Avviso di accertamento fiscale, cosa succede se il contribuente rinuncia al ricorso

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Quando il Fisco rileva delle anomalie o delle irregolarità, ed anche quando viene riscontrato il mancato pagamento delle tasse nei termini previsti, in Italia l’Agenzia delle Entrate prima effettua delle verifiche e dei controlli. E poi può pure inoltrare al contribuente un avviso di accertamento.

Nella fattispecie, il contribuente ha sempre la possibilità non solo di far valere le proprie ragioni, ma anche di opporsi presentando un ricorso. Pur tuttavia, in caso di avvio di un accertamento fiscale, da parte dell’Agenzia delle Entrate, cosa succede se il contribuente rinuncia al ricorso? Ecco cosa accade in questo caso specifico. Quali sono i vantaggi e pure gli eventuali rischi se ce ne sono.

Cosa succede se il contribuente rinuncia al ricorso dopo un avviso di accertamento fiscale

Al riguardo c’è da dire, prima di tutto, che per il contribuente che non ha pagato le tasse, con il Fisco che al riguardo ha emesso un avviso di accertamento, la presentazione di un ricorso è inutile. In quanto l’Agenzia delle Entrate vincerebbe facile nell’ambito dell’avvio di un contenzioso tributario.

In più, c’è da dire che il contribuente che riceve un avviso di accertamento, e che non si oppone, può comunque avvantaggiarsi di una riduzione delle sanzioni. A livello giuridico, infatti, si parla di acquiescenza quando il contribuente accetta l’atto del Fisco e, pagando, provvede a sanare la propria posizione senza opporsi. Inoltre in Italia, ai sensi di legge e della normativa fiscale vigente, con l’acquiescenza il contribuente ottiene una riduzione pari ad un terzo delle sanzioni amministrative irrogate.

Pure gli atti di contestazione, inoltre, possono essere definiti per acquiescenza quando per questi vengono irrogate solo sanzioni. E quindi anche nella fattispecie il contribuente potrà avvantaggiarsi della riduzione pari ad un terzo delle sanzioni amministrative irrogate.

Quando e come scatta l’acquiescenza dopo un accertamento fiscale

Dopo un accertamento fiscale, l’acquiescenza scatta a patto che, riporta altresì il sito Internet dell’Agenzia delle Entrate, vengano rispettate tre condizioni. Ovverosia, e prima di tutto, il contribuente rinuncia ad impugnare l’avviso di accertamento. Inoltre, il contribuente deve pure rinunciare a presentare istanza di accertamento con adesione.

In più, l’acquiescenza comporta, come sopra accennato, il pagamento delle somme complessivamente dovute tenendo conto della sopra citata riduzione delle sanzioni. Il versamento di quanto dovuto al Fisco, inoltre, deve avvenire entro il termine di proposizione del ricorso che di norma è pari a 60 giorni dalla notifica dell’atto.

Come versare le somme dovute al Fisco dopo un accertamento fiscale

In base al tipo di tassa da pagare, con l’acquiescenza, e quindi rinunciando al ricorso, il contribuente può sanare la propria posizione nei confronti del Fisco attraverso il versamento con il modello F24 oppure, a seconda dei casi, con l’F23.

Il Fisco al riguardo permette sia di saldare il tutto in un’unica soluzione, sia di pagare a rate. In quest’ultimo caso, sulle rate dopo la prima versata, scattano le maggiorazioni che sono rappresentate dagli interessi che, in particolare, si calcolano a partire dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.