Produzioni certificate: l’Italia è prima

Non ha eguali in Europa la crescita delle produzioni certificate che si registra in Italia, che rimane ben salda in testa a questa speciale classifica.

Rivela Istat che, rispetto alle 248 certificazioni rilevate al dicembre 2012, il Belpaese ne ha guadagnate altre 7, arrivando così a 255 denominazioni tra Dop, Igp e Stg.
L’eccellenza agroalimentare Made in Italy non teme rivali, poiché Francia e Spagna, anch’esse sul podio, sono molto lontane: i cugini d’oltralpe, infatti, sono fermi a 197 riconoscimenti, mentre gli iberici sono a quota 162.

Pensando alla crisi economica che sta interessando l’Italia, il segmento dei prodotti italiani certificati è fondamentale per rimanere a galla, e vanta un fatturato al consumo di 12 miliardi nel 2012, di cui un terzo legato alle esportazioni.

Nonostante i numeri siano più che incoraggianti, i margini di miglioramento ci sono: se, infatti, si potenziassero gli strumenti di promozione e di marketing si potrebbero portare alla luce altre Dop e Igp ancora sconosciute e intensificare la lotta alla contraffazione.

Ad oggi, infatti, il 97% del fatturato del comparto è appannaggio di venti prodotti, ovvero quelli più conosciuti, come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Aceto Balsamico di Modena, Mela Alto Adige, Prosciutto di Parma, Pecorino Romano, Gorgonzola, Mozzarella di Bufala Campana, Speck Alto Adige, Prosciutto San Daniele, Mela Val di Non, Toscano, Mortadella Bologna, Bresaola della Valtellina Igp e Taleggio.

Per questo, la Cia, Confederazione italiana agricoltori, sostiene che “ora bisogna lavorare per sviluppare le tante certificazioni meno conosciute ma suscettibili di forte crescita; e farlo organizzando le filiere, incrementando i Consorzi partecipati da tutte le componenti produttive, rafforzando le politiche di promozione in primis sulle vetrine internazionali“.

Tolleranza zero, infine, per gli imitatori dei nostri prodotti di punta, che compromettono il prestigio del sistema alimentare italiano, sia dentro, sia fuori dai confini nazionali: “Solo in Italia la contraffazione alimentare fattura più di un miliardo di euro, con 10 milioni di chili di cibi “tarocchi” sequestrati soltanto nel 2012. Per non parlare dei danni ancora maggiori provocati dall’Italian sounding nel mondo, un business illegale che “vale” 60 miliardi di euro l’anno“.

Vera MORETTI

I formaggi italiani piacciono agli inglesi

Ciò che piace dell’Italia parte dai capolavori dell’arte per arrivare ai brand di lusso e il cibo di alta qualità.

Gli inglesi del Guardian hanno elencato, tra le cose da amare del Belpaese, anche i formaggi.
A quanto pare, infatti, oltremanica vanno forte mozzarella e ricotta, ma anche parmigiano e pecorino, tanto che la Gran Bretagna è diventato il quarto Paese per quanto riguarda l’esportazione dei nostri prodotti caseari.

A confermare questo trend, ci sono anche i dati di Assolatte, che parlano di 26.900 tonnellate di formaggi italiani esportati nel 2012, contro le 26.272 del 2011.
A fronte di questi dati, l’export l’anno scorso ha fatturato 180,35 milioni di euro.

Ma cosa piace di più, della vastissima gamma di prodotti caseari Made in Italy?
Nel Regno Unito piacciono i freschissimi e gli spalmabili, ma anche quelli a pasta dura ed erborinati, tanto che tutti i diversi tipi di formaggi hanno visto aumentare le loro vendite.
Primi della classe rimangono mozzarella e ricotta, che con le loro 12.500 tonnellate, rappresentano il 46,6% dell’export totale in quantità. Al secondo posto ci sono Grana Padano e Parmigiano-Reggiano, con 6.000 tonnellate (pari al 22,5%), seguiti dai formaggi grattugiati, con 2.900 tonnellate (10,8%).
Al quarto posto c’è il Gorgonzola (809 tonnellate), tallonato da Fiore Sardo e Pecorino (724 tonnellate complessive).

Ma in Gran Bretagna arrivano dall’Italia anche italico, taleggio, provolone, crescenza, robiola, caciotta, asiago, caciocavallo, montasio e ragusano.

Vera MORETTI