Gli ingegneri italiani? Bravi ma sottopagati

E’ stata effettuata un’indagine da Page Personnel in collaborazione con il Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri relativamente ai redditi degli ingegneri in Italia e in altri paesi europei come Spagna, Francia e Regno Unito.

Ciò che è emerso è che gli ingegneri italiani, pur essendo preparati, sono pagati poco rispetto ai loro colleghi del resto d’Europa, come ha confermato anche Francesca Contardi, amministratore delegato di Page Personnel: “Il primo dato che emerge dalla nostra è la netta differenza tra le retribuzioni italiane e quelle degli altri paesi europei. Se è vero, infatti, che i salari nazionali sono maggiori (seppure di poco) rispetto a quelli della Spagna, sono invece nettamente inferiori a quelli di Regno Unito e Francia, a dimostrazione che, almeno per ora, il nostro mercato del lavoro fatica ancora a uscire dalla crisi. Ad esempio, a tre anni dall’inserimento in genere un disegnatore meccanico guadagna in media una retribuzione lorda annua di 35.000, in Inghilterra lo stesso profilo può raggiungere i 64.000. Il risultato di questa situazione è immediato e scontato: il trasferimento”.

E questo non rappresenta per nulla una difficoltà, o un ostacolo: oltre al desiderio, da parte degli ingegneri italiani, di essere riconosciuti per il loro valore, c’è da sottolineare che la loro fama è ben considerata all’estero, dove la richiesta è in continuo aumento. Così si spiega una “fuga” sempre più consistente verso Germania e Nord e Sud America.
Non c’è, inoltre, un interscambio, poiché le aziende italiane, al contrario, non sono intenzionate ad assumenre personale estero, non solo per la situazione economica effettivamente complicata, ma anche e soprattutto perché le competenze straniere sono difficili da importare a causa delle notevoli differenze di legislazione nei vari paesi.

Contardi, a questo proposito, ha aggiunto: “Il contesto generale è difficile, e ha segnato anche il settore degli ingegneri. Ci sono tuttavia alcune categorie che hanno notevoli chance di occupazione, anche perché il numero di ingegneri che si laureano presso le nostre università è decisamente inferiore alle necessità del mercato. Penso, ad esempio, agli informatici, ai meccanici e ai meccatronici e a tutti coloro che hanno un know how estremamente specifico. Il basso numero di laureati in ingegneria dipende probabilmente dal fatto che si tratta di una disciplina molto complicata e che richiede agli studenti spiccate doti analitiche e matematiche”.

Nonostante, però, la comprovata preparazione, anche gli ingegneri sono stati interessati dalla crisi e dalla disoccupazione, particolarmente quest’anno. Ad avere meno prospettive lavorative sono gli ingegneri civili ed ambientali, anche se, tutto sommato, si tratta di un settore che, rispetto ad altre realtà professionistiche, ha retto meglio alle difficoltà del periodo.

Vera MORETTI

L’Italia tornerà la numero uno nel turismo?

Nonostante l’estate sia cominciata da poco, c’è già chi si lecca le ferite: dati alla mano, infatti, anche il 2013 si sta profilando critico per quanto riguarda il settore del turismo.
E se gli stranieri, in giro per città, spiagge e montagne del Belpaese, sembrano sempre tanti, non sono ancora sufficienti per battere i più acerrimi concorrenti.

Se, infatti, fino agli Anni 80, era l’Italia il Paese più visitato del mondo, ora è solo quinto, superato soprattutto dalla Francia, ora prima in classifica.
Ma se i cugini d’oltralpe possono vantare città d’arte e paesaggi ameni quasi inimitabili, non si può dire lo stesso di Gran Bretagna e Germania, che non possono certo contare sulla ricchezza del nostro patrimonio culturale.

Ma tant’è. E i numeri, pur essendo dignitosi, non ci permettono di riprenderci uno scettro che spetterebbe a noi di diritto, considerando la moltitudine di proposte turistiche che l’Italia è in grado di offrire.
La presenza di turisti su territorio nazionale è in calo del 7%, e pari a 47,4 milioni di turisti stranieri (98 milioni se si aggiungono anche gli italiani), contro i 70 milioni della Francia.

Alla luce di questi risultati, Giorgio Squinzi ha dichiarato: “Il turismo deve essere trattato come una questione nazionale, una materia prima straordinaria da utilizzare per dare un contributo forte alla crescita del Paese“.
Così si è espresso il presidente di Confindustria durante la giornata dedicata alla rinascita competitiva del settore turistico, organizzata da Federturismo a Roma.

Ciò che Squinzi auspica è raddoppiare il contributo che il turismo dà al Pil (5,4% in via diretta e fino al 10% se si considera l’indotto): “Non è un sogno impossibile, ma un obiettivo raggiungibile“. Per far sì che ciò avvenga, occorrono interventi su più livelli: “Infrastrutture, trasporti, burocrazia, degrado del territorio, beni culturali“.

Renzo Iorio, presidente di Federturismo, ha aggiunto: “Serve innanzitutto la revisione del Titolo V della Costituzione. Le Regioni ora hanno troppi poteri e manca un progetto nazionale sul turismo“.
Per questo Federturismo, con un lavoro durato 15 settimane che ha coinvolto 350 imprenditori del settore, ha stilato un libro bianco sull’Italia turistica, che analizza i fattori che frenano la competitività e indica le possibili soluzioni per ridare slancio e crescita al settore e al Paese con ricette ad hoc per ogni territorio: “Uno strumento forte che va usato per pungolare i nostri interlocutori a livello locale“.

Una base di partenza, però, c’è, ed è quel piano strategico messo a punto dall’ex ministro del Turismo Piero Gnudi, e da prendere in considerazione, come ha dichiarato Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria, la quale vede anche in Expo 2015 una grossa opportunità di crescita.

Un primo passo avanti verso un programma “non promozionale ma industriale”, come ribadito da Giorgio Squinzi, è il programma europeo Cosme, sulla competitività delle imprese che includerà per la prima volta dei fondi dedicati proprio alle imprese del turismo.

Vera MORETTI

Per gli stranieri, il turismo è Made in Italy

Italia regina delle mete vacanziere 2013. In tempi di crisi, che costringono quasi la metà degli italiani a rinunciare alle ferie, ci pensano gli stranieri ad affollare spiagge e siti culturali del Belpaese.
Attratti anche dall’alta qualità dell’enogastronomia Made in Italy, i turisti scelgono il nostro mare e le nostre montagne per staccare la spina e dedicarsi a divertimento e relax.

A confermare questa tendenza c’è l’Osservatorio nazionale sul turismo di Unioncamere e Isnart nella sua indagine sul turismo organizzato internazionale: un terzo dei viaggi venduti dai tour operator internazionali che hanno l’Italia nei propri cataloghi hanno come meta finale proprio il Belpaese.

Insomma, anche se i valori sono ancora inferiori rispetto al periodo precedente la crisi, si registra, per questa estate 2013, un incremento di 3 punti percentuali rispetto all’anno passato, salendo così al 30%, contro il 38% del 2008.

Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, ha dichiarato a proposito: “La domanda di viaggi e vacanze, dicono gli operatori internazionali, e’ sempre più esigente. L’Italia, che nell’immaginario collettivo e’ la terra della bellezza, della cultura e della unicità delle proprie produzioni, deve continuare a investire sulla qualità, che è la strada maestra per assicurarsi il gradimento dei turisti internazionali“.

Ma cosa spinge il turista straniero a varcare i nostri confini?
Prima di tutto, il binomio, sempre vincente, cultura-enogastronomia (secondo il 60-64% dei tour operator internazionali), poi la sua storia (41%), il patrimonio naturalistico-ambientale (29%) e lo stile di vita italiano (26%).
Queste caratteristiche hanno sbaragliato, almeno per quest’anno, Francia e Spagna.

Questo successo, comunque, dipende molto dal peso che l’Italia ha nei diversi mercati.
Ad esempio, il Belpaese rappresenta oltre la metà della quota di venduto sul totale dei viaggi organizzati quest’anno dai turisti olandesi (l’anno scorso arrivava al 26%), il 48% di quelli australiani (14 punti percentuali in più del 2012), il 47% di quelli statunitensi (+12 punti percentuali), il 45% di quelli russi (era il 28% l’anno scorso), il 43% di quelli argentini (+7 punti percentuali), il 41% dei canadesi (11 punti in più), il 37% dei giapponesi (in aumento di 9 punti percentuali).

E se l’estate 2013 non è ancora entrata nel clou, c’è già chi pensa a quella dell’anno prossimo, con previsioni di stabilità per quanto riguarda le mete preferite,, da parte del 73% dei tour operator internazionali che vendono viaggi e vacanze nel nostro Paese, mentre un operatore su quattro considera possibile un‘ulteriore crescita.

Belle sorprese potrebbero arrivare dai Paesi del Nord Europa, tra i quali l’Austria, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia, oltre alla Cina e alla Corea.

Vera MORETTI

Rapporto Imd amaro per l’Italia

L’Italia è sempre meno competitiva, a livello economico, e, appesantita dal debito pubblico e dal carico fiscale che pesa su aziende e lavoro, è scivolata al 44esimo posto, su 60, nella classifica dell’ultimo rapporto dell’Istituto svizzero di Losanna Imd.

In un anno, il Belpaese ha perso ben 4 posizioni, a causa di performance economiche molto deboli, ma anche dell’inefficienza del settore pubblico, le difficoltà del sistema bancario e la rigidità del mercato del lavoro.

Ma non è solo l’Italia ad arrancare, perché la Spagna è in caduta libera, dal 39esimo al 45esimo posto, seguita anche dal Portogallo, ora al 46esimo posto, mentre l’anno scorso era al 41esimo.
Fanalino di coda rimane la Grecia, in 54esima posizione.

Gli economisti vedono in estrema difficoltà l’area meridionale dell’Europa, colpevole di non aver “abbastanza diversificato la loro industria o controllato la spesa pubblica e ora devono far fronte a programmi di austerità”.

Ma anche ai “piani alti” c’è poco da sorridere, perché perdono punti, e posizioni, anche Gran Bretagna, ora in 18esima posizione, e la Francia, 28esima, superate da paesi in ascesa come gli Emirati Arabi, che guadagnano 8 posizioni e, dalla 16esima, balzano all’ottava posizione.

Hanno ragione a gloriarsi sugli allori la Svizzera, che recupera un secondo posto a seguito degli Usa, che si sono riappropriati della la prima posizione. Bene anche la Svezia, al quarto posto, e la Germania che resta al nono posto.

Vera MORETTI

Niente conto in banca, meglio il materasso

Le banche non rappresentano più una sicurezza per 15 milioni di italiani: questo è il numero di coloro che, invece di depositare i propri soldi presso un istituto di credito, preferisce ricorrere al caro e vecchio materasso.

Si tratta di un ritorno al passato che fa segnare un vero e proprio record europeo.
Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia Mestre, che ha emanato questi dati, ha dichiarato: “Questo record europeo è riconducibile a ragioni storiche e culturali ancora molto diffuse in alcune aree e fasce sociali del nostro Paese. Non possiamo disconoscere, ad esempio, che molte persone di una certa età e con un livello di scolarizzazione molto basso preferiscono ancora adesso tenere i soldi in casa, anzi ché affidarli ad una banca”.

Questa tendenza è avvalorata anche dall’abitudine, non ancora in disuso, di ricorrere al pagamento in contanti in molteplici occasioni e ciò porta, ovviamente, alla necessità di avere sempre soldi a portata di mano.
A ciò si somma l’esercito dei pensionati che ricorrono al libretto di risparmio negli uffici postali o che si appoggiano al conto corrente di un familiare.

Ha continuato Bortolussi: “Detto ciò è altresì vero che non sono poche le persone che diffidano delle nostre banche perché ritengono che le spese di gestione di un conto corrente siano troppo elevate. Un’accusa, quest’ultima, che gli istituti di credito respingono da sempre, ritenendo, tra le altre cose, che l’elevato costo sia da attribuire al livello di tassazione raggiunto in Italia. Un peso che non è riscontrabile in nessun altro Paese d’Europa”.

Lo studio della Cgia è stato realizzato su dati della Commissione europea che ha monitorato quanti cittadini europei con più di 15 anni di età non dispongono di un contro corrente bancario.
All’Italia, con quasi 15 milioni di persone senza un conto (pari al 29% degli italiani over 15) seguono Paesi come la Romania, con poco più di 9.860.000 persone (55% dei romeni over 15 ) e la Polonia, con poco meno di 9.700.000 cittadini (30%).
In Francia e nel Regno Unito i cosiddetti ‘unbanked’ sono poco più di un milione e mezzo (pari al 3% della popolazione con più di 15 anni). In Germania, invece, la soglia di coloro che non detengono un conto corrente si abbassa a poco più di un milione e quattrocentomila persone (pari al 2%).

Vera MORETTI

I mutui in Italia sono i più cari d’Europa

Adusbef e Federconsumatori, grazie ad una rielaborazione su dati BCE e Banca d’Italia, hanno reso noto che chiedere un prestito o un mutuo in Italia è molto più dispendioso rispetto agli altri Paesi d’Europa. I finanziamenti chiesti da privati ed imprese italiani, dunque, sono più cari, anche a parità di Euribor.

Il problema, ormai lo sanno tutti, è lo spread, che le banche applicano ai tassi sui mutui e prestiti, nonostante l’effetto calmierante che avrebbero dovuto generare le iniezioni di liquidità della BCE, rese vane dagli aumenti.

Nel dettaglio, il tasso medio applicato dalle banche a gennaio per prestiti alle imprese è stato del 3,62% (in leggera flessione), mentre in Germania 2,15% e in Francia 2,21%.
Lo spread Italia – Germania sui tassi alle imprese è quindi pari a 147 punti base.
La Spagna è meno distante da noi, ma anche lì i tassi restano più bassi dei nostri, poiché si fermano a 3,16%.

La situazione non è migliore per i privati: il tasso medio su un mutuo trentennale da 100mila euro è del 4,64%, mentre negli altri Paesi Ue è mediamente del 3,45%.

Significa 69 euro in più su ogni rata mensile, 828 euro ogni anno, quasi 25mila euro per l’intero piano di ammortamento, mentre per un mutuo ventennale la differenza in euro sui tassi e poco più di 15mila.

La differenza è ancora più netta su un prestito decennale: 7,56% il tasso medio italiano, 6,04% quello europeo. Ipotizzando un prestito da 30mila euro, in Italia si pagano 23 euro in più al mese, 276 euro all’anno, 2760 euro per 10 anni.

Vera MORETTI

Ansaldo STS e Cofely Ineo insieme per la nuova linea ferroviaria ad alta velocità

La futura linea ad alta velocità che, sfiorando i 183 Km orari, collegherà le città di Tangeri e Kenitra, verrà controllata dal consorzio costituito da Ansaldo STS France e Cofely Ineo.

L’Office National des Chemins de Fer ha infatti affidato ad entrambi, oltre alla progettazione e alla fornitura del centro per il segnalamento ferroviario, anche le telecomunicazioni e il controllo del traffico della linea.

SI tratta di un contratto che ammonta a 120 milioni di euro e, come si legge in una nota ufficiale, “Ansaldo STS, leader del consorzio e società di riferimento per il segnalamento e l’automazione ferroviaria, sulla base dell’eccellenza offerta nel contesto dell’alta velocità Francese, si occuperà di tutte le fasi dell’implementazione del segnalamento, dalla progettazione all’integrazione e alla messa in servizio“.

Sarà dunque Ansaldo STS a fornire l’attrezzatura per le telecomunicazioni, i collegamenti di sicurezza di prossima generazione, i circuiti di binario, i comandi automatici e la protezione automatica per i treni basati su ERTMS di Livello 1 e 2, come anche il centro per il controllo del traffico situato a Rabat.
Si tratta di tecnologie già implementate o comunque in corso di sviluppo in Francia.

Cofely Ineo, principale integratore di soluzioni per il segnalamento ferroviario, dal canto suo metterà in campo l’attrezzatura per il controllo da terra e fornirà l’alimentazione elettrica e le relative reti cablate. Il suo dipartimento di ingegneria fornirà i piani di esecuzione richiesti per l’installazione di sistemi critici e complessi. Il sistema completo consentirà operazioni commerciali sicure e affidabili sulla nuova linea, fino a 320 km/h.

La partnership locale stabilita tra Cofely Ineo e Ansaldo STS avrà il compito di organizzare e gestire il trasferimento di conoscenza per supportare lo sviluppo delle abilità e delle professionalità nel settore delle ferrovie ad alta velocità.

Vera MORETTI

L’economia italiana (quasi) la peggiore d’Europa

La notizia non è inaspettata, ma certo neanche piacevole.

Nella bozza del World Economic Outlook, il Fondo monetario internazionale indica l’Italia, rispetto agli altri Paesi dell’UE, in ritardo per quanto riguarda l’economia, anche a causa di un calo del Pil dell’1% registrato nell’ultimo anno e una crescita, prevista per il 2013, di un misero 0,5%.

Il Belpaese non è il fanalino di coda dell’Europa, ma peggio è messa solo la Spagna (-1,5% nel 2013), mentre si raffronta alla crescita dello 0,6% in Germania e dello 0,3% in Francia.
Ai nostri livelli c’è il Portogallo, mentre peggio di noi solo Slovenia (-1,5%), Cipro (-3,1%) e Grecia (-4,2%).

Le prospettive globali “sono migliorate ancora, ma la strada per la ripresa nelle economie avanzate resta sconnessa”.
A peggiorare le cose nel nostro Paese è anche l’incertezza politica dovuta ai risultati delle elezioni.

Vera MORETTI

Scarpe di carta, anzi di ‘cartina’

 

Bella, versatile ma soprattutto ecocompatibile. Arriva da Capannori, provincia di Lucca, la prima scarpa a km zero: è Cartina Ballerina, la calzatura prodotta a partire dalla carta. E in questa settimana che Infoiva ha scelto di dedicare alla filiera della calzatura in Italia, abbiamo voluto raccontare la storia, o meglio la ‘favola’, di una piccola grande eccellenza ‘made in Italy’.

A raccontarcela è Mirko Paladini, che nel luglio del 2011 ha preso carta e penna per dare vita a una scarpa ‘di carta’, Cartina Ballerina.

Come è nata l’idea di produrre calzature ecocompatibili a partire dalla carta?
L’idea di produrre calzature utilizzando un materiale diverso dalla pelle è sempre stata una mia ambizione: dopo svariati tentativi, anche con altri materiali, nel 2011 abbiamo testato e messo a punto un materiale speciale che al tatto e alla vista si presenta come carta. Si tratta però di una carta speciale che nasce da un prodotto che viene utilizzato per le coibentazioni e viene poi adattato alla lavorazione della calzatura. Un materiale che ha le stesse caratteristiche di tenuta  e resistenza di quelli utilizzati per le calzature, ed è chiaramente impermeabile. Inoltre la nostra carta è riciclabile, e quindi le nostre scarpe sono riciclabili , sia nella tomaia che nella suola, anche quella fatta con termoplastico riciclabile. La nostra idea era quella di creare una scarpa bella e  accattivante ma utilizzando un materiale innovativo; una calzatura ‘eco fashion’ completamente prodotta in Italia, le scarpe Cartina vengono infatti ideate e costruite in Toscana, nel comune di Capannori (LU). Tre sono punti di forza delle nostre calzature: ecologiche, leggere (ossia comode) e personalizzabili.

Perchè è importante utilizzare materiali di riciclo?
Oggi più che mai bisogna guardare con attenzione ai temi legati all’ inquinamento ambientale, al riciclaggio e alla differenziazione dei rifiuti. Capannori, il comune dove ha sede la nostra azienda, è tra i più all’avanguardia in Italia in ambito di politiche ambientali e riciclaggio. Forse non tutti sanno che la calzatura rappresenta uno dei rifiuti non riciclabili più difficili da smaltire: è per questo che abbiamo lavorato per poterci distinguere in questo senso.

Attualmente su quali cifre si aggira il vostro fatturato? Esportate anche all’estero? Se si, in quali Paesi?
Il fatturato dell’azienda si aggira intorno ai 2 milioni di euro. Abbiamo iniziato da poco ad esportare Cartina in Francia e Australia, e stiamo sviluppando una rete vendita di agenti in tutte le Nazioni europee.

Tra i vostri canale di vendita c’è anche l’e-commerce?
Al momento l’e-commerce non è ancora partito, sicuramente è nei nostri programmi futuri, anche se per il momento vogliamo affermarci attraverso i canali tradizionali di retail, ovvero i negozi sia di abbigliamento che di calzature.

Quanto è difficile oggi fare impresa in Italia? Quali sono le maggiori difficoltà che avete riscontrato?
Oggi fare impresa nel nostro Paese è veramente difficile. In confronto al contesto internazionale, avviare e gestire un’attività economica Italia richiede un enorme sforzo, nonostante il nostro sia uno dei primi Paesi manifatturieri al mondo e il secondo esportatore europeo. Nonostante le premesse, la nostra azienda crede ancora che grazie alle idee innovative si possa trovare spazio per vendere sia in Italia che all’estero.
Le maggiori difficoltà che ogni giorno ci troviamo ad affrontare sono soprattutto di tipo finanziario: le banche oggi non aiutano le società nuove, le cosiddette Start-up, nemmeno nella fase di avviamento, anzi le penalizzano; inoltre, a differenza di altri Paesi, in Italia non esiste la possibilità reale di finanziare progetti innovativi.

Come vedete il vostro futuro? Su quali prodotti punterete e quali mercati?
Speriamo che il nostro Brand si affermi come prodotto particolare con caratteristiche innovative. Il mercato italiano ha sicuramente subito un forte calo dei consumi, ed è per questo che anche un’azienda giovane come la nostra, nonostante il prodotto si differenzi dagli altri, deve sin da subito rivolgersi ai mercati esteri.

Alessia CASIRAGHI

L’Ocse prevede un miglioramento per Italia e Francia

L’Eurozona è pronta per ricominciare la sua crescita, dopo un periodo assolutamente negativo.

Lo dice l’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che, anche relativamente a Italia e Francia, le due economie europee maggiormente colpite dalla crisi, non vede un ulteriore deterioramento della situazione economica e, anzi, prevede una leggera crescita.

L’indice che le riguarda, infatti, è aumentato rispettivamente dello 0,11 e 0,05% rispetto a dicembre, con la Germania in pole position con un confortante +0,16% su base mensile, che conferma l‘andamento positivo registrato già a dicembre (+0,13%).
Il confronto con lo stesso mese dell’anno scorso, però, resta negativo, con una contrazione dello 0,66% per l’Italia e dello 0,53% per la Francia.

Negli Usa, rileva ancora l’Ocse, prosegue il trend di “consolidamento della crescita“, con un superindice in incremento dello 0,08% su base sequenziale e dello 0,53% su base annua.

Vera MORETTI