Gli architetti italiani scrivono a Delrio

Non ha nemmeno fatto in tempo a mettere piede nel proprio nuovo ufficio di Piazza di Porta Pia, che il neo ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio si è già visto subissato di richieste e desiderata da ogni associazione d’impresa e professionale. Non ultimi gli architetti italiani i quali, per bocca del presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Leopoldo Freyrie, hanno messo nero su bianco quelle che considerano le priorità del nuovo mandato ministeriale.

Mettere in atto senza indugi politiche per la rigenerazione urbana sostenibile, ‘riuso’, coordinate attraverso l’istituzione di una apposita Agenzia nazionale, come già esiste all’estero, ad esempio in Francia, che possa intervenire con denari pubblici per aiutare i processi di rigenerazione di Comuni e Regioni attraendo il capitale privato; adottare, dopo aver posto fine alla bulimia burocratica, il Regolamento edilizio unico che sia anch’esso finalizzato al riuso; dare vita alla tanto attesa Legge urbanistica; accelerare il varo del nuovo Codice degli Appalti”. Mica robetta quella messa sul piatto dagli architetti italiani.

Secondo Freyrie, “il ‘riuso’ non è solo il primo obiettivo dei progettisti italiani ma è, soprattutto, un grande progetto d’investimento di idee e di denaro sulle città che può fare da volano per la ripresa del settore dell’edilizia, così duramente colpito dalla crisi. Ed è proprio la risposta alla crisi che gli italiani aspettano, per rimettere a posto gli 8 milioni di edifici che si avviano a fine vita, per risparmiare 25 miliardi all’anno di energia sprecata, per mettere le case in sicurezza da sismi e inondazioni. Lo è anche per realizzare spazi pubblici che ridiano il senso delle comunità, per creare le condizioni perché fioriscano idee, innovazione e impresa, per rilanciare il settore delle costruzioni ed agganciare, quindi, la ripresa”.

Per il numero uno degli architetti italianiservono coraggio e lungimiranza – e magari anche qualche non indispensabile infrastruttura in meno – per realizzare una rivoluzione copernicana nella politica economica del nostro Paese che punti a ricollocare le città italiane al centro della crescita, rigeneri i quartieri abitati, migliori l’habitat; che ridia centralità alla progettazione, unica garanzia di una architettura di qualità e vera e propria arma contro il malaffare, la mafia, la cattiva sorte delle opere pubbliche”.

Catania riparte dall’hi-tech

E’ stata consegnata a Graziano Delrio, sottosegretario alla presidenza del consiglio, in occasione dell’anniversario della strage di Capaci, una proposta articolata che riguarda l’utilizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata per rilanciare l’innovazione e l’occupazione dei giovani, attraverso la creazione di un fondo di investimento per le imprese innovative del Mezzogiorno.

La presentazione è avvenuta a Catania in concomitanza con l’apertura dello Startup Weekend nel rinnovato e ampliato spazio dell’acceleratore Working Capital di Telecom Italia, la più grande struttura del Meridione votata all’innovazione, con oltre 1000 metri quadri a disposizione delle giovani startup.

A consegnare questa iniziativa a Delrio è stato Salvo Mizzi, responsabile Digital Markets e founder del programma Working Capital e deriva da un‘idea che nasce da una riflessione comune fatta con Libera e con Umberto di Maggio, e con altre persone che hanno sottoscritto e rilanciato questa ipotesi, tra cui alcuni deputati come Paolo Coppola, Stefano Quintarelli, Francesca Bonomo.

Mizzi ha spiegato il progetto così: “La nostra idea è molto semplice e nasce dall’esigenza di trovare le risorse per finanziare l’innovazione. Oggi è l’anniversario della strage di Capaci e crediamo che non basti solo ricordare ma bisogna in qualche modo cercare di fare, anche in modo diverso da quanto facciamo nel quotidiano“.

Inoltre, Mizzi sostiene che, per recuperare il gap che ci distanzia da Francia, Inghilterra o Germania, occorre 1 miliardo di euro, da recuperare, appunto, dai beni confiscati alla mafia: “Ci sono 30 miliardi di euro di beni confiscati alla mafia, di cui 3 miliardi di pura liquidità, che sono amministrati in modo sicuramente corretto ma poco efficace“.

La proposta è stata suddivisa in tre punti: “Primo, creare immediatamente il fondo di innovazione da 1 miliardo di euro destinato a riportare l’Italia al livello dei paesi guida dell’Europa; secondo, spostare la gestione degli immobili su un quadro nazionale e destinarne una quota parte di almeno un terzo alla creazione di spazi di co-working, spazi per imprese, unità produttive, fablab e quant’altro a costo zero o estremamente basso; terzo, spostare competenza e regia di queste risorse alla presidenza del consiglio in modo che il tutto sia gestito in un’ottica di legalità, di sviluppo economico e di spingere l’occupazione giovanile. Pensiamo che tutto ciò si possa fare. Basta avere visione politica, capacità decisionale e una certa dose di determinazione“.

Vera MORETTI

Pagamento automatico dei debiti per le imprese

Per ora si tratta di parole, pronunciate da Graziano Delrio, ma se dovessero essere attuate, si assisterebbe ad una svolta epocale per le imprese.

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, infatti, ha affermato che l’esecutivo, oltre a sbloccare ulteriori 13 miliardi di crediti vantati dalle aziende nei confronti dello Stato, prevede l’introduzione di un sistema che consenta il pagamento automatico dei soldi dovuti dalle amministrazioni pubbliche ai fornitori.

Questo sistema garantirebbe il pagamento entro 60 giorni, come disposto dalla legge comunitaria, nei confronti della quale l’Italia rischia una serie di sanzioni in arrivo da Bruxelles, poiché il nostro Paese è il peggior pagatore dell’Ue.

E le banche? Secondo Delrio non hanno di che lamentarsi poiché “dispongono delle risorse per continuare a erogare tranquillamente credito a imprese e famiglie e, casomai, sarebbe opportuno domandarsi perché, in questi anni, in cui hanno ottenuto dalla Bce enorme liquidità, l’abbiano fatto con il contagocce“.

Vera MORETTI

INT scrive a Renzi e Delrio

Prontamente, con la formazione del nuovo Governo, INT non ha fatto mancare gli auguri di un buon lavoro, senza però dimenticare di citare alcuni provvedimenti necessari.

Riccardo Alemanno, presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, ha dunque inviato una lettera sia al neo presidente del consiglio Matteo Renzi, sia al suo sottosegretario Graziano Delrio, facendo accenno alla semplificazione e all’equità, per le quali occorrono riforme decise.

Alemanno offre la sua piena collaborazione e si rivolge direttamente al premier: “Nella veste di Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi ed anche in quella di Vice Presidente vicario di Confassociazioni ho il dovere di interloquire con le Istituzioni governative e parlamentari, anche perché sono convinto che solo attraverso il confronto e la collaborazione si possano raggiungere gli obiettivi irrinunciabili e non più rinviabili per il Paese come semplificazione, riduzione della pressione fiscale e riforme. Certamente la strada del dialogo e del confronto è più impegnativa e difficile, rispetto a quella della critica e della polemica, ma essere professionisti significa anche sapere perseverare nel contribuire a migliorare il sistema Paese, anche se spesso si è presi dallo sconforto di dovere ogni volta ricominciare da capo. Mi auguro che il repentino cambio di Esecutivo costituisca la svolta concreta che ormai da troppo tempo i cittadini italiani attendono, noi siamo sempre pronti a fare la nostra parte, senza chiedere riconoscimenti, senza mettere sul piatto contropartite, ma solo ed esclusivamente nell’interesse della collettività“.

Il primo passo è stato fatto, ma dall’Istituto Nazionale Tributaristi presto partiranno lettere anche ai singoli ministri, a dimostrazione di un impegno a tutto campo da parte dell’Istituto ma anche del rinnovato entusiasmo relativo alla possibilità di agire nell’interesse e nel bene del Paese.

Vera MORETTI

Tares, l’Anci insiste: rinviarla al 2014

L’Anci torna alla carica sulla Tares. Fin da subito fortemente contraria alle tempistiche e alle modalità di applicazione della nuova tariffa sui rifiuti solidi urbani, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani fa di nuovo la voce grossa, questa volta in audizione sul decreto legge relativo al saldo dei debiti della PA, davanti alla commissione Speciale della Camera.

Naturalmente lo fa per mezzo del suo presidente Graziano Delrio. Il numero uno dell’Anci ha infatti portato all’attenzione della commissione i problemi che porterà con sé l’accoppiata Tares-Imu per i comuni, chiedendo nuovamente il rinvio della tassa sui rifiuti al 2014. Secondo Delrio, infatti, “la tassa era nata per finanziare i servizi indivisibili dei comuni perché non c’era l’Imu sulla prima casa“. Secondo il presidente, il rinvio a dicembre della Taresva bene, ma continuiamo ad avere dubbi sulla sua natura e quindi insistiamo per un suo rinvio al 2014″. Senza contare che “questo tributo va tutto allo Stato“, ha sottolineato.

In più, Delrio ha rincarato la dose ricordando l’impatto che la Tares avrà sui comuni, in concomitanza con l’Imu: “Sull’Imu abbiamo subito un taglio occulto di quasi un miliardo. I tagli dei fondi sono stati effettuati sulla base del gettito presunto Imu; peccato che si sia calcolato anche il gettito degli immobili di nostra proprietà, su cui ovviamente non paghiamo, pari a 300 milioni. Insistiamo che questi 300 milioni siano tolti dal calcolo“.

Infine, ha precisato Delrio, le riduzioni dei trasferimenti erano commisurate alla differenza fra il gettito Ici e quello dell’Imu. “L’aggiornamento dell’Ici doveva essere sull’ultima rilevazione Istat, ma poi è aumentato e questo ci è costato 400 milioni che nella verifica dovevano essere stornati e restituiti ai Comuni“. Un brusco scossone alle certezze del governo su quello che dovrebbe essere il gettito della tassa.

Tares rimandata a dicembre

Dopo polemiche ed infinite richieste, quanto sembrava ormai impossibile da ottenere è arrivato: l’appuntamento con la Tares è infatti stato rimandato a dicembre.
La maggiorazione sulla tassa sui rifiuti, dunque, ci sarà ma non con la prima rata prevista a maggio, che rimarrà invariata.
Nei Comuni in cui la deliberà è già attiva, si procederà a pagare la prima rata della Tares senza aumenti, mentre negli altri si procederà al pagamento della vecchia Tarsu.

Ciò è stato deciso nel corso del vertice tra Anci e Governo, al quale erano presenti i ministri Grilli, Catricalà, Clini e Barca, durante il quale si è discusso anche di debiti PA.

A gioire saranno soprattutto le imprese, poiché la Tares avrebbe implicato un sostanziale rincaro fiscale per le aziende.
Graziano Delrio, presidente Anci, ha dichiarato che questa è la strada giusta da seguire, per evitare “il deficit di liquidità che avrebbe creato grossi problemi alle imprese del trattamento rifiuti”.

Giancarlo Favoccia, segretario nazionale dell’UGL Igiene Ambientale, considera questa delibera una sorta di compromesso, che disattende un auspicato rinvio per “l’applicazione della nuova tariffa al prossimo anno“, garantendo al tempo stesso “le risorse necessarie ai Comuni per far fronte alla grave condizione che si è creata a seguito delle misure varate dal governo Monti”.

Vera MORETTI

Dal 2013 l’Imu resterà ai comuni

Buone notizie per i comuni italiani. Per i cittadini, è tutto da vedere. Il presidente dell’Anci, Graziano Delrio, al termine dell’incontro con il presidente del Consiglio, Mario Monti, a palazzo Chigi ha infatti affermato: “L’Imu andrà tutto ai Comuni dal 2013: il Governo ha preso un impegno preciso su questo“. “Dopo la prima rata – ha continuato Delrio – dovremo ragionare su come avverrà questo passaggio. È un percorso interessante e giusto che permetterà di rimodulare le tasse sulle entrate di questi trasferimenti“.

Da vedere se il risultato dei trasferimenti dell’Imu agli enti locali darà, in termini di ritorno in qualità dei servizi, qualcosa in più rispetto a quanto lo stato restituice ai cittadini.

Il gran ballo dell’Imu

Se pian piano si dirada la nebbia su tempi e modi per il pagamento dell’Imu, ora ci si mettono i comuni a fare casino. L’Anci ha infatti lanciato l’allarme: il gettito Imu sarà inferiore rispetto alle stime del Mef “e questo sarà un problema” per i cittadini che “dovranno pagare molto di più“. Virgolettati del presidente dell’Anci, Graziano Delrio, che chiede al governo di correggere la rotta: “c’è urgenza di sedersi intorno a un tavolo e modificare l’attuale situazione o rischiamo una grande tensione sociale al pagamento della prima rata“.

Allarmismo? Ci pensa il governo a smorzare i toni, prima nella persona del sottosegretario al ministero dell’Economia, Vieri Ceriani, che assicura che Palazzo Chigi “è fiducioso” sull’incasso e che sarà possibile non alzare l’aliquota; prima di lanciare l’allarme, occorre attendere il pagamento della prima tranche dell’imposta. Secondo i calcoli del ministero, i comuni incasseranno dall’Imu tre miliardi in più nel 2012, rispetto all’Ici del 2011. Dei 21 miliardi di gettito previsto dall’Imu, 9 andranno allo stato e 12 ai Comuni, mentre nel 2011 questi ne avevano incassati 9. Dalla nuova imposta sulla casa, dunque, il guadagno è di circa 3 miliardi mentre, dice Ceriani, “la carenza di risorse” lamentata dai Comuni deriva dai trasferimenti dello Stato che hanno subito “un taglio forte“.

Infine, museruola definitiva all’Anci dal Governo, che in una nota conferma il gettito complessivo di circa 21 miliardi di euro e dice che la notizia di un ammanco di 2,5 miliardi di euro, diffusa attraverso le stime elaborate dall’Ifel, l’Istituto per la finanza e l’economia locale dell’Anci, sulla base delle previsioni di gettito formulate dai Comuni “non deve generare allarmismo“. Insomma, zitti e mosca, i soldi arriveranno. Come al solito… intanto pagate, poi si vedrà.