La riforma della Giustizia Tributaria è legge: le principali novità

Il MEF con il comunicato stampa 147 del 9 agosto 2022 annuncia l’approvazione della riforma della giustizia tributaria. Ecco le principali novità che interesseranno tutti i cittadini.

Riforma della Giustizia tributaria e definizione agevolata

Il disegno di legge per la riforma della giustizia tributaria è frutto del lavoro del Ministro dell’Economia Daniele Franco e della Ministra della Giustizia Cartabia. L’obiettivo è rendere più celere la gestione del contenzioso tributario, in modo da raggiungere gli obiettivi previsti dal Pnrr.

Tra gli obiettivi vi è la riduzione del contenzioso tributario e di tutto il carico già accumulato davanti alla Corte di Cassazione. Per raggiungerlo, nella riforma è prevista una sorta di pace fiscale con la definizione agevolata delle controversie in cui nei primi gradi l’Agenzia delle Entrate sia già soccombente.

Per saperne di più e capire se puoi accedere alla definizione agevolata, leggi l’articolo: Pace fiscale e definizione agevolata nella riforma del processo tributario.

Aperta la strada per il nuovo concorso in magistratura: nasce il giudice tributario

Al fine di definire più velocemente il contenzioso tributario nasce la figura del giudice tributario, per questo ruolo è prevista l’indizione di un concorso per il reclutamento di 576 giudici. Nel frattempo tale ruolo spetta a 100 giudici togati attualmente in ruolo, di questi 50 provengono dalla magistratura ordinaria e 50 dalle altre magistrature. Questi potranno transitare definitivamente al ruolo di giudice tributario.

Sempre al fine di ridurre il contenzioso si rafforza l’istituto della conciliazione e le cause di modico valore sono affidate al giudice monocratico. Attualmente il contenzioso tributario prevede il primo grado davanti alla Commissione tributaria provinciale e il secondo davanti alla Commissione tributaria regionale

Viene quindi rafforzato l’organo di autogoverno dei giudici tributari e si provvede alla nascita dell’Ufficio ispettivo e dell’Ufficio del massimario nazionale dove sono raccolte tutte le sentenze/pronunce in materia tributaria.

Ricordiamo che nella circolare 21/E dell’Agenzia delle Entrate era già precisato che l’Agenzia delle Entrate nell’avviare un contenzioso deve prestare attenzione alle pronunce diventate definitive ed evitare di avviare un giudizio in materie/ su questioni in cui sia già risultata soccombente. In tale ottica l’Ufficio del massimario diventa molto importante ed è anche presidio di tutela per i contribuenti.

Avviso di accertamento fiscale, cosa succede se il contribuente rinuncia al ricorso

Quando il Fisco rileva delle anomalie o delle irregolarità, ed anche quando viene riscontrato il mancato pagamento delle tasse nei termini previsti, in Italia l’Agenzia delle Entrate prima effettua delle verifiche e dei controlli. E poi può pure inoltrare al contribuente un avviso di accertamento.

Nella fattispecie, il contribuente ha sempre la possibilità non solo di far valere le proprie ragioni, ma anche di opporsi presentando un ricorso. Pur tuttavia, in caso di avvio di un accertamento fiscale, da parte dell’Agenzia delle Entrate, cosa succede se il contribuente rinuncia al ricorso? Ecco cosa accade in questo caso specifico. Quali sono i vantaggi e pure gli eventuali rischi se ce ne sono.

Cosa succede se il contribuente rinuncia al ricorso dopo un avviso di accertamento fiscale

Al riguardo c’è da dire, prima di tutto, che per il contribuente che non ha pagato le tasse, con il Fisco che al riguardo ha emesso un avviso di accertamento, la presentazione di un ricorso è inutile. In quanto l’Agenzia delle Entrate vincerebbe facile nell’ambito dell’avvio di un contenzioso tributario.

In più, c’è da dire che il contribuente che riceve un avviso di accertamento, e che non si oppone, può comunque avvantaggiarsi di una riduzione delle sanzioni. A livello giuridico, infatti, si parla di acquiescenza quando il contribuente accetta l’atto del Fisco e, pagando, provvede a sanare la propria posizione senza opporsi. Inoltre in Italia, ai sensi di legge e della normativa fiscale vigente, con l’acquiescenza il contribuente ottiene una riduzione pari ad un terzo delle sanzioni amministrative irrogate.

Pure gli atti di contestazione, inoltre, possono essere definiti per acquiescenza quando per questi vengono irrogate solo sanzioni. E quindi anche nella fattispecie il contribuente potrà avvantaggiarsi della riduzione pari ad un terzo delle sanzioni amministrative irrogate.

Quando e come scatta l’acquiescenza dopo un accertamento fiscale

Dopo un accertamento fiscale, l’acquiescenza scatta a patto che, riporta altresì il sito Internet dell’Agenzia delle Entrate, vengano rispettate tre condizioni. Ovverosia, e prima di tutto, il contribuente rinuncia ad impugnare l’avviso di accertamento. Inoltre, il contribuente deve pure rinunciare a presentare istanza di accertamento con adesione.

In più, l’acquiescenza comporta, come sopra accennato, il pagamento delle somme complessivamente dovute tenendo conto della sopra citata riduzione delle sanzioni. Il versamento di quanto dovuto al Fisco, inoltre, deve avvenire entro il termine di proposizione del ricorso che di norma è pari a 60 giorni dalla notifica dell’atto.

Come versare le somme dovute al Fisco dopo un accertamento fiscale

In base al tipo di tassa da pagare, con l’acquiescenza, e quindi rinunciando al ricorso, il contribuente può sanare la propria posizione nei confronti del Fisco attraverso il versamento con il modello F24 oppure, a seconda dei casi, con l’F23.

Il Fisco al riguardo permette sia di saldare il tutto in un’unica soluzione, sia di pagare a rate. In quest’ultimo caso, sulle rate dopo la prima versata, scattano le maggiorazioni che sono rappresentate dagli interessi che, in particolare, si calcolano a partire dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.

Assemblea 2011 dei Commercialisti, Siciliotti fa il punto della situazione

In occasione dell’Assemblea 2011 dei Commercialisti, il presidente della categoria Claudio Siciliotti ha presentato una relazione a tutto campo. Alla conferenza hanno partecipato anche i ministri della Gioventù, Giorgia Meloni, quello della Giustizia, Angelino Alfano e quello del Lavoro, Maurizio Sacconi. Oltre a loro, sono intervenuti anche il sottosegretario all’economia, Luigi Casero, il responsabile economico del Partito democratico, Stefano Fassina, il presidente dell’API, Francesco Rutelli e il presidente del Consiglio della Giustizia Tributaria, Daniela Gobbi.

Siciliotti a favore della lotta all’evasione, ha presentato un pacchetto di proposte che va dalla richiesta di un riequilibrio della tassazione tra redditi patrimoniali e da lavoro a quella di rimodulare, ad invarianza di gettito, gli effetti distorsivi per le imprese prodotti dall’Irap; da una richiesta di drastica riduzione delle detrazioni, deduzioni, regimi impositivi speciali e sostitutivi a una di utilizzo di redditometro e spesometro che preveda però un mediatore terzo nel contraddittorio tra Entrate e contribuente al fine di porre ordine.  E’ stata inoltre proposta l’istituzione di una piattaforma informatica che agevoli i contribuenti e che permetta il tracciamento dei pagamenti. Proposte, secondo Siciliotti “utili per poter impostare una lotta all’evasione che sia davvero efficace ed equilibrata, senza oscillare perennemente tra ricette repressive e ricette permissive, a seconda della vicinanza o lontananza alle scadenze elettorali e agli elettorati di riferimento della maggioranza politica di turno“.

Per quanto riguarda la giustizia tributaria, secondo Siciliotti “Nel bilancio previsionale dello Stato per il 2010 le somme stanziate per fare accertamento, ossia per far fronte agli oneri di gestione dell’Agenzia delle entrate, ammontano a circa 2.865 milioni di euro e quelle per fare riscossione, ossia per compensi ad Equitalia, ammontano a circa 325 milioni di euro. Le somme stanziate invece per la giustizia, ossia per compensi ai giudici tributari e per il funzionamento delle commissioni, ammontano solo a circa 70 milioni di euro. Una sproporzione clamorosa che impedisce in partenza alla Giustizia tributaria di lavorare al meglio“. Serve una riforma che non può più essere procrastinata nel tempo, visti i problemi urgenti da risolvere.

La proposta di riforma dei commercialisti punta molto sulla formazione di una magistratura tributaria più professionale e competente. I commercialisti propongono quindi l’apertura ai giudici non togati dei percorsi di carriera specifici in materia tributaria, attribuendo, sia per i giudici togati che non, valore abilitante ai soli titoli comprovanti una competenza specifica nella materia tributaria, anziché, come accade attualmente, nelle materie giuridiche in generale.

Secondo Siciliotti, il prezioso lavoro di front office telematico svolto dagli studi professionali è di estrema importanza per la pubblica amministrazione. Questo lavoro si traduce in costi diretti di strumentazione e indiretti di tempo. Un lavoro remunerato in maniera irrisoria dallo Stato che dovrebbe essere rivalutato. E’ stato toccato in seguito il problema dei ritardi dei pagamenti della PA: lo scorso anno il ritardo dei pagamenti del settore pubblico italiano, rispetto ai tempi previsti da contratto, è stato in media di 86 giorni, quasi il triplo dei 30 registrati nel settore privato. Una situazione che danneggia le imprese italiane e che aggrava il lavoro dei commercialisti che merita di essere risolto al più presto.

A conclusione dell’intervento si è parlato di conti pubblici. Per il raggiungimento del pareggio di bilancio alla fine del 2014, ha sostenuto, ci vorrà una manovra di oltre 40 miliardi. “Tra le righe del Documento Economico Finanziario si legge che la correzione dei conti pubblici per il biennio 2013 – 2014 dovrà essere all’incirca di mezzo punto di PIL per ciascuno dei due anni. Tradotto in numeri, questo significherebbe una manovra su base biennale da circa 17 – 18 miliardi di euro, o “forse qualcosa di più”, come ha detto a voce il Ministro Tremonti in sede di presentazione del Documento Economico Finanziario alla Commissione Finanze della Camera. In verità, i numeri che emergono dallo stesso Documento Economico Finanziario lasciano trasparire che quel “qualcosa di più” dovrà essere “qualcosa più del doppio”, perché appare ineludibile, per raggiungere un simile obiettivo, una manovra biennale di oltre 40 miliardi di euro”.

Avvocati: ecco i principi da rispettare per un buon rapporto tra fisco e contribuenti

Il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, in occasione della giornata della giornata celebrativa della giustizia tributaria, una serie di principi da rispettare per garantire un buon rapporto tra fisco e contribuenti. Secondo Alpa si tratta:

1. di riconoscere lo Statuto del contribuente quale normativa di grado superiore a quello delle leggi ordinarie

2. di definire per legge il concetto di abuso del diritto

3. di garantire un corretto e limitato uso dello strumento delle presunzioni

4. di prevedere l’obbligo dell’Ufficio di indicare già in sede di accertamento le prove che lo giustificano, senza che il contenuto dell’atto sia limitato a garantirne la sola legittimità

5. di prevedere l’impossibilità di iniziare un’azione esecutiva sui beni del contribuente prima che intervenga la pronuncia del giudice di primo grado

6. di semplificare il giudizio di ottemperanza al fine di rendere più effettiva ed immediata l’efficacia della sentenza a favore del contribuente vittorioso

7. di garantire effettività all’obbligo per l’amministrazione soccombente di provvedere all’immediato pagamento delle spese di giudizio dopo il deposito della sentenza e l’eventuale rimborso delle somme contestate o già pagate nel corso della procedura

8. di risarcire il danno alla parte soccombente di fronte a comportamenti dilatori o vessatori in sede processuale, analogo al risarcimento per lite temeraria nel processo civile

9. di prevedere la sospensione degli effetti della sentenza di secondo grado in pendenza del ricorso per cassazione, introducendo la norma di diritto positivo che dia attuazione ai principi interpretativi affermati di recente dalla Corte Costituzionale.

Alpa ha inoltre aggiunto: “Negli ultimi anni abbiamo assistito alla frequente disapplicazione delle norme dello Statuto del contribuente, alla diffusa casistica che grava l’onere della prova sul contribuente a vantaggio dell’Amministrazione finanziaria e al ricorso a presunzioni che operano a svantaggio del contribuente, con l’introduzione di metodi accertativi sintetici quali quelli a base degli studi di settore“- ha inoltre ribadito che è sempre più forte – “l’esigenza di rendere concreto anche nella giustizia tributaria il principio del giusto processo inteso nel senso della parità delle posizioni del contribuente e dello Stato dinanzi al terzo giudice imparziale. Maggiore attenzione occorrerà dunque prestare ai profili di incompatibilità, a quelli della effettiva competenza della materia, a quelli della coerente e uniforme applicazione delle norme, specie nel giudizio di Cassazione“.

M.Z.