Il pecorino è la star dei formaggi italiani

Chi lo avrebbe mai detto? Nella variegata galassia dei formaggi italiani, la stella che brilla di più è quella del pecorino, almeno stando ai dati di export diffusi da Coldiretti. Nel 2015, infatti, è stato il re dei formaggi italiani con un +23% di esportazioni.

Il principale mercato per il pecorino italiano è stato quello americano (+28%), seguito dal Regno Unito (+22%) e dalla Francia (+16%), dove la concorrenza locale verso i formaggi italiani è spietata. Fa storia a sé il +500% di pecorino esportato in Cina, perché i numeri di partenza erano troppo bassi e le quantità esportate ancora ridotte.

Nel sottolineare la performance positiva del pecorino rispetto agli altri formaggi italiani, Coldiretti ricorda anche i numeri della produzione che stanno dietro a questo fenomeno: 6,2 milioni di pecore e circa 700mila capre, divise principalmente tra Sardegna (3,2 milioni di pecore), Sicilia (770mila), Lazio (630mila) e Toscana (420mila).

L’Italia produce annualmente 400mila tonnellate di latte ovino e 28mila di quello caprino e i formaggi italiani di pecora prodotti ammontano a 67mila tonnellate. Cifre importanti, che solo per il Pecorino Romano Dop sono di circa 25mila tonnellate, il 60% delle quali esportate.

Se, dunque, il 2015 è stato un anno importante per l’export dell’agroalimentare italiano (36 miliardi di euro a valore, +7% anno su anno) anche grazie al traino e alla vetrina di Expo 2015, lo si deve anche al boom delle esportazioni di pecorino. Oltre ai formaggi italiani, sono andati forte l’export di ortofrutta (+11%), di olio di oliva (+10%), di pasta (+9%) e di vino (+6%).

Formaggi italiani alla conquista del mondo

Quando si parla dell’agroalimentare italiano che va forte all’estero si pensa subito al vino e alla pasta e non ci si ricorda dei formaggi italiani. Quello dell’export caseario è infatti un giro di affari di tutto rispetto che, anche nel 2014, ha fatto segnare numeri da record.

Lo ha certificato Ismea, che dalle proprie elaborazioni effettuate sui dati Istat ha rilevato che nel 2014 i formaggi italiani all’estero hanno generato un valore record di 2,2 miliardi di euro, pari a oltre 331mila tonnellate esportate. In termini percentuali si parla di un +3,3% in quantità e di un +4,8% in valore rispetto al 2013, nonostante l’embargo alla Russia (uno dei mercati più fiorenti per i formaggi italiani) abbia quasi dimezzato le spedizioni nel Paese e nonostante un euro forte (a differenza di quanto sta accadendo nel 2015) che ha comportato un calo del 5,7% in volume degli acquisti negli Stati Uniti.

Detto dei mercati che hanno sofferto, Ismea sottolinea come i formaggi italiani siano andati molto bene in Medio ed Estremo Oriente (Cina +41%, Emirati Arabi +28%, Corea +26%), nonostante quote di mercato ancora ridotte. Buone anche le performance nei mercati storici come Germania, Francia e Regno Unito.

Per quanto riguarda invece la tipologia di formaggi italiani esportati, in volume i grattugiati hanno fatto segnare un +9,7%, il provolone +7,2%, i grana a denominazione +3,4% (+9,1% nel Regno Unito, +3,7% in Germania e +2,1% in Francia), i freschi +3,1% (+8,2% in Germania e +7% in Francia) e il gorgonzola +2,7% (+13,9% nei Paesi Bassi e +7,3% nel Regno Unito.

Insomma, per i formaggi italiani un’annata d’oro all’estero nonostante la congiuntura economica ancora difficile. E la filiera del lattiero-caseario si aspetta numeri in crescita anche per questo 2015.

I formaggi italiani conquistano il mondo

I formaggi italiani non conoscono crisi, specialmente nel mondo. Nei giorni scorsi Assolatte, l’associazione italiana dei produttori lattiero caseari, ha diffuso i dati relativi all’export mondiale dei formaggi italiani, dati che configurano un boom che prosegue anno dopo anno. Per ora si tratta dei dati riferiti ai primi 9 mesi del 2014, che però in proiezione configurano un superamento delle 340mila tonnellate di formaggi italiani esportati, per un controvalore di circa 2,2 miliardi di euro.

Un risultato di assoluto rilievo, fa notare Assolatte, soprattutto alla luce del fatto che da agosto 2014 i formaggi italiani non arrivano più su uno dei mercati storicamente più forti e promettenti, quello della Russia (da solo valeva circa il 3% dell’export), assoggettata alle sanzioni internazionali per via della crisi ucraina.

Assolatte ha anche cercato di capire quali sono i formaggi italiani campioni sui mercati internazionali e lo ha fatto analizzando i dati relativi agli ultimi 15 anni. Un’analisi che ha mostrato come le esportazioni di mozzarella e degli altri formaggi italiani freschi crescono a una velocità nettamente superiore a quella degli altri prodotti. Dal 1990, i loro volumi di vendita all’estero sono cresciuti del 2.700%, con un balzo da 4.700 a 132mila tonnellate, con crescite top nel Regno Unito (+2.577%) e in Francia (1.043%).

Tra gli altri formaggi italiani più conosciuti, anche Grana Padano e Parmigiano Reggiano hanno fatto registrare una crescita superiore al 500% (+711% in Germania), rilevante soprattutto pensando al valore/kg che i due formaggi hanno. Livelli minori ma di tutto rispetto anche per Provolone (+220%) e Gorgonzola (+170%, +342% negli Usa).

I formaggi italiani piacciono agli inglesi

Ciò che piace dell’Italia parte dai capolavori dell’arte per arrivare ai brand di lusso e il cibo di alta qualità.

Gli inglesi del Guardian hanno elencato, tra le cose da amare del Belpaese, anche i formaggi.
A quanto pare, infatti, oltremanica vanno forte mozzarella e ricotta, ma anche parmigiano e pecorino, tanto che la Gran Bretagna è diventato il quarto Paese per quanto riguarda l’esportazione dei nostri prodotti caseari.

A confermare questo trend, ci sono anche i dati di Assolatte, che parlano di 26.900 tonnellate di formaggi italiani esportati nel 2012, contro le 26.272 del 2011.
A fronte di questi dati, l’export l’anno scorso ha fatturato 180,35 milioni di euro.

Ma cosa piace di più, della vastissima gamma di prodotti caseari Made in Italy?
Nel Regno Unito piacciono i freschissimi e gli spalmabili, ma anche quelli a pasta dura ed erborinati, tanto che tutti i diversi tipi di formaggi hanno visto aumentare le loro vendite.
Primi della classe rimangono mozzarella e ricotta, che con le loro 12.500 tonnellate, rappresentano il 46,6% dell’export totale in quantità. Al secondo posto ci sono Grana Padano e Parmigiano-Reggiano, con 6.000 tonnellate (pari al 22,5%), seguiti dai formaggi grattugiati, con 2.900 tonnellate (10,8%).
Al quarto posto c’è il Gorgonzola (809 tonnellate), tallonato da Fiore Sardo e Pecorino (724 tonnellate complessive).

Ma in Gran Bretagna arrivano dall’Italia anche italico, taleggio, provolone, crescenza, robiola, caciotta, asiago, caciocavallo, montasio e ragusano.

Vera MORETTI

Formaggio italiano: cresce la domanda

Il consumo di formaggio si conferma in crescita: sono in aumento sia la domanda mondiale che quella interna. Ad annunciarlo sono stati il responsabile di Clal.it (società di consulenza che analizza il mercato lattiero caseario) Angelo Rossi e il rappresentante di Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) Claudio Federici nel corso del convegno svolto questo pomeriggio a CremonaFiere.

Nel periodo gennaio-luglio di quest’anno il mercato mondiale ha fatto registrare un +3,34% rispetto al medesimo periodo del 2010: “L’Europa si conferma il principale esportatore – ha sottolineato Rossi -, anche se rispetto all’anno passato il ritmo di crescita è notevolmente rallentato”.

I principali acquirenti a livello globale sono i Paesi del Sud-Est asiatico, del Centro-Sud America e del Medio Oriente. I formaggi italiani confermano il trend continentale con un incremento del +3,93% rispetto ai dodici mesi precedenti: “è un momento piuttosto favorevole – ha commentato di nuovo Rossi -; l’unica nota dolente è rappresentata dal costante aumento delle importazioni di formaggi duri non DOP nel nostro Paese”.

L’analisi si sofferma anche sui rispettivi prezzi: Parmigiano Reggiano e, a ruota, Grana Padano occupano le prime due posizioni, davanti a simil-grana, edamer e cheddar.

Anche sul piano del mercato interno la domanda di formaggi è in progressivo aumento (+1% costante nell’arco dell’ultimo decennio), ma “a discapito della diminuzione dei consumi di latte e di burro” ha evidenziato Federici.

Tanto che negli ultimi mesi il comparto lattiero-caseario nella sua totalità ha perduto un punto percentuale. L’esperto, inoltre, ha ribadito come “oggi gli acquisti avvengono soprattutto all’interno della grande distribuzione, prima di tutto nei discount”.

Nel complesso dei formaggi consumati in Italia il 35% dei prodotti è DOP; inoltre gli italiani sembrano sempre più preferire i freschi (34% del totale) ai duri (28%). Federici si è concentrato in particolare sul modello di famiglia “alto acquirente” (ovvero quella che produce un elevato volume di consumi), ribattezzata “famiglia DOP”, che sviluppa il 27% dell’acquisto di formaggi pari a 30 kg all’anno (il triplo rispetto alla media dei consumatori); ha un paniere d’acquisto più articolato e spende 776 euro all’anno in formaggi. In coda, un’annotazione non proprio positiva: nell’ultimo anno le vendite nazionali di Parmigiano Reggiano sono calate del 3,5%, quelle del Grana Padano dello 0,5%. In crescita, specularmente, i numeri relativi ai formaggi molli e industriali.