Proroga stralcio cartelle esattoriali, presentato l’emendamento

La legge di bilancio 2023 ha previsto lo stralcio delle cartelle esattoriali affidate all’agente per la riscossione fino al 31 dicembre 2015 e di importo fino a 1.000 euro. Purtroppo però rispetto alle previsioni iniziali si sono dilungati i tempi. Ora con un emendamento al decreto Milleproroghe è stata proposta un’ulteriore proroga dei termini. Ecco cosa sta succedendo.

Stralcio cartelle esattoriali: il Governo chiede la proroga dei termini

Lo stralcio delle cartelle esattoriali di importo fino a 1.000 euro affidate all’agente di riscossione nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2015 previsto nella legge di bilancio 2023, inizialmente doveva essere vigente dal 1° gennaio 2023. Questo implicava che i contribuenti, andando a controllare la propria posizione fiscale nella pagina personale del sito dell’Agenzia delle Entrate- Fisconline, non avrebbero più trovato le relative cartelle esattoriali pendenti. Questo perché è prevista la cancellazione automatica, senza bisogno di presentare domanda.

In seguito alle rimostranze da parte dei comuni, si è deciso di concedere a tali enti la possibilità di deliberare se aderire o meno allo stralcio per le cartelle di loro competenza. Tale scelta doveva essere comunicata dai comuni entro il 31 gennaio 2023. Naturalmente la necessità di dare maggiore tempo ai comuni ha portato il termine a slittare, lo stesso è stato spostato dal 1° gennaio 2023 al 31 marzo 2023.

Questo termine potrebbe però ulteriormente essere prorogato, ecco perché.

Il Governo concede più tempo ai comuni per aderire alla proroga stralcio cartelle esattoriali

Il Governo ha presentato un emendamento al decreto Milleproroghe, ora in conversione, che prevede la riscrittura del calendario dello stralcio automatico delle cartelle esattoriali.

I termini spostati in avanti sarebbero 2:

  • il termine del 31 gennaio 2023 entro il quale i comuni dovevano decidere se aderire o meno allo stralcio automatico delle cartelle esattoriali fino a 1.000 euro dovrebbe essere prorogato al 31 marzo 2023, quindi i comuni che ancora non hanno scelto potranno farlo;
  • il secondo termine che slitta è quello della cancellazione automatica delle cartelle esattoriali che passa dal 31 marzo 2023 al 30 aprile 2023.

La Commissione Affari Costituzionali e Bilancio dovrebbe decidere in breve tempo se approvare o meno l’emendamento, ma essendo governativo la probabilità di un esito positivo è alta.

Entro il 27 febbraio è comunque necessario procedere alla conversione del decreto Milleproroghe e sarà quello il momento in cui si saprà se lo stralcio delle cartelle esattoriali fino a 1.000 euro sarà o meno prorogato. Sicuramente una proroga sarà fastidiosa per i contribuenti che devono attendere un ulteriore mese per vedere cadere i propri debiti fiscali, ma sarà molto positiva per tutti gli abitanti dei Comuni che ancora non hanno deciso cosa fare.

Ricordiamo che se anche gli enti diversi dalle Amministrazioni Statali, dalle Agenzie Fiscali e dagli enti pubblici previdenziali non dovessero aderire, sarebbero comunque cancellati interessi e sanzioni maturate sulle cartelle esattoriali, mentre restano a carico del contribuente le somme iscritte a ruolo in conto:

  • capitale;
  • rimborso per le spese esecutive;
  • diritti di notifica.

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Pensione Opzione donna: cambia ancora con un emendamento del Governo

La parola d’ordine è far quadrare i conti ed è proprio per questo che lo stesso Governo (attraverso i partiti) si appresta a presentare un emendamento volto a dare un nuovo volto  alla pensione Opzione donna. Ecco cosa potrebbe cambiare ancora.

Cosa prevede la legge di bilancio 2023 per Opzione donna?

Nella versione entrata nella legge di bilancio 2023 la pensione Opzione donna va incontro a due limiti, in primo luogo è diretta solo ad alcune categorie di lavoratrici: disoccupate, care giver e disabili, dall’altro lato invece prevede che il requisito anagrafico sia correlato al numero dei figli. Proprio questa seconda parte della norma ha sollevato critiche e dubbi sulla costituzionalità. Resta però il nodo delle coperture che non consente di ritornare a Opzione donna nella versione iniziale. La prima soluzione ipotizzata per superare questo scoglio è stata ritornare ai requisiti iniziali, ma solo per 6-8 mesi.

Ne abbiamo parlato nell’articolo: Pensioni: opzione donna 2023 potrebbe ritornare alla versione originale

L’ultima versione di Opzione donne per il 2023

Evidentemente però anche l’ultima formulazione non convince e così si ritorna a una via di mezzo tra le due versioni. Nel nuovo emendamento allo studio del Governo si prevede che la pensione Opzione donna per il 2023 resti ancorata ai requisiti inizialmente previsti nella legge di bilancio. Sarà quindi rivolta a:

  • care giver che si occupano da almeno 6 mesi di fornire assistenza al coniuge o a un parente convivente di primo grado con handicap grave ai sensi della legge 104 del 1992 articolo 3 comma 3, oppure un parente o affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge di quest’ultimo siano impossibilitati ad occuparsene, ad esempio perché a loro volta invalidi o deceduti;
  • donne con un’invalidità riconosciuta almeno del 74%;
  • lavoratrici licenziate o dipendenti di un’impresa che abbia avviato un tavolo di confronto aperto per la gestione della crisi aziendale.

Cambia però il requisito anagrafico che per tutte sarà a 60 anni di età senza differenza alcuna basata sul numero dei figli.

Restano invece immutate le norme relative alle altre forme pensionistiche e cioè Ape Sociale e Quota 103.

Per conoscere tutte le opportunitàper il pensionamento leggi l’articolo: Come andare in pensione nel 2023? Ecco le opzioni

Tassazione e sgravi: alcuni effetti fiscali della legge di stabilità 2015

La legge di stabilità 2015, approvata due giorni prima di Natale, ha portato alcuni “regali” dal punto di vista della tassazione.

Innanzitutto aumenta la tassazione sulla previdenza in generale: sui rendimenti dei fondi pensione, che passa dal 11,50% al 20%, sulla rivalutazione del TFR, dal 11% al 17%, sui rendimenti finanziari delle casse di Previdenza, dal 20% al 26%, sulle polizze vita che passano da 0% a 26%.

Secondo molte sentenze dei tribunali italiani e della Corte di Cassazione, le polizze vita sono strumenti assimilabili ai prodotti previdenziali quando hanno due caratteristiche: sono collegati ad un evento inerente la vita umana e prevedono un premio di maggiorazione per decesso all’età dell’assicurato. In pratica assumono la funzione di integrazione del reddito dei superstiti, beneficiari della polizza.

La tassazione dei rendimenti di tali polizze era pari a zero, nei confronti dei beneficiari, mentre con la nuova legge sono ora tassati ordinariamente al 26% con in più un effetto retroattivo ai rendimenti del 2014.

Rimangono, per il momento, escluse dall’asse ereditario e quindi esenti da imposte di successione o donazione, ma non credo che questo vantaggio rimanga ancora per molto tempo, considerando la media europea in tema di imposte di successione molto più elevata rispetto all’Italia e l’assenza o la scarsa presenza in Europa di esclusioni e franchigie. Ricordo che da noi la franchigia è di 1 milione di euro per erede.

Anche l’aumento della tassazione sui fondi pensione li rende meno appetibili e convenienti per i pensionandi. Considerando anche la scarsa trasparenza sulle gestioni dei medesimi e i rendimenti non esattamente brillanti, viene da pensare se esistono alternative per costruire un reddito supplementare da utilizzare al momento della pensione.

Stesso discorso vale per il TFR: aumentata la tassazione sulla rivalutazione, investire il proprio TFR in strumenti a carattere previdenziale, rimane un investimento utile ad integrare la pensione? Con la nuova legge viene data la possibilità ai lavoratori del settore privato (escluso quello agricolo e domestico) di incassare quanto versato e inoltre di ricevere in busta paga l’importo che l’azienda dovrebbe accantonare. Se queste somme venissero impiegate cum grano salis ed investite correttamente, potrebbero generare risultati integrativi della pensione molto più soddisfacenti rispetto ai tradizionali strumenti previdenziali, seppur appesantite dalla tassazione che in questo caso diverrebbe ordinaria e non più agevolata (ma sempre meno).

Lo Stato sicuramente ci guadagna, perché la tassazione è più elevata, ma forse anche il lavoratore può trarne dei vantaggi, se non fiscali, almeno per quanto riguarda libertà di utilizzo di quanto versato e rendimenti generati nel tempo. Chi aderisce alla previdenza complementare o versa il TFR alla medesima, è vincolato alle regole in materia pensionistica; difficoltà ad ottenere quanto versato se non per casi eccezionali, conversione in rendita almeno del 50% del versato (non viene restituito tutto il capitale a scadenza), e tabelle di conversione in rendita applicate dalle compagnie assicuratrici o dai fondi pensione, che pareggiano la rendita annuale con quanto versato mediamente dopo 18 anni (65+18=83 anni). Se il pensionato vive oltre, inizia a guadagnare qualcosa. Altrimenti, ci guadagna la compagnia o il fondo.

Una buona notizia: è invece aumentato a 30.000,00 euro l’importo massimo per la deducibilità ai fini IRES delle erogazioni liberali in denaro (effettuate in maniera tracciabile) in favore delle Organizzazioni No Profit di Utilità Sociale, aumentando al 26% la percentuale di detraibilità ai fini IRPEF.

Ma c’è il rovescio della medaglia, che è la nuova tassazione degli enti non commerciali, di cui fanno parte appunto gli enti No Profit, le fondazioni, le organizzazioni di volontariato e i trust. In precedenza questi enti avevano una esenzione di imposta del 95%, pagavano quindi le imposte solo sul 5% degli utili distribuiti. Ora invece l’esenzione è ridotta al 22,76% e pagheranno quindi sul 77,24% degli utili. Retroattiva anche questa, a partire dal primo gennaio 2014. In pratica, se prima pagavano 27,5%*5%=1, 375%, ora pagano 27,5%*77,24%= 21,24%, che significa un aumento di oltre 15 volte l’imposta.

Inoltre, se gli enti hanno dei beneficiari individuati, l’aliquota sarà quella marginale e quindi mediamente 43% invece del 27,5%, con un ulteriore inasprimento per il contribuente.

La ragione del provvedimento è stata motivata con l’equiparazione tra tassazione degli enti non commerciali e quella delle persone fisiche, che appunto pagano mediamente il 43% di aliquota. Però non si comprende la ratio, perché le persone fisiche possono utilizzare gli utili e i dividendi per le finalità che ritengono opportune, mentre gli enti no profit devono reinvestire gli utili per i fini istituzionali e non possono utilizzarli diversamente. Di fatto gli enti No Profit reinvestono gli utili in favore dei propri assistiti o dei beneficiari dell’ente, rimettendo in circolo il risultato generato. Quindi perché equipararli alle persone fisiche?

La retroattività invece non si applica allo sconto sull’Irap di imprese e professionisti, che decorre dal 2015. Potrà essere scalato interamente il costo dei soli lavoratori a tempo indeterminato, esclusi quindi collaboratori a progetto, collaboratori e tutti i lavoratori assunti con contratti a tempo determinato. Sono esclusi gli enti non commerciali.

Ma si tornano però ad applicare le aliquote IRAP del 2013, più elevate rispetto al 2014, aumentando nuovamente dal 3,5% al 3,9% l’aliquota base, questa con effetto retroattivo al 2014. Viene annullato quindi il beneficio concesso lo scorso anno, che non entra in vigore. Chi ha già anticipato, dovrà integrare sulla base della nuova aliquota. Abbiamo scherzato, insomma!

Sempre il bastone e la carota, non c’è verso di cambiare. Se c’è una agevolazione da un lato, subito spunta un aumento dall’altro. Ci sarà un credito di imposta in compensazione, aumentato al 10% dell’imposta lorda, per chi non ha dipendenti; è stato introdotto per bilanciare lo svantaggio di non poter utilizzare il taglio IRAP per i dipendenti per chi non ne ha.

Il bonus IRPEF di 80 euro in busta paga diventa, da credito d’imposta precedente, una detrazione per l’azienda e diventa strutturale, non più provvisorio.

E’ ovvio che più dipendenti, assunti a tempo indeterminato, ha un’azienda, maggiore sarà il vantaggio fiscale, che però, decorrendo dal 2015, diventerà effettivo solo a partire dai versamenti del 2016. Quindi tocca tirare la cinghia anche per il 2015!

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Lettera di INT al Governo sullo Statuto dei diritti del contribuente

Riccardo Alemanno, presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, ha scritto, indirizzandosi ai più autorevoli membri del Governo, tra i quali il Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi, il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, i Presidenti di Camera e Senato, i Presidenti delle Commissioni parlamentari Affari costituzionali e Finanze una sua missiva spiegando la necessità di elevare a rango costituzionale la Legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente).
 
In questa comunicazione, che Alemanno ha inviato in rappresentanza dell’intero Istituto, si legge, tra le altre cose: “la necessità di intervenire legislativamente sulla Legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) per l‘innalzamento della stessa a norma di rango costituzionale. La suddetta Legge, salutata alla Sua promulgazione come la necessaria norma a tutela del cittadino-contribuente, è stata in varie occasioni non considerata ed i suoi principi derogati con buona pace dei diritti dei contribuenti italiani. In questo momento storico, di grande importanza per il Paese, in cui si affrontano profonde riforme, dalla Pubblica Amministrazione al Sistema Fiscale, lo Statuto dei diritti del contribuente non può rimanere solo una enunciazione di principi, ma deve essere un fermo ed imprescindibile punto di riferimento per il Legislatore nell‘interesse e nel rispetto dei contribuenti, degli operatori del settore tributario e della certezza normativa di cui il Paese ha necessità“.

Il presidente di INT ha anche voluto spiegare la sua iniziativa: “Abbiamo individuato l’elevazione a rango costituzionale della Legge 212/2000 come assolutamente necessaria quale fondamentale atto nell’ambito delle riforme che Governo e Parlamento hanno annunciato. I diritti del contribuente devono essere imprescindibili e non derogabili, ad esempio molte delle complicazioni  derivanti dalla retroattività delle norme tributarie sarebbero superate se  il divieto di retroattività, indicato nello Statuto del contribuente, non fosse puntualmente derogato. Più volte da varie organizzazioni è stata presentata questa richiesta, ricordo che nel 2010 il Consiglio nazionale dottori commercialisti ed esperti contabili aveva perorato questa causa, con l’allora Presidente Claudio Siciliotti avevo avuto uno scambio epistolare sulla problematica in cui evidenziando che, al di là delle contrapposizioni, esistevano e ribadisco esistono tematiche su cui si possono, anzi si devono avere posizioni concordanti. Sono passati quattro anni e nulla è cambiato, ma oggi alla luce delle riforme annunciate, questo passaggio è fondamentale se veramente, come credo e spero, la politica vuole voltare pagina e le istituzioni di Governo e Parlamento hanno quale interesse primario il bene del Paese e dei cittadini-contribuenti. Mi auguro che questo nostro appello sia fatto proprio da altre organizzazioni di rappresentanza di professionisti, ma anche da quelle delle imprese e dei consumatori, nonché dai media, perché questa è una richiesta di equità e di giustizia di tutti e per tutti e nell’interesse dell’ intero Paese“.

L’ INT proseguirà in questo progetto, cercando di coinvolgere la maggior parte dei parlamentari, ma rivolgendosi anche alle istituzioni, senza dimenticare il web e i social network.

Vera MORETTI

Il Governo al lavoro per scongiurare Imu e Iva

Mese di luglio particolarmente “caldo” per il Governo: in queste settimane, infatti, il Consiglio dei Ministri dovrà prendere importanti provvedimenti e scongiurare l’aumento dell’Iva e il pagamento dell’Imu, entrambi previsti per l’autunno.

Per non regalare ai cittadini un rientro amaro dalle vacanze estive, dunque, si cercano risorse da ogni dove, ma per ora niente è stato escluso e niente è stato deciso.
A confermare ciò è anche il vice ministro all’Economia, Luigi Casero: “Stiamo ancora lavorando a un paniere da definire, cerchiamo una soluzione condivisa”, aggiungendo anche, tra le priorità, il cuneo fiscale e la detassazione del lavoro.

Ma se per l’Imu si brancola nel buio, sembra che si profili una luce in fondo al tunnel per la questione, delicatissima, dell’Iva: dopo le contestazioni sulla copertura prevista per lo slittamento dell’aumento a ottobre, realizzate con l’aumento dell’acconto Irpef, il Tesoro avrebbe già predisposto un paniere alternativo.
C’è chi già storce il naso e si aspetta, al posto dell’aumento dell’aliquota, una nuova tassa che possa, in egual misura, “far cassa” ma, al contrario, si starebbe invece lavorando per un taglio netto alle spese, che non riguarderanno, come promesso da Enrico Letta, né scuola né sociale.

Si lavora alacremente per presentare in Parlamento una proposta concreta, che possa piacere anche alla Commissione UE, la quale attende l’Italia al varco: se non saranno convincenti, gli interventi su Imu e Iva potrebbero costare una revisione delle previsioni economiche e portare fuori target il deficit che per il 2013 è al 2,9%, cioè pericolosamente vicino al tetto del 3%.

Il prossimo appuntamento con la Commissione Ue è a ottobre, quando il governo dovrà presentare la bozza di finanziaria 2014, che potrebbe contenere gli altri interventi considerati prioritari per il governo e le parti sociali, come il taglio del cuneo fiscale sul lavoro.

Vera MORETTI

Rete Imprese Italia dice : Adesso tocca a voi!

Rete Imprese Italia lancia un appello per sensibilizzare amministratori ed imprenditori circa il problema della crisi economica, che di fatto non permette al nostro Paese di crescere.
I numeri parlano chiaro, poiché in questo 2013 in corso il Pil è sceso di 26,6 miliardi, con un calo dei consumi di 22,8 miliardi e 249mila attività commerciali ed artigianali che sono state costrette a chiudere i battenti.

Gli interventi che RTI propone per uscire da questa imbarazzante empasse riguardano quattro aree ugualmente prioritarie: fisco, semplificazione, credito alle imprese, sviluppo delle imprese attraverso il sostegno del mercato del lavoro.

La recessione in corso ha ridotto allo stremo le imprese del terziario di mercato, ma anche quelle dedite all’artigianato e all’impresa diffusa, schiacciate da una pressione fiscale che sta raggiungendo livelli stellari, oltre che da un crollo notevole dei consumi e, ovviamente, di un sempre più difficile ed utopico accesso al credito e dei crediti nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni.

Per denunciare tutte queste criticità, Rete Imprese Italia presenterà, per il 9 maggio prossimo, durante l’Assemblea 2013, il Manifesto “Adesso tocca a voi!”.
Si tratta di un vero e proprio appello rivolto al Governo, al Parlamento e alla politica affinché agiscano immediatamente con misure concrete a sostegno della crescita e dell’economia reale, aperto alla sottoscrizione degli amministratori e degli imprenditori su tutto il territorio nazionale.
I risultati dell’Iniziativa e della raccolta firme verranno presentati il giorno dell’Assemblea.

Nel Manifesto si legge: “La crisi sta cancellando la parte più vitale del nostro sistema produttivo. Nel 2013, 26,6 miliardi in meno di Pil, 22,8 miliardi in meno di consumi, 249 mila chiusure delle attività commerciali e dell’artigianato. Le nostre imprese hanno fatto tutto il possibile: adesso tocca a voi!

Vera MORETTI

Debiti Pubblica Amministrazione: Il Governo non comprende


Dopo aver visto l’ultimo via libera del CDM e aver confermato il provvedimento, possiamo confermare che il Governo dimostra ancora una volta di non aver compreso il sistema delle imprese del terziario di mercato, dell’artigianato e dell’impresa diffusa ormai al collasso.
Da tantissimi mesi si va avanti a parlare di indicazioni per rispondere alle esigenze delle imprese. La delusione vien confermata da parte del Presidente di Rete Imprese Italia, dopo il via libera del CDm su debiti.
A quanto sappiamo il provvedimento non produrrà alcun effetto se non arriveranno gli interventi da parte del Parlamento. In questo modo le imprese si vedranno costrette a dover affrontare gli stessi problemi di qualche mese fa.
E’ grave che il governo non calcoli la sofferenza delle imprese, ormai schiacciate dai consumi in caduta libera e dalla pressione fiscale da record mondiale. In sostanza il meccanismo proposto non permetterà alle aziende di recuperare i crediti.
Ancora una volta le associazioni del settore, fanno appello al Parlamento per rendere il provvedimento interessante e pronto a rispondere alle esigenze delle Pmi.

Lettera di INT ai presidenti di Camera e Senato

A seguito dell’elezione dei Presidenti di Camera e Senato, rispettivamente Laura Boldrini e Pietro Grasso, il presidente di INT, Riccardo Alemanno, ha voluto inviare loro una lettera di felicitazioni per il nuovo incarico e di auguri per un buon lavoro.

Il presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi ha voluto anche indicare ai neo eletti le priorità che potrebbero garantire all’Italia una ripresa: tra queste, ovviamente c’è la necessità di avere Governo e Parlamento operativi.
Al fine di lavorare per il bene del Paese, Alemanno ha inoltre confermato la completa disponibilità, da parte di INT, di collaborare con le Istituzioni, tenendo sempre presente l’interesse generale rispetto a quello di parte.

Ecco le parole di Riccardo Alemanno: “dare al nostro Paese le Istituzioni di Governo di cui necessita e mettere in condizioni il Parlamento di operare per il bene dei cittadini italiani, perché ce n’è un gran bisogno. Da parte mia e dei tributaristi che mi pregio rappresentare, l’impegno ad operare in collaborazione con le Istituzioni, anteponendo sempre all’interesse di parte quello generale, perché in questi anni troppe volte l’interesse di pochi è stato anteposto all’interesse dei cittadini”.

Vera MORETTI

I punti cruciali che Federarchitetti vuole sottoporre al Governo

Federarchitetti, commentando i risultati delle elezioni politiche, ha voluto porre l’attenzione sulla questione delle libere professioni, poiché sembra che nessuna forza politica abbia mostrato interesse per la questione.
Questo pensiero è comune alle maggiori categorie di professionisti, quali ingegneri, geometri e periti, riuniti in Confedertecnica.

Per risvegliare l’interesse, Federarchitetti ha voluto redigere una sorta di lista delle priorità che il futuro Governo, qualunque esso sia, dovrebbe prendere seriamente in considerazione.

Vediamo nel dettaglio ogni punto:
STOP al doppio lavoro dei tecnici pubblici dipendenti e alle indennità incentivanti:
Definizione dei limiti di ingresso, nel mercato del lavoro autonomo, dei pubblici dipendenti, operativi con il supporto dei fondi pubblici diversamente destinati, con alterazione dei principi di libera concorrenza a parità di condizioni; abolizione del D.M. 14/06/2011 n.170, determinante l’indennità del 2% ai tecnici dipendenti della P.A. affidatari di incarichi professionali.

NO al doppio lavoro per qualsiasi tipo di docenti universitari e NO alla loro partecipazione a qualsiasi titolo nelle società professionali e di ingegneria:
Introduzione modalità trasparenti nella composizione delle società professionali e di ingegneria, in merito alla partecipazione di soci docenti universitari, per alterazione dei principi di libera concorrenza e della parità di condizioni.

Affidamenti professionali e incarichi aperti:
Maggiore apertura nell’accesso agli affidamenti professionali e ampia trasparenza delle procedure non condizionate da vincoli decisionali subordinati a risorse economiche, o strutturali, o altro.

Definizione parametri onorario e definizione delle soglie minime di anomalia:
Parametri per il calcolo degli onorari e/o della determinazione del prezzo a base di gara, con libere valutazioni soggettive ed oggettive delle tariffe professionali e introduzione di parametri legati al costo del lavoro dei professionisti per l’individuazione delle soglie minime dell’onorario.

Valutazione di congruità degli onorari trasferita alle Associazioni Sindacali dei professionisti:
La competenza nella valutazione dei livelli di onorari chiaramente trasferite alle OO.SS. delle libere professioni.

Trasferimento responsabilità ministeriali per lo sviluppo delle libere professioni tecniche:
Attività libero professionale tecnica trasferita alle competenze dei Ministeri del Lavoro e delle Attività produttive.

Procedure di affidamento snelle e trasparenza nella partecipazione:
Nuova procedura che riequilibri l’attuale potere unilaterale del RUP, applicata oltre che per la valutazione dei compensi, anche nel ricorso alle procedure di affidamento favorendo un’ampia partecipazione del mondo professionale. Attenuazione delle richieste di requisiti economici e ampliamento dei limiti temporali di riferimento all’attività professionale.

Nuovo ruolo propositivo degli Ordini professionali tecnici:
Albi professionali che definiscano separatamente tutti i soggetti esercenti libera attività professionale, singoli o associati, e tutti i dipendenti sia pubblici che privati.
Ruolo degli Ordini di supporto all’attuazione delle procedure legislative anche internazionali, onde consentire ad un alto numero di professionisti di operare in un mercato globale.
Contrazione del numero degli Ordini, uno per Regione, per potenziarne le suddette funzioni e trasferimento dei costi delle allo Stato, diversamente dalle attuali funzioni di controllo sui professionisti finanziata dai medesimi.

Incentivi alle aggregazioni interprofessionali:
Nuova definizione dei campi di competenza delle professioni tecniche ed introduzione delle responsabilità professionali individuali nel contesto delle diverse prestazioni di un’opera, per consentire una crescita esponenziale delle opportunità di lavoro e del potenziamento degli studi professionali. Ogni valutazione del livello di preparazione è da attribuire al libero giudizio.

La Formazione “continua” dei liberi professionisti, deve avere come riferimento un libero mercato che ne individua e valuta le capacità di aggiornamento ed affidabilità idonee all’espletamento dei servizi:
Ogni criterio, di valutazione della stessa, deve poter fare riferimento alle attività professionali effettivamente svolte e alle più ampie attività culturali. Forme di formazione complementare, di aggiornamento e/o integrativa, deve essere certificata con il controllo delle strutture di rappresentanza sindacale dei liberi professionisti a livello nazionale, che ne valutano la efficacia rispetto alla domanda, escludendo quindi una competenza esclusiva degli Ordini, come rilevato anche dal Consiglio di Stato e sancito dalla Comunità Europea.
Riconoscimento tempestivo degli onorari derivanti da lavoro autonomo.

Nell’ambito dei servizi professionali, è necessario il soddisfacimento immediato dei crediti, anche se ricadenti nel patto di stabilità, ove il mancato riscontro della P.A. ai diritti dei liberi professionisti, determina l’effetto di falcidiare le strutture professionali:
Effetti positivi deriverebbero dalla introduzione di misure di credito a supporto dell’affidamento dei servizi ove acquisiti, oltre alla semplificazione delle procedure ed assunzione di responsabilità della P. Amministrazione nella effettiva attivazione degli Sportelli Unici.
Necessità di certezze nelle norme di regolazione degli interventi.

Obbligo di approvazione dei Piani Urbanistici entro termini perentori ed interventi sostitutivi automatici, onde consentire il controllo del territorio e la definizione delle linee organiche di sviluppo, con priorità al recupero, alla manutenzione, alla definizione delle destinazioni d’uso e/o alienazione dell’edilizia civile non significativa.

Vera MORETTI

Carlo Sangalli chiede responsabilità alle forze politiche

L’esito delle elezioni ha lasciato sorpresi gli esponenti di tutte le categorie di professionisti, i quali si sono dichiarati preoccupati circa la governabilità del Paese, vista la mancanza della maggioranza al Senato e risicata alla Camera.

Tra coloro che si sono pronunciati, c’è anche Carlo Sangalli, presidente di Rete Imprese Italia, il quale ha voluto ricordare alle forze politiche che, ora, è assolutamente necessario trovare un accordo, per poter uscire da una situazione critica che ha messo in ginocchio l’economia italiana.

E’ una situazione che richiede uno straordinario senso di responsabilità da parte di tutte le forze politiche che rappresentano la nuova classe dirigente del paese per assicurare la governabilità indispensabile in una fase economica ancora molto difficile e delicata.
Il paese non può permettersi mesi di impasse, continui rinvii e sterili contrapposizioni perché il sistema delle piccole e medie imprese del terziario di mercato e dell’artigianato è stato duramente colpito dalla recessione e non è più in grado di resistere al perdurare della crisi.
Bisogna, dunque, intervenire con realismo ed efficacia sui problemi veri delle imprese utilizzando anche il contributo di proposte che Rete Imprese Italia ha dato alle forze politiche durante la campagna elettorale
”.

Sangalli ha dunque espresso quello che sicuramente è un comune pensiero: le forze politiche dovrebbero mettere da parte interessi propri e antichi rancori per traghettare l’Italia verso la fine di un tunnel che, ormai, sembra davvero infinito.

Vera MORETTI