Esentato dall’imposta di registro chi paga l’Iva alla cessione degli immobili

La Corte di giustizia è intervenuta per chiarire il dubbio relativo alla corretta interpretazione dell’articolo 13, parte B, lettera g), della sesta direttiva. Nel caso specifico la società ricorrente e protagonista della controversia ha acquisito diritti di proprietà perfezionati con l’acquisto vero e proprio di beni immobili. Tali beni consistevano in fabbricati commerciali in corso di ristrutturazione, per trasformazione in un nuovo immobile, il cui completamento veniva eseguito proprio dalla società acquirente. Proprio per tale cessione, la società ricorrente, riceveva un avviso di rettifica per mancato versamento dell’imposta di registro. Un primo ricorso, avverso tale avviso, era dichiarato infondato. Allo stesso modo era respinta la richiesta presentata alla Corte di appello motivata dal fatto che, in conformità all’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), dell’imposta sul fatturato, la cessione, di cui al procedimento principale, doveva essere soggetta a imposta di registro. Nel ricorso in cassazione, però, la società ricorrente sottolineava che, nella cessione di fabbricati, la normativa comunitaria in materia di Iva, prevede il pagamento dell’Iva. Dal parere reso dall’avvocato generale al giudice del rinvio emerge, infatti, causa lo stato di avanzamento dei lavori, nel momento della cessione, e ferma restando l’intenzione di realizzare un nuovo immobile, che l’operazione debba essere qualificata come rilevante ai fini Iva. In virtù del richiamo dell’avvocato generale alla precedente giurisprudenza della Corte e ritenendo di dover chiarire lo stato di avanzamento dei lavori e l’iniziativa tra venditore e acquirente, ai fini dell’applicazione dell’Iva, il giudice nazionale decideva di sospendere il procedimento in attesa della pronuncia degli eurogiudici.

La questione pregiudiziale

La questione posta all’attenzione dei giudici riguarda l’interpretazione del combinato disposto dell’articolo 13, parte B, lettera g), e dell’articolo 4, della sesta direttiva. Nella sostanza occorre stabilire se l’esenzione da Iva, a norma degli articoli, possa essere concessa per operazioni di cessione di un fabbricato la cui ristrutturazione sia stata iniziata prima della vendita e completata, successivamente, dall’acquirente.

Le argomentazioni delle parti

La normativa comunitaria prevede che, per ogni operazione, sia essa cessione di beni o prestazione di servizi, effettuata a titolo oneroso, si deve applicare l’Iva. Laddove la normativa preveda delle esenzioni, nel caso di specie gli articoli 13 e 4, da costante giurisprudenza, si evince che tali esenzioni devono essere intese in senso restrittivo, sempre restando nella logica del principio di neutralità fiscale. Pertanto, se da un lato l’articolo 13, prevede l’esenzione Iva per la cessione di vecchi fabbricati, in virtù dell’articolo 4, gli Stati membri possono assoggettare a Iva le cessioni di fabbricati effettuate anteriormente alla prima occupazione. Ma come rilevano gli stessi giudici europei, i riferimenti alla passata giurisprudenza non si adattano alle circostanze del procedimento principale. A tal proposito, la posizione dell’Amministrazione territorialmente competente è considerare una cessione di fabbricato, come quella in oggetto, esente da Iva. La Commissione europea, rilevano i giudici, ritiene che il caso in questione rientri nella fattispecie di cessione di fabbricati nuovi se i lavori di ristrutturazione di fabbricato sono stati conclusi al momento della cessione. Nel caso in cui i lavori non siano ultimati, si può prendere in considerazione anche l’intenzione delle parti, ultimati i lavori in corso, di cedere un fabbricato destinato a essere utilizzato come nuovo. In tal caso occorre appurare tale intenzione attraverso la verifica della sussistenza di elementi oggettivi come lo stato di avanzamento lavori e la variazione di utilizzo. Di conseguenza una cessione di fabbricato, in cui i lavori di demolizione siano in corso rispetto a quelli di trasformazione dell’acquirente, non può essere qualificata come prima occupazione e, secondo l’articolo 4, non può essere applicata l’Iva.

La posizione della Corte

L’esenzione dall’Iva, come contemplata nell’articolo 13, parte B, lettera g), della sesta direttiva, in combinato disposto con l’articolo 4, è prevista per operazioni di cessione di fabbricati sui quali, nel momento di perfezionamento della cessione, siano effettuati lavori di demolizione soltanto parziali e le opere di trasformazione non siano ancora state effettuate.

Imposta di registro, l’Agenzia risponde alle domande dei contribuenti

Agevolazione prima casa a prova di separazione. Il bonus non si perde nel caso in cui, in seguito a un obbligo assunto in base all’accordo di separazione o divorzio, uno dei coniugi cede all’altro la propria quota dell’immobile prima che siano trascorsi cinque anni dall’acquisto. Esenti da registro, inoltre, i trasferimenti patrimoniali a favore dei figli, derivanti dall’accordo di “fine matrimonio”, se indispensabili a risolvere la crisi coniugale. Sono alcuni dei punti toccati dalla circolare 27/E di oggi, con cui l’Agenzia fa focus sull’imposta di registro e scioglie i dubbi su come applicarla correttamente.

Separazione coniugi con esenzione a tutto tondo su accordi patrimoniali pro figli
Trovano l’esenzione da bollo, registro e ogni altra tassa gli accordi patrimoniali stipulati dai coniugi nell’ambito della separazione a favore dei figli, purché siano esplicitamente considerati funzionali e indispensabili a risolvere la crisi coniugale. Quindi, ad esempio, non è tassato l’atto con cui il genitore, in esecuzione di un accordo di separazione consensuale, come proprietario della casa coniugale ne trasferisce al figlio la nuda proprietà. Ciò a patto che il testo dell’accordo di separazione omologato dal tribunale preveda espressamente la funzione “risolutrice” della disposizione patrimoniale.

Prima casa: in caso di separazione, resiste l’agevolazione
La circolare chiarisce che, sempre in caso di separazione, resiste l’agevolazione prima casa, anche se viene ceduta. Il bonus, infatti, non si perde nel caso in cui, in seguito a un obbligo assunto in base all’accordo di separazione o divorzio, uno dei coniugi cede all’altro la propria quota dell’immobile prima che siano trascorsi cinque anni dall’acquisto. Ciò indipendentemente dalla circostanza che chi ha ceduto la sua “parte” acquisti o meno una nuova casa. Non solo. L’agevolazione prima casa non decade anche nel caso in cui l’accordo omologato dal tribunale prevede che moglie e marito cedano ad altri la proprietà dell’immobile, con rinuncia da parte di uno dei due a favore dell’altro dell’incasso della vendita. Determina, tuttavia, decadenza dal regime di favore l’ipotesi in cui il regime di favore non continua a valere, è l’ipotesi in cui il coniuge – a cui è assegnato l’intero corrispettivo della vendita – non riacquista entro un anno un altro immobile da adibire ad abitazione principale.

Come applicare il registro su concordato preventivo e ristrutturazione debiti
I decreti di omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e quelli sul concordato preventivo scontano l’imposta nella “quota” fissa di 168 euro. Sono soggetti, invece, all’imposta in misura proporzionale gli atti giudiziari di omologa di accordi di ristrutturazione dei debiti, se costituiscono titolo per trasferire o costituire diritti reali, tra l’altro, su beni immobili o unità da diporto. Per quanto riguarda il decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento del
terzo assuntore, che si configura come atto traslativo della proprietà dei beni a favore del terzo assuntore, si applica l’imposta in misura proporzionale. Al contrario, se il decreto è relativo a operazioni incluse in ambito Iva, il registro è applicato in misura fissa.

Cessione di area non edificabile, la tassazione è influenzata dalla “compensazione edificatoria”
Se una società di capitali acquista da un’altra, della stessa natura, un terreno non edificabile, con l’esplicito intento di cederlo al Comune in cambio di un diritto di cubatura su altra area, di valore corrispondente a quello dell’area ceduta, il trattamento fiscale dell’atto di compravendita tiene conto della natura non edificatoria dell’area. In particolare, se il contratto consente di distinguere la parte di corrispettivo relativa alla vendita del terreno non edificabile da quella riconducibile alla cessione della futura cubatura nella nuova area, i diversi corrispettivi vanno assoggettati l’uno a imposta di registro nella misura proporzionale dell’8%, l’altro a Iva al 21%. Laddove, invece, non sia possibile fare questa distinzione, l’atto di compravendita sconta il registro nella misura ordinaria dell’8%. Le cessioni di terreni non edificabili, infatti, rientrano tra le operazioni non considerate cessioni di beni ai fini Iva.

Le “pillole fiscali” della settimana [26 – 30 Aprile 2010]

Caro Lettore, di seguito ti riproponiamo le “pillole fiscali“ pubblicate nella finestrella dedicata sulla destra durante questa settimana (26 – 30 Aprile 2010). Buona lettura e soprattutto week-end e buona festa dei lavoratori!

  • La Corte di Cassazione con la sentenza n. 12028 della sesta sezione penale depositata il 26 Marzo, ha stabilito che nella determinazione del tasso d’interesse usurario rientra anche la commissione di massimo scoperto. La Suprema Corte ha interpretato l’art’644 del codice penale che prevede di considerare rilevanti ai fini dell’usura “tutti gli oneri che un utente supporti in connessione con un suo uso del credito” stabilendo che tra questi oneri rientra indubbiamente la commissione di massimo scoperto. Inoltre nella Sentenza è stata fornita un’analisi della natura della commissione di massimo scoperto che non è un interesse in senso tecnico ma piuttosto un onere in relazione allo “scoperto di conto corrente”.
  • Se il collaboratore a progetto non riesce ad ultimare il lavoro assegnatogli, il compenso stabilito in funzione del progetto, può essere ridotto proporzionalmente alla quantità e qualità del lavoro eseguito (questo però deve essere previsto nel contratto). Lo stesso vale nel caso in cui la qualità del medesimo sia tale da comprometterne l’utilità.
  • L’Agenzia delle Entrate con la Circolare 21/E del 23 Aprile 2010 ha fornito dei chiarimenti in merito alle detrazione che spettano ai contribuenti che hanno posto in essere interventi di ristrutturazione per il risparmio energetico, l’acquisto di mobili, elettrodomestici, pc, il recupero edilizio, il risparmio energetico. Infatti per gli interventi di risparmio energetico infrannuale l’agevolazione Irpef, Ires non è persa se non è stata inviata entro il 31 marzo 2010 la comunicazione alle Entrate dei pagamenti effettuati nel 2009. Per la detrazione riguardante l’acquisto di elettrodomestici finalizzati ad arredare l’immobile ristrutturato è sufficiente che la data inizio lavori sia anteriore l’acquisto dell’arredo, ma non che le spese di ristrutturazione siano sostenute prima dell’arredo.
  • Secondo  la sentenza n. 9916 del 26 Aprile 2010 della terza sezione civile della Cassazione  si è stabilito che il commercialista è tenuto a risarcire il cliente per il 50 % delle sanzione inflitte dal fisco, a prescindere dal fatto che i comportamenti fossero concordati con quest’ultimo.
  • Se il valore di mercato di un bene è notevolmente più elevato del prezzo dichiarato, può essere negata la pretesa del contribuente di calcolare l’imposta di registro sul prezzo di cessione dichiarato e calcolarla invece sul valore di mercato del bene oggetto di trasferimento (articoli 51 e 52, Dpr 131/1986). Inoltre, se il prezzo dichiarato è inferiore al valore di mercato del bene, ridotto di un quarto, si può anche essere soggetti ad una sanzione che va dal 100 al 200 per cento della maggiore imposta dovuta (articolo 71, comma 1, Dpr 131/1986).