Confedilizia: Tares, un tributo strampalato

Anche il mondo dell’edilizia alza le barricate contro la Tares. Quella che si sta profilando come una tassa ancora più odiata della già detestata Imu, non va giù a Confedilizia nel merito e nelle tempistiche con le quali è stata prima decisa e poi differita.

L’odierno rinvio dell’esame da parte del Senato delle ben sette mozioni in materia di Tares che erano state presentate, è un segnale negativo che desta forte preoccupazione – ha detto il Presidente di Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani -. Le mozioni che avrebbero dovuto essere discusse oggi, provenienti da esponenti di quasi tutti i gruppi parlamentari, ponevano infatti in vario modo il problema di un tributo che si presenta come un vero e proprio mostro giuridico, per la sua doppia natura di tassa e di imposta, e che comporta aggravi pesantissimi per tutti gli immobili, abitativi e non“.

“Ora – ha proseguito Sforza Fogliani la parola passa alla Camera, in sede di esame del decreto-legge approvato sabato scorso dal Consiglio dei ministri. Decreto con il quale il Governo si è limitato a variare le modalità di pagamento della Tares, lasciando aperti tutti i problemi sollevati dalle mozioni parlamentari. Confidiamo che la Camera sia la sede per un ripensamento in toto del tributo. La Tares è infatti un tributo strampalato, né tassa né imposta, con una maggiorazione che colpisce solo una parte degli utilizzatori dei servizi finanziati e che si aggiunge pesantemente al già pesante tributo provinciale ambientale, che colpisce la stessa base imponibile. Un tributo, insomma, che deve essere completamente ripensato“.

I saldi pubblici, poi, invocati dal Sottosegretario Polillo – ha concluso il Presidente di Confedilizia, a parte che non risulta come i calcoli siano stati fatti, non possono giustificare alcunché, perché è del tutto inusitato prevedere tasse e imposte nel gettito che fa comodo per poi dire che è ineluttabile mantenerle“.

Già Polillo. L’ineffabile sottosegretario all’economia ha infatti affermato che, se la Tares fosse tolta o differita, il danno per le casse dello Stato sarebbe di circa un miliardo di euro. Trovarli tagliando sprechi e inefficienze no? diciamo noi…

Niente abolizione per la Tares

Anche se la crisi continua e, per ora, non accenna a calare, la nuova tassa sui rifiuti, il cui arrivo è previsto per la prossima estate, arriverà così come era stata prevista.

Nessuna abolizione e nessuna riduzione per la Tares, dunque, anche se, come ha sottolineato Gianfranco Polillo, il sottosegretario all’Economia, sarà possibile scaglionarla o graduarla nel tempo: “Dobbiamo avviare una riflessione. Per il momento non so dire come evolverà, se verrà mantenuta a luglio come previsto o se verrà dilazionata nel tempo considerando l’accumulo di tassazione straordinaria che si concentra in quel periodo“.

Per ora non sono previste dilazioni concrete ma Polillo ha confermato che, causa crisi, verranno rivisti i conti e si capirà se ci saranno margini per graduare o posticipare la tassa.

Vera MORETTI

La spending review è legge

La spending review non è più un decreto ma una legge.

La Camera, con una votazione di 371 favorevoli, 86 contrari e 22 astenuti, ha dunque dato l’ok definitivo, dopo che il testo era passato al Senato.

Questo provvedimento porterà, come principale risultato, il congelamento dell’Iva, anche se, per ottenerlo, sono stati fatti tagli, considerati “generici” dal sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo, che però destano preoccupazioni e dubbi soprattutto da parte delle Regioni e degli amministratori locali.
Per loro, infatti, più che una revisione della spesa, questa nuova legge assomiglia molto ad un’altra manovra.

I tagli degli organici pubblici, a dire il vero, hanno sollevato le proteste dei sindacati, in particolare di Cgil e Uil, che hanno già indetto uno sciopero per fine settembre. Anche se si sono dati appuntamento fuori dall’Aula di Montecitorio con tanto di mannaie per simboleggiare quanto grave sarà la conseguenza di questo decreto sul lavoro pubblico.
Polillo, però, più che con le mannaie promette che, nei prossimi mesi si lavorerà con il bisturi, con Enrico Bondi in prima linea in qualità di supercommissario all’economia.

Dopo la pausa estiva, i primi obiettivi su cui lavorare saranno i dossier Amato (finanziamenti ai partiti e permessi sindacali) e Giavazzi (incentivi alle imprese), anche se non saranno tralasciati riordino delle agevolazioni fiscali e nuova revisione della spesa degli enti locali.

Vera MORETTI

La ricetta di Polillo

di Davide PASSONI

Meno male che c’è Polillo, altrimenti noi giornalisti che cosa avremmo da scrivere? L’ineffabile sottosegretario all’economia ne ha sparata un’altra delle sue. Dopo l’uscitona sulla tassa sui cani e gatti e l’invito caloroso agli italiani a fare una settimana in meno di ferie per salvare il Pil, Polillo torna a battere su quest’ultimo argomento sul quale, evidentemente, è convinto di aver ragione. “O noi lavoriamo di più, o questo livello salariale medio è insostenibile“. E ancora: “Sull’orario di lavoro mi permetto di insistere, questa crisi che l’Italia sta vivendo non è figlia di un destino cinico e baro ma dipende dai vizi della società italiana. Abbiamo avuto uno dei più alti tenori di vita, ora bisogna che ci rimbocchiamo le maniche e che lavoriamo come gli altri“. Botti finali: “Lavoriamo nove mesi all’anno (ancora con ‘sta storia? ndr), gli altri tre mesi se ne vanno in vacanze di varia natura. Ci sono quindi tre mesi di vacanze per ogni addetto che diventano due perché compensati dagli straordinari“. “L’alternativa è o ridurre il tenore di vita o lavorare di più“.

Che cosa commentare? Quello che avevamo da dire lo abbiamo detto nel nostro articolo del 19 giugno scorso. Ci permettiamo di aggiungere una cosa e premettiamo che qui non c’entra l’antipolitica ma solo il buon senso. Gli imprenditori, i lavoratori, gli italiani tutti sono stanchi di sentirsi fare la morale, raccontare ricette, ricevere cazziatoni da personaggi che hanno passato la propria vita tra i palazzi, sulla Luna o alla corte dei partiti della prima e della seconda Repubblica. Ha ragione da vendere Polillo quando dice che la crisi dell’Italia “non è figlia di un destino cinico e baro ma dipende dai vizi della società italiana“: peccato che si dimentichi che lui ha fatto parte e continua a far parte del sistema che questi vizi li ha creati, foraggiati, fatti crescere fino a portarci dove siamo ora. E adesso spiega a noi come fare per tirarci fuori dal fango quando ha contribuito, insieme a tanti altri, a farci affondare nella melma.

E allora, cari imprenditori che fate tre mesi di ferie all’anno, fate come questo imprenditore, Andrea Zucchi, e date le chiavi della vostra azienda a Polillo. Così non c’è futuro.

Lavoriamo 165 giorni all’anno solo per pagare le tasse

di Davide PASSONI

Probabilmente l’ineffabile sottosegretario Polillo quando ha affermato che per aiutare il Pil dell’Italia a crescere sarebbe bene che rinunciassimo a una settimana di ferie all’anno, forse non aveva letto il risultato di un interessante studio. In sostanza, secondo questo studio, i contribuenti italiani stanno già regalando allo Stato oltre tre settimane lavorative… per pagare le imposte.

Tanto per cambiare, il dato viene dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, secondo il quale rispetto al 2002 fa i contribuenti italiani lavorano 17 giorni in più per pagare imposte, tasse e contributi. Nessun slancio di amor patrio né magia contabile, solo matematica: negli ultimi 10 anni le tasse sono aumentate progressivamente e, parallelamente, è cresciuto il numero di giorni necessari per pagarle. Se nel 2002 la pressione fiscale era pari al 40,5%, nel 2012 arriverà al 45,1%, ovvero il 4,6% in più. E, a voler essere precisi, dallo scorso anno a questo il numero di giorni è aumentato di 10, 3 dei quali li dobbiamo all’arrivo dell’Imu.

Se 10 anni fa il povero contribuente impiegava ben 148 giorni lavorativi per raggiungere il giorno della cosiddetta “liberazione fiscale”, oggi ce ne vogliono 165. per arrivare a queste cifre illuminanti, la Cgia ha esaminato il dato di previsione del Pil nazionale dividendolo per i 365 giorni dell’anno. Fatto questo semplice calcolo matematico per individuare una media giornaliera, è stato poi considerato il gettito di imposte, tasse e contributi versati allo Stato e il totale è stato suddiviso per il Pil giornaliero: risultato, il sospirato “tax freedom day“, che per il 2012 è arrivato lo scorso 14 giugno.

La ricetta della Cgia di Mestre per fermare questo scandalo è piuttosto semplice e intuitiva e anche noi, nel nostro piccolo osservatorio di Infoiva, la andiamo ripetendo da mesi. La sintetizza bene il segretario dell’associazione mestrina, Giuseppe Bortolussi: “Contraendo in maniera strutturale la spesa pubblica improduttiva possiamo ridurre anche le tasse. Per far questo è necessario riprendere in mano il federalismo fiscale che, a mio avviso, è l’unica strada percorribile per raggiungere questo obbiettivo. Infatti, le esperienze europee ci dicono che gli stati federali hanno un livello di tassazione ed una spesa pubblica minore, una macchina statale più snella ed efficiente ed un livello dei servizi offerti di alta qualità“.

Capito Polillo? Capito professori? Vi preghiamo, non chiedeteci anche le ferie (ammesso che si riescano a fare…). Come vedete, stiamo dando a voi e all’Italia già tanto, molto più di quanto meritiate. Abbiate la decenza e l’intelligenza di capirlo a volo.

L’Italia deve crescere? Fate meno ferie

di Davide PASSONI

Gianfranco Polillo l’ha fatto di nuovo. Il sottosegretario all’Economia del governo Monti se n’era uscito qualche settimana fa con la boiata della tassa su cani e gatti (prontamente rimangiata, come fosse un bocconcino di Ciappi); ora ha sparato un’altra affermazione di quelle che fanno il botto: “Aumentare il tempo di lavoro per far ripartire la produttività“, ha detto. Ossia: “Nel brevissimo periodo, per aumentare la produttività del Paese lo choc può avvenire dall’aumento dell’input di lavoro, senza variazioni di costo; lavoriamo mediamente 9 mesi l’anno e credo che ormai questo tempo sia troppo breve“. E quindi: “Se noi rinunciassimo ad una settimana di vacanza avremmo un impatto sul Pil immediato di circa un punto“. Bum! Ricetta semplice.

Vero è che, come tante volte accade, le cose semplici sono talmente semplici che nemmeno le vediamo. Però, forse, questa volta Polillo non ha tenuto conto di qualcosa. Non siamo sottosegretari all’economia, non abbiamo un bagaglio di studi, di esperienze, di capacità che ci possono portare a smentire quanto Polillo dice e pensiamo che quando un sottosegretario parla, specialmente di cifre, non parli per dare aria alle gengive ma perché sa quello che dice. Però…

Però forse Polillo non ha tenuto conto del fatto che gli imprenditori onesti e capaci alle ferie hanno già rinunciato da tempo. Chi garantirebbe loro il fatturato, tra crisi, fornitori che non pagano, imposte e ferie? Come non ha tenuto conto del fatto che i lavoratori dipendenti lavorano, lavorano, lavorano, pagano tasse, si vedono decurtare il potere d’acquisto del loro stipendio… per che cosa? Ah, e tra l’altro… chi diavolo lavora 9 mesi all’anno? Il sottosegretario Polillo, forse. Qualche insegnante non impegnato con la maturità, forse (statale, tra l’altro, non privato). Deputati e senatori, forse (ma non lo crediamo…). D’accordo, Polillo dice “mediamente 9 mesi l’anno“, ma per arrivare a questi dati devi far fare media a un sacco di lazzaroni e assenteisti.

Pensi invece, il sottosegretario, a recuperare punti di Pil abbattendo la spesa pubblica, eliminando quella improduttiva, dismettendo patrimonio pubblico, intervenendo sui costi della politica, dando alle imprese l’ossigeno per ripartire e dare un senso all’economia italiana. Imprenditori e lavoratori sono in grado di pensare loro alle proprie ferie, almeno su questo le lezioni i professori se le risparmino.

Ah, detto per inciso… Quando l’ex premier Silvio Berlusconi se ne uscì con qualcosa di analogo e mise mano anche agli italianissimi “ponti” fu massacrato, mediaticamente e politicamente. Del resto, Polillo è stato consigliere economico del Pdl. Sentire da un membro di questo governo affermazioni del genere non fa che ribadire la discutibile continuità che lo lega agli esecutivi precedenti, dai quali avrebbe dovuto distinguersi con un taglio netto. E buone ferie a tutti.

Tasse da cani

di Davide PASSONI

Ha fatto un gran discutere l’ennesima pagliacciata, o provocazione, scegliete voi, che nei giorni scorsi è uscita da ambienti governativi riguardo materie di ambito fiscale. Una fantomatica tassa su cani e gatti.

L’antefatto. Nel 2009 due parlamentari del Pdl, Jole Santelli e Fiorella Ceccacci, avevano presentato una proposta di legge che prevedeva di tassare gli animali domestici e, con i proventi della tassa, imponibile a discrezione dei comuni, sviluppare iniziative per combattere il randagismo e altri atti di sopruso sugli animali. Una proposta passata praticamente sotto silenzio fino a che, la scorsa settimana, il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo – che forse l’aveva scoperta chissà come – si è lasciato andare a una esternazione: il governo è d’accordo “in linea di principio con l’istituzione di una nuova tassa sugli animali domestici“.

Apriti cielo. Animalisti, associazioni ambientaliste, vertici dell’Enpa, deputati e senatori noti per il loro amore per cani e gatti più che per quello verso i loro elettori hanno praticamente seppellito il povero Polillo di improperi e proteste finché lui, da Twitter, si è rimangiato tutto: “Tranquilli: nessuna tassa sugli animali domestici. Era solo una battuta nei confronti di un deputato che l’aveva proposta“.

Ci credete? Noi no… Al di là del fatto che scherzare, oggi, parlando di nuove tasse è di pessimo gusto, magari sull’onda del can can che si è scatenato, Polillo ha fatto retromarcia, ma siamo sicuri che prima o poi il governo non ci penserà davvero? Badate bene, dove si possono raccogliere quattrini, Monti e i suoi non si fanno pregare a metterci le mani. Guardate la buffonata della tassa sulle bibite gassate o, più in generale sul junk food. Lo Stato si traveste da stato etico e ci dice che ci tassa perché ha a cuore la nostra salute, ci indica che cosa fa bene e che cosa fa male – e lo tassa – perché vuole che stiamo bene: mica per noi stessi, no, no, perché altrimenti le nostre malattie diventano un costo sociale. Balle. In questa visione non c’è nulla di etico, c’è solo la volontà di tassare e depredare più che si può e dove si riesce, fingendo di pensare al nostro bene.

Stesso discorso con cani e gatti: che volete che interessi al ministero delle Finanze se ci sono più o meno randagi per strada? La verità, anche qui, è che lo stato si traveste da San Francesco ma in realtà fa come San Matteo prima della conversione: l’esattore delle tasse spietato e assetato di soldi. Vedremo se Polillo si rifarà vivo, presto o tardi…

La scuola inasprisce i rapporti tra governo e Pd

di Vera MORETTI

A volte ritornano. E quando succede, lo scompiglio è grande.

Ieri è stata una giornata cruciale per il Governo, che ha dovuto scontrarsi con la dura opposizione del Pd, ma ha anche assistito al ritorno dei fantasmi del passato, ovvero dei ministri della passata legislazione.

Il tema su cui i deputati erano chiamati a votare era “caldo”, e riguardava la norma sulle assunzioni di 10.000 insegnanti di sostegno, sulle quali, lo ricordiamo, l’esecutivo aveva dato il via libera martedì. Ma, quella che sembrava una vittoria, per il Pd e per tutti coloro che, a seguito della riforma Gelmini, aveva dovuto mandare giù bocconi amari, si è rivelata un’amara sconfitta.

I più ottimisti già vedevano salvo il tempo pieno nelle scuole primarie, grazie al rinforzo di questo piccolo esercito di nuovi insegnanti di ruolo, e non più precari. E invece…ieri c’è stata un’inversione di marcia.
La norma è stata riformulata in modo da superare il blocco dell’organico della scuola imposto dalla manovra Tremonti del 2008, ma senza andare contro ai tagli previsti dal governo Berlusconi ed opera di Mariastella Gelmini.
Ed eccola riapparire, l’ex ministro della pubblica istruzione, a difendere strenuamente la sua riforma, e uscire trionfante da questo primo round, ovviamente accolto con profonda delusione dal Pd e dai suoi rappresentanti.

Prima fra tutti a dire la sua è intervenuta Francesca Puglisi, responsabile scuola nelle fila del Partito democratico, la quale ha ribadito: “Determinare gli organici della scuola in base ai risparmi e non in base alla popolazione scolastica è un’idea inaccettabile“, alla quale ha fatto eco l’ex ministro Beppe Fioroni, che ha parlato di misura “aberrante“.

La tensione già presente in aula si è ulteriormente alzata quando Gianfranco Polillo, sottosegretario all’Economia, ha ingiunto di cambiare un’ altra modifica introdotta al decreto, altrimenti il governo avrebbe presentato un maxi-emendamento in aula con un testo diverso da quello delle commissioni.
Gianclaudio Bressa è sbottato minacciando che il Pd non avrebbe votato la fiducia al decreto in aula. Questa dichiarazione è stata smentita dal capogruppo Dario Franceschini che però ha ribadito l’esistenza di tensioni con il governo.
Vedere Monti e compagni sposare le tesi del Pdl è stato uno smacco difficile da sopportare.

Anche se, a perderci davvero, è solo e sempre la scuola pubblica.