Le novità della riforma fiscale

Il disegno di legge delega sulla riforma fiscale che è stato appena approvato dalla Camera ha stabilito i principi e i criteri direttivi cui deve uniformarsi il Governo nell’introdurre norme per la ridefinizione dell’imposizione sui redditi di impresa e per la disciplina dei regimi forfetari per i contribuenti di minori dimensioni.

Più in particolare, i decreti legislativi devono disporre l’assimilazione delle imposte sui redditi di impresa prodotti dai soggetti Irpef, con assoggettamento ad un’imposta sul reddito imprenditoriale la cui aliquota è proporzionale ed allineata a quella dell’Ires.

Resta ferma la deducibilità dalla base imponibile delle somme prelevate dall’imprenditore e dai soci, che concorreranno alla formazione del reddito Irpef.

Il provvedimento inoltre da al Governo l’incarico di introdurre i regimi semplificati per i contribuenti di minori dimensioni e regimi sostitutivi forfettari per i contribuenti minimi.
In questi casi, poi, è prevista una ulteriore differenziazione in funzione del settore economico e del tipo di attività svolta, oltre ad istituti premiali per le nuove attività produttive.

La legge chiede a gran voce al Governo di definire il termine di autonoma organizzazione ai fini dell’assogettabilità all’Irap dei professionisti e dei piccoli imprenditori, passaggio fondamentale nell’ottica dell’abolizione dell’Irap per chi non ha un’autonoma organizzazione.

Si tratta di una misura importante anche per i giovani che hanno posizioni IVA aperte, e per gli ultracinquantenni che magari hanno perso il posto di lavoro e che potrebbero rientrare, con regimi semplificati e forfettizzati, aprendo una posizione autonoma con una più leggera pressione fiscale.

Vera MORETTI

Confronto tra Governo e parti sociali sulla legge di stabilità

Durante l’incontro tra Governo e parti sociali sulla legge di stabilità, Giorgio Guerrini, presidente di Rete Imprese Italia, ha ribadito il ruolo delle imprese, impegnate ad aumentare la produttività del lavoro nonostante la crisi.

Il Governo, dal canto suo, dovrebbe “impegnarsi su altri fattori di competitività per il Paese. A cominciare dal recepimento in Italia della direttiva europea che fissa a 30/60 giorni i tempi di pagamento nelle transazioni commerciali tra Stato, privati e imprese”.

Tra gli interventi urgenti, secondo il presidente RTI, c’è sicuramente la direttiva sui tempi di pagamento, dal momento che gli imprenditori accusano mancanza di liquidità, fondamentale per investimenti sul futuro, a causa dei ritardi nei pagamenti.

A dimostrazione di ciò, Guerrini ha ricordato che in Italia i tempi medi di pagamento della Pa e dei privati verso le piccole imprese sono di 137 giorni , aumentati di 44 giorni in un solo anno.
I tempi di attesa sono addirittura il doppio rispetto alla media Ue per quanto riguarda i privati e il triplo quando si tratta di Pubblica Amministrazione.
Anche se ci sono i casi estremi di imprenditori che devono aspettare anni per essere pagati.

Vera MORETTI

Speranza vana: i prezzi dei carburanti non scendono

Sostanzialmente non cambia nulla e, anche in vista del fine settimana, i prezzi dei carburanti rimarranno i medesimi, ovvero altissimi.

Chi sperava, dunque, in un calo dovuto al ribasso di oltre 50 dollari a tonnellata della benzina in Mediterraneo e il conseguente ritocco al ribasso del diesel, rimarrà deluso.
Anzi, benzina e diesel si presentano con prezzi che, rispetto ai tre anni precedenti, sono di almeno 2 centesimi sopra la media.

A questo punto, si guarda al Governo con molta attenzione, e in particolare si attende un intervento sull’imposizione fiscale, atteso dalle associazioni dei consumatori e da quelle dei gestori.

E sembra che il Ministero dello Sviluppo Economico stia preparando un decreto che fa ricorso al meccanismo dell’accisa mobile per compensare l’extragettito Iva, con un impatto per i consumatori finali compreso tra 1 e 2 centesimi.

Per ora, però, i prezzi medi nazionali sul servito indicano la benzina a 1,935 euro/litro, diesel a 1,823 sul diesel e gpl a 0,818, con punte massime a 2,019, 1,858 e 0,842 euro/litro.

Scendendo nel dettaglio, ecco che a livello Paese il prezzo medio praticato della benzina va oggi dall’1,927 euro/litro di Esso all’1,935 di Q8, Shell e TotalErg (no-logo in lieve discesa a 1,840).
Per il gasolio si passa dall’1,811 euro/litro ancora di Esso all’1,823 di Shell (no-logo a 1,718).
Il gpl e’ tra 0,797 euro/litro di Esso e 0,818 di TotalErg (no-logo a quota 0,792).

Vera MORETTI

L’auto in Italia non si vende, si aggiusta

 

Siamo partiti dal Presidente di Federauto, passando per il mondo variegato delle concessionarie in Italia. Oggi Infoiva focalizza la sua attenzione su un altro tassello fondamentale del settore automobilistico in Italia: le carrozzerie. Tappa obbligata per chi incorre in sinistri o provoca danni alla propria autovettura, ma anche porto sicuro quando gli italiani, con le tasche svuotate da crisi e pressione fiscale, e meno disposti a spendere, decidono di riparare la cara vecchia auto. Il nuovo può attendere momenti più propizi.

Ne abbiamo discusso con il Presidente della neonata Federcarrozzieri, Davide Galli, l’associazione che riunisce le carrozzerie indipendenti in Italia. Il bilancio non è dei più rosei: in Italia dilaga il sommerso e il controllo dello Stato è praticamente assente. Federcarrozzieri chiede più rispetto delle regole e un mercato più liberale, che non sia appannaggio delle ‘solite’ compagnie assicurative.

Leggi l’intervista a Davide Galli, Presidente di Fedecarrozzieri

 

Federcarrozzieri, la realtà indipendente italiana

 di Alessia CASIRAGHI

Crisi del comparto dell’auto, italiani poco disposti a spendere (tenendosi anche i graffi sull’auto) e egemonia incontrastata delle Compagnie Assicurative. La vita non è facile per le carrozzerie indipendenti in Italia, che a marzo 2012 hanno deciso di unirsi in un’associazione, la neonata Federcarrozzieri, che riunisce le carrozzerie non fiduciarie in Italia. Infoiva ha intervistato il suo Presidente, Davide Galli.

In che misura il vostro settore ha risentito della crisi del mercato dell’auto?
Il primo sentore di crisi lo abbiamo ravvisato qualche anno fa, quando è stata introdotta la patente a punti e il nuovo codice della strada: una misura che ha sicuramente sensibilizzato i cittadini a guidare con maggior attenzione e responsabilità, e che dall’altra parte ha segnato un calo drastico dei sinistri. Sottolineando l’importanza di un tale provvedimento, è evidente che per noi che ripariamo vetture incidentate, questo ha rappresentato un primo balzello verso il declino del mercato delle riparazioni. Con l’arrivo della crisi vera e propria, quella economica, sono cominciate invece a mancare anche le riparazioni a pagamento, ovvero quelle non direttamente connesse a un sinistro.  Oggi il cliente privato, quando deve decidere se riparare una piccola botta, o un graffio o effettuare una qualsiasi manutenzione straordinaria sulla vettura, magari ci pensa 4 o 5 volte.

Gli italiani quindi rinunciano all’estetica della loro autovettura in tempo di crisi?
Rinunciano all’estetica ma anche alla funzionalità: il privato infatti non è in grado di stabilire se il tipo d’urto o il danno presente sulla sua vettura sia un danno estetico o funzionale. Per scoprirlo è necessario  effettuare delle misurazioni, perchè un urto contro un marciapiede, per esempio, che va a compromettere sia carrozzeria che meccanica, solo in caso di frenata particolarmente brusca ci si rende conto che la vettura non è più allineata come prima. Un altro punto va evidenziato: i circuiti di revisione dell’auto obbligatori per legge non prevedono ad oggi una verifica della carrozzeria o del telaio della macchina, che quindi circola non riparata e spesso, purtroppo, risultando pericolose sia per il conducente che per la collettività stessa.
Da ultimo non vanno dimenticate tutte quelle vetture incidentante che hanno ricevuto un indennizzo dall’assicurazione, ma che l’assicurato decide di non riparare. Qualche hanno fa era stata introdotta una legge che obbligava la vittima di sinistro a fornire alla propria compagnia assicurativa un documento fiscale che certificasse l’avvenuta riparazione, per poter ricevere l’indennizzo. Oggi questa legge non c’è più, con la conseguenza, come molto spesso accade, che la vettura non venga riparata o il lavoro di riparazione venga effettuato presso carrozzerie non esistenti (il sommerso) a prezzi bassissimi. I dati oggi parlano di un riparato di ragione che si aggira attorno al 30%, mentre il 70% risulta non riparato.

Gli italiani rinunciano ad acquistare nuove vetture e aggiustano le vecchie. Questo ha favorito il settore dell’autoriparazione?
Si, anche se ad oggi si è intravisto solo un piccolo spiraglio. Nell’ultimo semestre, diciamo da febbraio 2012, si è registrato un lieve segno più sulla riparazione di vetture che normalmente non transitavano più in carrozzeria. Faccio un esempio: fino a qualche anno fa, ma anche l’anno scorso, in caso di  classico tamponamento con una Punto, dal valore tra i 2000 e i 3000 euro, l’autovettura veniva di preferenza demolita o venduta, in ogni caso non riparata, oggi la stessa auto viene sottoposta a riparazione. Questo per noi rappresenta chiaramente un un vantaggio, ma attualmente si tratta di un indotto che presenta cifre talmente basse, e in ogni caso non in grado di bilanciare l’ammanco dovuto alla crisi e economica.

Il settore dei veicoli commerciali presenta sostanziali differenze rispetto al circuito privato?
Per quanto riguarda le aziende il discorso è diverso:  nel caso di auto che hanno subito danni anche di leggera entità – parliamo di danni risolvibili con un investimento di 3 – 4 000 euro – le aziende, proprietarie del veicolo, preferiscono sostituire la vettura. La sostituzione è in ogni caso ancora privilegiata in caso di veicoli commerciali perchè l’acquisto di una nuova vettura presenta per l’azienda dei vantaggi a livello fiscale, essendo detraibile dalle tasse.

Avete riscontrato problemi con i rientri dei pagamenti assicurativi? 
Il discorso è ampio e difficilmente generalizzabile. Ci sono zone d’Italia che hanno ancora molte difficoltà ad incassare dalle compagnie assicurative le liquidazioni dei sinistri riparati: i motivi vanno ricercati non necessariamente negli uffici sinistri, ma si parla di pratiche ferme talvolta negli uffici locali. In altre zone d’Italia al contrario i pagamenti arrivano sistematici e puntuali. Il dato generale ad oggi che riguarda un po’ tutto lo stivale è l’assenza dei ritardi storici di una volta da parte delle compagnie assicurative. Il problema è semmai ancora nel passato: molte carrozzerie presentano ancora un conto salato da incassare dalle assicurazioni risalente al passato recente, parlo di 2-3 anni fa. Oggi la legge prevede l’incasso a 30 giorni in caso di doppia firma, e 60 giorni in caso di monofirma con assenza del Cid.

Quali sono i problemi che riscontrate attualmente con le compagnie assicurative?
Da un lato va sottolineato il predominio di 3 o 4 compagnie assicurative a livello nazionale, che determinano in alcuni casi leggi in grado di penalizzare l’indipendenza della categoria degli autocarrozzieri. Mi spiego meglio: a febbraio 2012 è stato inserito nel decreto legge un articolo, poi fortunatamente cancellato, l’art. 29, che obbligava, in caso di incidente, l’assicurato a recarsi presso una carrozzeria convenzionata. In caso contrario, l’assicurato veniva penalizzato del 30% sulla liquidazione. Questo ci è apparso da subito anticostituzionale, perchè anche nel caso di carrozzerie convenzionate, generalmente la convenzione è prevista con 1 o 2 compagnie assicurative. Una legge che penalizzava assicurato e carrozziere, e che favoriva unicamente, come appare evidente, la Compagnia Assicurativa, che si ritrovava a incassare il 30% della liquidazione sempre e comunque. Abbiamo lottato come Federcarrozzieri e la legge, fortunatamente non è passata. I metodi, tuttavia,che le compagnie assicurative adottano per cercare di manipolare il sinistro e poterlo risarcire il meno possibile però esistono: dalla scatola nera in cui viene inserito un modulo Cps in grado di registrare i dati del sinistro e di comunicare in tempo reale con la centrale operativa, facendo si che l’auto ritirata dal carro attrezzi venga condotta verso una carrozzeria convenzionata, ad altri piccoli metodi adoperati dalle compagnie affinchè il sinistro rimanga proprio e non venga riparato da terzi, con tariffe magari differenti.

Che cosa chiedereste al Governo per sostenere un settore vitale dell’economia nazionale come il vostro?
Da un lato chiediamo maggiore controllo. Si tratta di un problema di base che affligge la categoria e che purtroppo il Governo non potrà risolvere nell’immediato: i controlli in Italia sono ancora latitanti. Oggi esistono 14/15 000 carrozzerie da Nord a Sud, delle quali una buonissima parte appartiene al sommerso. E’ impensabile che chi investe, chi assume personale in regola, chi rispetta le normative sia giuridiche che fiscali venga fortemente penalizzato dall’esistenza di un sommerso, che, in un momento di crisi economica e di scarso potere d’acquisto del singolo cittadino, riesce a vincere essendo maggiormente competitivo. Chi può abbassare il prezzo oggi? Chi ha meno costi perchè non rispetta la legge.
Sempre in tema di controllo, vorremmo rivolgere l’attenzione del Governo su un altro punto:  in Italia l’Antitrust e gli organi di Vigilanza sulle assicurazioni non sono mai esistiti. Quello che chiediamo è che ci sia almeno il rispetto delle regole della libera concorrenza, che non vengano perpetrati condizionamenti da parte delle assicurazioni nel riparare l’auto presso centri convenzionati, che all’automobilista sia lasciata libera scelta. Proprio in questo giorni si sta discutendo la possibilità di mettere mano all’indennizzo diretto, nato nel 2007, voluto e a solo vantaggio delle Assicurazioni: quello che noi come Federcarrozzieri ci auspichiamo è che venga operata un correzione dell’indennizzo in senso più liberale.

La scelta di riunirvi in un’associazione, la Federcarrozzieri, sul modello di quanto fatto in Germania, quali benefici ha avuto e avrà sul vostro settore?
Se guardiamo il passato, un’associazione  di carrozzieri che potesse difendere l’indipendenza non esisteva. Esistevano ed esistono ancora oggi le Confederazioni, che però vedono affiancati al loro interno, tra gli associati, sia carrozzerie indipendenti che carrozzerie fiduciarie. Questo crea un evidente conflitto di interessi. A marzo 2012 è nata la Federcarrozzieri, per poter difendere chi prima non si sentiva difeso e rappresentato. Non solo, il fatto di aver creato un organismo più snello e così specializzato ha eliminato i tempi morti: tutto quello che è idea, che è sviluppo viene tradotto immediatamente in azione e solo nel giro di pochi mesi sono stati portati avanti quattro grandi progetti. L’ultimo riguarda una campagna di marketing di massa attraverso l’utilizzo di coupon che permettono di ottenere sconti presso le carrozzerie aderenti, mentre a giugno scorso abbiamo sottoposto una denuncia all’Agcm (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) riguardante due compagnie assicurative (Zurich e Vittoria), che avevano inserito nella loro polizza una clausola che obbligava l’assicurato a non cedere il credito al carrozziere, nel caso in cui non si fosse recato presso una carrozzeria convenzionata. La nostra denuncia insieme ad altre sigle impegnate nella tutela dei consumatori, ci ha permesso di fare qualcosa di concreto, per noi e per gli assicurati, quasi sempre ignari di questi metodi poco liberali.

Il Cnf contro il Governo

Il Consiglio Nazionale Forense si scaglia contro il Governo e la sua decisione di intervenire e porre alcune condizioni al Parlamento per quanto riguarda la riforma forense.

Il Cnf vede questa azione come una prevaricazione che arriva a ledere la riforma e l’avvocatura in toto, considerando questo intervento inaccettabile.

Questa, dunque, è stata la reazione dell’Avvocatura nei confronti della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei primi regolamenti del Governo relativi alle professioni.
La notizia che il Governo si sarebbe riservato di approvare la riforma, prendendosi altro tempo, non è piaciuta.

A tale proposito, Guido Alpa, presidente del Cnf, ha dichiarato: “Prendiamo atto di questa decisione, tuttavia le condizioni poste dal Governo appaiono non solo irrispettose dell’autonomia del Parlamento ma mettono anche a rischio alcune scelte normative irrinunciabili della riforma forense a tutela dei principi di autonomia e indipendenza di una professione che ha rilievo costituzionale. Siamo costretti a rilevare l’intollerabile deficit di democrazia, visto che in uno stato democratico non sono ammissibili limitazioni alla libertà dell’ azione del parlamento. Duole sottolineare che il comportamento del Governo, in quanto volto a escogitare espedienti per ritardare il compimento dell’iter della riforma smembrando il testo, è abnorme e fuori da ogni prassi costituzionale”.

E a queste parole è seguita la decisione di impugnare i regolamenti sulle professioni.

Vera MORETTI

Cna Abruzzo: “I Comuni devono tagliare le aliquote”

La Cna regionale dell’Abruzzo sostiene che, una volta che anche il Governo ha “certificato” il raggiungimento degli obiettivi fissati per l’incasso della prima rata dell’Imu, i Comuni non hanno più alibi: devono abbassare le aliquote a carico di famiglie e imprese che, nonostante le difficoltà del momento e gli irresponsabili appelli di taluni alla disobbedienza fiscale, hanno invece onorato i propri impegni e dato prova di grande senso di responsabilità. Secondo la Cna «le affermazioni del Governo relative all’esito della prima scadenza (fissata al 18 giugno scorso) per il versamento della prima rata dell’Imposta comunale sugli immobili, da parte di cittadini e imprese, hanno documentato esiti sorprendentemente positivi: ben 9,551 miliardi di gettito, una somma che secondo le previsioni entro la fine dell’anno raggiungeranno i 20,085 miliardi.

«Questi dati – prosegue la nota dell’associazione presieduta da Italo Lupo – dovrebbero ora indurre le amministrazioni comunali della nostra regione, molte delle quali ancora alle prese con la determinazione delle nuove aliquote (il limite massimo per assumere una decisione è fissato per la fine di settembre) a tenere l’imposta al limite più basso possibile, soprattutto per le imprese che utilizzano immobili in proprietà per le proprie attività». «D’altra parte – aggiunge la Cna – ai Comuni, che hanno incassato una quota parte del gettito di metà giugno, avevamo chiesto già nei mesi scorsi di garantire ai propri bilanci, attraverso l’Imu, le stesse somme incassate con la vecchia Ici. Nulla più». «In questa situazione – conclude la Cna – le amministrazioni locali devono preoccuparsi di tagliare le spese inutili, come le tante consulenze non sempre giustificate, evitando di fare cassa su imprese e cittadini, già sottoposti a una pressione fiscale insostenibile».

Da oggi pagano le imposte anche i sospesi “da intemperie”

Chi ha interrotto la propria attività per alluvioni e frane nel 2011 può pagare da oggi, con un limite massimo di 6 rate, le imposte congelate. Con l’ordinanza 5 luglio 2012, il Governo ha completato la procedura per la proroga degli adempimenti fiscali e dei versamenti di imposte e contributi previdenziali e assistenziali, iniziata con il decreto milleproroghe per il 2012 (Dl n. 216/2011, articolo 29, commi 15 e 15-bis). Il provvedimento si riferisce alle zone colpite dal maltempo nel 2011, a ottobre nelle province di La Spezia e Massa Carrara, a novembre in quelle di Genova, Livorno e Messina, a febbraio a Matera e a marzo nel territorio di Ginosa in provincia di Taranto.

La proroga al 16 luglio di quest’anno degli adempimenti tributari e dei versamenti di imposte e contributi previdenziali e assistenziali e relativi alle assicurazioni obbligatorie, riguarda un elenco di soggetti titolari di attività, allegato all’ordinanza. A seconda della data in cui si è verificata la calamità è diverso il periodo coperto dalla proroga, fermo restando il 30 giugno scorso come termine di scadenza dell’agevolazione. Per le province di La Spezia e Massa Carrara il differimento copre gli obblighi non ottemperati dal 1° ottobre 2011, per Genova e Livorno si parte dal 4 novembre, per la provincia di Messina dal 22 novembre e per quella di Matera dal 18 febbraio. Per quanto riguarda il comune di Ginosa, in provincia di Taranto, il rinvio si riferisce agli impegni maturati dal 1° marzo dell’anno scorso.

La proroga non si applica a versamenti e adempimenti da effettuare in qualità di sostituti d’imposta, ma solo dai soggetti comunicati dalle Regioni e limitatamente agli adempimenti relativi alle attività svolte. Tuttavia non scattano sanzioni e interessi per il mancato assolvimento degli obblighi tributari da parte dei sostituti d’imposta, a condizione di effettuare i versamenti a partire dal 16 luglio, in un massimo di 6 rate mensili. Gli importi sospesi fino al prossimo 16 luglio possono essere versati, a decorrere dalla stessa data, in un massimo di sei rate mensili di uguale importo.

Taglio tribunali, Cnf chiede una revisione ‘geografica’

Il Consiglio Nazionale Forense ha chiesto una sostanziale modifica del provvedimento varato dal Governo per la revisione della geografia giudiziaria che prevede la soppressione di 37 tribunali sub-provinciale, 38 procure e delle 220 sezioni distaccate. All’esito dei lavori del gruppo di lavoro Anci-Cnf, in attuazione del Protocollo d’intesa siglato il 10 maggio scorso, è emerso infatti che i criteri utilizzati dal Governo, tra cui quello della base provinciale, si riferiscono ad una vecchia organizzazione dello Stato, risalente alla geografia amministrativa dello Stato sabaudo preunitario del 1859, e chiedono che la nuova geografia degli uffici giudiziari sia aderente alla geografia delle nuove province e quindi degli altri uffici territoriali di governo sul territorio.

Per quanto riguarda gli oneri sostenuti dai Comuni per la giustizia, pari a 316,8 milioni di euro nel 2010, dal tavolo è stato proposto di mettere a disposizione propri esperti per raggiungere un obiettivo di risparmio pari al 10% della spesa corrente dei Tribunali, attraverso una programmazione delle spese e una loro diversa gestione con l’obiettivo di realizzare una riduzione dei costi per l’amministrazione pubblica di oltre 30 milioni di euro l’anno, ben superiore a quanto si otterrebbe con la soppressione dei tribunali sub-provinciali e delle sedi distaccate.

A seguito dell’analisi effettuata dal tavolo di lavoro, emerge come la proposta del governo comporta, con la soppressione dei 37 tribunali sub-provinciali, una minor spesa complessiva stimata in 15 milioni di euro. Deve però essere chiaro che si tratta solo di una “partita di giro” perché la soppressione dei 37 tribunali, ad esempio, non porta alla riduzione delle decine di migliaia di procedimenti civili e penali pendenti. In ogni caso, è facilmente prevedibile un aggravio di spesa per i Comuni presso i quali saranno accorpati i servizi giudiziari soppressi. In base a tali valutazioni, si avanza l’ipotesi che il provvedimento governativo non rispetti il principio dell’invarianza di spesa, creando oneri aggiuntivi di finanza pubblica per i quali non vi sarebbe la necessaria copertura.

Per quanto riguarda l’obiettivo di un recupero di efficienza del sistema giustizia che è alla base del provvedimento del Governo, il CNF sostiene che i tribunali sub-provinciali di cui si è proposta la soppressione rispondono agli standard europei di efficienza in merito alla durata del processo e alla capacità di smaltimento. Questo appare un dato oggettivo. Sul primo versante, infatti, assicurano la conclusione del processo civile di primo grado in tre anni; sul secondo, tenendo conto dei dati 2011 relativi a 29 dei 37 tribunali considerati, si rileva che i processi penali smaltiti superano di 12.370 quelli sopravvenuti; nel civile lo scostamento tra procedimenti sopravvenuti e quelli smaltiti è di 787, un numero limitato e dovuto ai vuoti nelle piante organiche.

 

Cnf contrario alla soppressione dei tribunali e delle procure sub provinciali

In relazione alla decisione presa venerdì scorso dal Governo di approvare lo schema di decreto delegato sulla soppressione di tribunali e procure sub provinciali nonostante la richiesta dell’avvocatura di applicare anche al comparto giustizia il meccanismo della spending review, il Consiglio nazionale forense non ha perso l’occasione per esprimere tutto il suo disappunto.

Un intervento di tale portata, che incide in un servizio essenziale per lo Stato come quello della Giustizia, avrebbe comportato una istruttoria ben più approfondita, verificando i costi standard di ogni sede giudiziaria, il fabbisogno standard e anche l’efficienza delle singole sedi giudiziarie in termini di sopravvenienze/capacità di smaltimento.  La stessa legge delega peraltro richiedeva di procedere con criteri di valutazione di efficienza e produttività che non appaiono essere stati applicati nella sua attuazione da parte del Governo.

Il Consiglio nazionale forense rileva come la proposta del ministero della giustizia sia stata fatta sulla base di criteri astratti, che non tengono conto delle singole realtà territoriali, omettendo di calcolare i costi che deriveranno dall’accorpamento delle sedi.  Le scelte finali, cadute su 37 tribunali e 38 procure, sembrano più frutto di scelte arbitrarie laddove vi sarebbe stato tutto il tempo di rivedere gli stessi criteri di delega. Il Cnf ha chiesto sin dall’agosto scorso di valutare con attenzione i reali costi e i reali benefici di una modifica pur opportuna della geografia giudiziaria; ha stipulato una convenzione con l’Associazione nazionale dei comuni italiani, ugualmente preoccupata per le modalità adottate dall’esecutivo.

I timori in questi mesi espressi dall’avvocatura circa gli effettivi risparmi sono oggi confermati e ancora non fugati: i risparmi che il Governo attesta derivanti dall’operazione (50 milioni) si confermano decisamente inferiori a quelli annunciati nel corso di questi mesi dallo stesso esecutivo (80 milioni) e ancora sovrastimati rispetto ai calcoli effettuati dallo stesso Cnf. Senza tener conto del fatto che saranno spalmati su un arco temporale molto lungo. La norma che prevede la sopravvenienza delle sedi logistiche dei tribunali sopprimendi per altri cinque anni, contenuta nelle bozze finora diramate, non fa che confermare, se non il risultato grottesco, quanto meno la gran confusione con la quale si è proceduto. Quelle sedi continueranno a produrre costi, così come produrranno costi le operazioni di accorpamento e di trasferimento di personale e attività, che non risulta il Governo abbia calcolato.