Abitazione principale o data in locazione: come si dichiara la rendita?

Come si dichiara la rendita per l’abitazione nel caso in cui sia principale oppure se l’immobile è dato in locazione? Ovvero come vanno dichiarati i redditi prodotti e quando va dichiarata la rendita catastale nel modello 730 di dichiarazione dei redditi? Ecco come procedere con l’indicazione del quadro, della colonna e dei codici da utilizzare nel modello 730 e quando l’Imu sostituisce l’Irpef per l’abitazione principale.

Abitazione principale del contribuente: è soggetta a tassazione Irpef?

L’abitazione costituente la casa principale del contribuente non è soggetta alla tassazione Irpef. Tuttavia, la rendita catastale deve essere inserita nel modello 730 di dichiarazione dei redditi. È necessario chiarire che sull’abitazione principale vige il principio di alternanza tra Imu e Irpef se non è locata. Diversamente, in caso di contratto di locazione, si procede con il reddito imponibile dell’immobile.

Immobile esente da Imu, si applica l’Irpef?

Nel caso in cui l’abitazione è esente dall’Imu e non è stata locata, si attua il principio di alternanza tra Imu e Irpef. Ovvero, l’abitazione diventa soggetta ai fini dell’Irpef. Pertanto, il reddito dell’abitazione va a concorrere a formare il reddito complessivo per il calcolo dell’Irpef. Tuttavia, tale reddito dell’abitazione non è tassato: infatti, è prevista la deduzione dell’Irpef fino a concorrere all’importo della rendita catastale dell’abitazione stessa e delle relative pertinenze.

Come si dichiara nel modello 730 la rendita catastale dell’abitazione principale?

La rendita catastale, dunque, va inserita nel modello 730 di dichiarazione dei redditi nel caso di esenzione dall’Irpef. L’importo, non rivalutato, si inserisce nella colonna numero 1 del rigo B 1. Successivamente è necessario popolare la colonna “2” inserendo il codice “1”. La deduzione della rendita catastale ai fini della determinazione del reddito imponibile verrà effettuata da chi presta l’assistenza fiscale.

Abitazione principale, come si dichiara la rendita se l’immobile è soggetto a Imu?

Se, invece, l’abitazione principale è soggetta a Imu e, dunque, non è dovuta l’Irpef, si ricade nell’ipotesi nella quale la rendita non concorre alla formazione del reddito imponibile. Non è necessaria altresì la deduzione della rendita catastale. Nel modello 730 di dichiarazione dei redditi si deve procedere con la compilazione delle colonne “1” e “2” del rigo B 1. Nei campi si deve inserire la rendita catastale (senza la rivalutazione) e il codice “1”; invece nella colonna 12, indicata come “casi particolari Imu”, deve essere immesso il codice “2”.

Come inserire i redditi da locazione dell’abitazione nel quadro B del modello 730?

Diverso è il caso in cui l’abitazione, non costituente la casa principale, è data in locazione. In primis, chi possiede immobili oppure o è titolare di altri diritti reali deve compilare il quadro B del modello 730 di dichiarazione dei redditi.

Come si calcola l’imponibile del reddito da immobile?

La determinazione dell’imponibile per il calcolo del reddito dell’immobile varia dal fatto che il fabbricato sia locato oppure no. Gli immobili non locati, infatti, concorrono a formare l’imponibile nella misura della rendita catastale. È necessaria la rivalutazione del 5%. Tuttavia, se l’immobile è stato già assoggettato nello stesso anno del periodo di imposta a Imu, non concorre a formare il reddito ai fini dell’Irpef. Come per le abitazioni principali, dunque, vige il principio di alternanza.

Come indicare nel modello 730 i fabbricati non locati?

Per gli immobili che non sono case principali e non sono locati, dunque, l’iscrizione nel modello 730 al quadro B deve comunque avvenire, anche se nulla cambia ai fini della determinazione del reddito complessivo annuale, come avviene per gli immobili locati. C’è un’eccezione per gli immobili a uso abitativo e non locati ma che si trovano nello stesso comune nel quale il soggetto contribuente ha già l’abitazione principale. In questa condizione, il reddito concorre alla formazione della base imponibile ai fini dell’Irpef per il 50%. Gli immobili non locati devono essere iscritti alla colonna 1 e al rigo B 1. I campi devono essere popolati con la rendita catastale. La rivalutazione del 5% non deve essere inserita: infatti, verrà iscritta successivamente da chi effettua l’assistenza fiscale. Se il fabbricato è esente da Imu, e dunque assoggettato all’Irpef, il contribuente deve selezionare la casella 12 riguardante i casi particolari Imu.

Immobili concessi in locazione, compilazione del modello 730

Per gli immobili dati in locazione il calcolo del reddito è pari alla misura del canone ricevuto alla quale si applica la riduzione forfettaria del 5%. Se l’abitazione locato si trova nei comuni di Venezia, Burano, Giudeccca e Murano la riduzione è pari al 25%; inoltre per gli immobili di interesse storico od artistico la riduzione è del 35%.

Se il totale del canone è inferiore alla rendita catastale, il contribuente deve prendere a riferimento quest’ultima ai fini del calcolo del reddito. Gli immobili locati devono essere iscritti alla colonna “5” con i seguenti codici inerenti la tassazione:

  • codice “1” se si è proceduto alla riduzione forfettaria del 5%;
  • i fabbricati storici ed artistici necessitano del codice “4”.

Nella colonna numero 6 il contribuente deve inserire il complessivo del canone di locazione ricevuto. Invece, la colonna numero “11”, si deve utilizzare solamente nel caso in cui si applichi la cedolare secca.

Casi di rinegoziazione del canone di locazione nel 2021: come si procede?

Se nel 2021 è stato rinegoziato il canone di locazione si procede con la compilazione del modello 730 nella seguente maniera:

  • il quadro da compilare è quello “B”;
  • la colonna “7” si utilizza per i casi particolari;
  • è necessario inserire uno dei tre codici previsti ovvero 6, 7 e 8. Il codice “6” va utilizzato se la rinegoziazione ha previsto la riduzione del canone di locazione; diversamente, il codice “7” si utilizza se il contribuente non ha fatto comunicazione all’Agenzia delle entrate della rinegoziazione del canone dell’immobile a uso abitativo. Lo stesso codice si utilizza anche per i casi nei quali, oltre alla mancata comunicazione all’Agenzia delle entrate, non sia stato pagato il canone concordato, anche parzialmente.

Quando gli immobili a utilizzo abitativo si possono non assoggettare a tassazione?

Dal 1° gennaio 2020, il contribuente può non assoggettare a imposta i canoni di locazione riguardanti i fabbricati a uso  abitativo nei casi in cui:

  • non abbia ottenuto i canoni di locazione prima della data ultima prevista per la presentazione della dichiarazione dei redditi;
  • oppure non sia stata presentata ingiunzione di pagamento o intimazione allo sfratto per la morosità di chi ha preso in locazione l’immobile.

Tuttavia, il contribuente deve inserire nel modello 730 la rendita catastale.

Compilazione del modello 730: quando si usa il codice ‘8’?

Nel modello 730 di dichiarazione dei redditi, in corrispondenza della colonna 7 del quadro B, il contribuente deve immettere il codice “8” nei seguenti casi:

  • per la rinegoziazione del canone di locazione con riduzione del canone stesso;
  • se il contribuente non ha presentato comunicazione all’Agenzia delle entrate;
  • nelle situazioni di comproprietà con il contribuente comproprietario dell’immobile;
  • se la locazione sia stata fatta da uno o più comproprietari per la propria quota.

Come correggere i dati catastali di un immobile

Cosa fare quando per i propri immobili sono stati riscontrati degli errori? In altre parole, come correggere i dati catastali di un immobile? Vediamo allora qual è la procedura da seguire che, a seconda dei casi, può essere effettuata pure comodamente online. E quindi senza che sia necessario recarsi presso un ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Così come ci sono, pur tuttavia, dei casi in corrispondenza dei quali la correzione online non è possibile. Vediamo allora come procedere caso per caso al fine di correggere i dati catastali di un immobile.

Come correggere i dati catastali di un immobile e quali canali si possono utilizzare per la correzione

Nel dettaglio, la correzione dei dati di un’immobile è un’operazione che porta ad aggiornare la banca dati del Catasto. Con la domanda di correzione che in linea generale si presenta presso gli uffici provinciali – Territorio dell’Agenzia delle Entrate. Ma in alcuni casi l’operazione è effettuabile pure tramite il servizio online ‘Contact center’ così come riporta il sito Internet istituzionale dell’Agenzia delle Entrate.

Quando i dati catastali di un immobile si possono correggere online

Nel dettaglio, per quel che riguarda i dati catastali, tramite il servizio online ‘Contact center’ dell’Agenzia delle Entrate è possibile correggere i seguenti errori: quelli sulla persona a cui è intestato l’immobile, quelli sui dati dell’immobile nonché quelle sulle segnalazioni di incoerenza. Nella fattispecie, la segnalazione di incoerenza per fabbricato rurale, e la segnalazione di incoerenza per fabbricato non dichiarato.

Quando invece i dati catastali di un immobile non si possono correggere online

Ci sono invece altri casi in corrispondenza dei quali i dati catastali non si possono correggere via web tramite il servizio online ‘Contact center’. E quindi in tal caso occorre necessariamente rivolgersi agli uffici provinciali dell’Agenzia delle Entrate che sono competenti per territorio.

Questo accade, nella fattispecie, per le istanze di revisione della rendita catastale, per le richieste di informazioni generiche, come quelle relative ai procedimenti ed agli indirizzi, e per i reclami per disservizi da parte degli uffici.

E lo stesso dicasi, riporta altresì il sito Internet dell’Agenzia delle Entrate, per le richieste di assistenza nell’utilizzo delle procedure informatiche, per i solleciti per la trattazione di atti presentati e non ancora evasi, e per le richieste di informazione sullo stato di avanzamento delle pratiche eccetto, in ogni caso, quelle che sono pervenute allo stesso contact center.

Il modello unico di istanza per la correzione dei dati catastali si può scaricare online

Il modello unico di istanza per la correzione dei dati catastali, da compilare e da presentare proprio agli uffici provinciali del Fisco, si può visionare e si può scaricare, in formato PDF, dal sito Internet dell’Agenzia delle Entrate. L’istanza si presenta in bollo con il tributo che, tra l’altro, si può versare pure tramite il modello F24 oppure con il pagamento a mezzo POS.

Quotazioni immobiliari OMI, cosa sono e dove scaricare gratis la banca dati

Sul mercato immobiliare nazionale, per tutti gli operatori del settore, l’Agenzia delle Entrate ha un proprio Osservatorio grazie al quale, tra l’altro, è possibile pure accedere alle banche dati. Si tratta, nello specifico, dell’OMI – Osservatorio del Mercato Immobiliare che sugli immobili in Italia, e sulle relative quotazioni, fornisce informazioni di carattere tecnico ed economico che, tra l’altro, vanno ad interessare pure il mercato degli affitti.

Andiamo allora ad approfondire quali sono tutti i dati e tutti gli strumenti che l’OMI mette a disposizione, ed anche come andare a scaricare pure le banche dati che, nella maggioranza dei casi, sono con il download gratuito.

Cosa c’è da sapere sulle quotazioni dell’OMI – Osservatorio del Mercato Immobiliare

Nel dettaglio, con una cadenza che è semestrale, attraverso l’Osservatorio dell’OMI l’Agenzia delle Entrate fornisce le quotazioni immobiliari relative ai comuni che sono censiti negli archivi catastali. Quelle fornite dal Fisco, in ogni caso, sono delle quotazioni immobiliari che, essendo frutto di processi estimativi, non sono comunque sostitutivi delle stime puntuali.

Ovverosia di quelle che, immobile per immobile, sono effettuate da tecnici professionisti. I quali, con piena efficacia ed in maniera esaustiva, valutano l’immobile e forniscono pure le motivazioni del valore che è stato attribuito.

Detto questo, le quotazioni dell’OMI – Osservatorio del Mercato Immobiliare sono comunque molto utili e indicative per ricavare quelli che sono i trend del mercato. Anche perché, dal sito Internet dell’Agenzia delle Entrate, è possibile consultare le quotazioni immobiliare semestrali in base alla provincia, al comune, alla zona ed alla destinazione d’uso dell’immobile.

Quotazioni immobiliari OMI pure con l’app muniti di smartphone e tablet

Muniti di smartphone e di tablet, inoltre, le quotazioni immobiliari dell’OMI sono consultabili pure via app. In quanto il Fisco mette a disposizione pure l’app gratuita OMI Mobile con la possibilità di scaricarla e di installarla dagli store Google Play ed App Store. E quindi per i dispositivi con il sistema operativo Android di Google, e per quelli con il sistema operativo iOS della Apple.

Banche dati online quotazioni dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare

Dal proprio sito Internet, l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione, per gli operatori del settore, le banche dati online relative proprio alle quotazioni dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare. In particolare, il download è gratuito per le banche dati OMI a partire dal 1° semestre dell’anno 2016. Mentre per i semestri antecedenti all’anno 2016 la fornitura dei dati è a pagamento.

Per quel che riguarda i tipi di ricerche in banca dati, l’Agenzia delle Entrate permette la ricerca delle quotazioni immobiliari sia in formato testuale, sia con ricerca su mappa. In particolare, la ricerca testuale è accessibile gratis a partire dal 1° semestre dell’anno 2006. Mentre per la ricerca su mappa le quotazioni immobiliari disponibili sono sempre quelle relative all’ultimo semestre di rilevazione OMI che è stato pubblicato.

Tasse sugli immobili sempre molto pesanti

Il patrimonio immobiliare italiano, che comprende, oltre alle case di proprietà, anche uffici, negozi e capannoni, ogni anno deve fare i conti con un carico fiscale particolarmente oneroso, che nel 2016 è stato di 40,2 miliardi di euro.
In realtà, rispetto al 2015, è sceso di 3,7 miliardi, grazie soprattutto all’eliminazione della Tasi sulla prima casa.

A fare questi conti è stato l’Ufficio Studi della Cgia, che è arrivato al risultato finale sommando i 9,1 miliardi di euro di gettito riconducibili alla redditività degli immobili (Irpef, Ires, imposta di registro/bollo e cedolare secca), i 9,9 miliardi di euro riferiti al trasferimento degli immobili (Iva, imposta di registro/bollo, imposta ipotecaria/catastale, imposta sulle successioni e sulle donazioni) e i 21,2 miliardi di euro riconducibili al possesso dell’immobile (Imu, imposta di scopo e Tasi).

Quest’anno non porterà ulteriori novità, né in positivo né in negativo, poiché per il 2017 e il 2018 sono stati bloccati eventuali aumenti delle tasse locali.

A questo proposito, Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio Studi della Cgia, ha dichiarato: “Fino a qualche anno fa l’acquisto di una abitazione o di un immobile strumentale costituiva un investimento. Ora, in particolar modo chi possiede una seconda casa o un capannone, sta vivendo un incubo. Tra Imu, Tasi e Tari, ad esempio, questi edifici sono sottoposti ad un carico fiscale ormai insopportabile”.

Ciò che emerge, inoltre, è che, prime case a parte, i proprietari di immobili strumentali hanno dovuto fronteggiare il raddoppio del prelievo fiscale a causa del passaggio dall’Ici all’Imu: tra il 2011, ultimo anno in cui è stata applicata l’Ici, e il 2016 il gettito è passato da 4,9 a 9,7 miliardi di euro.

Per questo, ha aggiunto Zabeo: “Sebbene sia stata presa qualche misura a favore delle imprese, il quadro generale rimane sconfortante. Mi preme sottolineare che il capannone non viene ostentato dal titolare dell’azienda come un elemento di ricchezza, bensì come un bene strumentale che serve per produrre valore aggiunto e per creare posti di lavoro, dove la superficie e la cubatura sono funzionali all’attività produttiva esercitata. Accanirsi fiscalmente su questi immobili non ha alcun senso, se non quello di fare cassa, danneggiando però l’economia reale del Paese”.

Renato Mason, segretario della Cgia, ha poi specificato: “Oltre all’imponente sforzo economico che anche quest’anno i proprietari di immobili saranno chiamati a sostenere i contribuenti italiani devono sopportare anche un costo aggiuntivo legato alla burocrazia che attanaglia queste operazioni. Secondo una nostra analisi su dati della Banca Mondiale, per pagare le tasse in Italia sono necessarie 238 ore all’anno. Nell’area dell’euro solo il Portogallo e la Slovenia registrano una situazione peggiore della nostra”.

Vera MORETTI

Niente crisi per gli amministratori di condominio

Non sembra esserci crisi per gli amministratori di immobili, tanto che Giuseppe Bica, presidente di Anammi, Associazione nazional-europea della caregoria, ha dichiarato: “Nel biennio 2015-2017 il 30% dei nuovi iscritti è composto da chi cerca in questo settore una nuova strada professionale. Questa professione rappresenta un’alternativa valida per chi ha perso il lavoro. L’amministrazione condominiale piace sempre di più e continua a offrire spazi lavorativi anche a chi opera da tempo nel settore. Sulla base di un’indagine tra i nostri 13mila soci abbiamo avuto la conferma che, nonostante la crisi, gli amministratori di condominio possono contare su un mercato professionale interessante, con notevoli opportunità lavorative”.

Il fatto che l’85% degli italiani abita in un condominio ovviamente incide e implica che la materia condominiale sia all’ordine del giorno e considerata importante. La figura del professionista nel settore, dunque, diventa fondamentale, soprattutto dopo la riforma del 2012, che ha conferito all’amministratore un ruolo sempre più professionale.
Per aiutare i condomini ci vuole un professionista che sia sempre aggiornato sulle nuove norme, e infatti Anammi prevede, per i suoi amministratori, una continua formazione.
E proprio questa necessità ha contribuito a far si che quella dell’amministratore di condominio diventasse un lavoro a tempo pieno.

Prosegue Bica: “La materia condominiale è estremamente complessa: per questo motivo, occorrono capacità manageriali e competenze tipiche del lavoratore autonomo. Inoltre, la giurisprudenza relativa al condominio è in continuo divenire e, soprattutto, non è univoca su casi analoghi. Ecco perché il ruolo di mediazione dell’amministratore è ormai imprescindibile”.

Le mansioni assegnate agli amministratori sono sempre più numerose e particolari, tanto che ormai sono diventati punti di riferimento per tutto ciò che riguarda gli immobili da loro amministrati.
Ciò sta anche a significare che l’amministratore di condominio rappresenta uno sbocco professionale che prima non c’era e che potrebbe essere una buona opportunità per chi è rimasto fuori dal mercato del lavoro: “Nel biennio 2015-2017 il 30% dei nuovi iscritti all’associazione ha scelto questo percorso lavorativo come risposta alla perdita del lavoro o al rischio di precarietà”.

Vera MORETTI

Mutui in aumento per gli italiani

Chi si appresta a chiedere un finanziamento alle banche per accendere un mutuo, forse può ben sperare: una nota di Abi, infatti, conferma il 2015 è caratterizzato da una ripresa per quanto riguarda l’accesso al credito delle famiglie italiane.

Più precisamente, l’Associazione bancaria italiana ha affermato che, nei primi sette mesi dell’anno in corso, il complesso dei mutui concessi alle famiglie italiane è stato pari a 26,6 miliardi di euro, cifra pari all’82% in più di quanto erogato nel 2014, fermo a 14,6 miliardi.

Ma, a frenare gli entusiasmi, ci sono gli addetti ai lavori del settore immobiliare, che ad oggi non confermano un aumento delle compravendite.
Ma allora, a cosa si deve questo aumento? Sembri si tratti soprattutto delle surroghe, le sostituzioni di un mutuo in corso con un altro a tassi più vantaggiosi, cosa molto comune negli ultimi mesi.

Inoltre, i tassi di interesse sono diminuiti, sia fissi sia variabili.
Con euribor e eurirs ai minimi storici che hanno ridotto i tassi, i mutuatari hanno avuto la possibilità di ambire a percentuali più elevate del valore dell’immobile.
Sono aumentati, mediamente, i cosiddetti loan to value, cosa che ha permesso alle banche di erogare, complessivamente, importi più elevati.

La conseguenza principale è che le cifre sono tornate quelle del 2011, anche se i dati relativi al periodo prima della crisi sono ancora lontani.

Vera MORETTI

Tasi: ecco come calcolarla

E’ tempo di pagare la Tasi ma le cose ancora non sono chiare, anche perché l’aliquota varia da Comune a Comune e fare i calcoli non è sempre semplice.
Per la maggior parte degli inquilini l’imposta totale annua potrebbe risultare inferiore a 12 euro, e quindi da non pagare poiché sotto la soglia dell’esenzione.

Il Comune può stabilire una quota per l’affittuario che va dal 10 al 30%.
Anche se per l’inquilino l’appartamento fosse prima casa, ai fini dell’aliquota da applicare si deve fare riferimento alla destinazione d’uso del proprietario, calcolando su questa la propria quota: se prevista, si applica l’aliquota per immobili in locazione, diversamente quella per le seconde case, almeno nella maggior parte dei casi; è infatti difficile che un proprietario affitti la sua prima casa, e in questo caso si applicherà l’aliquota per prime abitazioni.

Facciamo alcuni esempi:

  • Aliquota TASI 0,08% e quota inquilino 10%. Con rendita catastale di 500 euro, l’imponibile è di 84mila euro: applicando l’aliquota si ottiene una TASI totale di 67,2 euro, con quota inquilino di 6,7 euro, sotto i 12 euro e quindi con esenzione; con rendita di 900 euro si arriva a una TASI di 121 euro di cui 12,1 euro a carico dell’inquilino, che dovrà quindi pagare in acconto 6 euro (il 50%) in ottobre e il saldo a 16 dicembre.
  • Aliquota TASI 0,08% e quota inquilino 20%. Con rendita di 500 euro l’imposta spettante all’affittuario è di 13 euro, da versare con acconto di 6,5 euro a ottobre e il restante a dicembre.
  • Aliquota TASI 0,08% e quota inquilino 30%. Con rendita di 500 euro la quota inquilino è intorno ai 20 euro, mentre la soglia di esenzione è intorno ai 300 euro di rendita.

Applicando questi calcoli alle delibere di Milano e Roma, ecco cosa ne esce:

Milano
La quota inquilino è pari al 10% con aliquota per abitazioni locate dello 0,08% e soglia di esenzione intorno ai 900 euro di rendita. Il Comune applica la stessa aliquota anche per affitto di uffici (categoria A10), laboratori artigiani (C3), negozi e botteghe (C1), immobili produttivi (gruppo D, tranne D5). I calcoli, però sono diversi a seconda della tipologia perché cambiano i coefficienti.

  • Negozio o bottega (C1) moltiplicatore 55: non si paga fino a una rendita catastale di 2.500 euro. A 3mila euro scatta ad esempio una TASI di 13 euro annua da pagare.
  • Laboratorio artigiano (C3) moltiplicatore 140: non si paga fino a una rendita di mille euro, mentre a 1.100 euro circa scatta una TASI annua di 12,94 euro .
  • Immobile d’impresa (gruppo D, tranne D5) moltiplicatore 60: non si paga fino a una rendita di 2.100 euro.
  • Ufficio/studio (A10), banche/assicurazioni (D5) moltiplicatore 80: non si paga fino a rendite catastali di 1.700 euro. A 1.800 euro scatta una Tasi annua di 12,10 euro da pagare.

Roma
La quota inquilino è pari al 20%, l’aliquota Tasi per gli immobili diversi dalla prima casa è anche qui allo 0,08%. Per gli immobili locati ad uso abitativo, la soglia di esenzione scatta sopra i 440 euro di rendita catastale: a 450 euro, infatti, la quota inquilino è di 12,09 euro.

Vediamo i calcoli per le altre categorie di immobili applicando i diversi coefficienti:

  • Negozio o bottega (C1): con rendita di 1.250 euro non si paga, a 1.300 scatta una TASI di 12,1 euro.
  • Laboratorio artigiano (C3): fino a 500 euro di rendita non si paga perchè l’imposta è sotto i 12 euro. Se la rendita è di 550 euro è dovuta una TASI di quasi 13 euro.
  • Immobile d’impresa (gruppo D, tranne D5): fino a 1.000 euro di rendita non si paga , a 1.100 euro scatta una TASI inquilino di 12,01.
  • Ufficio/studio (A10), banche/assicurazioni (D5): fino a 850 euro di rendita catastale non si paga perchè sotto i 12 euro.

Vera MORETTI

Le alternative agli investimenti alternativi

 

La terra ha un valore, in quanto bene scarso, ed il suo valore è tanto più rilevante quanto lo sono le potenzialità di sfruttamento che offre, in relazione alla richiesta di mercato attuale o prospettica. Maggiore è la capacità di comprendere l’evoluzione della richiesta, maggiore è la possibilità di ottenere plusvalore dal terreno acquistato.

Un terreno edificabile, oggi, può avere scarsa appetibilità per il futuro, considerando l’inflazione di offerta sul mercato immobiliare e la scarsezza di domanda. Con le dovute eccezioni, perché in zone ad elevato potenziale turistico o di sviluppo economico, le prospettive di incremento, anche a breve, del valore, sono molto incoraggianti.

I terreni, in generale, contraddicono un principio rilevante per gli investimenti alternativi, la loro facilità di trasporto; un appezzamento, quindi, subisce tutte le eventuali ripercussioni di problemi sociali e  politici che dovessero insorgere nel corso del tempo. Anche perché, altra caratteristica che contraddice i principi, il terreno ha un orizzonte temporale di lungo o lunghissimo periodo. Inoltre, gravano come  spade di Damocle, gli incrementi di tassazione o la possibilità di confisca, per ragioni pubbliche o per scelte politiche, dei possedimenti in questione.

Nonostante queste contraddizioni, ritengo utile diversificare il patrimonio anche con l’acquisto di terreni, sempre che ci si faccia aiutare, nella scelta, da consulenti che debbano vendervi nulla.

Considero un valido investimento alternativo sopratutto i terreni agricoli, per diverse ragioni.

Prima di tutto, un terreno agricolo può divenire terreno edificabile, quindi aumentandone il valore in maniera esponenziale. Non credo sia una condizione che si verificherà facilmente nei prossimi anni, considerata la crisi immobiliare attuale, la enorme quantità di offerta di immobili, la contrazione di domanda e di popolazione. Con le debite eccezioni di luoghi ad elevato potere di espansione, in grado di attirare investitori stranieri.

Ma nel lungo periodo, potrebbe accadere che torni una certa “fame di immobili nazionali” e di conseguenza di terreni su cui edificare.

In secondo luogo, i diritti di sfruttamento del sottosuolo, che normalmente rimane di proprietà dello Stato, possono far lievitare il valore nel caso di scoperte di giacimenti di materie prime utili all’industria.

In terzo luogo, è plausibile che ci sarà, nei prossimi anni, un ritorno alla coltivazione della terra; se pensate alle molte persone senza un lavoro e a quelle che potrebbe perderlo, l’unica soluzione sarà quella di coltivare, in proprio o conto terzi, prodotti necessari al mantenimento della popolazione.

Ancora, sta aumentando il consumo di legno pregiato da costruzione, sia per ragioni ecologiche che di costo, ed è plausibile che la tendenza continui nei prossimi 20 anni. Potrebbe essere un ottimo investimento possedere un terreno su cui è possibile coltivare teak, ad esempio.

Un problema può essere la reperibilità di terreni agricoli interessanti e non troppo estesi, perché esistono diritti di prelazione per i coltivatori  e per i confinanti, addirittura è difficile sapere che un determinato terreno è in vendita. Ma non è impossibile, basta riferirsi a professionisti seri ed affidabili.

 

Dott. Marco Degiorgis – Life Planner / Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

 

Le alternative agli investimenti alternativi

 

Come già detto in precedenti occasioni, è importante assecondare gli interessi che ognuno di noi ha. Quindi, se le auto e i veicoli d’epoca sono la vostra passione, possono rappresentare un valido investimento alternativo.
Alcuni problemi sono comuni agli oggetti di arte e antiquariato; lo stoccaggio può richiedere spazi molto ampi, sopratutto se si possiedono molti veicoli, e gli spazi devono essere adeguatamente protetti da “incursioni” di potenziali ladri o vandali.
Ci sono anche costi da sostenere, collegati alla circolazione dei mezzi in questione (assicurazione e bollo, anche se ridotti rispetto alle auto recenti), alla protezione (assicurazione, impianti di allarme, sorveglianza), alla manutenzione o al restauro. Questi costi possono incidere anche pesantemente sul bilancio famigliare, quindi sono da valutare a priori e con attenzione.
In generale, come per altri beni rifugio già visti in precedenza, più un veicolo è raro, più ne aumenta l’appetibilità presso i collezionisti, e quindi il suo prezzo è stabilito da chi lo possiede, non dal mercato; questo perché non esiste un mercato se siete il proprietario dell’unica Bugatti rimasta al Mondo, ma esistono dei collezionisti interessati e disposti a spendere cifre folli per averla. O disposti a compiere atti folli per sottrarvela.
Nel mondo del collezionismo, entrano in gioco anche altri fattori. Ad esempio, un’auto che è stata guidata da un personaggio famoso, assume un valore maggiore rispetto alle altre, valore direttamente collegato alla notorietà del personaggio. Oppure una moto prodotta in un periodo limitato e con un motore ma più utilizzato. Cose così.
Queste considerazioni valgono un pò per tutti gli oggetti da collezione, che siano francobolli o fucili ad avancarica.
C’è però la possibilità di commisurare l’acquisto di oggetti da collezionismo in base alle proprie finanze. E’ un discorso già affrontato in precedenza: se il vostro patrimonio è di 1 milione di euro, e vi piacerebbe comprarvi un’auto d’epoca che vale 250 mila euro, forse non fa per voi, perché significherebbe investire il 25% del patrimonio in un solo bene.
Ma magari è possibile acquistare una moto altrettanto rara che però vale “solo” 50 mila euro, cioè il 5% del patrimonio complessivo.
Se ampliamo il discorso ad altri oggetti da collezionismo, la scelta si allarga molto e ci sono collezioni, rare ed interessanti, adatte a tutte le tasche. E diversificabili, cioè ne potete comprare di diverse tipologie.
MI vengono in mente i francobolli, le armi d’epoca, i dischi, i bastoni da passeggio, e ci saranno mille altre cose che si possono prendere in considerazione. Attenzione, però: sto parlando di oggetti da collezione veri, cioè rari o unici, con un valore certificato e riconosciuto. Quindi è da escludere tutto il ciarpame che potete trovare nelle varie fiere e mercatini dell’antiquariato. Perché? Devono essere beni che proteggono il patrimonio, quindi vendibili e il cui valore, possibilmente, cresca nel tempo.
In ogni caso, sarà bene ponderare adeguatamente le scelte di investimento, con l’aiuto di un planner patrimoniale esperto ed indipendente, che non abbia nulla da vendervi.

dott. Marco Degiorgis – Life Planner / Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Le alternative agli investimenti alternativi

Gli oggetti d’arte e di antiquariato sono una tra le tante possibili forme di investimento alternativo. Hanno il vantaggio di abbellire le case di chi li possiede, oltre a migliorare la qualità della vita e a coltivare il senso estetico del proprietario, cose che non guastano mai. Gli svantaggi spesso consistono nelle grandi dimensioni o il peso degli oggetti, che li rendono difficilmente trasportabili ed occultabili: vi ricordate cosa avevo detto a proposito dell’oro? In caso di necessità, l’oro è rapidamente e facilmente trasportabile ovunque. Ma un lingotto d’oro non trasmette nessun sentimento, a meno che non siate come Paperon de Paperoni che trascorre le giornate a nuotare tra le sue monete d’oro, rimirandole e compiacendosi. In sostanza, credo che vada assecondata anche la natura di ognuno di noi, coltivando le inclinazioni e le passioni. Quindi, se ci piacciono gli oggetti d’arte o d’antiquariato, bene, perché possono essere una buona forma di diversificazione degli investimenti. Ci sarebbero da definire alcune cose: arte e antiquariato sono termini generici, poiché ci sono molte declinazioni diverse per la stessa parola.

La sostanziale differenza sta nel tempo trascorso; più un oggetto è antico, più è facile che abbia un mercato di riferimento e un prezzo. Inoltre si può valutare l’evoluzione del suo valore nel tempo; quanto si è incrementato, se ha subito forti oscillazioni e diminuzioni di prezzo, qual è la richiesta nei diversi periodi storici…

Viceversa, un oggetto recente mette di fronte ad un’incognita: il prezzo che pago oggi, si manterrà nel tempo? Incrementerà? La produzione artistica è soggetta anche a mode e a quantitativi prodotti: ad esempio, le opere di un artista molto prolifico hanno un valore inferiore alle opere di un artista, dello stesso periodo e corrente, più “riservato” e restio a produrre in gran quantità. Però questa è una considerazione che si può fare solo ex post, dato che non è possibile sapere cosa accadrà.

E’ un po’ lo stesso discorso che può valere per l’acquisto di un titolo in borsa: nonostante i valori fondamentali ottimi, non siamo in grado di sapere come muterà il suo prezzo nel tempo. Quindi acquistare opere di un artista contemporaneo rappresenta un’incognita, che può regalare grandi soddisfazioni ma anche deludere. Per questo dicevo all’inizio che bisogna anche appagare il proprio senso estetico: se si acquista un’opera che piace, il suo valore estetico non avrà prezzo.

Basta essere consapevoli che l’arte moderna non sempre ripaga lo sforzo economico sostenuto per acquistarla: è una scommessa, sostenuta dal piacere di possedere qualcosa che appaga la vista e rasserena l’animo.

Discorso un pò diverso è quello degli oggetti di modernariato: alcuni sono diventati pezzi da collezione, e quindi assumono un valore riconosciuto e scambiabile, altri richiamano ricordi d’infanzia o di gioventù, ma non hanno nessun valore di mercato per i collezionisti. Occhio attento, quindi, a cosa si compra.

Per l’antiquariato, invece, esiste un mercato, locale o internazionale, a seconda della rarità e dell’appetibilità del pezzo. Anche nel mondo antiquario esistono le “sole” ovviamente, più che altro copie o falsi, a cui bisogna prestare la massima attenzione. I problemi legati  agli oggetti di antiquariato come beni di investimento sono principalmente due: le dimensioni e il prezzo. Pensiamo ad un comò del 1700, ad un quadro di due metri per tre, ad una statua  neoclassica in marmo di Carrara: sono grandi, pesanti, difficili da trasportare. Il prezzo, inoltre, di questi oggetti può essere molto elevato, decine o centinaia di migliaia di euro. Quindi in un ambito di pianificazione complessiva, è bene rivolgersi sempre ad un patrimonialista, che sia in grado di distribuire il patrimonio in maniera adeguata alle vostre reali esigenze di vita. Evitare di investire troppo in un unico bene è una regola base della corretta pianificazione e diversificazione.

In linea generale, sarebbe bene acquistare beni che si possano quantomeno riporre in un caveau di sicurezza: infatti un grosso problema degli oggetti d’arte e di antiquariato è il rischio di furti, da cui ci si può tutelare con assicurazioni, impianti di allarme, caveau bancari. Le precauzioni non sono mai troppe, in funzione anche del valore e della rarità dei beni posseduti. Per le assicurazioni, va considerato un aggiornamento costante dei valori assicurati e verificato se la compagnia risarcisce per intero il valore o in maniera proporzionale al danno complessivo subito. Per gli impianti di allarmi e altri sistemi di dissuasione, è necessario mantenere i sistemi funzionanti e tecnologicamente aggiornati.

Insomma, comunque vogliate proteggere i vostri oggetti preziosi, c’è un costo da sostenere, negli anni, che va valutato in detrazione rispetto al prezzo di mercato del bene, poiché il costo per la sua protezione ne riduce il valore reale nel momento in cui volessimo realizzare (vendere).

Nel mondo dell’arte e dell’antiquariato vige poi una regola: un oggetto è tanto più prezioso quanto è raro e ben conservato. La rarità può essere in funzione sia delle quantità prodotte, sia della sua reperibilità effettiva. Più un oggetto è antico e fragile, meno sopravvive al tempo, ai traslochi, agli imprevisti che ne minacciano l’integrità. Pensiamo ad antico vaso, oggetto delicato e fragile; è un miracolo se ci imbattiamo in un pezzo con 100 anni di età, se ha 200 anni pensiamo ad un miraggio e così via.

Più un oggetto è raro, non  solo più è alto il suo valore, anzi in alcuni casi il valore viene determinato a discrezione assoluta del venditore, ma aumenta in maniera esponenziale il suo interesse collezionistico. Questa è la condizione ideale per un investimento, in quanto sarà abbastanza semplice rivenderlo e il ricavo ottenuto sarà elevato.

Ma poche sono le persone che hanno disponibilità economiche tali da potersi permettere oggetti così rari da essere quasi “mitici” e oggetto del desiderio dei collezionisti di tutto il mondo. O meglio, poche persone hanno un patrimonio così elevato che permetta loro di ricomprendere in una attenta diversificazione e pianificazione oggetti di valore così elevato. Se un dipinto antico e raro vale 10 milioni di euro, quanto dovrà essere grande la ricchezza del suo proprietario perché questo oggetto sia equamente distribuito in un complesso di investimenti? Solo chi non deve vendervi il dipinto e conosce la situazione patrimoniale presente e futura del cliente, come un planner patrimoniale indipendente, sarà in grado di valutare l’adeguatezza dell’investimento rapportata al complesso del patrimonio, alle necessità della famiglia, alla realizzazione delle aspirazioni dei figli o dei nipoti.

 

 

Dott. Marco Degiorgis – Life Planner / Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis