Italia, la più cliccata dai mercati stranieri

L’Italia e il Made in Italy piacciono ancora, anzi, sempre di più.
A testimoniarlo sono le percentuali delle ricerche su Google, che negli ultimi tre anni sono aumentate del 22%.

Questo dato è frutto di uno studio, il rapporto Italia – Geografie del nuovo Made in Italy, realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison, presentato a Treia (Macerata) nella sessione di apertura del XIII seminario estivo.

Questo risultato fa capire come il Belpaese sia concepito all’estero, nonostante i sette anni di crisi: i mercati globali, infatti, hanno ancora un’idea di Italia innovativa, versatile, creativa, reattiva, competitiva e vincente.

Questo successo, comunque, è dovuto grazie ad un percorso che, in questi anni, si è deciso di percorrere, senza mai lasciare da parte la qualità, che da sempre contraddistingue, ad esempio, la nostra attività manifatturiera.

Proprio questo settore ha contribuito a far arrivare l’Italia tra le prime cinque potenze industriali, insieme a Cina, Germania, Giappone e Corea.
Non a caso dall’introduzione dell’euro l’Italia ha visto i valori medi unitari dei suoi prodotti salire del 39%, facendo meglio di Regno unito (36%) e Germania (23%).

Ma la qualità dei prodotti italiani non viene riconosciuta solo all’estero perché ben due italiani su tre sono disposti a pagare un sovrapprezzo per avere prodotti 100% italiani. E questa tendenza si riscontra anche in Giappone, Emirati Arabi, Usa, Russia e Brasile.

Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, ha dichiarato in proposito: “Mentre la crisi sembra finalmente allentare la sua presa sul Paese, è ancora più importante avere un’idea di futuro, capire quale posto vogliamo che l’Italia occupi in un mondo che cambia. Più che in passato, mi piace dire che l’Italia deve fare l’Italia, rispondendo ad una domanda che aumenta ed e’ confermata dai dati sull’innalzamento delle ricerche sul maggiore motore di navigazione internet, e puntare sui talenti che il mondo le riconosce: bellezza, qualità, conoscenza, innovazione, territorio e coesione sociale che sempre più incrociano la frontiera della green economy. Talenti che ci consegnano le chiavi della contemporaneità e delle sfide del futuro perchè assecondano la voglia crescente di sostenibilità dei consumatori e danno risposte ai grandi cambiamenti negli stili di vita e nei modelli di produzione”.

Vera MORETTI

Le conseguenze, positive, di Expo su Milano

Nei mesi in cui a Milano è attivo Expo sono stati organizzati dalla Camera di Commercio attraverso l’azienda speciale Promos diecimila incontri B2B che metteranno in contatto mille imprenditori stranieri con mille imprenditori milanesi e lombardi, che spesso porteranno alla firma di nuovi contratti.

Tra le delegazioni straniere che approderanno sotto la Madonnina fino ad ottobre ci sono Cina, Giappone, America Latina, Turchia, Polonia, che si sommano a incontri con Birmania, Francia, Austria tra i diversi interlocutori.

E’ ancora possibile prenotare gli incontri, tramite accesso ad una pagina dedicata al business internazionale per Expo: Promos-milano.it/Promos-Per-Expo2015/.

Bruno Ermolli, presidente di Promos, ha dichiarato: “Milano rappresenta quasi un settimo dell’interscambio nazionale col 9% delle esportazioni italiane nel 2014 (37 miliardi su 398) e il 16% dell’import (57 miliardi su 355). Ecco perché la Camera di commercio ha voluto creare una nuova figura di mediatore non solo degli affari, ma anche culturale, specializzata negli scambi con l’estero. Nell’anno di Expo arriviamo a quota 150 di questi esperti, che possono aiutare a far crescere le imprese grazie allo sviluppo del business estero. Operatori pronti ad affrontare le sfide internazionali che quest’anno vedono un picco, grazie anche agli incontri promossi da Camera di commercio e Promos, che saranno circa diecimila tra circa mille operatori esteri e altrettanti imprenditori del nostro territorio”.

Ma le iniziative non sono tutte qui, perché, grazie al master Made in Milan, sono state sviluppate venti nuove idee di export nel mondo:

  • la comparazione tra strategia di internazionalizzazione fra Stati Uniti ed Africa Sub Sahariana;
  • la strategia di ingresso in un nuovo mercato africano;
  • la distribuzione del toiletry “made in italy” nella grande distribuzione messicana per le famiglie messicane;
  • l’offerta di prodotti petroliferi in America Latina;
  • le strategie di internazionalizzazione verso l’America Latina e il caso Ecuador;
  • il consolidamento della presenza in Cina e lo sviluppo di una rete commerciale;
  • un nuovo brand internazionale per il Montefeltro;
  • l’attrattività dei mercati della zootecnia in Africa;
  • la consulenza con necessità finanziarie per lo sviluppo internazionale;
  • una joint venture con un partner locale nell’ASEAN;
  • caffè o Çay per entrare sul mercato turco;
  • un progetto di Export in Malesia;
  • lo scambio di innovazione tra Milano e il Maghreb;
  • il design con pietra naturale in Brasile;
  • l’e-commerce all’estero nel settore alimentare.

E’ inoltre previsto che per il periodo 2012-2020 la produzione aggiuntiva dovuta a Expo come legacy dell’evento sarà di 6,2 miliardi di euro, come è emerso da una ricerca effettuata dalla Camera di Commercio di Milano e dalla Società Expo 2015 e affidata a un team di analisti economici coordinati da Alberto Dell’Acqua professore SDA Bocconi.

Vera MORETTI

Cosmetici Made in Italy leader nel mondo

Tra i fiori all’occhiello dell’export Made in Italy c’è anche il settore dedicato alla cosmesi.

Non tutti lo sanno, ma la vendita di prodotti di bellezza prodotti in Italia ha fatturato nel mondo 3.176 milioni di euro e, sul fatturato del 2013, è stato pari al 34,2%, il valore più alto dell’ultimo decennio, con un incremento netto dell’11% in un anno perché ritenuti garantiti, efficaci e alla moda.

Fabio Rossello, presidente Cosmetica Italia, ha specificato, in occasione dell’Assemblea pubblica dedicata dalle imprese internazionali e al loro contributo allo sviluppo del Paese svolasi a Milano : “I prodotti più amati nel mondo sono state le acque da toletta e di colonia con un volume totale di 558 milioni di euro e una con un + 14% nel 2013. Seguono le creme, cresciute del 4,7% con un valore prossimo ai 565 milioni di euro e i prodotti per il trucco con un +8,9% ed un valore che dal 2010 al 2013 è passato dai 183 milioni agli attuali 286 milioni“.

Certamente, il successo delle esportazioni dei prodotti beauty del Belpaese dipende molto dall’alta qualità delle materie prime, ma anche dalla sicurezza delle formulazioni e dall’innovazione, connubio in grado di soddisfare le esigenze della più vasta clientela.

All’Assemblea, è avvenuta anche la seconda edizione del premio italiano della cosmetica CosmeticAward, dedicato all’innovazione nella comunicazione.

Benedetto Lavino, di Cosmetica Italia, ha inoltre aggiunto: “Il premio sarà assegnato in funzione alla tipologia di azienda, multinazionale, grandi aziende italiane e piccole e medie imprese. I vincitori saranno premiati a giugno del prossimo anno”.

A Milano sono state scelte tre aziende associate a Cosmetica Italia, L’Oreal, Coty Italia e Shiseido rappresentative rispettivamente di Europa, Usa e Giappone.

Vera MORETTI

Asse Italia-Asia sempre più fitta

Il Belpaese è sempre più vicino ai Paesi Asiatici, e non solo perché ospiterà, ad ottobre, il prossimo vertice Asem.

Si è appena concluso, martedì 10 giugno, il Workshop Eurasia, tenutosi a Roma, che ha rappresentato un palcoscenico molto importante su cui presentare i trend in crescita in Asia, con un occhio di riguardo per Estremo Oriente e Sud Est asiatico.

Le stime infatti parlano di export italiano che potrebbe crescere nel triennio 2014-2017 dell’8,6%.
Nel 2015, inoltre, si consoliderà il graduale processo di integrazione regionale, poiché i paesi Asean diventeranno un mercato unico grazie all’abbattimento delle dogane con oltre 600 milioni di consumatori e un Pil aggregato di oltre 2.300 mld di dollari.

In previsione di questi accadimenti, Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Esteri, ha ricordato che il Workshop è avvenuto alla “vigilia dell’avvio del semestre italiano di presidenza europea” e del “vertice Asem dei capi di Stato e di governo di 52 Paesi dell’Europa e dell’Asia, che si incontreranno il prossimo ottobre a Milano con l’obiettivo di promuovere la crescita e lo sviluppo delle due regioni e di consolidare il dialogo sulla cooperazione politico-economica e gli scambi socio-culturali“.

Ovviamente, di rilevanza sarà anche Expo2015, che rappresenterà una straordinaria opportunità per trattare di temi centrali per lo sviluppo dei Paesi dell’Eurasia e per la crescita dell’interscambio tra le due aree.

Della Vedova ha inoltre voluto sottolineare “l’intenzione di iniettare nuovo dinamismo nell’immagine e nel ruolo italiano in Asia. Europa e Asia devono lavorare insieme per migliorare le possibilità di crescita“, per poter garantire la sicurezza globale ed evitare la nascita di nuovi conflitti.

Sorvegliato speciale è sicuramente il Giappone, presentato da Naoyuki Yoshino, professore di Economia all’Università di Keio e consigliere dello stesso Shinzo Abe, anche se meritevole di attenzione è la Mongolia, in forte espansione, soprattutto grazie alle sue risorse minerarie, come ha sottolineato Irmuun Demberel, della Invest Mongolia Agency.
Spazio anche alla Corea del Sud e ai brillanti risultati conquistati negli ultimi decenni, in particolare nel settore high tech, evidenziati da Han Ki-Won, commissario della Invest Korea, a cui ha fatto eco Ajith N. Cabraal, governatore della Banca Centrale dello Sri Lanka, che nel suo intervento ha messo l’accento sulla forte crescita dell’area, sottolineando la necessità di un flusso continuo di investimenti.

Vera MORETTI

Le 10 verità sulla competitività dell’Italia

L’Italia è tra i cinque Paesi che, al mondo, possono vantare un surplus commerciale manifatturiero superiore a 100 miliardi di dollari.

Questo dato è una delle 10 verità che riguardano la competitività del Belpaese, secondo un’indagine condotta da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison, illustrata da Marco Fortis, vicepresidente Fondazione Edison, e Ermete Realacci, presidente di Symbola, e che punta a “sfatare i tanti luoghi comuni che non rendono giustizia al nostro Paese e rischiano di distogliere l’attenzione dai suoi reali problemi. Dal 2008 il nostro fatturato estero manifatturiero è cresciuto (+16,5%) più di quello tedesco (+11,6%)”.

Oltre all’Italia, gli altri quattro Paesi sono Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud, mentre Francia (-34 mld), Gran Bretagna (-99) e Usa (-610) vedono la bilancia commerciale manifatturiera pendere al contrario, secondo i dati del Wto.

Le altre nove verità sulla competitività dell’Italia sono le seguenti:

  • Le imprese italiane sono tra le più competitive al mondo. Su un totale di 5.117 prodotti nel 2012, l’Italia si è piazzata prima, seconda o terza al mondo per attivo commerciale con l’estero in ben 935 (dati Istat, Eurostat, Un Comtrade).
  • L’Italia è tra i paesi avanzati che, nella globalizzazione, ha conservato maggiori quote di mercato mondiale. Mantenendo, dopo l’irruzione della Cina e degli altri Brics, il 71% delle quote di export rispetto al 1999: come gli Usa, mentre il Giappone le ha viste ridotte al 67%, la Francia al 61%, la Gran Bretagna al 55% (dati Wto).
  • Il modello produttivo italiano è tra i più innovativi in campo ambientale. Per ogni milione di euro prodotto dalla nostra economia emettiamo in atmosfera 104 tonnellate di CO2, la Spagna 110, il Regno Unito 130, la Germania 143. Più efficienti anche nel campo dei rifiuti: con 41 tonnellate ogni milione di euro prodotto distanziamo di parecchio anche la Germania (65 t).
  • L’Italia è, in Europa, la meta preferita dei turisti extraeuropei. Il primo paese dell’eurozona per pernottamenti di turisti extra Ue, con 54 milioni di notti. Meta preferita di paesi come la Cina, il Brasile, il Giappone, l’Australia, gli Usa e il Canada (dati Eurostat).
  • La zavorra del Pil italiano non è certo la competitività dell’industria, ma il crollo della domanda interna. Il fatturato interno dell’industria manifatturiera italiana ha perso il 15,9% rispetto al 2008, contro lo 0,3% della Germania e a fronte di una crescita del 4,6% in Francia.
  • La crescita degli altri paesi non è fatta di sola competitività, ma anche di debito. Un ruolo decisivo, infatti, lo ha avuto proprio l’aumento del debito: quello aggregato (pubblico e privato) dell’Italia è cresciuto del 61% rispetto al Pil tra il 1995 e il 2012, mentre quello francese cresceva dell’81%, quello britannico del 93%, quello spagnolo del 141% (dati Eurostat).
  • Dagli inizi degli anni ’90 ad oggi la ‘quota di mercato’ dell’Italia nel debito pubblico totale dell’eurozona è costantemente calata. Infatti il peso del nostro debito pubblico rispetto al totale del debito pubblico europeo è sceso dal 28,7% del 1995 al 22,1% del 2013 (dati Commissione Europea).
  • Considerando il debito aggregato (Stato, famiglie, imprese) l’Italia è uno dei paesi meno indebitati al mondo: quello italiano pesa il 261% del Pil. Quello del Giappone il 412%, quello della Spagna il 305%, quello britannico il 284%, quello degli Stati Uniti il 264% (dati Banca d’Italia).
  • Dal 1996 ad oggi l’Italia ha prodotto il più alto avanzo primario statale cumulato della storia: 591 miliardi di euro correnti, ben 220 miliardi in più della virtuosa Germania.

Vera MORETTI

Cibo Made in Italy il più amato

Si è appena concluso il 17° Salone Internazionale dell’Alimentazione che si è tenuto a Parma fino all’8 maggio.

Ciò che è emerso, è che il cibo italiano è sempre il più richiesto ed apprezzato, grazie a tradizione ed alta qualità delle materie prime.
Il successo che i prodotti Made in Italy hanno riscosso potrebbe segnare un passo importante, ovvero l’uscita dalla “nicchia” in cui erano stati relegati, poiché accessibili solo ai più benestanti, e approdare alla grande distribuzione estera.

Questo era l’obiettivo delle 2700 aziende alimentari italiane che hanno partecipato a Cibus, che aveva il valore di prova generale per l’ormai imminente Expo 2015.

Tra i Paesi presenti all’evento, per un totale di circa diecimila operatori, spiccavano, per l’Europa, Germania, Francia, Regno Unito, Svizzera e Benelux. Dal resto del mondo, invece, Stati Uniti d’America, Canada, Brasile, Giappone e Russia del resto del mondo.
Sorvegliati speciali i Paesi del mercato del Sud Est Asiatico, i cosiddetti ASEAN.

A sentire gli italiani, a rendere la nostra cucina così richiesta è un ritorno alle origini e ai sapori di una volta. Un italiano su due, infatti, si ispira alla cucina della nonna, non solo per ricette ma anche per la scelta di prodotti di qualità, senza i quali ogni sforzo viene vanificato.
Non a caso, i piatti più amati sono lasagne, polpette e torte tradizionali, ma anche l’intramontabile parmigiana, le focacce, le frittelle e le cotolette.

A confermarlo è anche uno studio promosso dal Polli Cooking Lab, l’Osservatorio sulle tendenze alimentari dell’omonima azienda toscana, in occasione del Cibus, condotto su circa 1.200 Italiani tra i 20 e i 55 anni attraverso un monitoraggio online sui principali social network, blog, forum e community per capire qual è il loro rapporto con il cibo.

E’ intervenuto al Salone Internazionale dell’Alimentazione anche Maurizio Martina, Ministro delle Politiche Agricole, che ha tenuto una conferenza stampa sui temi più rilevanti del comparto agroalimentare.
Ovviamente, sono passati da Parma anche grandi chef come Carlo Cracco, Davide Oldani e Gianfranco Vissani, che hanno animato show cooking e degustazioni.

Vera MORETTI

L’export sorride al lusso Made in Italy

Il lusso Made in Italy sembra inarrestabile, soprattutto nei confronti dei mercati esteri, sempre più attratti dai prodotti provenienti del Belpaese, senza esclusione di zona.

Se, infatti, fanno da traino all’export italiano le richieste provenienti da Stati Uniti, Germania e Inghilterra, hanno molto da dire in proposito anche i mercati, ormai non troppo emergenti, di Russia, Corea del Sud e Giappone, con Brasile e Cina in sostanziale ascesa.

Di questo ed altro si è parlato durante il convegno organizzato a Firenze dalla società di revisione contabile e assistenza fiscale internazionale Ernest & Young, che ha creato un dipartimento dedicato a moda e lusso.

Tra i relatori, era presente anche Carloalberto Corneliani, il quale ha dichiarato a proposito: “Io sono fermamente convinto che noi come Made in Italy possiamo occupare solo la fascia premium e lusso del mercato,che rappresenta il 15%. Con la crisi abbiamo perso un 85% del mercato nella fascia medio-bassa, in cui non possiamo più competere. Da noi il costo orario è intorno a 20 euro, in altri paesi, come la Bulgaria, è 5 euro“.

A queste parole ha fatto eco Claudio Marenzi, di Herno: “L’Italia è l’unico paese occidentale con una filiera produttiva intatta. Ma c’è bisogno di una legislazione europea per tutelare il Made in Italy“.

Senza internazionalizzazione non c’è crescita e esempio lampante è Santoni, che, investendo nell’export, sta registrando una crescita del 10-15% all’anno.

Invece si avvicina la possibilità reale della quotazione per la Stefano Ricci, confermata da Niccolò Ricci, AD della griffe: “Tre anni fa, passando un certo fatturato, abbiamo iniziato a parlare di una possibile quotazione in borsa e ora stiamo valutando per l’anno prossimo o il 2016. Non c’è una necessità, ma è più un discorso di valorizzazione dei primi 40 anni di un’azienda sana che cresce“.

Buone notizie anche sul fronte del fatturato del settore moda che dovrebbe chiudere il 2014 con un fatturato di 62 miliardi di euro (+5,4%), trainato dall’export che ha superato la quota del 50%.
C’è invece una certa sofferenza nel comparto delle aziende familiari: nel 1995 le aziende del settore a struttura familiare superavano il 70% del totale, mentre oggi la quota è al 30%. Quelle in salute che oggi sono alla seconda generazione sono il 30%, mentre quelle alla terza generazione sono solo il 15%.

Vera MORETTI

Le imprese molisane a Tokyo

Dopo la prima fase, avvenuta nel corso 2013 con una serie di eventi B2B organizzati in Italia nell’ambito del Progetto Siaft IV, 22 aziende del centro sud Italia sono partite alla volta di Tokyo per dare seguito ai contratti avviati in precedenza e per incontrare i buyers che, in occasione delle tappe italiane, compreso Campobasso, avevano messo gli occhi sulle produzioni di queste 22 imprese.

Presso la sede della Camera di Commercio Italiana a Tokyo, si sono svolti oltre 100 incontri, nel corso dei quali si sono sviluppate interessanti contrattazioni che si spera possano tramutarsi ora in veri e propri contratti commerciali.
Il Molise era presente con 13 aziende produttrici di olio extra vergine di oliva e tartufo, provenienti all’Associazione Molisextra, e con la partecipazione del Consorzio Dal Molise, che ha presentato la vasta gamma di prodotti agroalimentari del Molise.

I rappresentanti delle aziende molisane, Domenico Notartomaso della Dal Molise, Luigi Di Vito e Angelo Sabetta dell’Associazione Molisextra, unitamente al Responsabile della Gestione Operativa dell’Unioncamere Molise, Luca Marracino, hanno illustrato agli intervenuti, fra i quali buyers della media e grande distribuzione, giornalisti ed esperti enogastronomici giapponesi, il territorio molisano, le sue caratteristiche e peculiarità turistiche ed enogastronomiche, hanno illustrato i prodotti e condotto le degustazioni.
La serata si è aperta con una degustazione guidata di tutti gli olii dell’Associazione Molisextra. A seguire agli ospiti è stata servita una cena rigorosamente a base di prodotti molisani.

Il presidente vicario De Angelis ha dichiarato a proposito: “Un vero e proprio successo quello del Molise in Giappone registrato in occasione di una missione che ha confermato alle aziende partecipanti l’elevato interesse che il Paese Asiatico ha verso i prodotti italiani di qualità. Prodotti sempre più presenti nel mercato nipponico che si conferma, per questo, uno dei mercati più interessanti per il made in Italy e per tutte le produzioni di qualità del Molise.  Per questo motivo il Giappone sarà uno dei Paesi target anche della prossima edizione del progetto SIAFT, che è giunto alla quinta edizione e le cui azioni saranno avviate nei prossimi giorni con l’obiettivo di favorire il processo di internazionalizzazione delle imprese, con particolare attenzione alle imprese nuove esportatrici”.

Vera MORETTI

Piemonte leader per innovazione

Se gli italiani sono un popolo di creativi, quando si tratta di innovazione storcono il naso e rimangono ancorati alle loro tradizioni.
L’esempio più lampante viene dalla valutazione sull’innovazione appena pubblicata dalla Commissione Europea, che boccia il Belpaese senza possibilità di replica.

Non solo l’Italia non può competere con Svezia, Danimarca, Germania e Finlandia, ovvero i Paesi che, più di altri, hanno dimostrato di voler investire su innovazione e tecnologia, ma a stento tiene il passo con la Grecia, che notoriamente non brilla per essere all’avanguardia.

La problematica principale è la spaccatura tra le regioni, con il Mezzogiorno che arranca e alcune realtà del nord che, invece, si distinguono per progetti e proposte interessanti ed in grado di tener testa ai “primi della classe” a livello europeo.
Esempio lampante è quello di Piemonte, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, che hanno dimostrato di saper orientare i propri fondi e formare i giovani, ma soprattutto di voler studiare e programmare per ridurre il divario che ancora esiste tra Europa e Stati Uniti e Giappone.
In realtà, il gap si sta assottigliando, anche se molto lentamente, non solo a causa di Paesi ancora molto indietro quanto ad innovazione, ma anche per il passo lungo con cui procedono Paesi come la Corea del Sud, tanto da vantare un tasso di crescita dell’innovazione del 6% nel periodo 2006-2013, quando in Europa è solo del 2,7%.

Antonio Tajani, commissario europeo per l’industria, chiede che vengano introdotte riforme ad hoc: “Quando c’è un fardello fiscale così forte sulle imprese è difficile investire molto in innovazione e ricerca. La Commissione ha sempre raccomandato al governo italiano, e credo continuerà a farlo, di ridurre la pressione fiscale sul sistema produttivo“.

Tra i punti deboli dell’Italia c’è la poca collaborazione tra studenti ed imprese, mentre pubblicazioni scientifiche, brevetti e licenze vendute all’estero rappresentano veri punti di forza del nostro Made in Italy.
A preoccupare, sono soprattutto gli investimenti di venture capital e la spesa per l’innovazione non legata alla ricerca e sviluppo.
La buona notizia riguarda i piemontesi, che sono vicini ai Paesi migliori da almeno quattro anni, con il Mezzogiorno in affannoso recupero nei confronti della Lombardia.

Tajani, a questo proposito, ha dichiarato: “In Piemonte c’è un tessuto industriale forte che ha permesso di resistere meglio alla crisi rispetto ad altre realtà nazionali. La presenza della Fiat è stata importante come tutto il sistema delle piccole imprese, hanno fatto la differenza mentre il Paese faticava“.

Vera MORETTI

Un’azienda su quattro vittima di corruzione e frodi

La corruzione e i crimini economici sono, per le imprese italiane, uno dei deterrenti a continuare la propria attività in proprio.

E’ stato appurato, da Pwc nella sua indagine Global Crime Survey 2014, che hanno a che fare con frodi e criminalità un quarto delle aziende del Belpaese, che diventano una su tre a livello mondiale.
Colpevole numero uno sarebbe, nella maggior parte dei casi, un senior manager, che arriverebbe a causare danni fino a 75 milioni di euro.

Questa ricerca sul fenomeno delle frodi economico-finanziarie è stata fatta compiendo più di cinquemila interviste in 95 Paesi, con il coinvolgimento di 101 aziende italiane.

Negli ultimi due anni, inoltre, nel nostro Paese le frodi sono cresciute dal 17 al 23%, pur restando sotto la media globale del 37% e quindi messi meglio di Turchia, Perù, Hong Kong/Macao, Giappone, Portogallo, Danimarca e Arabia Saudita.

Per il 65% dei casi si tratta di appropriazione indebita ma si fanno largo anche il cyber crime e le frodi contabili (22%). A subire il maggior numero di frodi sono le aziende del settore manifatturiero, (67%), energia e utility (43%), trasporto e logistica (40%), servizi finanziari (28%).

Alberto Beretta, partner forensic services di Pwc, ha voluto specificare: “Abbiamo però rilevato una crescente sensibilità e un maggior impegno nella fase di prevenzione da parte delle aziende. Infatti è cresciuto il numero delle organizzazioni che negli ultimi 24 mesi ha effettuato un fraud risk assessment (dal 54% al 70%)”.

Oltre ai danni economici, le organizzazioni sono preoccupate anche dei cosiddetti ‘danni collaterali’, difficilmente stimabili in termini finanziari, che riguardano in particolare la motivazione dei dipendenti (22%), la reputazione dell’azienda (17%) e le sanzioni delle autorità di vigilanza (13%).

Vera MORETTI