Cosa si intende per formazione aziendale e quando conviene al datore di lavoro?

Per un’impresa la gestione delle risorse umane è una delle attività centrali al fine di poter restare competitiva sul mercato. E questo avviene non solo assumendo i migliori profili, ma anche programmando per i lavoratori dei percorsi interni che siano finalizzati all’acquisizione nel tempo di nuove competenze o comunque di competenze specifiche.

Perché la formazione aziendale deve stare in cima agli investimenti nel capitale umano

Tutto questo avviene tramite la formazione aziendale che, per un’impresa lungimirante, rappresenta sempre un investimento e mai un costo. Perché per un’azienda ricca anche a livello professionale è più facile raggiungere gli obiettivi economici e finanziari proprio attraverso gli investimenti nel capitale umano. Ma detto questo, la formazione aziendale quando conviene davvero al datore di lavoro?

Al riguardo c’è da dire che, se ben pianificata, la formazione aziendale al datore di lavoro conviene sempre in quanto i ritorni nel medio e nel lungo periodo sono praticamente garantiti. Pur tuttavia, al pari di tutte le altre attività, pure per la formazione aziendale serve sia la pianificazione, sia lo stanziamento di risorse che, molto spesso, sono purtroppo limitate.

Come pianificare la formazione aziendale in quattro fasi ed i costi da sostenere

Per la pianificazione della formazione aziendale ci sono davvero tante strade percorribili. Con le scelte in merito che spesso sono influenzate sia dalle dimensioni dell’impresa, sia dal settore di business in cui opera.

In generale si può dire che la pianificazione della formazione aziendale può essere suddivisa in quattro fasi. Si parte, nello specifico, dall’analisi del fabbisogno a livello formativo per poi passare alla progettazione ed alla successiva erogazione dell‘intervento formativo. Ed infine si passa ad una valutazione dell’intervento formativo stesso.

In termini di costi per la formazione aziendale, questi variano proprio in ragione delle modalità di erogazione. E questo perché la formazione aziendale può essere gestita internamente in aula oppure online in modalità delocalizzata. Ma spesso si rende necessario andare a pianificare la formazione aziendale attraverso consulenti o società esterne. Ed in tal caso i costi da sostenere sono più alti.

La scelta della formazione aziendale continua con i fondi interprofessionali

Quando l’impresa è di medie e di grandi dimensioni, le attività di formazione che sono destinate ai lavoratori dipendenti sono continue. Ed in tal caso è opportuno valutare l’eventuale adesione ai fondi interprofessionali che, a livello finanziario, sono alimentati dallo 0,30% dei versamenti INPS.

I fondi interprofessionali, con l’adesione libera, nascono infatti con l’obiettivo di finanziare l’aggiornamento continuo dei lavoratori proprio attraverso le attività di formazione e di addestramento. Per esempio, in Italia c’è il fondo interprofessionale For.Te., il Fondo Artigianato Formazione ed il Fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua in Agricoltura (FOR.AGRI) solo per citarne alcuni.

Oltre che libera e gratuita, l’adesione di un’impresa ad un fondo interprofessionale, inoltre, non è mai vincolante. E questo perché l’impresa potrà in qualsiasi momento decidere di revocare l’adesione ed anche decidere di cambiare il fondo interprofessionale al fine di poter soddisfare sempre al meglio le proprie esigenze formative destinate ai lavoratori dipendenti.

Alternanza scuola-lavoro, protocollo in Lombardia

Siglato nei giorni scorsi il protocollo d’intesa per promuovere informazione e iniziative nel campo dell’ alternanza scuola-lavoro tra Confcommercio Lombardia, Regione Lombardia e Ufficio Scolastico regionale.

Abbiamo aderito convintamente al protocollo dell’ alternanza scuola-lavoro per significare il nostro impegno nel passaggio culturale di avvicinamento tra sistema dell’educazione e mondo del lavoro”, ha commentato Giovanna Mavellia, segretario generale di Confcommercio Lombardia.

Non nascondiamo le difficoltà che il nuovo modello presenta, soprattutto per le imprese più piccole e meno strutturate – prosegue Mavellia parlando di alternanza scuola-lavoro -, ma ci presentiamo oggi con la consapevolezza che un ruolo propulsivo può essere giocato proprio dalle organizzazioni imprenditoriali. Con questa intesa avviamo dunque un primo passo per dare agli studenti lombardi, lavoratori e imprenditori del domani, la possibilità di conoscere da vicino il sistema delle imprese lombarde del Terziario attraverso percorsi didattici, educativi, formativi e sperimentali”.

Un modo per instaurare un dialogo costante tra scuole e imprese del commercio, turismo, servizi, Distretti del Commercio e dell’Attrattività e reti d’impresa, per guidare i giovani nella scoperta delle vocazioni e degli interessi personali sia per agevolare possibili sbocchi occupazionali al termine del percorso di studi sia in ottica di autoimprenditorialità”, ha concluso Mavellia.

Il mercato del lavoro cerca diplomati

I dati sulle assunzioni indicano che il mercato del lavoro sta tornando a investire sui diplomati. Ecco perché ci sono realtà come alcuni istituti di credito e le camere di commercio locali che puntano a dare ai diplomati interessanti opportunità di crescita.

Ne è un esempio il corso di formazione “Da una buona idea ad una buona impresa”, che rientra in “In-formati”, il programma formativo di UniCredit che offre corsi gratuiti a clienti e non clienti sull’intero territorio nazionale.

Lo scorso 2 maggio c’è stato un incontro alla Camera di Commercio di Milano, a cui hanno partecipato oltre 60 studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore “Evangelista Torricelli” del capoluogo lombardo. La Camera di commercio, oltre ad ospitare i ragazzi, ha fornito loro alcuni contributi educativi tramite Formaper, l’azienda speciale della Camera di Commercio di Milano che si occupa di formare le imprese in Italia e all’estero.

La lezione, caratterizzata da contenuti e stile di linguaggio semplici e pratici, è stata tenuta dallo specialista della banca Marco Galli, con l’obiettivo di diffondere la cultura d’impresa tra i futuri diplomati e favorire lo sviluppo del pensiero imprenditoriale. L’iniziativa si inserisce all’interno del percorso “scuola-lavoro” che gli studenti del liceo Torricelli stanno portando avanti per il 2016. Una prima lezione di educazione bancaria e finanziaria per i futuri diplomati si è tenuta qualche mese fa presso le sedi milanesi di UniCredit.

Questo ciclo di corsi – ha spiegato Enzo Torino, Deputy Regional Manager di UniCredit -, rientra in un più ampio progetto nazionale che offre gratuitamente e senza finalità commerciale le competenze e l’esperienza dei nostri collaboratori, i quali hanno aderito in modo del tutto volontario in ottica di condivisione e servizio alla comunità, con l’obiettivo di accrescere la cultura bancaria e finanziaria dei cittadini, nel caso specifico degli studenti meneghini, per renderli più consapevoli rispetto alle loro scelte finanziarie ed imprenditoriali future”.

La Camera di Commercio di Milano, attraverso la sua azienda speciale Formaper, favorisce la nascita e lo sviluppo delle nuove imprese, anche attraverso l’inserimento di risorse umane qualificate e appositamente formate – ha dichiarato Umberto Bellini, presidente di Formaper, azienda speciale della Camera di commercio di Milano -. Inoltre, è nostro preciso impegno favorire l’ingresso nel mondo lavorativo e imprenditoriale soprattutto dei giovani. I diplomati, secondo i dati Camera di commercio-Excelsior, sono circa la metà sul totale delle assunzioni previste a Milano”.

In questo senso, i numeri emersi da un’elaborazione della Camera di Commercio di Milano, sui dati Excelsior – Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e ministero del Lavoro, parlano chiaro. Sono 13.590 le assunzioni nei primi tre mesi del 2016 in provincia di Milano e circa la metà, il 43,8%, riguarda diplomati. Il 44,8% nel settore dei servizi, il 39,6% in quello dell’industria e costruzioni. I diplomati sono scelti soprattutto dal settore del commercio (con il 64,5% delle assunzioni), seguito da quello dei servizi di trasporto e logistica con il 55,3% e dalle industrie metalmeccaniche ed elettroniche (48,9%).

C’è tanta voglia di formazione

Formazione è una parola che, nell’ambito delle risorse umane, si sente spesso ripetere come un mantra. Una tendenza confermata da un’analisi della Camera di commercio di Milano su dati di Excelsior-Unioncamere, secondo la quale le imprese ritengono che il 59,2% dei neoassunti necessiti di ulteriore formazione.

La mancanza di un’adeguata preparazione professionale è infatti motivo di difficoltà nell’assunzione per circa il 35% delle imprese e il fabbisogno formativo si divide equamente tra industria e servizi, dove la percentuale si attesta, rispettivamente, al 59,4% e 59,1%. Inoltre, la mancanza di strutture destinate alla formazione rappresenta l’8,3% delle problematiche riscontrate in fase di assunzione.

Nel settore dell’industria, ad avere maggiormente bisogno di formazione sono le imprese legate all’estrazione di minerali (84,7%). A seguire le industrie chimiche, farmaceutiche e petrolifere (82,7%), le industrie elettriche, elettroniche, ottiche e medicinali (80,2%) e le industrie della gomma e delle materia plastiche (77,1%).

Sempre nel secondario, ma nel settore delle public utilities, l’impegno formativo richiesto dai gestori di reti (energia, gas, acqua) raggiunge l’80,6%.

Nel settore dei servizi, la quota percentuale dei neoassunti a cui serve una formazione integrativa è maggiore nelle imprese finanziarie e assicurative (87,9%). In seconda posizione vi sono le imprese informatiche e delle telecomunicazioni (81,3%), e terze, alla pari, le imprese legate alla sanità e al commercio al dettaglio (77,7%).

Secondo la ricerca della Camera di commercio di Milano, la carenza di formazione tocca soprattutto il Nord, dove in media il 65% delle aziende richiede attività formativa supplementare; secondo il Centro (58,8%) e, infine, il Sud e le isole (47,7%).

MateArts, il franchising delle scuole di formazione

Un franchising che si occupa di formazione, e in particolare di scuole d’arte professionali, rivolte a qualunque platea, dai grandi ai piccini.

Si chiama MateArts e per ora è presente su territorio nazionale con un solo punto vendita diretto, ma aspira ad espandersi ed aprire al più presto alcuni uffici in franchising.

Ai nuovi franchisee, il marchio offre 300 ore di formazione per il primo anno di attività.
Inoltre, gli affiliati ricevono 1 anno di pubblicità online gratuita per promuovere la propria attività.
Ovviamente, nell’investimento iniziale, che richiede circa 49.000 euro, è compresa la consulenza marketing e fiscale.

Per ricevere ulteriori informazioni, è possibile collegarsi al sito MateArts.

Fondoprofessioni dà il via ad un bando per la formazione professionale

Il Consiglio di amministrazione di Fondoprofessioni, presieduto da Massimo Magi, ha dato il via ad un bando da 1,5 milioni di euro per finanziare la formazione negli studi professionali.
Le risorse sono state così ripartite:

  • 700 mila euro per la realizzazione di corsi rivolti al personale degli studi professionali, che applicano il Ccnl studi professionali;
  • 600 mila euro destinati ai corsi rivolti ai dipendenti delle società, che applicano altri contratti;
  • 200 mila euro per l’organizzazione di seminari.

La scadenza del bando è stata fissata per il 3 giugno 2013.

Il Fondo ha inoltre individuato ha individuato un massimale di risorse erogabili per piano formativo pari a 30 mila euro.
Ogni piano formativo, corsuale o seminariale, potrà essere composto da più progetti. I singoli progetti potranno avere, nel caso dei corsi, una durata da 16 a 40 ore, mentre i seminari potranno avere una durata di 4 oppure 8 ore.
Ogni progetto corsuale potrà avere un numero di partecipanti tra4 e 16 unità, mentre molto più ampio il numero di partecipanti ai seminari.

I piani formativi potranno essere presentati da enti formatori accreditati presso il Fondo per conto di studi professionali, aziende, consorzi, ATS, ATI, organizzazioni di rappresentanza, studi professionali per conto di aziende collegate.
Ovviamente gli studi professionali e le aziende, per vedere accettata la domanda di accesso al bando, dovranno necessariamente risultare aderenti al Fondo.
Tale adesione è gratuita e può essere svolta dallo studio di consulenza, nell’ambito della “denuncia aziendale”.

Per procedere alla presentazione del piano formativo, gli enti formatori dovranno compilare il formulario elettronico all’interno della piattaforma informatica presente sul sito Fondoprofessioni.it.
Contemporaneamente, dovrà essere inviata al Fondo la documentazione di presentazione prevista dal bando.
Nello specifico, ai fini dell’ammissibilità del piano formativo entro il 3 giugno 2013 dovranno pervenire all’indirizzo pec presentazioneavvisi@pecfondoprofessioni.it la domanda di finanziamento, l’accordo sindacale e la documentazione relativa al soggetto proponente.

Vera MORETTI

Apprendistato, costruire i professionisti del futuro

 

Da contratto ‘snobbato’ perchè rigido e normativamente complesso a occasione unica per investire in capitale umano e costruire la propria impresa del futuro. Il contratto di apprendistato vanta un privilegio fondamentale per le aziende, di piccole come di medie dimensioni: l’opportunità di ‘cucirsi su di sè’ le figure professionali del domani, formandole, istruendole e dando loro gli strumenti per costruirsi una vera e propria professionalità.

Ma è davvero così? O sarebbero auspicabili altri metodi per favorire un interscambio fertile e di lunga durata tra scuole, università, centri di formazione e imprese?

Infoiva lo ha chiesto a Enrica Carminati, responsabile del progetto Fareapprendistato.it, un sito, realizzato in collaborazione con Adapt e il CQIA dell’Università di Bergamo, che ha lo scopo di promuovere e supportare la corretta implementazione in Italia dell’apprendistato, valorizzandone in particolare la valenza educativa e formativa.

L’apprendistato avrebbe dovuto essere il canale d’ingresso principale dei giovani nel mercato del lavoro, ma a oggi pare fatichi ancora a decollare? Perché? Quali sono i suoi limiti?
L’apprendistato sconta l’eredità di contratto “difficile” e “rigido”. In passato le imprese preferivano fare ricorso ad altri strumenti, magari anche più onerosi dell’apprendistato, perché quest’ultimo era complesso da gestire – a causa di un quadro normativo incerto, stratificato e a livello regionale frammentario – oltre che gravato da un eccesso di burocrazia e formalismo. Nel 2011, tuttavia, è intervenuta una profonda e organica riforma della disciplina del contratto di apprendistato, che ha superato molte delle criticità emerse negli anni, consegnando agli operatori un nucleo di regole certe, essenziali e immediatamente operative.
Il principale limite oggi è allora rappresentato dall’assenza, o comunque dall’insufficienza, di una corretta e diffusa informazione sul “nuovo” apprendistato, che ne metta in luce le grandi potenzialità, sia per il tessuto produttivo, sia per noi giovani. Proprio per questo il gruppo di ricerca di Adapt – Associazione per gli Studi Internazionali e Comparati sul Diritto del lavoro e sulle Relazioni Industriali – ha creato e cura il portale www.fareapprendistato.it, ove è possibile consultare liberamente documentazione utile e dialogare con chi studia e utilizza lo strumento.

Perché un’azienda dovrebbe scegliere questo tipo di contratto piuttosto che un altro?
Ci sono molteplici ragioni: innanzitutto per la possibilità di investire in capitale umano per costruire la propria impresa del futuro. Questo contratto consente alle imprese di intercettare giovani e giovanissimi al fine di formarsi “in casa” e in base agli effettivi fabbisogni quelle professionalità che spesso il mercato non offre. Inoltre, a seconda della articolazione tipologica che si attiva, può mettere virtuosamente in dialogo il mondo della scuola, dell’università e della ricerca con quello del lavoro, al fine di portare in azienda elevate competenze, che si traducono in competitività e sviluppo. Senza dimenticare, in questo momento di crisi, i generosi incentivi economici e normativi che lo accompagnano.

Ad oggi, alle piccole e medie imprese, conviene stipulare contratti di apprendistato?
Oltre ai vantaggi di cui si è detto, la legge di Stabilità per il 2012 ha introdotto uno sgravio contributivo del 100%, per i primi tre anni di contratto, per le imprese con meno di dieci dipendenti che hanno assunto o assumeranno fino al 31 dicembre 2016 apprendisti. Del resto sono proprio le realtà più piccole ad avere oggi più che mai la necessità, per rimanere nel mercato e crescere, di investire nel futuro, ottimizzando il bilancio tra costi e benefici.

Esistono, secondo lei, strumenti migliori per incentivare l’occupazione giovanile?
Io credo che nel nostro Paese non manchino i “buoni” strumenti, tra cui certamente l’apprendistato. Del resto sono state le parti sociali, unitariamente, a condividere, in intese siglate a partire dal 2010 con Governo e regioni, la necessità di rilanciarlo proprio per combattere i preoccupanti fenomeni della dispersione scolastica, della disoccupazione giovanile e del disallineamento tra domanda ed offerta.
Quel che serve, invece, sono serie e strutturate politiche a sostegno dell’occupazione giovanile, volte a creare un raccordo tra il mondo dell’istruzione e della formazione, da un parte, e quello del lavoro dall’altra, così da trasformare effettivamente il contratto di apprendistato in una leva di placement.

Il contratto di apprendistato è apprezzato dai giovani?
A volte il contratto di apprendistato è sottovalutato, perché ricondotto all’immagine del “garzone di bottega” o comunque associato, erroneamente, ad attività esclusivamente manuali e di basso profilo. Proprio nei giorni scorsi, sui giornali, si leggeva della volontà del Ministro Fornero di promuovere una campagna per rilanciarne l’immagine, oggi poco accattivante. La maggior parte dei giovani, tuttavia, si informa ed è consapevole che quello di apprendistato è un contratto stabile, che garantisce loro piene tutele e la possibilità di acquisire una professionalità facilmente spendibile nel mercato.

Qual è il vero problema del mercato del lavoro in Italia? Pensa sia ancora troppo rigido, specialmente per quanto riguarda i vincoli all’ingresso?
Rispondendo a caldo e di getto, direi che è l’eccessivo costo del lavoro, che influenza e condiziona le scelte imprenditoriali. Al di là di questo, non sono in grado di individuare l’origine ultima dei problemi del nostro mercato del lavoro e nemmeno di trarre a distanza di pochi mesi un bilancio sull’ efficacia e sulla bontà degli ultimi interventi legislativi, che certo hanno aggiunto rigidità in fase di ingresso. Da giovane che si muove in questo mercato e che vede tanti coetanei in difficoltà, penso che questo sia il momento per concentra le energie e attenzione sugli strumenti già operativi e che possono fare la differenza, se valorizzati, tra i quali appunto l’apprendistato.

Alessia CASIRAGHI

 

Apprendistato, un aiuto concreto per i giovani?

 

Garantisce un costo del lavoro più basso, perchè ne riduce il costo contributivo, ma è ancora troppo poco adottato dalla piccole e medie imprese per la sua complessità normativa e di gestione. Il contratto di apprendistato potrebbe rivelarsi un valido strumento per incentivare l’assunzione dei giovani in un momento in cui la disoccupazione giovanile ha raggiunto picchi storici e in cui la crisi economica non può più fungere da unico capro espiatorio.

Ma perchè le aziende faticano ancora a preferire il contratto di apprendistato? Oggi Infoiva ne discute con il Professor Maurizio Del Conte, Docente di Diritto del Lavoro presso l’Università Bocconi di Milano. Perchè per garantire un futuro a un’intera generazione che oggi viaggia ‘sul filo del rasoio’ della disoccupazione occorre agire adesso.

L’apprendistato avrebbe dovuto essere il canale d’ingresso principale dei giovani nel mercato del lavoro, ma a oggi pare fatichi ancora a decollare? Perché? Quali sono i suoi limiti?
Purtroppo l’apprendistato sconta una storia fatta di incertezze regolative, dove la indicazione del tipo di formazione – on the job o in aula – ed i suoi stessi contenuti sono rimasti appesi all’inerzia delle Regioni e della contrattazione collettiva nel regolare la materia. Il testo unico del 2011, rilanciato dalla riforma “Fornero”, dovrebbe spingere nel senso di un pieno completamento della disciplina, ma è necessario un maggiore impegno di Regioni e parti sociali.

La complessità normativa di questo tipo di contratto gioca a suo sfavore?
Il maggior ostacolo al ricorso all’apprendistato da parte delle imprese è proprio la complessità della disciplina e della gestione operativa degli apprendisti. Molto spesso i direttori del personale preferiscono rinunciare ai vantaggi del contratto di apprendistato, ritenuto troppo oneroso in termini di tempo e risorse organizzative da dedicare per ogni apprendista. Oltretutto, con il rischio di vedersi condannati a restituire gli sgravi contributivi nel caso si commetta qualche errore nella complicata gestione burocratica del contratto.

Perché un’azienda dovrebbe scegliere questo tipo di contratto piuttosto che un altro?
L’apprendistato potrebbe essere estremamente interessante per le imprese perché, da un lato, riduce significativamente il costo contributivo del lavoro e, dall’altro, garantisce la possibilità di formare il giovane neoassunto secondo le esigenze specifiche dell’organizzazione aziendale. Insomma un investimento nella qualità del lavoro ad un costo ragionevole. Nel panorama contrattuale a disposizione delle imprese non c’è nulla di altrettanto appetibile.

Ad oggi, alle piccole e medie imprese conviene stipulare contratti di apprendistato?
In teoria sì, ma la realtà ci dice che sono proprio le imprese meno strutturate ad essere maggiormente diffidenti nei confronti dell’apprendistato. Questo perché, vista la complessità di cui si è detto, all’interno delle piccole aziende non ci sono le risorse organizzative sufficienti per seguire gli apprendisti. Un’iniziativa importante, che dovrebbe essere estesa a tutto il territorio, è quella appena lanciata da Regione Lombardia, che finanzia le piccole e medie imprese che si avvalgano di operatori esterni accreditati per la gestione degli apprendisti.

Esistono, secondo lei, strumenti migliori per incentivare l’occupazione giovanile?
In questi tempi di grave congiuntura economica lo strumento più efficace per incentivare l’assunzione dei giovani sarebbe una decisa riduzione del costo del lavoro dovuto al carico fiscale/previdenziale. In attesa di vedere provvedimenti legislativi in questo senso, l’apprendistato garantisce un costo del lavoro più basso anche se, dobbiamo ricordarlo, un apprendista alterna il lavoro alla formazione e, dunque, nel breve periodo rende di meno di un lavoratore già formato.

Qual è il vero problema del mercato del lavoro in Italia? Pensa sia ancora troppo rigido, specialmente per quanto riguarda i vincoli di ingresso?
A mio avviso il vero problema è la bassa produttività del lavoro nel confronto con i paesi nostri diretti concorrenti. Mentre si profondevano fin troppo tempo ed energie in operazioni di ingegneria contrattuale e del mercato, il lavoro si andava drammaticamente assottigliando e quello che ancora resta è sempre meno produttivo. Il risultato è che stiamo scivolando verso un lavoro che produce minor valore aggiunto, rendendo le nostre imprese meno competitive nei mercati più ricchi e deprimendo ulteriormente i salari e la domanda interna. E’ un circolo vizioso che deve essere interrotto, pena un declino irreversibile del nostro sistema industriale nel mercato globalizzato.

Situazioni straordinarie come quella attuale per le imprese, l’economia e il lavoro, necessitano di iniziative e progetti straordinari: secondo lei il Paese e il governo stanno dando segnali positivi in tal senso?
Finora il governo si è concentrato nel ridurre la spesa per riportare i parametri del bilancio pubblico entro limiti accettabili dai mercati finanziari. Tuttavia senza l’impulso della spesa pubblica nessuna economia è mai riuscita ad uscire stabilmente da una fase di recessione economica grave come quella che stiamo attraversando. Dunque si pone un problema di dover sostenere la spesa pubblica in questa congiuntura straordinariamente negativa. Personalmente credo che non si possa più affrontare una disoccupazione che tocca ormai oltre un terzo dei giovani come se si trattasse di un semplice effetto collaterale della crisi. Quando raggiunge questa magnitudine, la disoccupazione diventa essa stessa causa della recessione. Per combatterla occorrono misure straordinarie, mettendo in campo risorse finanziarie straordinarie. Come ho già detto, la riduzione del cuneo fiscale è la prima e ormai indifferibile misura da prendere se si vuole produrre uno shock positivo sul mercato del lavoro. Dall’inizio della crisi sono state investite enormi risorse finanziarie per conservare i posti di lavoro già esistenti, ma pochissimo è stato speso per aiutare un’intera generazione di giovani che rischia di restare tagliata fuori anche dalla ripresa economica, quando finalmente ci sarà. Se si vuole scongiurare questo rischio occorre agire adesso.

Alessia CASIRAGHI

In autunno aumentano le occasioni di lavoro

Dopo un’estate grama, lavorativamente parlando, l’autunno che già si vede all’orizzonte si preannuncia, invece, pieno di novità e di occasioni.

Una ricerca di Adecco, leader per quanto riguarda la gestione delle risorse umane, indica che, tra le posizioni aperte, che dunque offrono maggiori possibilità di impiego, ben il 40% sono riservate ai settori metalmeccanico e turistico-alberghiero, seguiti da servizi e alimentari che si attestano entrambi all’8% e il chimico-farmaceutico che rappresenta il 6% dei profili ricercati.

Ciò non significa che, tornati dalle vacanze, la situazione del mercato del lavoro sia improvvisamente cambiata, perché, purtroppo, la disoccupazione non accenna a diminuire, ma qualche occasione c’è, e soprattutto per i lavoratori specializzati.

Le imprese, infatti, anche per fronteggiare una concorrenza sempre più spietata, necessitano di uno staff altamente all’avanguardia in ambito meccanico, elettrico, elettronico. Sono quindi costantemente alla ricerca di operatori su macchine automatiche o semiautomatiche, tecnici commerciali e di laboratorio, responsabili qualità.

Per questo, la formazione diventa sempre più importante, se non indispensabile, seguita da un apprendistato serio e particolareggiato, senza contare che permette di ridurre i costi e di investire in formazione.

Vera MORETTI

Protocollo d’intesa nazionale per le Microimprese

Arriva il nuovo protocollo per la microimprenditoria italiana. Obiettivi principali: sostegno alle microimprese, rilancio dell’occupazione per soggetti svantaggiati, creazione di nuovi posti di lavoro. Il protocollo è stato siglato qualche giorno fa tra Ente Nazionale per il Microcredito, Fondazione San Patrignano, Associazione San Patrignano Scuola e Formazione, Unione Artigiani della Provincia di Milano e la Regione Campania.

I contributi, che saranno erogati con il nuovo protocollo, prevedono la disponibilità di fondi da utilizzare come garanzie ai prestiti che le microimprese concorderanno con le banche, ma potranno anche essere impiegati per le spese di formazione e tutoraggio interni alle aziende. In particolare, i finanziamenti potranno essere destinati alla realizzazione di attività di formazione in materia di microcredito, start up e gestione di impresa, realizzazione di business plan.

Il nuovo protocollo mette poi a disposizione un fondo di supporto per la nascita di nuove microimprese, come pure contributi destinati alla realizzazione di un’attività congiunta di fund raising.

Requisiti di partecipazione

Possono fare richiesta dei finanziamenti tutti i cittadini italiani appartenenti alle categorie svantaggiate:

  • giovani e donne inoccupati
  • portatori di handicap
  • soggetti vittime dell’esclusione sociale
  • soggetti che hanno concluso con successo percorsi di riabilitazione e necessitano di un sostegno per il reinserimento nella società civile e professionale
  • soggetti destinatari delle rimesse effettuate dagli immigrati presenti in Italia.

Per ottenere tutte le informazioni circa i requisiti e le possibilità di accesso al fondo è possibile consultare il testo ufficiale del Protocollo d’intesa nazionale per le Microimprese.