La miniera d’oro del meccanotessile

L’eccellenza della filiera moda in Italia si nutre anche dell’eccellenza del nostro Paese nel settore del meccanotessile, ovvero l’industria che produce macchinari e tecnologie per il settore tessile.

Quello del meccanotessile è un ambito nel quale l’Italia è leader mondiale indiscussa da tempo, insieme a colossi come il Giappone, e che, alla nostra industria, porta numeri e fatturati di tutto rispetto, anche in un periodo economicamente non facile come quello che tutto il sistema Paese, non solo la filiera moda, sta attraversando.

In Italia il meccanotessile dà lavoro a circa 12mila persone, sparse tra le oltre 300 piccole e medie aziende che compongono questo settore produttivo. Le imprese sono localizzate prevalentemente nelle regioni del Centro e Nord Italia (con il 44% delle aziende concentrate in Lombardia) e sono parte integrante e determinante dei distretti del tessile più rilevanti d’Italia: da Prato a Biella, da Como, all’ Alto Milanese.

Una realtà che ha portato all’economia italiana, nel 2014, un giro d’affari di 2,3 miliardi di euro (2,5 quelli previsti a fine 2015) e un export di 1,9 miliardi.

Non a caso, infatti, il meccanotessile è un settore con una fortissima vocazione all’export, tanto che, sempre nel 2014, l’84% del fatturato del settore è stato totalizzato grazie a vendite all’estero, prevalentemente in Asia e prevalentemente in Cina.

A testimonianza della forza del legame che lega il nostro Paese al mondo del meccanotessile, lo scorso mese di novembre, dopo la bellezza di 20 anni, è tornato in Italia l’Itma, l’evento fieristico più importante al mondo dedicato ai macchinari e alle tecnologie per il settore tessile, che si è tenuto alla Fiera di Rho Pero, a Milano.

Nell’occasione erano presenti 1.700 espositori provenienti da 46 Paesi e 454 di questi espositori del meccanotessile erano italiani, con un +41% di presente rispetto alla precedente edizione che si era tenuta Barcellona.

Con queste parole Raffaella Carabelli, presidente di Acimit, l’associazione italiana dei costruttori di macchine tessili, presentava l’Itma e le potenzialità del meccanotessile italiano: “È motivo di orgoglio aver riportato in Italia la principale rassegna mondiale di macchinario tessile. I numeri con cui ci presentiamo a Itma non solo pongono l’Italia al primo posto tra i Paesi espositori della manifestazione, ma soprattutto testimoniano la vitalità del nostro settore e la convinzione di tutti noi che la filiera tessile italiana goda di buona salute“.

Tessile moda, accordo con UniCredit per il sostegno alle imprese

Importante sostegno al settore tessile moda da parte di uno dei colossi bancari in Italia e in Europa. Nei giorni scorsi è stato infatti firmato un accordo tra la Federazione Tessile Moda – Sistema Moda Italia (SMI) e UniCredit Factoring S.p.A., per il sostegno alle impreseitaliane della filiera tessile e dell’abbigliamento, soprattutto attraverso l’utilizzo della piattaforma di reverse factoring (supply chain finance) messa a disposizione da UniCredit Factoring alle imprese affiliate a SMI.

Il servizio di reverse factoring offerto dalla società di factoring del Gruppo UniCredit può costituire uno strumento idoneo a supportare finanziariamente le imprese appartenenti alla filiera del settore tessile moda e dell’abbigliamento, con particolare riguardo a quelle di minori dimensioni che operano nei cicli di sub-fornitura dei grandi gruppi e, più in generale, a offrire benefici di flessibilità finanziaria ed efficienza operativa alle filiere del tessile moda in Italia.

Sulla base dell’accordo, le parti si impegnano a “individuare e analizzare le peculiarità del settore moda e abbigliamento, con l’obiettivo di definire le linee guida per l’applicazione della piattaforma di reverse factoring a beneficio delle aziende affiliate a Sistema Moda Italia”.

UniCredit e SMI intendono infatti mettere a punto una soluzione di credito di filiera che si adatti alle esigenze specifiche del settore tessile moda, attraverso lo studio di alcuni casi-pilota, e che possa costituire uno strumento concreto, personalizzabile e scalabile.

Insieme, inoltre, promuoveranno l’iniziativa sul territorio per far conoscere i benefici dell’approccio al maggior numero possibile di aziende capofiliera e di filiere produttive ad esse collegate.

UniCredit Factoring ha stanziato per questo accordo un plafond creditizio iniziale di 2 miliardi di euro in tre anni. L’accordo ha decorrenza immediata, intendendosi tacitamente rinnovato, di anno in anno, sino al 30 settembre 2018.

Filiera moda, ecco chi guadagna di più

Mentre partono oggi a Milano le sfilate della Fashion Week, la filiera moda si interroga sul proprio futuro e fa i conti con il proprio presente. Un presente fatto anche e soprattutto di numeri buoni, come quelli dell’export, degli occupati e delle retribuzioni; dati che, nel caso della filiera moda, riservano piacevoli sorprese.

I dati in questione sono stati elaborati rapporto JobPricing relativo a “Le professioni della moda” e parlano di un fatturato 2014, per la filiera moda e tessile, di 52,4 miliardi (+3,3% anno su anno), di un valore dell’export di 28,5 miliardi (+3,9% anno su anno) e, soprattutto, di un numero di addetti che, in un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando, non è da disdegnare: 48.590 imprese della filiera moda (-1,6% anno su anno) che danno lavoro a 411mila persone (-0,3%).

Dati molto interessanti sono quelli che il rapporto JobPricing ha estrapolato riguardo alle retribuzioni nell’ambito della filiera moda. Una filiera che viene distinta in “Moda e Lusso” e “Tessile, Abbigliamento e Accessori”. Nel primo dei due comparti, secondo Job Pricing, la retribuzione annua lorda media sfiora i 30mila euro (28.990 +1,1% rispetto alla ral media in Italia), nel secondo si attesta a 26.550, con uno scarto più sensibile rispetto alla ral media italiana: -7,2%.

Il rapporto si è premurato poi di analizzare le retribuzioni a seconda dei vari profili professionali impiegati nella filiera moda e tessile. Relativamente ai profili più specifici, JobPricing rileva che figure operative come la sarta o l’addetto al telaio non hanno retribuzioni stellari: 22.768 euro/anno lordi per la prima, 21.087 per il secondo. Va meglio a un fashion stylist (26.621 euro/anno lordi) o a un disegnatore tessile (39.890), per non parlare del direttore creativo, che se la passa decisamente bene con 68.746 euro/anno lordi).

Spostandosi sulle figure professionali della filiera moda impiegate sul punto vendita, secondo JobPricing un visual merchandiser percepisce 32.183 contro i 35.258 di uno store manager, mentre tra le figure “d’ufficio” il direttore qualità arriva addirittura a 114.386 euro/anno lordi, il responsabile magazzino prodotti a 35.849, un addetto stampa a 33.240.

La conclusione del rapporto è che, nella filiera moda, i dirigenti percepiscono una retribuzione tra le più alte di tutto il mercato del lavoro italiano, mentre quelli della filiera tessile si piazzano ben sotto, solo al 15esimo posto.

Milano Moda Donna e filiera moda lombarda

Cresce l’attesa per le sfilate di Milano Moda Donna e, insieme ad essa, crescono anche i numeri relativi alla filiera moda italiana. Un settore che è il fiore all’occhiello della piccola e media impresa e che, nei giorni delle sfilate milanesi, porta sotto i riflettori il contributo che le regioni italiane, la Lombardia ospite in primis, portano alla filiera moda nazionale.

Secondo un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Istat e dati del registro delle imprese al secondo trimestre 2015 le imprese attive nella filiera moda sono 36mila in Lombardia, con circa 200mila addetti. A Milano ci sono 13mila imprese, con 84mila addetti; a seguire, in regione, Brescia, Varese e Bergamo con circa 4mila imprese ciascuna. Quasi 20mila addetti tra Como, Bergamo, Varese e Brescia.

Un importante contributo alla causa lo danno le imprese femminili, che in generale, nella filiera moda, rappresentano una percentuale significativa, ancora di più in Lombardia, dove sono quasi una su due. Sono infatti più di 13mila le imprese della filiera moda a conduzione femminile in Lombardia, pari al 38% del totale regionale e contribuiscono per una buona fetta all’interscambio lombardo nella filiera moda, che nei primi sei mesi del 2015 è stato di 10,8 miliardi, di cui 6,1 di export.

E, a proposito di export, la filiera moda italiana e lombarda cercano di riprendersi un posto al sole. Nello specifico, l’export lombardo è in aumento verso il continente asiatico (+20%) e verso quello americano (+13%), tanto che, sul totale nazionale, la Lombardia vale da sola il 23% delle esportazioni e il 28% delle importazioni.

Nel dettaglio, metà delle esportazioni della filiera moda regionale parte da Milano, per un controvalore di 3 miliardi; tra le province che esportano di più anche Como (770 milioni), Varese (475 milioni), Bergamo (459 milioni) e Mantova (411 milioni). In totale, cresce dell’11,6% l’import regionale e del 2% l’export.

Un 2015 in affanno per la filiera della tessitura

La settimana che inizia oggi ci porta dritta dritta all’appuntamento con le sfilate di Milano Moda Donna e, come spesso accade, diventa l’occasione per fare il punto sullo stato di salute della filiera moda italiana.

Un settore industriale che è fatto di molte realtà, tra le quali una delle più significative è quella della filiera della tessitura, che purtroppo sta vivendo un 2015 in chiaroscuro dopo i buoni risultati registrati durante il 2014. Lo ha certificato il centro studi di Smi – Sistema moda Italia, elaborando i dati Istat relativi ai primi due trimestri del 2015, registrando un rallentamento generalizzato sui vari indicatori.

Secondo le elaborazioni di Smi, dopo sette trimestri (tutti quelli del 2014 e il 2°, 3° e 4° del 2013) nei quali vi è stata una crescita della produzione da parte della filiera della tessitura caratterizzati da una crescita della produzione del settore, i primi due trimestri del 2015 hanno riportato rispettivamente un calo del 4,7% e uno del 3,6%, che hanno portato la contrazione della filiera della tessitura nel primo semestre 2015 a -4,1% rispetto al primo semestre 2014.

Dati che, a differenza di altri settori, per la filiera della tessitura hanno risentito negativamente di un export molto debole nei primi 5 mesi dell’anno, con un -4,9% delle vendite verso i Paesi dell’Ue. Deboli anche le importazioni per la filiera della tessitura, calate di un complessivo 4%, figlio della contrazione dei mercati intra-Ue (-2,8%) ed extra-Ue (-4,6%). Basti dire che l’export della filiera della tessitura è stato negativo verso tutti i 3 maggiori e storici partner commerciali: Germania (-8,3%), Romani (-4,3%) e Francia (-1,3%). Note positive, per fortuna, da Stati Uniti (+15,2%), Cina (+12,7%), Hong Kong (+9,8%), Turchia (+2,9%) e Portogallo (+2,1%).

Del resto, la filiera della tessitura arrivava da anni di performance più che positive. Alla fine del 2014 il settore aveva riportato un fatturato di circa otto miliardi di euro, +3,3% rispetto al 2013, con un valore della produzione salito del 2,5% a 6,1 miliardi di euro, così come quello delle esportazioni (+2,9%, a 4,4 miliardi): dati che avevano portato il saldo commerciale con l’estero in attivo per ben 2,3 miliardi di euro.

Quello però che preoccupa gli operatori della filiera della tessitura italiana è che il rallentamento del primo semestre del 2015 potrebbe alla lunga interessare l’intero anno, vanificando i segnali di ripresa che l’economia generale lascia intravedere.

Il tessile made in Italy alla testa della ripresa

Quando si dice una non-notizia… secondo le stime del Centro studi di Sistema Moda Italia, presentate in occasione della 20esima edizione del salone italiano del tessile MilanoUnica, lo scorso anno il settore del tessile made in Italy ha chiuso in ripresa: fatturato superiore agli 8 miliardi (+3,8%), +3,3% di export.

In più, un saldo positivo di 2,4 miliardi per la bilancia commerciale del tessile made in Italy, che da sola fattura il 25% dell’intero settore tessile/abbigliamento, nonostante incida solo per il 15,3% sul fatturato totale. Una non-notizia, perché il tessile made in Italy è sempre stato un fiore all’occhiello della nostra eccellenza artigiana.

Secondo il Centro Studi Smi, questi dati “sembrano confermare il ruolo anticipatorio nella ripresa economica che la letteratura assegna al settore del tessile e in particolare alla tessitura”. La crescita del settore del tessile made in Italy si deve infatti, finalmente, anche alla ripresa della domanda interna (+4,4%), arrivata dopo diversi anni consecutivi di cali. La domanda estera, invece, è stata forte soprattutto negli Usa (+10% di export), mentre due mercati tradizionalmente ricchi e importatori come Hong Kong e Cina hanno fatto registrare cali a doppia cifra: rispettivamente -11 e -10%.

I dati Smi rilevano che la fase di espansione ha riguardato tutti i comparti del tessile made in Italy, con il settore laniero che da solo ha cubato quasi il 40% del fatturato totale. Buone notizie anche sul fronte della produzione industriale, stimata in crescita di quasi il 3% (+2,9%), e dell’occupazione nel settore del tessile made in Italy, in calo solo dell’1%.

Detto del calo dell’export registrato in Cina e a Hong Kong, questi due Paesi restano comunque il secondo mercato per le esportazioni del tessile made in Italy, dopo gli Stati Uniti. Buone le performance generali dell’import (+6,5%) anche in Paesi come il Pakistan che, insieme a Cina e Turchia, costituisce quasi il 50% del valore totale dei tessuti importati.

Tessile italiano da Milano al mondo

Il recente successo di Milano Moda Uomo è stato l’occasione per fare il punto sulla capacità del capoluogo lombardo e della regione di creare eccellenza e ricchezza nel settore del tessile e della moda.

Ci ha pensato l’ufficio studi della Camera di commercio di Milano, su dati Infocamere 2013 e 2012 e su dati Istat al III trimestre 2013 e 2012, e ha certificato come sia di oltre 14 miliardi l’interscambio lombardo nel settore della moda nei primi 9 mesi del 2013 (+1,6% rispetto al 2012). Milano è la capitale indiscussa, con circa 7 miliardi di interscambio (quasi 4 miliardi di esportazioni e 3,2 miliardi di importazioni).

In crescita l’export milanese (+6,4%), soprattutto verso i Paesi del Medio Oriente (17,9%), dell’Asia Orientale (11,8%), dell’America centro-meridionale e dell’Asia Centrale (6,7%). Oltre la metà delle esportazioni è diretta in Europa (il 31,4% nei Paesi dell’Unione Europea e il 20,6% verso gli altri Paesi europei) e oltre un quarto in Asia orientale. Tra i Paesi dell’Ue si esporta soprattutto verso Francia (37,4%), Germania (15,3%) e Regno Unito (11,5%). Tra gli altri Paesi europei si esporta soprattutto verso la Svizzera (48,4%) ed è di oltre 200 milioni di euro il valore delle esportazioni in Russia (25,6%).

In Asia orientale le principali mete di esportazione sono il Giappone (25%) e Hong Kong (23,1%). Forte la richiesta USA, il 10% dell’export milanese va in America settentrionale.

In Lombardia sono quasi 15mila le imprese attive nel settore della moda, di cui quasi una su tre a Milano (4.482): oltre 2.600 si occupano di abbigliamento e quasi mille sono industrie tessili e altrettante imprese del settore della pelletteria. Il capoluogo è anche al primo posto in Italia per numero di addetti (80.030), seguito da Napoli (42.304) e Firenze (37.605).

Secondo Pier Andrea Chevallard, segretario generale della Camera di commercio di Milano,“il settore della moda con tutta la sua filiera rappresenta un elemento di punta per rilanciare l’economia di Milano e dell’Italia. Per questo, come Camera di commercio collaboriamo attivamente con la Camera Nazionale della Moda Italiana per sostenere in modo particolare le iniziative rivolte ai giovani stilisti, così da offrire alle nuove generazioni di creativi occasioni di visibilità e la possibilità di sviluppare i propri progetti”.

L’Italia tesse il proprio futuro. O almeno ci prova…

di Davide PASSONI

L’inizio di gennaio ha visto, come da tradizione, i primi appuntamenti di prestigio per il tessile italiano, con i saloni fiorentini di Pitti e le sfilate di Milano Moda Uomo. Si tratta di due delle vetrine più prestigiose per una delle eccellenze della manifattura italiana, quella tessile appunto.

In un mercato mondiale nel quale i Paesi dell’estremo Oriente, Cina in testa, hanno ormai raggiunto una egemonia fatta di grandi volumi, prezzi bassi, costo della manodopera irrisoria ma qualità comunque in crescita, l’Italia è riuscita ancora a ritagliarsi un ruolo da leader. Questo nonostante la difficoltà tutta italiana nel fare impresa, la burocrazia, la fiscalità impazzita.

Nel disgraziato 2013 che ci siamo lasciati alle spalle, si è registrato comunque un export da record per la nostra industria. Il surplus ha toccato quota 110 miliardi di euro e, tra i comparti produttivi, l’Italia si è confermata prima al mondo nel tessile, nell’abbigliamento, nei prodotti in cuoio e nell’occhialeria. Un primato ottenuto a dispetto di tutto e di tutti che deve essere mantenuto e, se possibile, migliorato.

Ma ci sono le condizioni perché questo accada? Come si presenta il 2014 per la filiera tessile italiana. INFOIVA cercherà di scoprirlo questa settimana, attraverso dati, studi, testimonianze dirette. Perché se l’Italia vuole continuare a… filare, non può abbassare la guardia.

Filiera tessile, sempre più indispensabile il mercato estero

Come testimoniano le parole del chief economist di Intesa Sanpaolo Gregorio De Felice, durante il recente convegno “Made in Italy senza Italy – I nuovi scenari della moda e del lusso”, cruciale sarà anche nei prossimi anni il sostegno del canale estero per le esportazione del settore tessile che consentirà un miglioramento degli indici di redditività.

Ancora una volta, come in molti altri settori (come vi abbiamo dettagliatamente dimostrato nelle precedenti settimane), è stata la domanda interna a penalizzare maggiormente i risultati delle imprese del settore. Nonostante gli ottimi i risultati sui mercati extra continentali (un buon +6,3%), in particolare nei paesi ASEAN (addirittura +25,9%), OPEC (+15,2%), in Cina (+14,6%), negli Stati Uniti (+5,4%) e in Giappone (+4,4%); sarà necessario aumentare il fatturato e le esportazione anche nei vicini paesi europei per sopperire ai numeri deficitari del mercato interno.

Piano piano la filiera tessile nazionale, grazie anche ai recenti segnali positivi soprattutto dalla produzione di fascia alta, si sta riattrezzando dopo un lungo periodo di scarsi investimenti, ma per competere con i maggiori competitors a livello mondiale la strada è ancora lunga…

Doppia etichetta, doppia certificazione!

Il Paese dove è avvenuta la filatura, la tessitura, la nobilitazione e il confezionamento: queste le quattro voci sulla nuova T&F Traceability & Fashion per una più attenta e sicura valorizzazione del sistema moda da parte di Itf-Italian textile fashion, l’organismo di coordinamento delle Camere di Commercio per la tutela della filiera.

Con la duplice certificazione ci si pone l’obiettivo di garantire la tracciabilità e la sicurezza dei prodotti con l’importante specifica del non utilizzo di prodotti nocivi per la salute nel periodo di lavorazione dei tessuti. Ad Unionfiliere dovrà essere richiesta dalle aziende la prima certificazione, mentre all’Associazione Tessile e Salute la seconda.

Intanto, ci pensa Greenpeace, l’organizzazione non governativa ambientalista e pacifista, a fare il punto sull’impegno dei grandi gruppi italiani del settore tessile. L’associazione, fondata a Vancouver nei primi anni ’70, ha pubblicato sul suo sito una sorta di pagella online che valuta i 18 gruppi della moda che hanno aderito a Detox, la campagna contro l’inquinamento lanciata ormai due anni fa. Sul podio, insieme con altri virtuosi come H&M e Mango, ci sono Valentino e Benetton, che hanno il merito di aver intrapreso un percorso per l’eliminazione delle sostanze tossiche all’insegna della trasparenza e della salute.