Fatturazione elettronica, esempio positivo di confronto costante

Si è tenuta nei giorni scorsi un’audizione parlamentare congiunta sulla fatturazione elettronica che ha visto intorno allo stesso tavolo i vertici dei commercialisti, quelli dell’Agenzia delle Entrate, della Ragioneria generale dello Stato, della Guardia di Finanza e della Sogei.

Al termine dell’audizione sulla fatturazione elettronica è stato particolarmente loquace il presidente dei commercialisti, Gerardo Longobardi: “Sulle materie fiscali – ha affermato – l’unico modo per evitare problemi e situazioni difficilmente accettabili da cittadini e professionisti, come accaduto per esempio quest’anno sulle tasse sugli immobili e, da ultimo, con la paradossale vicenda dell’Imu sui terreni montani, è il confronto costante tra tutti i soggetti in campo“.

Secondo Longobardi, “l’audizione congiunta è a nostro parere un esempio particolarmente significativo di come bisognerebbe procedere in ambito fiscale. Troppe, in questi ultimi anni, sono state le situazioni di caos normativo, ingorghi di scadenze, ritardi nella fornitura dei software, perché si possa continuare così. Pur nel rispetto dei rispettivi ruoli credo che il confronto preventivo tra i soggetti che trattano la materia tributaria eviterebbe molte situazioni spiacevoli e aiuterebbe a rendere il fisco più razionale“. La fatturazione elettronica è un primo passo in direzione di questa razionalità.

Per questo motivo – conclude Longobardil’auspicio dei commercialisti è che iniziative positive come quella promossa dall’onorevole Portas possano ripetersi anche su altri temi. I commercialisti non mancheranno di dare il loro contributo per un fisco più giusto e per rendere il più efficace possibile la delega fiscale“.

Agroalimentare in pericolo a causa dell’Italian Sounding

Per contrastare il fenomeno, sempre più diffuso e preoccupante, dell’Italian Sounding, denominazione usata per indicare la pratica imitativa che, in tutto il mondo, mette a rischio la credibilità del Made in Italy.

In particolare, il concetto di Italian Sounding è riferito all’agro pirateria, che riguarda la contraffazione dei prodotti più tipici della gastronomia italiana, a cominciare dal Parmigiano Reggiano, diventato, in una bruttissima copia, Parmesao.

Il “gioco” dei produttori e distributori di presunto cibo italiano è semplice: utilizzare un nome che vagamente riconduce all’Italia per attirare i consumatori, soprattutto stranieri, amanti della cucina del Belpaese.

E non si tratta solo di proporre prodotti di bassa qualità e scarso sapore, ma soprattutto di una vera e propria frode alimentare, tanto da richiedere un serio monitoraggio, poiché il fenomeno è costantemente in ascesa.

Per limitare, e in futuro evitare, il danno che questa pratica sta portando al Made in Italy, in termini di export e di fiducia da parte dei consumatori, sono chiamate in causa le istituzioni di governo e le istituzioni locali, che devono incrementare ciascuna quei metodi risultati più efficaci per contrastare il fenomeno della contraffazione alimentare.

In primo luogo, servono maggiori controlli sull’origine del prodotto, ma anche maggiori controlli da parte degli organi di vigilanza; sistemi di tracciatura automatica; sanzioni più severe; maggiori risorse umane dedicate allo smascheramento della contraffazione alimentare; collaborazione tra organi pubblici e privati; certificazioni di qualità; brevetti; marchi aziendali e collettivi e riconoscimenti quali Dop, Igp.

Il consumatore, da canto suo, può aiutarsi nell’acquisto ricorrendo alle sue conoscenze ma anche rivolgendosi al gestore del negozio e, se necessario, agli organi competenti.

La contraffazione è un reato penale e come tale va perseguito dalla legge, che in materia lo tratta seguendo i seguenti articoli: Art. 473 e Art 474.
A questo proposito anche la Guardia di Finanza offre diversi consigli per fare attenzione a non compiere acquisti che potrebbero frutto di contraffazione:

  • Porre molta attenzione agli acquisti fatti tramite Internet.
  • Diffidare delle vendite porta a porta.
  • Valutare sempre attentamente il rapporto qualità/prezzo (se un olio extravergine di oliva è venduto a poco dovrebbe sempre far insospettire)
  • Controllare sempre attentamente le etichette e la conformità della confezione, che non sia ammaccata, che l’etichetta sia chiara e leggibile e che l’inchiostro non sia cancellato.

Vera MORETTI

Ecco come i supermercati devono registrare i buoni pasto

Tutto era nato da un caso che vedeva protagonista l’Amministrazione finanziaria, che aveva inviato un accertamento unificato, e quindi comprendente di Irpeg, Irap e Iva, ad una catena di supermercati, in seguito ad un’ispezione della Guardia di Finanza che aveva rilevato la mancata annotazione di trenta fatture prodotte in seguito a rimborsi di altrettanti buoni pasto utilizzati dai clienti.

La società aveva proposto ricorso, respinto in primo grado e accolto in appello, con la motivazione che gli scontrini riportavano le somme corrispondenti ai buoni pasto, con la dicitura “pagamenti vari”: pur senza fatture registrate, il contribuente non aveva evaso l’imposta né altri tributi sugli incassi corrispondenti al controvalore dei buoni, fatta eccezione per l’irregolarità formale dell’indicazione del numero di fatture emesse a fronte del rimborso ricevuto dalle imprese emittenti dei buoni.

La Cassazione, quindi, ha stabilito come legittimo il recupero d’imposta in caso di scontrini fiscali discordanti dalle annotazioni sugli acquisti con buoni pasto: nei registri dei commercianti al dettaglio deve figurare espressamente il valore all’incasso dei corrispettivi tramite l’accettazione di ticket di spesa usati per l’acquisto di merci.

A questo punto, l’Amministrazione si è rivolta al giudice di legittimità perché nel registro delle fatture emesse e dei corrispettivi non era annotato il controvalore dei buoni pasto.
La Cassazione ha accolto le motivazioni del Fisco poiché, non riportando l’esatto valore in denaro dei buoni, si configura l’esistenza di incassi non documentati e non contabilizzati.

La prova certa deriva dall’esame dei registri dei supermercati, mentre la Commissione del secondo grado si era basata semplicemente su indizi che facevano solo pensare all’esistenza di una corrispondenza specifica sugli scontrini fiscali di chiusura giornaliera di cassa.

Vera MORETTI

Lotta alla contraffazione sempre più serrata

La lotta alla contraffazione in Italia è sempre molto accesa e offre ancora molto lavoro alla Guardia di Finanza, che nel solo 2013 ha sequestrato 130 milioni di prodotti contraffatti, o considerati non sicuri per i consumatori o con falsa indicazione d’origine.

Si tratta di un dato che non accenna a diminuire, anzi, semmai ad aumentare: nell’anno appena trascorso, infatti, la percentuale è salita del 25%.
Ma non è tutto: nel 2013, infatti, le Fiamme Gialle hanno denunciato 9.445 persone, di cui 252 per associazione a delinquere in quanto presunti affiliati di organizzazioni criminali dedite alla produzione e alla vendita di prodotti contraffatti.

Per bloccare l’invasione di prodotti falsi, la Guardia di Finanza ha effettuato 11.409 interventi, una media di 30 al giorno.
I sequestri hanno riguardato tutte le tipologie di prodotti: dall’abbigliamento (quasi 22 milioni di pezzi), ai giocattoli (quasi 13 milioni), dall’elettronica (quasi 42 milioni) ai beni di consumo (53 milioni di pezzi) tra cui cosmetici, pezzi di ricambio per auto e prodotti per l’igiene.

Le imprese del falso si concentrano in particolare nelle regioni della Toscana, il Veneto, la Campania, le Marche, la Lombardia e il Lazio.

Inoltre, i controlli effettuati dalla Gdf hanno riguardato anche gli acquisti online, dove la diffusione dei prodotti contraffatti sembra inarrestabile. Proprio in questo campo, sono state bloccate 84 piattaforme web utilizzate per il commercio di prodotti falsi o per consentire agli utenti il download illegale di software, giochi e prodotti multimediali, con una crescita del 60% rispetto all’anno precedente.

L’azione a tutela dei mercati e dei consumatori ha portato anche a 3.744 controlli sulla disciplina dei prezzi e 1.107 attività ispettive nei settori della concorrenza, degli appalti, dell’energia elettrica e del gas, delle comunicazioni e della privacy.

Dal 1 gennaio è attivo il Sistema Informativo Anti Contraffazione (Siac), una piattaforma creata e gestita dalla Gdf che mette in sinergia tutti gli operatori del settore con lo scopo di migliorare la conoscenza e l’analisi delle dinamiche di sviluppo dei fenomeni illeciti.

Vera MORETTI

Le pmi in cerca di finanziamenti dagli usurai

La crisi sta contribuendo a rendere più forte il mercato dell’usura.
La mancanza di liquidità, infatti, ha indotto tanti piccoli imprenditori a chiedere prestiti illegali, dopo che si erano visti chiudere le porte in faccia in cerca di finanziamenti dagli Istituti di Credito.

Ma, se non è un problema ottenere il denaro necessario, quando si tratta di restituirlo, con gli interessi, la faccenda diventa molto grave, per non dire drammatica.
Capita, infatti, di dover far fronte a tassi di interesse che superano il 15% e, considerata la situazione ancora difficile, pare che il 30% delle pmi interpellate durante un’indagine compiuta dall’Adnkronos saranno costrette a sottostare a questo ricatto.

Quelle che già si sono rivolte agli usurai, per il 45% l’hanno fatto a seguito di un finanziamento negato.
Forse non tutti sanno, nel momento in cui decidono di compiere questo passo, che si rischia di entrare in un circolo vizioso dal quale è difficile uscire indenni.
Tre imprese su dieci, infatti, cadute nella rete dell’usura, hanno testimoniato che un mancato pagamento ha fatto scattare la segnalazione a una centrale rischi, chiudendo di fatto la possibilità di ottenere credito legale.
Il restante 25% delle imprese che hanno fatto ricorso agli strozzini sostiene di averlo fatto per non licenziare personale.

Del resto, anche la Guardia di Finanza è in possesso di dati preoccupanti, che testimoniano come il fenomeno dell’usura sia in continuo aumento, pronto a mordere sulle disgrazie altrui.

Nei primi sette mesi del 2013, le Fiamme Gialle hanno condotto 266 operazioni, sequestrando patrimoni di provenienza illecita per 167 milioni di euro, il 1.500 per cento in più rispetto al 2012. Sono stati 248 gli usurai denunciati, di cui 49 arrestati: il 200 per cento in più rispetto all’anno scorso.

Le indagini di contrasto all’usura, cresciute del 40% rispetto al 2012, evidenziano inoltre un’evoluzione che le Fiamme Gialle definiscono “associativa” del fenomeno criminale. In molti casi, gli usurai danno vita a vere e proprie società finanziarie illecite, che prestano denaro a tassi impossibili, anche fino al 400%, esercitando attività finanziaria abusiva e usuraria nei confronti di commercianti, piccoli imprenditori e artigiani.

Inoltre, mentre prima l’usura era ricondicibile ad alcune zone del Paese, ora ha raggiunto anche luoghi che ne erano rimasti immuni, come è stato specificato durante la giornata nazionale per la trasparenza e la legalità, promossa da Unioncamere, che ha dedicato uno specifico focus all’usura.

Dalla ricerca emerge che, nel 2012, 11 milioni e 275mila italiani (pari al 18% della popolazione residente) risiedevano in province con un basso rischio di indebitamento patologico o di esclusione dal credito, mentre solo nel 2010 erano oltre 17 milioni (pari al 28% della popolazione).

Maurizio Fiasco, nella sua indagine “Indebitamento patologico e credito illegale nella crisi attuale“, promossa dalla Camera di commercio di Roma, evidenzia come “la stretta finanziaria che dapprima si concentrava sulle microimprese ha posto sotto attacco anche società a sufficiente capitalizzazione e patrimonio. Nuovi territori, soprattutto del Nord Ovest e dell’Emilia Romagna, sono diventati terreno di conquista di questa attività criminosa, che ha due aree di concentrazione: nel Mezzogiorno (soprattutto Campania e Calabria) e nelle province di confine dell’area nord-occidentale“.

Vera MORETTI

Evasione fiscale: nei guai un uomo di 48 anni residente a Frosinone

La Guardia di Finanza di Frosinone ha scoperto un’evasione fiscale da 8 milioni perpetrata da una società operante nel commercio dei computer.
Nei guai è il rappresentante legale della società che, negli anni compresi tra il 2006 e il 2012, non ha mai presentato le dichiarazioni dei redditi, nascondendo introiti per un totale di circa 7 milioni di euro e Iva dovuta per oltre 1 milione di euro.

Per non avere prove dell’illegalità commessa, sono state distrutte le scritture contabili e i documenti fiscali, ma le operazioni bancarie sono state recuperate grazie ad un’indagine sui movimenti bancari e una serie di accertamenti presso le sedi di aziende clienti e fornitrici scoprendo.

L’indagine, in questo caso, ha fatto emergere anche un giro di false fatturazioni tramite il quale altri contribuenti della zona hanno potuto nascondere costi per altri 2 milioni di euro.

L’uomo, un 48enne, è stato così denunciato per una lunga serie di reati amministrativi che vanno dall’evasione fiscale, alla falsa fatturazione.

Vera MORETTI

Evasione fiscale e lavoro nero: scattate denunce ad Augusta

Azione doppia da parte della Guardia di Finanza di Augusta, nel siracusano, che ha dato una “botta“ all‘evasione fiscale e al lavoro nero.

I finanzieri della zona, infatti, hanno scoperto una sorta di triangolazione triangolazione tra Carlentini, dove operava una società inattiva che avrebbe cumulato debiti su debiti nei confronti dell’Erario e degli Enti di previdenza ed assistenza relativi al personale ingaggiato, ed Augusta dove lo stesso personale veniva irregolarmente distaccato e abusivamente utilizzato da un’altra azienda.

Si tratterebbe di un’evasione fiscale di circa 650 mila euro, facendo la somma tra ritenute fiscali e contributi previdenziali, anche ricorrendo all’emissione ed all’utilizzo di fatturazioni per operazioni inesistenti.

Ma non è tutto, poiché è stata anche rilevata una forte incongruenza tra il numero do ore pagate in busta paga ai dipendenti e l’effettiva prestazione resa di circa 200 mila euro.

In questo modo, sono emersi 85 lavoratori in nero, che avrebbero permesso alla società di evadere 5 milioni di euro, tra imposte ed Iva accertata.
I rappresentanti legali delle due società sono stati denunciati in stato di libertà all’autorità giudiziaria.

Nel secondo caso le Fiamme Gialle hanno portato alla luce un’evasione fiscale da 12 milioni di euro. I responsabili della società sono stati segnalati alla magistratura per truffa aggravata. In questo caso i soci avrebbero falsamente rappresentato all’Inps una situazione di crisi per accedere alla cassa integrazione per 49 lavoratori che, invece, sarebbero stati regolarmente al lavoro.

Vera MORETTI

Tre imprenditori denunciati per evasione fiscale

Tre imprenditori che operavano nella zona di Mola di Bari sono stati denunciati per aver sistematicamente omesso di presentare le proprie dichiarazioni fiscali.

Questa “procedura” è stata seguita dai tre colpevoli dal 2006 al 2011, sottraendo a tassazione, ai fini delle imposte dirette e dell’Irap, di oltre 14,3 milioni di euro.
L’Iva evasa è stata di ben un milione di euro.

Le persone denunciate sono i responsabili legali di due aziende che operano nel settore
delle carni e dell’autotrasporto, e sono state scoperte a seguito di un’indagine tenuta di finanzieri della Tenenza di Mola di Bari al termine di verifiche fiscali eseguite ricorrendo anche alle indagini bancarie.

Tra gli illeciti, anche molte operazioni in nero sui conti correnti degli amministratori.

Vera MORETTI

Imprenditore di Orvieto accusato di evasione fiscale

Un imprenditore titolare di una società che opera ad Orvieto nel settore dei servizi di autotrasporti, escavazioni ed estrazione di materiali inerti sarebbe stato trovato colpevole di evasione fiscale.

In realtà, erano già stati effettuati accertamenti qualche mese fa e, avendo destato sospetti, le indagini della Guardia di Finanza sono proseguite.
L’ammontare dei soldi nascosti al fisco sarebbe di circa 1 milione di euro, per un mancato pagamento dell’Iva di 125.000 euro negli anni compresi tra il 2009 e il 2012.

L’ipotesi di reato è per “utilizzo di fatture per operazioni inesistenti” pari a circa 150.000 euro, con conseguente denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Terni nei confronti del legale rappresentante della suddetta Società.

Sono state anche proposte misure cautelari per quanto riguarda i beni immobili di proprietà del rappresentante legale per un importo di circa 150.000 euro, a garanzia del credito erariale.

Il fenomeno delle F.O.I. (fatture per operazioni inesistenti) sarebbe in continuo aumento e coinvolgerebbe una rete sempre più fitta di aziende “cartiere” (che emettono carta) e che sarebbero spinte dal desiderio di generare documenti fiscali che potrebbero giustificare “contabilmente” costi che in realtà non sarebbero stati mai sostenuti.
In questo modo si abbasserebbe la base imponibile su cui vengono calcolate le imposte e l’utilizzatore pagherebbe meno al Fisco, creando un dannosissimo fenomeno ovviamente a danno dell’onesto cittadino che sconta regolarmente le tasse.

Vera MORETTI

Scoperta evasione fiscale a Catanzaro

Una serie di accertamenti effettuati dai finanzieri di Catanzaro per la lotta all’evasione fiscale e al riciclaggio ha fatto emergere una situazione sospetta ed anomala riguardante una società che opera nella zona nell’ambito del commercio di pile ed accumulatori.

Tale impresa, infatti, avrebbe emesso fatture false dal 2008 al 2010 per permettere l’evasione delle imposte ad un altro soggetto del settore del commercio di parti ed accessori di autoveicoli.

Una volta accertata l’evasione dell’Iva e di altre imposte, le Fiamme Gialle hanno denunciato i presunti evasori alla competente autorità giudiziaria proponendo il sequestro di circa 3 milioni di euro, corrispondenti alle imposte dovute e non pagate all’erario, che in questo caso saranno confiscati a copertura e soddisfacimento del debito tributario verso lo stato.

Vera MORETTI