regolazione per Energia, Reti, Ambiente) provvederà ad aggiornare le tariffe e ovviamente su queste si rifletterà proprio l’aumento del costo del metano che a sua volta porterà aumenti anche della bolletta elettrica. Ciò perché la maggior parte delle centrali termoelettriche utilizza il metano per produrre energia. L’aumento a famiglia per il costo di elettricità e gas spalmato sull’ultimo trimestre del 2021 sarà di 24,5 euro.

Non va meglio con i carburanti, infatti attualmente c’è un aumento del 17,8% del prezzo della benzina rispetto allo stesso periodo di un anno fa, mentre per il gasolio l’aumento registrato rispetto a settembre 2020 è del 16,7%. L’aggravio calcolato per i carburanti è di 75 euro in più a famiglia. L’aumento dei prezzi di carburante secondo le stime porterà ad un aumento anche del costo dei prodotti che viaggiano su gomma, ad esempio quelli del settore alimentare.

I notai presentano la Carta dei Diritti del Cittadino

E’ stata presentata lo scorso 16 luglio a Roma, e in concomitanza in altre 25 città italiane, la Carta dei Diritti del Cittadino nei rapporti col Notaio, realizzata dal Consiglio Nazionale del Notariato in collaborazione con 10 associazioni dei consumatori, ovvero Adiconsum, Adoc, Assoutenti, Casa del Consumatore, Cittadinanzattiva, Confconsumatori, Federconsumatori, Movimento Consumatori, Movimento Difesa del Cittadino e Unione Nazionale Consumatori.

Obiettivo di questa carta è far conoscere agli utenti le garanzie che il notaio offre nell’esercizio della funzione pubblica, ma anche per informare il cittadino circa i suoi diritti e la tutela dei suoi beni, rendendo così più diretta e semplice la comunicazione tra notai e cittadini.

La carta dei diritti è stata presentata dal Notariato, che è stato il primo tra gli ordini professionali attivi nell’area economico-giuridica, perché consapevole della difficoltà nell’apprendere e comprendere il lavoro svolto dai notai e quindi orientarsi, nei loro rapporti con i professionisti, in modo più consapevole.
Si cerca, dunque, di diminuire progressivamente quel gap informativo e comunicativo che ancora esiste, ed è anche piuttosto profondo.

La carta, che si compone di diverse sezioni, dalle garanzie offerte dalla prestazione del notaio ai diritti dei cittadini nei rapporti con il notaio e le sue responsabilità, si propone come uno strumento di facile lettura utile ad orientare l’utente nella complessità della prestazione notarile e renderlo consapevole delle garanzie offerte dall’atto pubblico nelle operazioni economiche che riguardano la famiglia, la casa, i mutui e le successioni.

La carta è disponibile in tutti gli studi notarili sotto forma di brochure e poster, ma anche nelle sedi delle Associazioni dei Consumatori e scaricabile dal sito del Notariato.

Vera MORETTI

A Roma la presentazione della Carta dei Diritti del Cittadino

Appuntamento a Roma il 16 luglio presso la Sala Cristallo dell’Hotel Nazionale per la conferenza stampa nazionale durante la quale verrà presentata la “Carta dei Diritti del cittadino nei rapporti con il notaio”, realizzata dal Notariato e 10 Associazioni dei Consumatori, ovvero Adiconsum, Adoc, Assoutenti, Casa del Consumatore, Cittadinanzattiva, Confconsumatori, Federconsumatori, Movimento Consumatori, Movimento Difesa del Cittadino, Unione Nazionale Consumatori, che punta ad offrire ai cittadini uno strumento di informazione sul ruolo del notaio e le garanzie offerte a tutela dei loro beni.

Vi prenderanno parte:

Albino Farina: Consigliere Nazionale del Notariato con delega ai rapporti con le Associazioni dei Consumatori;

Mario Finzi: Vicepresidente di Assoutenti;

Laura Liberto: Coordinatore nazionale Giustizia per i Diritti di Cittadinanzattiva;

Cristina Bargero: Componente degli organi parlamentari X Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei Deputati;

Paola Pelino: Vicepresidente della X Commissione permanente Industria, commercio, turismo del Senato – Vicepresidente del gruppo FI-Pdl;

Enrico Cinotti: vicepresidente de Il Test, sarà il moderatore.

Il 16 luglio, contestualmente all’evento nazionale, i Consigli Notarili Distrettuali e i referenti locali delle Associazioni dei Consumatori presenteranno la carta dei diritti nelle principali città italiane.

Vera MORETTI

Default Grecia, quanto costa alle nostre imprese?

Siamo ancora qui a capire quale sarà la fine della Grecia e la cosa che ci preme capire che cosa un’eventuale uscita dall’euro del Paese ellenico possa provocare al nostro sistema economico e al sistema delle imprese.

Quello che è certo è che ci saranno perdite per l’intero sistema Italia, perdite che, secondo Federconsumatori e Adusbef, potrebbero arrivare a 48 miliardi di dollari. Dicono Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti delle due associazioni dei consumatori: “Se la Grecia dovesse dichiarare default sull’intero debito nei confronti dei creditori ufficiali, Germania, Francia ed Italia dovrebbero dire addio ad oltre 150 miliardi di dollari, con la Germania esposta con 62 miliardi (oltre a 13 delle banche tedesche); la Francia con 46,5 miliardi; l’Italia con 48 miliardi di soldi pubblici, le cui esposizioni verso la Repubblica ellenica, erano in capo prima dell’inizio della crisi greca del 2009, principalmente alle banche dei rispettivi Paesi”.

Quello che però interessa di più il nostro sistema produttivo relativamente alla situazione della Grecia è capire le potenziali perdite per le piccole e medie imprese. E non si tratterebbe di roba da poco. Le esportazioni italiane verso la Grecia valgono 6 miliardi di euro, mentre le importazioni ammontano a 1,4 miliardi. Il saldo di circa 4 miliardi è a forte rischio di mancati pagamenti da parte delle aziende della Grecia per centinaia di piccole e medie imprese.

I comparti più danneggiati da un eventuale default della Grecia, in quanto maggiormente esposti sull’export, sarebbero i prodotti petroliferi raffinati, poi i medicinali e i preparati farmaceutici, abbigliamento, calzature, veicoli, ferro, ghisa, acciaio e ferroleghe. Le banche italiane sono invece coinvolte per meno di un miliardo, secondo le stime dell’Abi.

Per quanto riguarda lo Stato, invece, l’esposizione italiana diretta verso la Grecia è di circa 10 miliardi, per effetto di prestiti bilaterali del 2010-2011. Il resto dell’esposizione è legato alla quota parte detenuta nella Bce, la cui percentuale è del 17,7917%, ovvero 14,2 miliardi. Medesima percentuale per calcolare la quota italiana sui prestiti erogati alla Grecia dall’Efsf, totale sceso a 130,9 miliardi. Il calcolo porterebbe quindi a una cifra monstre tra i 40 e i 68 miliardi. Siamo proprio sicuri, come credono in tanti, che un default della Grecia sarebbe utile?

Canone Rai nella bolletta Enel, è rivolta

Una delle tasse più odiate dagli italiani, il canone Rai, è anche una delle più evase e i governi non sanno più che cosa inventarsi per combattere questa evasione. L’esecutivo Renzi pare intenzionato a muoversi secondo una linea che già da qualche tempo era nell’aria: inserire nella bolletta dell’elettricità il pagamento del canone Rai. L’intervento del governo sarebbe inserito nella legge di stabilità e si potrebbe legare a quello sulle emittenti locali, per le quali l’intenzione è di risolvere il problema in modo strutturale.

L’intenzione sarebbe dunque quella di trasferire in bolletta il pagamento del canone Rai, ridotto rispetto all’attuale, e le risorse aggiuntive servirebbero a finanziare le emittenti locali. Il viceministro all’Economia Morando ha spiegato che “le tv locali sono in una situazione tale per cui hanno dovuto mettere in cassa integrazione una parte enorme dei dipendenti, sono in una situazione di disagio drammatico” e che la soluzione del problema “è connessa a una modifica dell’assetto del canone Rai“.

Naturalmente l’idea di infilare il discusso e sorpassato canone Rai nella bolletta della luce ha suscitato una tempesta di NO. Scontato quello della Lega, che da sempre incita a non pagare il canone Rai, anche Federconsumatori si è fatta sentire con una nota durissima: “E’ balzana ed illegale – vi si legge – l’idea di addossare sulle bollette elettriche l’ennesimo, assurdo, odioso balzello, per far pagare il canone Rai, con arbitraria norma ad hoc nella Legge di Stabilità, anche a famiglie, cittadini, consumatori ed utenti che non  hanno la televisione, imponendo alle aziende elettriche l’ingrato compito di fungere da esattori. Un conto è combattere l’evasione del canone Rai, altro è l’inammissibile obbligo di addossare nelle bollette dell’energia elettrica, già gravate da oneri di sistema, tasse e vari balzelli l’ennesima tassa di scopo, come quella del canone Rai anche a coloro che hanno la libertà di non voler possedere in casa un televisore. Il fatto di esigere il canone non già ai possessori di apparecchi televisivi, ma a chiunque abbia un’utenza elettrica ossia famiglie, imprese, uffici pubblici, condomini, pensionati, studenti e disoccupati, costituisce una evidente lesione di norme costituzionali ancora vigenti, che Federconsumatori ed Adusbef impugneranno davanti la Corte Costituzionale”.