Stop all’Imu sulle case, su l’Imu sui capannoni?

Una delle asimmetricità più evidenti della battaglia sull’Imu che si sta combattendo in questi giorni è quella relativa alle tipologie di immobili che potrebbero essere esentate dal pagamento dell’imposta. Se si va sempre più decisamente verso una sospensione della rata di giugno per le abitazioni principali, capannoni e immobili adibiti ad attività produttive continueranno a pagarla.

Purtroppo però la notizia che circola ultimamente è ancora più devastante per le piccole e medie imprese e per i professionisti: l’eventuale abolizione dell’Imu sulla prima casa potrebbe essere finanziata con l’aumento dell’imposizione sulle attività produttive. Un’ipotesi che ha fatto andare su tutte le furie il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi: “Se fosse confermata, tale ipotesi sarebbe drammatica per le casse di milioni di piccole imprese, che sono sempre più a corto di liquidità. Si pensi che nel passaggio da Ici ad Imu, nel 2012 gli imprenditori hanno visto raddoppiare il prelievo sugli immobili“.

Un aggravio che si somma a quello complessivo del 2013 quando, con l’aumento di 5 punti del coefficiente moltiplicatore dell’Imu (60 a 65 punti), l’imposta sui capannoni costerà alle imprese circa 270 milioni di euro in più rispetto al 2012.

Come sarebbe possibile accettare un ulteriore aumento della tassazione sulle piccole attività, quando il Pil quest’anno registrerà una contrazione del -1,4%, i consumi delle famiglie del -1,6% e la disoccupazione salirà all’ 11,9% – commenta ancora Bortolussi? Oggettivamente, non è possibile pensare di uscire da questa situazione di crisi diffusa se si continuano a penalizzare le imprese“.

A supportare questa conclusione, tanto limpida e banale quanto poco tenuta in considerazione dal governo, la CGIA ricorda che gli alberghi sono stati gli immobili a destinazione produttiva che hanno pagato l’Imu più pesante: mediamente 11.429 euro (+4.740 euro rispetto al 2011). Dopo gli alberghi vengono i 7.325 euro della grande distribuzione (+3.020), i 5.786 euro dei capannoni (+2.385 euro), i 3.352 euro dei piccoli industriali (+1.376), i 1.835 euro degli uffici dei liberi professionisti (+1.030 euro), gli 894 euro dei commercianti (+494 euro) e i 700 euro i laboratori artigianali (+338 euro). Si può andare avanti così?

L’ABC dell’Imu

Ecco una piccola guida all’Imu, giusto per capire come funziona, che cifre fa girare e quanta gente guarda a una sua sospensione come a una salvezza per le proprie tasche.

Chi è tenuto a pagare l’Imu?
Decono paga l’Imu tutti i proprietari di immobili, compresi terreni e aree edificabili, di qualunque destinazione d’uso. Deve pagare l’Imu chi è in possesso di immobili già soggetti a Ici ma, a differenza dell’Ici, anche i fabbricati rurali ad uso strumentale vengono considerati tassati.

Quanti sono i comuni che hanno deciso di ritoccare le aliquote?
Il 17,8% dei Comuni ha aumentato l’aliquota Imu fino a un punto percentuale, il 7,5% ha elevato l’aliquota di 2 punti. Oltre il 25% del gettito derivante dall’aumento delle aliquote dei Comuni proviene da sole cinque città: Roma, Milano, Torino, Napoli e Genova.

Entro quando bisogna pagare la prima rata dell’Imu?
La scadenza è fissata per il 17 giugno (perché il 16 è domenica), ma è quasi sicuro che ci sarà una sospensione del pagamento della prima rata sull’abitazione principale per decreto legge. Un intervento che vale da due miliardi di euro.

Quanto ha incassato lo Stato nel 2012 dall’Imu?
Il gettito totale è stato pari a 23,7 miliardi. Di questi, la quota di maggior gettito che deriva dalle aliquote maggiorate fissate dai Comuni è stata pari a 3,8 miliardi, per cui il gettito Imu ad aliquota standard è stato di circa 19,9 miliardi.

Quanti saranno gli italiani interessati dalla sospensione?
Saranno circa 20 milioni di appartamenti, nei quali cui vivono 45 milioni di abitanti.

Quanti sarebbero i mancati introiti dei Comuni qualora fossero bloccati i versamenti Imu?
Per Roma saranno 283 milioni, per Milano 70 milioni di euro, per Torino 85 milioni.

Rispetto agli altri Paesi come è in Italia la tassazione degli immobili?
Oggi è sopra la media Ocse (1,1% del Pil), pari all’1,5%. Fino al 2011, dopo l’abolizione dell’Ici, l’Italia era il Paese con la minore tassazione della proprietà. Rielaborando i dati forniti dall’Ocse e dal ministero dell’Economia, l’Italia resta sotto il livello di tassazione britannico (3,5%), americano e canadese (circa il 3%), francese (2,5%).

Che cosa è l’ipotetica tassa Ics?
È una sorta di Imu 2.0. Ics è l’acronimo di “Imposta casa e servizi” e dal 2014 potrebbe sostituire Imu, Tares, imposta di registro e addizionale comunale Irpef che sarebbero rimpiazzate da un unica imposta.

Stop all’Imu, quanto vale?

di Davide PASSONI

Tra una schermaglia e l’altra in Parlamento, quanto vale veramente una possibile abolizione dell’Imu? Se lo chiedono in tanti, imprese e cittadini, che guardano alle decisioni che prenderà in merito il Governo con un misto di ansia e apprensione.

Per molti, la cancellazione o, quantomeno, il rinvio della rata di giugno significa una piccola o grande boccata di ossigeno ma per le casse dello Stato può fare una differenza enorme. Se, come è ormai chiaro, la tassazione sulla prima casa dovrà essere rivista e alleggerita non di poco, la sospensione del pagamento di giugno può dare tempo all’Esecutivo di intervenire in tal senso per eliminare l’obbligo del pagamento almeno per le fasce di reddito più basse.

In ogni caso, vuoto per pieno, si parla di circa 2 miliardi di euro dei complessivi 4 che l’Imu vale. L’acconto Imu si dovrebbe pagare entro il 17 giugno e dovrebbe essere calcolato sulle nuove aliquote decise dal proprio comune, purché la delibera sia adottata e inviata al ministero delle Finanze entro il 9 maggio e pubblicata sul sito del ministero entro il 16. Qualora ciò non venisse fatto, l’acconto sarà calcolato in base alle aliquote 2012, con un adeguamento alle eventuali nuove aliquote che avverrà al saldo di dicembre.

Come fare dunque? È probabile che una ipotetica rimodulazione dell’Imu per fasce di reddito porti a una manovra che aumenti le detrazioni sull’abitazione principale insieme a una scontistica sui carichi di famiglia favorevole ai nuclei familiari più numerosi. Un’operazione fattibile, che porterebbe a un costo costo finale che oscillerebbe tra 2 e 2,5 miliardi. Insomma, ci saremmo.

Un’altra strada è quella della riduzione dei coeffecienti di calcolo dell’Imu a favore della fasce di contribuenti più deboli. Tra i quali, ahinoi, non sembra possano figurare le imprese sui cui immobili, nel 2013, i Comuni potranno solo innalzare le addizionali. Se da una parte si vuole quindi aiutare le famiglie a mantenere liquidità per incentivare una ripresa dei consumi, dall’altro il tessuto produttivo italiano continuerà a rimanere fortemente represso dall’Imu. Con buona pace della ripresa.

Ah, e che succederebbe se, come vuole il Pdl, l’Imu sulla prima casa fosse abolita del tutto e fosse restituito ai cittadini quanto pagato nel 2012? Lo Stato dovrebbe scucire circa 8 miliardi di euro. Fattibile? Nella cifra sta già la risposta.

Imu, ci risiamo. Resta o viene tolta? Meglio rimodularla

di Davide PASSONI

E adesso vediamo un po’ che cosa succederà con l’Imu. Una delle imposte più detestate dagli italiani, introdotta dal governo Monti come condizione necessaria per risollevare un’Italia sull’orlo del baratro e accettata dai più come si ingoia una medicina amara – è per il mio bene, si pensa… -, adesso torna a essere materia di stabilità di governo, più che fiscale.

Da una parte, una delle prime dichiarazioni del neo primo ministro Enrico Letta era stata quella che l’Imu sarebbe stata cancellata, salvo poi dire prorogata la prima rata di giugno, poi congelata… Insomma, dichiarazioni da campagna elettorale più che da programma di governo, che hanno subito dovuto fare i conti con la necessità di reperire da qualche parte l’eventuale gettito Imu mancante (circa 4 miliardi) e con le minacce di Berlusconi.

Il Cavaliere, che detesta l’Imu quanto se non più dei comunisti, ha infatti subito legato l’appoggio del Pdl al governo Letta a una cancellazione (altro che congelamento o dilazione) dell’imposta. Un suo vecchio pallino che ora, sia per strategia politica o per reale questione di principio, rischia di far traballare un governo appena nato e incaricato di fronteggiare un’emergenza economica e sociale tra le peggiori di sempre.

In mezzo, come sempre, ci sono imprese e cittadini. Che, se da un lato vedono con presumibile favore uno stop all’Imu, dall’altra sono ben consapevoli del fatto che, da una parte o dall’altra, i soldi dovranno comunque rientrare. Certi che non rientreranno grazie al taglio delle spese, sono pronti a nuove imposte, per quanto il governo tenda a escluderlo.

Ebbene, questa settimana Infoiva vedrà di capire di più di questa nuova battaglia sull’Imu, partendo dal fatto che secondo noi si tratta di un’imposta che non va abolita ma rimodulata in modo da tutelare le fasce di contribuenti più deboli. Perché, così come è concepita, è di fatto una patrimoniale e di patrimoniali il nostro Paese proprio non ha bisogno ma necessita di un sistema fiscale razionale e meno oppressivo. E perché, lo ribadiamo, l’Imu è conseguenza mortale dell’abolizione dell’Ici, che chi oggi non vuole l’Imu (almeno su questo mostra coerenza) tolse in un momento in cui l’Italia non se lo poteva permettere. Più o meno come ora.

Letta e Giovannini al lavoro per cambiare la Riforma Fornero

Il Governo Letta ha pochi giorni di vita ma le sue prime intenzioni sono già ben chiare: sia Enrico Letta sia Enrico Giovannini sono concordi nel dichiarare che la Riforma del Lavoro va cambiata al più presto.

Nonostante i tentativi operati dall’ex ministro Elsa Fornero, è necessaria maggior flessibilità, soprattutto quando si tratta di apprendistato e contratti a tempo determinato.
Tra i provvedimenti ai quali si sta pensando, c’è un’ulteriore riduzione delle pause tra un contratto a termine e l’altro, allungate dalla Riforma Fornero da 10 a 60 giorni per i contratti fino a sei mesi e da 20 a 90 giorni per gli altri, favorendo la proroga di contratti a termine.
Le pause dovrebbero essere ridotte anche per i contratti collettivi.

Giovannini vorrebbe intervenire anche sul causalone, che riguarda i contratti di durata superiore ad un anno, rendendo meno rigide le condizioni di applicabilità della causale, oppure sostituendola con un meccanismo diverso, ad esempio una soglia numerica di contratti a termine in azienda.

Neppure l’apprendistato rimarrà come Elsa Fornero l’aveva voluto, poiché si studia un modo per potenziarlo, magari rimuovendo i paletti per l’assunzione di nuovi apprendisti da sostituire con incentivi.
Ciò che spinge il Governo a modificare il provvedimento è il desiderio, e la necessità, di promuovere il lavoro giovanile.
I saggi propongono: miglior utilizzo dei fondi europei, credito d’imposta per i lavoratori a bassa retribuzione, da non limitare ai soli giovani, miglior alternanza dei periodo scuola-lavoro, introduzione di un apprendistato universitario, sul modello tedesco o austriaco, magari addirittura prevedendo corsi di laurea triennali sotto forma di apprendistato.

I temi del lavoro sono stati affrontati anche durante la tournèe che Enrico Letta ha effettuato spostandosi da Berlino a Parigi, fino ad arrivare a Bruxelles, durante la quale il neo presidente ha voluto rassicurare i partner europei sul rinnovato impegno dell’Italia nell’osservare i vincoli di bilancio ma senza dimenticare le riforme tanto annunciate.

Vera MORETTI

INT chiede al Governo di tutelare le Libere Associazioni

Dopo una fase di profonda crisi ed incertezza a seguito dei risultati delle elezioni del 24 e 25 febbraio, la nomina del nuovo Presidente del Consiglio e dei suoi Ministri è stata salutata con sollievo e particolare speranza.

Tra i tanti “in bocca al lupo” ricevuti da Enrico Letta, nuovo premier, non poteva mancare quello di Riccardo Alemanno, presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, particolarmente lieto che, finalmente, il Governo possa intraprendere la strada verso una ripresa, come tutti si aspettano.

Dopo gli auguri di rito, la lettera di Alemanno riportava alcuni obiettivi considerati fondamentali per poter uscire da uno “stallo istituzionale ed economico” ormai più che preoccupante.
Tra questi, l’urgenza si pone sulla necessità di poter presto raggiungere una maggiore equità normativa del carico tributario e contributivo ed una semplificazione degli adempimenti che i contribuenti devono affrontare.

Ciò che INT auspica, come tutti del resto, è che le istituzioni governative e parlamentari si dimostrino determinate a collaborare in modo costruttivo, pensando, in primo luogo, al benessere dei cittadini.

Allacciandosi al discorso fatto dal neo Presidente del Consiglio alle Camere, in cui si è mostrato particolarmente sensibile alla valorizzazione del lavoro autonomo e professionale, Riccardo Alemanno ha richiamato l’attenzione alla legge n. 4 del 14/01/2013 che ha finalmente riconosciuto la professionalità degli iscritti alle Libere Associazioni ed ha sancito il loro status di professionisti, chiedendo che questo settore non venga dimenticato né sottovalutato dalla nuova legislazione.

Non si tratta di una richiesta egoistica, si tratta di una richiesta che interessa milioni di cittadini che lavorano e danno lavoro, professionisti che si attengono ai propri doveri ma che chiedono con forza il rispetto dei propri diritti”.

Vera MORETTI

Il Governo Letta al lavoro: ecco le criticità da cui partire

Enrico Letta, nuovo Presidente del Consiglio, dopo la nomina dei suoi 21 Ministri, si appresta a cominciare quello che, sicuramente, sarà un duro e complicato lavoro.
Ma il nuovo premier sembra avere le idee chiare su quelle che sono le priorità, a dir la verità chieste a gran voce da addetti ai lavori e privati cittadini.

Al centro di importanti decisioni ci sono le pmi, per le quali si adotterà una politica di sostegno che possa garantire competitività e crescita, non solo a livello nazionale ma anche sui mercati internazionali.
Tra i provvedimenti che verranno attuati, semplificazioni burocratiche e fiscali, ma anche meno tasse sul lavoro e maggiori incentivi.

Ma tra le tematiche che più scatenano le ire del popolo, c’è sicuramente quella che riguarda le tutele e i privilegi dei quali godono i politici, eccessivi e spesso a discapito di emergenze concrete.
Per questo, Letta ha annunciato che i ministri non prenderanno lo stipendio aggiuntivo per l’incarico governativo ma solo l’indennità di parlamentare e tra le riforme istituzionali la prima sarà la legge elettorale.

Rimane il focus sulla comunità europea, dalla quale l’Italia non deve uscire ma, anzi, dimostrare di farne parte in maniera centrale. Necessarie saranno politiche di rinnovamento che favoriscano una vera integrazione europea.
Enrico Letta, per dimostrare quanto crede nell’UE, ha parlato di Stati Uniti d’Europa.

Per quanto riguarda l’Imu, sicuramente la tassa più odiata e il provvedimento più contestato del precedente Governo, è stato annunciato che verrà rivista, tanto che, per ora, è stata sospesa la rata di giugno.
In Parlamento si studierà poi come modificare la normativa, anche se il neo premier ha indicato alcune linee guida, come incentivi per le ristrutturazioni, i mutui e le giovani coppie.

Relativamente all’Iva, poi, verrà eliminato l’aumento di un punto: l’aliquota non arriverà, dunque, al 22%.
Non ci sono ancora, ovviamente, altri dettagli, ma è stato precisato che tutte le misure di riduzione fiscale non dovranno impattare negativamente sull’indebitamento.

Ma l’accento più importante è stato messo sul lavoro, che sarà la priorità del Governo.
A questo proposito, si auspica che imprese e lavoratori agiscano insieme, per uscire da una situazione di stallo e ritornare a crescere.

Si punterà su:

  • Giovani: il premier ha parlato di un rafforzamento dell’apprendistato, di ulteriori modifiche sui contratti a termine, di un potenziamento degli incentivi per l’assunzione di giovani a tempo indeterminato. In vista, dunque, ci sono modifiche alla riforma del lavoro dell’estate 2012.
  • Occupazione femminile: l’Italia resta troppo lontana dall’Europa in materia di pari opportunità. Bisogna pensare un welfare adeguato.
  • Welfare: deve essere universalistico e non corporativo. Annunciato un reddito minimo garantito per famiglie bisognose con figli e più ammortizzatori sociali per i precari.
  • Pensioni: il governo intende puntare su misure che facilitino il pensionamento graduale dei lavoratori più anziani favorendo una sorta di staffetta generazionale.

Verrà anche studiato un modo di promuovere l’imprenditoria giovanile, che non può basarsi solo su incentivi. Il sostegno all’imprenditorialità è il collegamento fra le misure a sostegno dell’occupazione e del lavoro e quelle più specificamente pensate per le imprese.

A questo proposito, il Governo sta pensando ad un piano pluriennale per sostenere innovazione, ricerca e sviluppo, da finanziare attraverso project bond.
Fra le aree di intervento su cui puntare: digitale, green economy, energia, settore biomedicale, industria aerospaziale.

Non si accantonerà neppure l’evasione fiscale, anche se si vuole instaurare un rapporto di dialogo maggiore tra Fisco e cittadini.

Anche le risorse di turismo e Made in italy vanno rafforzate, perché considerati settori chiave per lo sviluppo. Annunciato, a questo proposito, un imminente decreto per nominare un commissario unico per l’Expo, individuato come fondamentale appuntamento di rilancio.

Altro punto su cui proseguirà il Governo è la questione dei debiti della PA, come anche la necessità di incrementare il Fondo Centrale di Garanzia per le pmi e di politiche anticorruzione e riforme che rendano la giustizia più efficiente e veloce.

Vera MORETTI