Pensione Opzione donna: cambia ancora con un emendamento del Governo

La parola d’ordine è far quadrare i conti ed è proprio per questo che lo stesso Governo (attraverso i partiti) si appresta a presentare un emendamento volto a dare un nuovo volto  alla pensione Opzione donna. Ecco cosa potrebbe cambiare ancora.

Cosa prevede la legge di bilancio 2023 per Opzione donna?

Nella versione entrata nella legge di bilancio 2023 la pensione Opzione donna va incontro a due limiti, in primo luogo è diretta solo ad alcune categorie di lavoratrici: disoccupate, care giver e disabili, dall’altro lato invece prevede che il requisito anagrafico sia correlato al numero dei figli. Proprio questa seconda parte della norma ha sollevato critiche e dubbi sulla costituzionalità. Resta però il nodo delle coperture che non consente di ritornare a Opzione donna nella versione iniziale. La prima soluzione ipotizzata per superare questo scoglio è stata ritornare ai requisiti iniziali, ma solo per 6-8 mesi.

Ne abbiamo parlato nell’articolo: Pensioni: opzione donna 2023 potrebbe ritornare alla versione originale

L’ultima versione di Opzione donne per il 2023

Evidentemente però anche l’ultima formulazione non convince e così si ritorna a una via di mezzo tra le due versioni. Nel nuovo emendamento allo studio del Governo si prevede che la pensione Opzione donna per il 2023 resti ancorata ai requisiti inizialmente previsti nella legge di bilancio. Sarà quindi rivolta a:

  • care giver che si occupano da almeno 6 mesi di fornire assistenza al coniuge o a un parente convivente di primo grado con handicap grave ai sensi della legge 104 del 1992 articolo 3 comma 3, oppure un parente o affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge di quest’ultimo siano impossibilitati ad occuparsene, ad esempio perché a loro volta invalidi o deceduti;
  • donne con un’invalidità riconosciuta almeno del 74%;
  • lavoratrici licenziate o dipendenti di un’impresa che abbia avviato un tavolo di confronto aperto per la gestione della crisi aziendale.

Cambia però il requisito anagrafico che per tutte sarà a 60 anni di età senza differenza alcuna basata sul numero dei figli.

Restano invece immutate le norme relative alle altre forme pensionistiche e cioè Ape Sociale e Quota 103.

Per conoscere tutte le opportunitàper il pensionamento leggi l’articolo: Come andare in pensione nel 2023? Ecco le opzioni

Opzione donna: cosa cambia dal 2023 per chi vuole andare in pensione

Il Governo Meloni ha confermato Opzione donna anche per il 2023, ma con modifiche rispetto al passato.

Gli scivoli pensionistici per il 2023

Opzione donna è l’anticipo pensionistico specifico per le donne che vogliono uscire prima dal mondo del lavoro. Insieme ad Ape Sociale e a Quota 103 rappresenta gli scivoli pensionistici utilizzabili per uscire prima dal mondo del lavoro rispetto alla Legge Fornero. Si tratta però di misure che vengono prorogate di anno in anno e che in tali proroghe possono subire delle modifiche. Come le altre due opzioni prevede dei requisiti, ma anche degli svantaggi, o meglio prevede una perdita netta sull’assegno pensionistico.

Nuovi requisiti anagrafici per Opzione donna

Mentre Ape Sociale ha ottenuto la proroga senza sostanziali modifiche, quindi potrà essere usata anche dai care giver che assistono disabili, non è così per Opzione Donna. Vediamo cosa cambia per chi vuole andare in pensione nel 2023 utilizzando Opzione donna. Attualmente prevede per le donne la possibilità di uscita dal lavoro avendo maturato 35 anni di contributi e con il requisito anagrafico di 58 anni per le lavoratrici dipendenti e 59 anni per le lavoratrici autonome. In base alle prime indiscrezioni trapelate su Opzione donna 2023 cambia invece il requisito anagrafico e viene correlato al numero di figli della donna. In particolare potranno andare in pensione le donne a:

  • 58 anni se hanno due o più figli;
  • 59 anni se hanno 1 solo figlio;
  • 60 anni se non hanno figli.

Opzione donna 2023 è discriminatoria?

Naturalmente non sono mancate critiche a questo ritocco, sono in molti infatti a pensare che il criterio sia discriminatorio nei confronti delle donne che non hanno figli o che comunque hanno un solo figlio. La ratio di tale scelta dovrebbe essere nel fatto che spesso, a causa di un welfare insufficiente, le donne che hanno dei figli devono lasciare il lavoro. In seguito, quando ormai i piccoli sono pronti per la scuola materna (spesso per il nido trovare un posto non è semplice), le donne fanno fatica a rientrare nel mondo del lavoro. Questo porta uno scompenso alle donne che decidono di mettere su famiglia rispetto a chi invece non ne ha o ne ha uno solo.

In realtà se la ratio della norma fosse questa, la differenza di trattamento più che essere fatta sull’età pensionabile dovrebbe essere fatta sul requisito contributivo, infatti la donna con più figli fa fatica ad accumulare i contributi necessari per andare in pensione con Opzione Donna e non certo a compiere gli anni necessari.

Detrazioni familiari a carico 2021: a quanto ammontano e come si calcolano

Il legislatore italiano ha sempre riconosciuto particolare rilevanza sociale alla famiglia e per questo sono previste delle misure volte ad agevolare coloro che hanno un carico familiare. Tra le “agevolazioni” più conosciute vi sono le detrazioni per familiari a carico: ecco a quanto ammontano per il 2021.

Cosa sono le detrazioni familiari a carico

La prima cosa da capire è cosa sono le detrazioni e come funzionano: si tratta di importi che vengono sottratti alle imposte da versare. Per quanto riguarda le detrazioni familiari a carico, si tratta di somme sottratte dall’IRPEF, Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, quindi contribuiscono a ridurre le somme dovute all’erario e, per coloro che hanno il sostituto d’imposta, cioè quando l’IRPEF viene versata dal datore di lavoro, si materializzano attraverso delle restituzioni successive alla presentazione della dichiarazione dei redditi. Le detrazioni familiari a carico dipendono dalla misura stabilita per legge, questa varia di anno in anno e dipende anche dall’inflazione,  dal reddito prodotto, inoltre dipende dalla situazione concreta del singolo nucleo familiare.

Deve essere inoltre sottolineato che non spettano detrazioni per familiari a carico nel caso in cui il reddito annuale percepito superi i 95.000 euro.  Vedremo ora le diverse ipotesi che possono verificarsi e gli importi delle detrazioni familiari a carico 2021. Sottolineiamo fin da ora che le detrazioni per familiari a carico sono previste anche nel caso in cui i soggetti a carico siano maggiorenni, l’importante è che siano fiscalmente a carico, cioè non superino determinate soglie di reddito percepito. Occorre ricordare anche che nel prosieguo si parlerà di importi teorici, infatti gli stessi possono variare in funzione del reddito e comunque la copertura massima sono le imposte effettivamente dovute.

Detrazioni figli a carico minori di 3 anni

Le normative sulle detrazioni familiari a carico 2021 in linea teorica prevedono che per i figli legittimi, naturali, adottivi, affidatari, di età inferiore ai 3 anni l’importo massimo riconosciuto sia di 1.220 euro.

Detrazioni figli a carico maggiori di 3 anni

Nel caso in cui i figli abbiano un’età superiore a 3 anni, l’ammontare della detrazioni è di 950 euro. In questa sede è opportuno ricordare che, come già anticipato, anche i figli maggiorenni concorrono al maturare del diritto alle detrazioni, in questo caso però vi sono dei limiti. Per ottenere le detrazioni per familiari a carico in presenza di figli maggiori di età questi devono essere fiscalmente a carico del beneficiario (cioè il soggetto che ha un reddito soggetto a tassazione IRPEF e che si occupa di mantenere figli, coniuge e altri familiari)  e per rientrare in questa categoria vi sono dei limiti reddituali.

Il figlio maggiorenne, ma di età inferiore a 24 anni deve avere un reddito personale inferiore a 4.000 euro, mentre per i figli di età superiore a 24 anni, il limite di reddito è di 2.840,51 euro. Nel computo del reddito devono essere inseriti tutti i proventi delle varie attività condotte, ad esempio reddito da lavoro dipendente, collaborazioni, redditi agrari, d’impresa, da lavoro autonomo, reddito da fabbricati derivante da canone di locazione.

 Detrazioni familiari a carico disabile

Gli importi ora visti cambiano nel caso in cui il figlio sia disabile. In questo caso per ogni figlio disabile di età inferiore a 3 anni, le detrazioni familiari a carico 2021 ammontano a 1.620 euro, mentre per disabili di età pari o superiore a 3 anni 1.350 euro.

Detrazioni famiglie numerose

Le detrazioni ora viste sono aumentate di 200 euro per ogni figlio a carico nel caso in cui essi siano più di 3. Si faccia il caso di una famiglia con 4 figli di età superiore a 3 anni e non disabili, per ogni figlio riceverà 1.150 euro.

Detrazioni familiari a carico 2021: coniuge e unioni civili

Si possono ottenere le detrazioni anche per il coniuge fiscalmente a carico, anche in questo caso è previsto lo stesso limite reddituale, cioè il coniuge non deve avere un reddito superiore a 2.840,51 euro. In questo caso gli importi sono diversi rispetto a quelli visti finora. In particolare se il soggetto beneficiario:

  • ha un reddito inferiore a 15.000 euro spetta una detrazione di 800 euro;
  • se il reddito è compreso tra 15.000 euro e 80.000 euro l’importo è di 690 euro.

Quando si parla di detrazione per coniuge fiscalmente a carico deve comunque intendersi esteso anche alle parti dell’unione civile come disciplinata dal nostro ordinamento. Mentre l’estensione non è prevista per le unioni di fatto definite dalla legge Cirinnà “la condizione di due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile” . Le detrazioni comunque spettano per il coniuge non legalmente separato. Nel caso in cui il provvedimento di separazione avvenga nel corso dell’anno, ad esempio nel mese di giugno, comunque si può beneficiare della detrazione per familiari a carico per il periodo intercorrente tra l’inizio dell’anno e il momento della separazione.

Deve infine essere sottolineato che la normativa riconosce la possibilità di avere anche altri soggetti a carico fiscalmente, si tratta di genitori, nonni, fratelli e sorelle, nuore, generi, nipoti che però devono convivere con il soggetto che beneficia delle detrazioni, si deve quindi trattare di una situazione di fatto dove il soggetto che non ha redditi propri effettivamente è a carico del beneficiario.

Il calcolo delle detrazioni

Calcolare gli effettivi importi a cui si ha diritto è molto semplice, si può trovare la formula sul sito dell’Agenzia delle Entrate:

La formula è: detrazione teorica  X  (95.000 – reddito complessivo /95.000 euro).

Ad esempio se la detrazione teoria è 1.220 euro e il reddito 30.000 euro, occorre in primo luogo sottrarre 30.000 alla base di 95.000 euro. L’ammontare deve essere diviso per 95.000 e moltiplicato per 1.220. In questo caso l’importo effettivo è di 834,37 euro.

Le detrazioni per figli a carico possono essere usufruite da entrambi i genitori, in misura del 50% ciascuno. In alternativa, e su accordo delle parti, possono essere usufruite da uno solo al 100%.

Cosa succede se l’ammontare dell’IRPEF dovuta è inferiore rispetto alle detrazioni a cui si avrebbe diritto? Semplicemente nulla, le detrazioni sono calcolate sugli importi “maturati”, la parte rimanente è persa. Si faccia il caso di un lavoratore che paga 500 euro di IRPEF e avrebbe diritto a una detrazione di 950 euro, in questo caso otterrà il beneficio della detrazione di 500 euro, restituita nel caso le quote siano già versate dal sostituto d’imposta, mentre le restanti 450 euro restano “scoperte”.

Ho diritto alle detrazioni figli a carico se sono lavoratore autonomo?

Il lavoratore autonomo ha diritto alle detrazioni fiscali per i figli a carico? La risposta è affermativa, ma rispetto ai lavoratori dipendenti, che fruiscono delle detrazioni fiscali per i figli a carico con il conguaglio in busta paga, per gli autonomi le detrazioni fiscali devono essere indicate annualmente nella dichiarazione dei redditi.

Inoltre, l’ammontare delle detrazioni fiscali figli a carico può variare non solo in base al reddito ed all’età, ma pure in caso di riconoscimento di un handicap. Così come la detrazione fiscale, per uno o più figli a carico, può essere fruita in misura ridotta se il familiare non risulta a carico per tutti i 12 mesi. Per esempio, semplicemente perché il figlio è nato, per l’anno di imposta di riferimento, nel mese di maggio.

Detrazioni figli lavoratori autonomi, ecco quando sono fiscalmente a carico

Nel dettaglio, i figli sono fiscalmente a carico, potendo quindi accedere alle detrazioni, quando questi nell’anno di imposta di riferimento hanno maturato un reddito personale che non supera la soglia dei 2.840,51 euro. Soglia che sale a 4.000 euro di reddito annuo per i figli aventi un’età inferiore ai 24 anni.

Le soglie sopra indicate da rispettare tengono conto di tutti i redditi complessivi che, ai fini fiscali, vengono percepiti dai figli a carico. Con l’eccezione, pur tuttavia, che è rappresentata dai redditi che sono assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, dai redditi che sono assoggettati a tassazione separata, e dai redditi esenti come, per esempio, quelli che sono riconducibili alla percezione di trattamenti di natura assistenziale come l’assegno sociale.

Detrazioni figli a carico lavoratori autonomi, come varia l’importo

Per i lavoratori autonomi, e non solo, l’importo delle detrazioni fiscali per i figli a carico, come sopra accennato, non è fisso ma, partendo da una base detraibile, varia in base ai seguenti parametri:

  • Il reddito complessivo del nucleo familiare;
  • Il numero dei figli;
  • L’età del figlio, ovverosia se ha meno o più di 3 anni;
  • L’eventuale handicap riconosciuto per uno o più figli a carico.

La detrazione fiscale di base per i figli a carico è pari attualmente a 1.220 euro per i figli di età inferiore a 3 anni, e di 950 euro per i figli aventi un’età che è pari o superiore a 3 anni. Per il figlio portatore di handicap la detrazione fiscale di base è pari a 1.620 euro con un’età inferiore a 3 anni, ed è pari a 1.350 euro per il figlio a carico portatore di handicap con un’età pari o superiore a 3 anni. Inoltre, con più di 3 figli a carico, la detrazione fiscale aumenta di 200 euro per ciascun figlio a partire dal primo.

Come viene ripartita la detrazione figli a carico nella dichiarazione dei redditi

La detrazione figli a carico nella dichiarazione dei redditi è di norma ripartita dai genitori al 50%. Pur tuttavia, uno dei due genitori può detrarre fiscalmente il 100% se, per esempio, l’altro genitore è a sua volta fiscalmente a carico, oppure se uno dei due genitori risulta essere l’affidatario esclusivo del figlio. Oppure ancora uno dei genitori può fruire al 100% delle detrazioni fiscali per i figli a carico sfruttando il vantaggio di una maggiore capienza fiscale avendo in famiglia il reddito più alto.

Orizzonti temporali e profilo di rischio

Ecco come si smonta l’impostazione tradizionale delle asset allocation generate da banche e reti di promotori.

Una casa si costruisce dalle fondamenta, un piano finanziario anche.
Investire significa avere degli obiettivi, magari non troppo chiari a sé stessi, ma una motivazione per risparmiare ed investire c’è, altrimenti tanto varrebbe spendere tutto e godersi la vita.
Ad ogni obiettivo di vita, corrisponde una somma di denaro che serve alla sua realizzazione, e di solito una persona vuole raggiungere più obiettivi, distanziati nel tempo.

COSA SONO GLI ORIZZONTI TEMPORALI

Ecco che non ha senso definire un solo profilo di rischio ed un solo orizzonte temporale, poiché ogni obiettivo avrà una determinazione diversa per quanto riguarda: somma necessaria e tempo in cui sarà disponibile, quindi di conseguenza anche rischio sopportabile.
Faccio un esempio; sempre il nostro Nestore sta pensando alla sua pensione e tra dieci anni vorrebbe godersi i frutti del suo lavoro. Quindi ha un orizzonte temporale (10 anni) e deve stabilire quale somma gli serve per poter vivere decorosamente quando smetterà di lavorare. Fatte le dovute stime e analisi della situazione previdenziale, emerge che la pensione pubblica non sarà sufficiente a garantirgli il tenore di vita voluto e che sarà necessario integrare il reddito con altre entrate, per altri 12000 Euro annui (al valore attuale, tra dieci anni saranno di più). Quindi, calcolata l’inflazione attesa, sarà necessario avere o una rendita o un capitale che consenta di raggiungere questo primo obiettivo. Gli strumenti, le strade per raggiungere quanto sperato possono essere diverse: previdenza integrativa, capitale o immobile a reddito, investimenti speculativi o un mix di tutto questo.
E’ importante calcolare bene quanto sarà necessario, per evitare di eccedere ed avere risorse sovrabbondanti, che potevano essere usate per altri obiettivi.
Vi ricordate però gli altri obiettivi di Nestore? Università dei figli, avviare loro un’attività, comprare casa. Ogni obiettivo ha scadenza temporali e capitale a disposizione diversi, ma sopratutto ha diversa priorità. Verificato che tutti gli obiettivi siano raggiungibili, cioè che il patrimonio sia sufficiente, è necessario fare una graduatoria degli obiettivi. In particolare, quale di questi può mettere in difficoltà davvero Nestore?
Non c’è una risposta valida per tutti, ogni persona avrà una scala di priorità diverse, ma se un mancato raggiungimento comporta una vera difficoltà, allora questo sarà prioritario.
Nell’ esempio citato, non poter mantenere un tenore di vita decoroso quando Nestore andrà in pensione è prioritario, quindi sarà l’obiettivo numero 1.
La prossima volta confronteremo investimenti e prelievi di denaro nel tempo dai medesimi, per capire come influenzano il patrimonio complessivo.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Orizzonti temporali

 

Sfatiamo uno dei tanti miti della finanza; l’orizzonte temporale non è quello che sembra!

Intendo dire che è necessario prima stabilire quali sono le cose e le persone veramente importanti per voi, per poter capire qual è l’orizzonte temporale, cioè quanto tempo siete disposti ad aspettare che il vostro investimento generi i suoi frutti.
Al di là di quanto dichiarate durante la raccolta delle informazioni necessarie a stabilire il vostro profilo di rischio, il limite al quale il vostro investimento deve tendere è in funzione sia delle necessità vostre sia di quelle dei vostri cari.
Si torna cioè a parlare di planning.
Ad esempio, se una persona ha dei figli e vuole provvedere a loro in qualche modo con il proprio patrimonio, l’orizzonte temporale si sposta in avanti di moltissimi anni.

Vediamo un caso pratico: Nestore ha due figli, di 14 e 16 anni.
Per loro vuole provvedere al mantenimento agli studi universitari per almeno 4 anni( tra 4 anni per il figlio più giovane, tra 2 per quello più vecchio).
Poi vuole aiutarli ad avviare un’attività (tra 7 e 10 anni), a comprare casa (tra 12 e 15 anni).
Quale sarà l’orizzonte temporale complessivo di Nestore? almeno 15 anni!
Ma con tappe intermedie; tra due anni, tra 4, tra 7 e così via.

Per ogni tappa fissata sul percorso, è necessario anche stabilire quanto sarà necessario per soddisfare l’obiettivo previsto. Quanto e quando viene prelevato dal patrimonio complessivo è fondamentale per determinare la corretta composizione dell’investimento. E per capire quanto rischio effettivo si può assumere.
Se avete mai fatto un investimento finanziario, certamente vi avranno chiesto quale orizzonte temporale avete, perché anche sulla base di quello è possibile determinare il profilo di rischio e di conseguenza impostare la corretta asset allocation, cioè quali prodotti inserire nel vostro investimento finanziario.
Siccome si è sempre proceduto in tal modo fatto, pensate che sia corretto…e invece non è così!

Capite quindi che chiedere ad una persone qual è il suo orizzonte temporale e quanto vuole rischiare, non ha nessun senso. Ogni investitore ha orizzonti temporali e profili di rischio diversi, che vengono determinati in base alle sue priorità, obiettivi e finalità.
Se si determinano a priori rischio e tempo, ci si dovrà poi accontentare di quanto prodotto dall’investimento sulla base di questi fattori e si potranno soddisfare solo parzialmente le proprie esigenze, magari neppure tutte.
Approfondiremo il discorso prossimamente, attraverso alcune tabelle comparative che aiutino a comprendere meglio.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Beni rifugio o gabbie?

Lo dice la parola: beni su cui rifugiarsi quando succede il peggio. E se invece non sono un rifugio ma solo un miraggio? Disastro!

Un bene rifugio deve proteggere da un evento infausto: la perdita di potere d’acquisto del denaro liquido, per qualunque causa si verifichi, prevedibile (inflazione) o imprevedibile.

Quindi la domanda da porsi è se tutti i beni o gli investimenti hanno questa caratteristica e come possano proteggere il capitale nel tempo.

L’elenco è lungo, farò solo qualche esempio nello schema seguente, ipotizzando di avere investito 100mila euro in uno solo di questi beni:

Bene

Protezione inflazione

Protezione catastrofe

Problemi rivendita

Vendita parziale

Problemi stoccaggio

Casa no no secondo il mercato locale No (molti anziani ora vendono l’usufrutto) no
Auto no no secondo il mercato no si
Arte si si secondo il mercato si si
Oro si si prezzo definito e quotato su mercati regolamentati internazionali si no
Gioielli no si prezzo di mercato, manodopera non rivendibile si no

Alcuni beni non sono divisibili e vendibili separatamente (una casa può essere venduta solo per intero, a meno che non sia possibile frazionarla in più unità abitative, con i relativi costi; un’auto d’epoca la si può vendere solo intera), quasi tutti (tranne l’oro) non hanno un prezzo definito da un mercato regolamentato, ma il prezzo si realizza dall’incontro tra domanda e offerta.

Ci sono beni che hanno bisogno di spazio adeguato dove conservarli (auto o quadri), altri incorporano un elevato valore di manodopera all’acquisto, che non è riconosciuto quando li si vuole rivendere (gioielli, orologi, a meno che non si tratti di oggetti da collezione, rari o antichi); alcuni sono soggetti a valutazioni “modaiole” (dipinti, sculture, arte) con le eccezioni di oggetti d’arte antichi.

Da chi farsi consigliare? Sicuramente non da chi vi deve vendere l’oggetto, che lo decanterà come il miglior bene rifugio esistente.

Un perito sarà in grado di stabilire un valore teorico, magari diverso dal valore di mercato, ma non potrà dirvi se è un bene rifugio e se è in grado di mantenere il suo valore nel tempo. Un consulente patrimoniale indipendente sarà in grado di affiancarvi e di aiutarvi nella scelta più opportuna, non avendo nulla da vendervi: l’importante è che conosca la vostra situazione patrimoniale da ogni punto di vista, poiché un bene rifugio deve essere considerato parte dell’intero patrimonio e acquistato nelle adeguate proporzioni.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Imprese familiari, come fare progetti di vita felici

Nuovo appuntamento settimanale di Infoiva con il dott. Marco Degiorgis, consulente patrimonialista esperto nel campo della finanza e nella gestione del patrimonio.

Voglio il meglio per i miei figli”: è quanto pensa ogni buon padre di famiglia anche quando si accinge a fare una pianificazione dei propri beni. Dal dire al fare però c’è di mezzo il mare di decisioni che occorre prendere in un ambito che spesso si conosce poco, molto frastagliato e sul quale si esprimono numerosi attori, media, amici, promotori, commercialisti etc, creando più confusione che altro.

Come ogni progetto occorre definire bene l’obiettivo. Che cosa si intende per ‘meglio’?

Il denaro non fa la felicità ma figuriamo senza, diceva qualcuno…

La felicità è il vero obiettivo, e non c’è nulla di più difficile da definire della felicità.

Se poi la propria disponibilità finanziaria è in parte impiegata in azienda, le cose si complicano ancor di più.

Gli elementi da considerare sono infatti un mix di dati obiettivi – numeri, tempi…- ed estremamente soggettivi e irrazionali – affetti, psicologia, emotività. Le esperienze pregresse con il denaro hanno il loro peso.

Immaginate una persona a cui è stato detto, sin da piccolo, che nella vita non avrebbe mai dovuto preoccuparsi del denaro, che ne avrebbe avuto a disposizione in quantità infinita, e che invece si trova a dover faticare per arrivare a fine mese. Probabilmente farà fatica ad avere una percezione del valore del denaro adeguata alla nuova situazione. Oppure una persona che è stata sempre costretta ad umiliarsi per ottenere il denaro che gli serviva. Forse avrà psicologicamente bisogno di gestire il denaro con un sentimento di rivalsa.

Ogni nostra decisione è influenzata da quanto abbiamo vissuto in passato, anche quando si tratta di un investimento, una forma di risparmio, etc. E’ quindi molto difficile che le persone abbiano chiaro ciò che vogliono veramente ottenere con il proprio denaro.

C’è una figura professionale nuova, indipendente da interessi propri sulle varie forme di investimento, in grado di guidare alle decisioni più coerenti con il proprio vissuto, il consulente patrimoniale indipendente specializzato in life planning, in grado quindi di aiutare a districare la matassa di sentimenti, affetti, educazione, avvenimenti, informazioni, bisogni materiali che occorre gestire per una pianificazione finanziaria che dia soddisfazione. Ecco le domande principali a cui rispondere.

Quali sono gli obiettivi che stanno più a cuore? Tempi? Quantità? Quali gli obiettivi subordinati? Con quale priorità li consideriamo?

A questo punto si può ipotizzare una ‘rotta’ che consenta il raggiungimento degli obiettivi e che preveda anche rotte alternative, in caso di tempesta. Adattamento e flessibilità sono sempre indispensabili quanto la verifica, il controllo e la disciplina, se si vuole giungere in porto. La verifica deve essere effettuata sia nei confronti di agenti esogeni, cioè di mutamenti non dipendenti dalla volontà propria (un investimento in azioni di una società terza, etc), sia nei confronti di agenti endogeni, cioè di cambiamenti che avvengono per proprie necessità o volontà (nasce un figlio, pensione anticipata, etc).

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Quando le imprese familiari rischiano il naufragio

Nuovo appuntamento settimanale di Infoiva con il dott. Marco Degiorgis, consulente patrimonialista esperto nel campo della finanza e nella gestione del patrimonio.

Che cosa significa fare pianificazione finanziaria? Vuol dire non navigare a vista nell’incerto mare delle vicissitudini finanziarie di un’impresa, ma dotarsi invece di una buona mappa, tracciare una rotta ed utilizzare tutti gli strumenti (moderni e tradizionali) necessari a mantenerla.

Per tracciare una rotta, bisogna definire però una destinazione, le tappe intermedie, i rifornimenti necessari, quante e quali persone ci saranno a bordo e così via. Quindi si tratta di stabilire a priori un percorso e di fare in modo che questo percorso sia seguito il più fedelmente possibile. E’ anche necessario prevedere alternative alla rotta, poiché gli imprevisti possono sempre accadere, ma non devono impedire di giungere in porto. Sono ragionamenti complessi specie nelle PMI a carattere familiare dove interesse privato e aziendale si intrecciano fino a confondersi, con il rischio di guidare la nave diritta sugli scogli.

E’ difficile identificare gli obiettivi e decidere le priorità degli interessi dell’impresa e della famiglia per fare piani dell’una e dell’altra coerenti.

Gli americani usano una definizione molto calzante, “life planning”, cioè pensare alla vita come ad un piano da modellare secondo le proprie esigenze, e non viceversa, lasciarsi condizionare e trasportare dagli eventi. Occorrono tutele appropriate, personali ed aziendali. Immaginiamo il danno e le difficoltà che può causare una malattia o un infortunio dell’imprenditore/capo famiglia; esistono strumenti come le assicurazioni che possono limitare il danno, si tratta di capire quali siano quelle adatte allo scopo e alla persona in questione.

Il life planning è assolutamente personale, adattabile ad ogni mutamento della vita, e, per questo, in continuo divenire; non serve a nulla avere un piano se non viene monitorato costantemente e rettificato all’occorrenza. Poi è indispensabile sapere cosa si vuole ottenere dalle proprie disponibilità finanziarie e quanta parte di queste è impiegata in azienda: la definizione deve essere precisa, calcolando anche gli ostacoli che impediscono di ottenere quanto agognato e se sono superabili (e come) oppure no.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

I passaggi generazionali in azienda tra opportunità e rischi

 

Secondo appuntamento settimanale di Infoiva con il dott. Marco Degiorgis, consulente patrimonialista esperto nel campo della finanza e nella gestione del patrimonio. Dopo aver affrontato, la scorsa settimana, il tema di “Famiglia e impresa nella pmi“, oggi ci parlerà di passaggi generazionali.

 

Il passaggio generazionale in azienda è un processo di mutamento assai delicato, che intreccia interessi (e affetti) familiari e imprenditoriali. Uno o più membri della famiglia, la nuova generazione, devono sostituire altri membri della famiglia, la vecchia generazione, in posizioni strategiche e operative; un cambio della guardia, insomma, con l’imprenditore uscente che assume un ruolo via via più defilato. In Italia il 40% delle aziende affronterà il passaggio generazionale entro i prossimi 10 anni e le stime dicono che solo 3 aziende su 100 sono ancora vive dopo due generazioni. In pratica, l’industria italiana, tipicamente familiare, è al capolinea per incapacità di gestire il passaggio generazionale, prima e più che per altre dinamiche di macroeconomia.

Per quanto riguarda gli aspetti patrimoniali, le aziende italiane non fanno le adeguate distinzioni tra azienda e famiglia, neppure quando  una generazione deve passare il testimone alla successiva, creando squilibri e scompensi pericolosi per il patrimonio familiare.

Alcuni dati:

  1. il 60% degli imprenditori ha più di 60 anni
  2. il 68% degli imprenditori pensa di lasciare l’impresa in famiglia, affidandola ad un figlio o ad un nipote
  3. l’80% degli imprenditori è molto preoccupato dal passaggio generazionale, tanto da considerarlo ingestibile
  4. il 24% delle aziende sopravvive al primo passaggio generazionale
  5. il 14% delle aziende sopravvive al secondo passaggio generazionale

Non dimentichiamo che un’azienda che non riesce a proseguire l’attività rappresenta un danno economico e sociale rilevante.

Perché il cambiamento generazionale alla testa delle imprese non sia traumatico è dunque importante che sia vissuto consapevolmente dagli interessati. Chi si trova a dover affrontare la questione come generazione uscente, dovrebbe tener presente che ha la responsabilità di far condividere obiettivi, sviluppo e realizzazione del passaggio, costruendo un nuovo ruolo per se stessi. Si tratta di delegare per gradi, fino a divenire un consigliere, ruolo importante, ma non decisivo, e di sostenere le nuove leve.

Per la generazione entrante, crescita professionale e una progressiva assunzione di responsabilità, rappresentano gli obiettivi.

Tutto questo può essere fatto elaborando assieme un piano di cui si condividano obiettivi, intermedi e finali, in modo costruttivo e strategico. In pratica occorre ‘fare squadra’ tra generazioni e lavorare insieme per la realizzazione di un progetto complesso perché implica dei rapporti familiari che non sempre sono lineari e felici.

Stesse logiche per la gestione dei patrimoni: gli asset familiari e aziendali dovrebbero essere distinti e gestiti in modo congruo e condiviso, con beneficio per proprietari, management e personale, nonché per la collettività. Sarebbe opportuno quindi predisporre il passaggio generazionale degli asset, utilizzando gli strumenti più adatti alla situazione, quali trust, fondo, polizza, disposizioni testamentarie….

E’ indispensabile però affidarsi a professionisti, competenti e specializzati nel valutare il patrimonio personale ed aziendale, come i consulenti finanziari indipendenti, che possano seguire ed affiancare tutte le delicate fasi  prima, durante e dopo, del passaggio generazionale.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis