Riscaldamento: ci sono incentivi per la biomassa che consentono di riscaldarsi gratis

La legge di bilancio 2023 ha previsto ai commi 443-445 una particolare forma di incentivo, lo stesso è rivolto alle imprese agricole e consente di raccogliere legna dall’alveo dei fiumi, la stessa può essere utilizzata per autoconsumo oppure avviata alla lavorazione. Non solo, per questa attività sono previsti incentivi. Ecco le importanti novità.

Legge di bilancio 2023: le imprese agricole possono raccogliere legna per il consumo e avere incentivi

La legge di bilancio negli anni ha imparato a stupirci, spesso in modo positivo, andando a ricomprendere misure importanti che però non rientrano nei tradizionali provvedimenti generalmente ricompresi in questa tipologia di atti. Questa volta ad avere particolari benefici sono le aziende agricole o comunque dedite alla silvicoltura.

Il comma 443 prevede che al fine di:

  • promuovere la produzione di energia dalla biomassa legnosa e l’autoconsumo;
  • prevenire il dissesto idrogeologico nelle aree interne

è consentita agli imprenditori agricoli la raccolta di legname da:

  • alveo dei fiumi;
  • torrenti;
  • sponde di laghi e fiumi;
  • battigia del mare.

Tali attività sono consentite in seguito a eventi atmosferici o meteorologici, mareggiate e piene.

Leggi anche: Agricoltura: esonero contributivo 2023 per coltivatori diretti e Iap

La ratio della norma è evidente, infatti l’Italia è periodicamente attraversata da eventi atmosferici che portano allo spostamento di grandi masse di fanghiglia e residui legnosi che devono poi essere raccolti per evitare che si creino ulteriori danni nel tempo. Tale attività se viene svolta da dipendenti o comunque imprese che si occupano della pulizia, devono essere remunerate e devono esservi appalti e procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento dell’incarico.

La soluzione invece prospettata appare essere piuttosto economica. Soprattutto questa soluzione porta al recupero dei materiali che possono essere riutilizzati per l’alimentazione di stufe a biomassa evitando così anche costi di eventuali smaltimenti. Inoltre si tratta di un combustibile che rispetto ad altri è meno inquinante.

Istituito il fondo per il recupero di materiale legnoso per riscaldamento

Il comma 444 però fa di più, infatti prevede un fondo da 500 mila euro annui a partire dal 2023 al fine di incentivare la raccolta di legna. Questo vuol dire che dovranno essere previsti anche “premi” per gli imprenditori agricoli che decidono di dedicarsi a tale attività. Da quanto emerge dalle disposizioni normative in oggetto la legna raccolta dovrebbe essere indirizzata all’autoconsumo e quindi può essere utilizzata per stufe a legna, camini o comunque altri sistemi di produzione di energia in particolare termica.

Infine, occorre ricordare che il comma 445 della legge di bilancio 2023 stabilisce che le modalità di ripartizione del fondo dovranno essere rese note entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio 2023 (1° gennaio 2023) con decreto del Ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare e delle foreste previa intesa con la Conferenza Unificata.

Dubbi sugli incentivi sulla biomassa che permettono di riscaldarsi gratis

Attualmente non mancano dubbi sulla interpretazione della norma, infatti, visto che la finalità è quella di prevenire e contrastare il dissesto idrogeologico, nulla vieta all’imprenditore agricolo di utilizzare il materiale raccolto per l’immissione sul mercato e in questo caso sorgono dubbi sulla tassazione di tali proventi.

Dubbi ci sono anche sulla classificazione delle entrate derivanti dalla distribuzione del fondo istituito, infatti l’attività di raccolta potrebbe essere classificata come “prestazione di servizi” con conseguente tassazione. Molto probabilmente sarà il decreto attuativo a chiarire le perplessità su questa particolare norma introdotta.


	

Contributi a fondo perduto agli agricoltori per i pannelli fotovoltaici

In arrivo i contributi a fondo perduto a favore degli agricoltori per l’installazione di pannelli fotovoltaici. Lo prevede l’articolo 8 del decreto legge “Aiuti” che mette a disposizione aiuti degli agricoltori incentivi per produrre l’energia elettrica da fonti rinnovabili. I contributi derivano direttamente dal Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Il Pnrr ha infatti previsto lo stanziamento di un miliardo e mezzo di euro per il “Parco agrisolare” e di un altro miliardo e 100 milioni di euro per l’Agrivoltaico.

Agricoltura, contributi a fondo perduto agli agricoltori per i pannelli fotovoltaici: di cosa si tratta?

I contributi a fondo perduto consistono in incentivi per realizzare gli impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici strumentali allo svolgimento dell’attività agricola. Le imprese agricole per la produzione primaria ottengono i contributi a fondo perduto soltanto per realizzare gli impianti di capacità produttiva non superiore al consumo medio di energia elettrica durante l’anno dell’impresa stessa. Nel calcolo del consumo medio dell’energia elettrica rientrano anche i consumi familiari.

Quali imprese agricole possono richiedere i contributi a fondo perduto sui pannelli fotovoltaici?

Le imprese ammesse alla richiesta dei contributi a fondo perduto per l’installazione dei pannelli fotovoltaici sono quelle che svolgono la propria attività nei comparti:

  • dell’agricolo;
  • dello zootecnico;
  • dell’agroindustriale.

I contributi a fondo perduto rispecchiano gli orientamenti della Commissione europea sugli incentivi a favore dei settori agricoli e forestali e nelle zone rurali del settennato 2014-2020, per l’occasione prorogate fino al tutto il 2022 mediante autorizzazione sulle misure a valere sul Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr).

Contributi a fondo perduto per il Parco agrisolare

In merito alla misura relativa al “Parco agrisolare“, le risorse disponibili sono pari a 1,5 milioni di euro. Si tratta degli incentivi di cui al decreto ministeriale attuativo dello scorso 25 marzo, firmato dal ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Stefano Patuanelli. Con i contributi a fondo perduto si possono finanziare progetti di investimento sui tetti degli edifici strumentali all’attività agricola, agroindustriale e agrituristica. Le imprese agricole di produzione primaria a possono richiedere i contributi solo per realizzare gli impianti a capacità produttiva non superiore al consumo di energia elettrica medio annuale dell’impresa stessa e per utilizzi familiari. Secondo l’articolo 2 del decreto ministeriale, inoltre, le imprese agricole possono vendere l’energia elettrica rispettando i medesimi limiti.

Quali imprese sono escluse dai contributi a fondo perduto?

In virtù delle modifiche operate dal decreto legge “Aiuti”, le imprese sono escluse dagli incentivi per le quote di potenza e di consumo di energia elettrica eccedenti la media annuale. Per la presentazione delle domande è necessario attendere l’emanazione di un nuovo decreto che disciplini le modalità e i termini di invio delle istanze.

Contributi a fondo perduto per lo ‘Sviluppo agrivoltaico’: quali sono gli incentivi a disposizione?

Per lo Sviluppo agrivoltaico, il governo ha messo a disposizione risorse per 1,1 miliardi di euro. Il decreto di riferimento è quello del ministero per la Transizione ecologica del 27 giugno 2022 nel quale sono riportate le linee guida della misura. Inoltre, è prevista per il 12 luglio prossimo la fine della fase delle consultazioni durante la quale verranno tracciate le modalità di presentazione delle domande e le relative osservazioni delle parti interessate.

Per cosa si possono richiedere i contributi a fondo perduto dello Sviluppo agrivoltaico?

I contributi a fondo perduto per lo sviluppo agrivoltaico potranno essere richiesti per sistemi e impianti fotovoltaici. Le imprese agricole dovranno rispettare determinati parametri tecnici, riguardanti soprattutto l’altezza degli impianti. I vincoli riguardano soprattutto la garanzia dello svogimento dell’attività agricola e di allevamento nelle aree sottostanti. I contributi a fondo perduto possono essere richiesti per un ammontare in conto capitale fino al 40% delle spese ammissibili riferite alla produzione di energia elettrica.

Agricoltura, per il caro energia incentivi a realizzare impianti: in cosa consistono?

Sono stati estesi a tutto il 2022 gli incentivi per gli impianti di produzione di energia elettrica in agricoltura. La misura è contenuta nelle disposizione del decreto legge “Milleproroghe” e va inquadrata nei recenti interventi legislativi per contrastare il caro energia e l’emergenza Covid. Proprio sul caro energia, è intervento il comma 5 septies dell’articolo 11 del decreto “Milleproroghe” che estende a tutto il corrente anno la realizzazione degli impianti di produzione elettrica a biogas. La potenza massima degli impianti deve essere pari a 300 kW.

Incentivi per la realizzazione di impianti di energia elettrica in agricoltura: cosa sono?

L’incentivo per il caro energia a favore degli imprenditori agricoli rientra nelle misure già previste dal comma 954 dell’articolo 1, della legge numero 145 del 2018 (legge di Bilancio 2019). Gli impianti realizzati in agricoltura devono far parte del ciclo produttivo dell’attività imprenditoriale. Tra i requisiti richiesti, vi è la necessità che gli impianti siano alimentati da reflui e da materie provenienti prevalentemente dalle imprese agricole realizzatrici. La percentuale dell’origine da materie delle aziende deve essere pari a non meno dell’80%. La restante parte del 20% deve provenire da colture di secondo raccolto.

Quali requisiti sono richiesti per ottenere gli incentivi degli impianti in agricoltura e presentazione domanda

Tra gli altri requisiti richiesti per ottenere gli incentivi degli impianti di energia elettrica in agricoltura rientra anche l’autoconsumo aziendale dell’energia elettrica prodotta. La domanda per la realizzazione di impianti che abbiano una potenza massima pari a 100 kW deve essere presentata solo dopo che l’impianto sia entrato in esercizio. Per gli impianti di potenza superiore (e non oltre i 300 kW) è necessaria l’iscrizione al Registro per ottenere il contingente di potenza.

Quanti incentivi sono a disposizione delle imprese agricole per gli impianti di energia elettrica?

Per gli impianti di energia elettrica le imprese agricole possono contare sullo stanziamento del ministero per la Transizione ecologica (Mite) di 267 milioni di euro. Il decreto legge “Energia”, all’articolo 14, prevede che i fondi siano stanziati a favore di impianti fino a 200 kW. L’energia prodotta deve essere utilizzata per l’autoconsumo da fonti rinnovabili. Inoltre, l’articolo 15 dello stesso decreto consente l’ottenimento di un credito di imposta per chi presenti la domanda nelle regioni del Sud Italia. L’ottenimento degli incentivi deve avere sempre come obiettivo quello di migliorare l’efficienza energetica e la produzione dell’energia dalle fonti rinnovabili.

Quale incentivo per le imprese agricole che investano in efficienza energetica o in fonti rinnovabili?

Proprio l’obiettivo dell’efficienza energetica o quello dell’energia prodotta da fonti rinnovabili determina l’entità dell’incentivo spettante alle imprese agricole. A tal proposito, è necessario attendere il decreto ministeriale che stabilirà l’incentivo spettante alle imprese agricole che adottino l’una o l’altra soluzione energetica.

 

Agricoltura: nuovo fondo a rimborso dei danni per alluvioni, gelo, brina e siccità

La legge di Bilancio 2022 ha istituito un nuovo fondo per l’agricoltura e, in particolare, per il rimborso agli agricoltori dai danni causati da alluvioni, da gelo, da brina e dalla siccità. La dotazione del fondo è di 50 milioni di euro per tutto il 2022. L’istituzione del fondo mostra l’attenzione del legislatore per i fenomeni del cambiamento climatico che vanno a danneggiare l’agricoltura.

Fondo per rimborsare i danni causati agli agricoltori dai fenomeni climatici: riferimenti normativi

L’istituzione del fondo per il rimborso delle calamità climatiche ai danni dell’agricoltura è disciplinata dai commi 515-519 dell’articolo 1 della recente legge di Bilancio 2022. Il fondo assicurerà la gestione dei rischi delle imprese che operano nell’agricoltura, beneficiarie dei pagamenti della Politica agricola comune (Pac). La copertura assicurata del fondo sarà in tempi brevi ed ex post, ovvero al verificarsi del danno agli agricoltori. La copertura dei rischi potrà continuare a essere ottenuta ex ante anche tramite le compagnie assicuratrici. Dunque le misure pubbliche e private sono cumulabili.

Copertura dei danni alle strutture agricole: come chiedere il rimborso al Fondo

Per l’operatività del fondo stesso è necessario attendere il decreto del Mipaaf. Il provvedimento andrà a disciplinare il riconoscimento, il finanziamento e la gestione del fondo per i danni arrecati dai fenomeni climatici al settore agricolo. Il fondo è affidato alla gestione di Ismea, mentre i criteri e le modalità di intervento verranno definiti, per ciascun anno, dal Piano di gestione dei rischi in agricoltura secondo quanto prevede il decreto legislativo numero 102 del 2004 all’articolo 4.

Imprenditore agricolo: deroga alla perdita della qualifica per eventi dannosi riconosciuti dal Mipaaf

Sempre in tema di danni al settore agricolo, il comma 988 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2022 introduce una deroga alla regola generale della prevalenza lavorativa per la qualifica di imprenditore agricolo. Infatti, rispetto a quanto disciplina l’articolo 2135 del Codice civile, l’imprenditore agricolo non perde la qualifica nel caso in cui si verifichi un evento calamitoso o epidemiologico. L’eccezionalità dell’evento deve essere dichiarata da un decreto declaratorio del Mipaaf. La deroga ha validità per tre anni dal provvedimento del Mipaaf.

Contributi previdenziali, esonero contributivo 2022 e finanziamenti all’imprenditoria dell’Ismea

In tema di esonero contributivo dei coltivatori diretti, il comma 520, dell’articolo 1, della legge di Bilancio 2022 produce la proroga per i lavoratori agricoli fino a 40 anni che si dovessero iscrivere, nel 2022, alla previdenza. I commi dal 521 al 525, inoltre, potenziano i contributi assegnati dall’Ismea all’imprenditoria giovanile e femminile nel settore agricolo.

 

 

Coltivatore diretto, come iscriversi all’Inps e quante giornate lavorative servono per i contributi?

Quante giornate di lavoro servono al coltivatore diretto ai fini dell’iscrizione all’Inps? Per rispondere a questa domanda è necessario collocare esattamente la figura del coltivatore diretto tra i lavoratori autonomi del settore agricolo. L’articolo 2083 del Codice civile inserisce il coltivatore diretto tra i piccoli imprenditori. Si tratta “dei coltivatori diretti del fondo, degli artigiani, dei piccoli commercianti e di coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia”.

Quali attività svolge tipicamente il coltivatore diretto?

Le attività che svolge il coltivatore diretto, considerato piccolo imprenditore agricolo, sono disciplinate dall’articolo 2135 del Codice civile. L’articolo specifica che “è imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”. Inoltre, per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”.

Quali sono le attività connesse svolte dal coltivatore diretto?

Le attività connesse a quelle principali del coltivatore diretto riguardano “le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, alla conservazione, alla trasformazione, alla commercializzazione e alla  valorizzazione che abbiano a oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.

Cosa serve al coltivatore diretto per l’iscrizione all’Inps?

Per potersi iscrivere all’Inps, al coltivatore diretto serve una capacità occupazionale di almeno 104 giornate di lavoro all’anno. La capacità occupazionale deve essere verificata nel complesso dei fondi condotti oppure, nel caso dell’allevamento, sul numero dei capi. Per il calcolo è necessario far riferimento alle tabelle ettaro-coltura.

Coltivatore diretto, come fare domanda di iscrizione all’Inps?

Nel caso in cui il coltivatore diretto rispetti tutti i requisiti sopra citati, il titolare del nucleo familiare può richiedere l’iscrizione all’Inps per se stesso e per i suoi familiari. Sia per le coltivazioni che per l’allevamento è occorrente scaturire un fabbisogno di almeno 104 giornate di lavoro per ciascuna attività da assoggettare alla contribuzione previdenziale. Per poter presentare la domanda è necessario agire per via telematica mediante la procedura “ComUnica”. L’accesso è possibile dal Registro delle imprese. Qui bisogna assolvere ai vari adempimenti per avviare una nuova impresa, e procedere con le successive cancellazioni o modifiche.

Quando va inviata la comunicazione di iscrizione all’Inps dal coltivatore diretto?

La comunicazione all’Inps da parte del coltivatore diretto va inviata entro il termine di 90 giorni dalla data in cui ha iniziato l’attività economica. Risulta valido, sempre nei 90 giorni, anche il termine in cui il coltivatore ha acquisito i requisiti che implicano l’obbligo contributivo. Infatti, l’inizio di un’attività agricola potrebbe non coincidere con la data di decorrenza dell’obbligo contributivo. Ad esempio, se si coltiva un terreno che non ha bisogno di 104 giornate di lavoro all’anno, ma meno. Potrebbe successivamente necessitarne e quindi far scattare l’obbligo contributivo.

Cosa avviene quando il coltivatore agricolo si iscrive all’Inps?

Nel momento in cui il coltivatore diretto fa la domanda telematica all’Inps, l’Istituto previdenziale adotta il provvedimento di iscrizione e comunica il codice identificativo. Tale codice serve a rendere univoca l’azienda per gli adempimenti contributivi.

Coltivatore diretto, quando non è obbligatoria l’iscrizione al Registro imprese?

Può verificarsi che non sia obbligatoria l’iscrizione al Registro delle imprese da parte del coltivatore diretto. Ciò avviene nell’ipotesi formulata dal comma 3, dell’articolo 2, della legge numero 77 del 1997 che disciplina il mancato obbligo per i piccoli produttori agricoli appartenenti al regime Iva di esonero degli adempimenti di cui parla il comma 6 dell’articolo 34, del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1973.

Coltivatore diretto, come ci si cancella dalla gestione previdenziale Inps?

La cancellazione dalla gestione previdenziale Inps avviene mediante le stesse modalità e negli stessi termini dell’avvenuta iscrizione. Tuttavia, non è sufficiente presentare la documentazione della cessazione dell’attività economica, il certificato di certificazione del numero della partita Iva e di cancellazione dal Registro delle imprese. Infatti, la fine dell’obbligo contributivo termina per il coltivatore diretto per quattro situazioni:

  • il decesso;
  • per la sopravvenuta inabilità al lavoro che deve essere certificata dalle strutture pubbliche sanitarie adeguate;
  • perché è stato ceduto il terreno;
  • per l’inizio di un’altra attività.

Cosa avviene ai fini previdenziali se il coltivatore diretto ha anche altre attività?

La cancellazione dagli obblighi contributi all’Inps non va confusa con il caso in cui il coltivatore diretto svolte anche altre attività. In questo contesto, il requisito dell’abitualità sussiste purché quella da coltivatore diretti risulti l’attività prevalente. Per il calcolo della prevalenza bisogna rifarsi all’articolo 2 della legge numero 9 del 1963. Infatti, per la norma, in caso di esercizio contemporaneo di più attività lavorative, ai fini contributivi si considera quella prevalente quando la prestazione di lavoro del nucleo familiare sia di almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di allevamento del bestiame o di coltivazione dei fondi.

Comprare un terreno agricolo, quali tasse sono da pagare?

Quali imposte e tasse sono da pagare nel caso in cui si acquisti un terreno agricolo? Per rispondere a questa domanda è necessario distinguere il soggetto che vende il terreno agricolo. Può essere un soggetto qualsiasi oppure una banca o una società di leasing. Chi compra il terreno agricolo, invece, può ricadere in più soggetti.

Chi può comprare un terreno agricolo?

Infatti, il compratore di un terreno agricolo nel caso in cui il venditore sia un soggetto qualsiasi, può essere un imprenditore agricolo professionale, oppure un coltivatore diretto iscritto alla gestione assistenziale o previdenziale. In alternativa, la trattazione delle tasse e imposte dovute sull’acquisto di un terreno agricolo varia se si tratta di un soggetto qualsiasi diverso dalle tipologie di acquirente viste in precedenza. Nel caso in cui il venditore sia una banca o una società di leasing, la trattazione delle tasse e imposte dovute non varia a seconda del soggetto acquirente.

Acquisto di un terreno agricolo da parte di un imprenditore agricolo o coltivatore diretto: quali tasse?

In tutti i casi di acquisto e di vendita di un terreno agricolo non è mai dovuta l’Iva. Se ad acquistare il terreno agricolo da un qualsiasi soggetto che non sia una banca o una società di leasing è un imprenditore agricolo o un coltivatore diretto, sono dovute cinque tasse e imposte. Nel dettaglio:

  • l’imposta di registro per 200 euro, secondo quanto dispone il comma 4 bis dell’articolo 2, del decreto legge numero 194 del 2009, convertito nella legge numero 25 del 26 febbraio 2010;
  • imposta ipotecaria pari a 200 euro per la stessa norma precedente;
  • l’imposta catastale corrispondente all’1%, sempre per il decreto legge numero 194;
  • imposta di bollo di 230 euro seguendo quanto prevede il comma 1 bis, numero 1), dell’articolo 1, della Tariffa all’Allegato A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria pari a 90 euro ai sensi dei punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse Ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Acquisto di terreno agricolo di soggetto non imprenditore agricolo e nemmeno coltivatore diretto: quali tasse?

Nel caso in cui l’acquisto sia effettuato da un soggetto qualsiasi, ad eccezione del caso precedente, ovvero di imprenditore agricolo o coltivatore diretto, e il venditore è un soggetto qualsiasi ad eccezione di una banca o una società di leasing, la compravendita è esente sia dall’imposta di bollo che dalla tassa ipotecaria. L’esenzione è prevista dal comma 3 dell’articolo 10, del decreto  legislativo numero 23 del 14 marzo 2011.  Sono invece da pagarsi:

  • l’imposta di registro del 12%, secondo quanto prevede il terzo periodo dell’articolo 1, del Tp 1;
  • imposta ipotecaria e imposta catastale, per 50 euro ciascuno, ai sensi di quanto prevede il decreto legislativo numero 23 del 2011.

Acquisto di un terreno agricolo da una banca o da una società di leasing

La disciplina sulle tasse e sulle imposte è valida per qualunque soggetto acquirente (imprenditore agricolo, coltivatore diretto o qualsiasi altro soggetto) se il venditore è una banca o una società di leasing. Quest’ultima trova la propria disciplina nel comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006. Nel dettaglio, la norma chiarisce che deve trattarsi di cessioni effettuate per riscatto di contratti di leasing o di cessioni di immobili già oggetti di contratti di leasing risolti per inadempimento dell’utilizzatore.

Quali tasse e imposte sono dovute per l’acquisto di un terreno agricolo da una banca o società di leasing?

Nel caso di acquisto di un terreno agricolo da una banca o da una società di leasing sono dovute le seguenti tasse e imposte:

  • imposta di registro, imposta ipotecaria e imposta catastale, tutte e tre pari a 200 euro, ai sensi di quanto prevede il comma 10 ter 1, dell’articolo 35, del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • l’imposta di bollo corrispondente a 230 euro ai sensi del comma 1 bis, numero 1), dell’articolo 1, della Tariffa all’Allegato A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria corrispondente a 90 euro secondo quanto prevedono i punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse Ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Chi è l’imprenditore agricolo e le attività connesse

L’imprenditore agricolo è colui che si occupa della coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

Chi è l’imprenditore agricolo

La nuova definizione del codice civile ne amplia il contenuto ma restringendo il campo dell’applicabilità della più complessa disciplina concernente l’impresa commerciale. Pertanto, l’imprenditore agricolo è chi compie una delle attività indicate: coltivazione del fondo; selvicoltura; allevamento animali.

Allo stesso modo, tra le attività svolte dall’imprenditore agricolo rientrano anche quelle connesse.

Attività dell’imprenditore agricolo

La coltivazione del fondo, la selvicoltura e l’allevamento degli animali sono intese come attività volte alla cura e lo sviluppo di un ciclo biologico o di una sua fase necessaria, di carattere vegetale o animale.

S’intende come lavorazione del terreno, semina e raccolta dei frutti: la coltivazione del fondo. Invece, la selvicoltura è intesa come attività di massima valorizzazione della produttività di un terreo boschivo, ad esempio per ricavarne la legna dagli alberi, frutti e similari.

Originariamente allevamento di bestiame, il codice civile lo ha trasformato in allevamento di animali che consente di considerare imprenditore agricolo anche chi alleva bovini, pollame, equini, ovini.

L’imprenditore agricolo al pari dell’imprenditore commerciale rientra nella più ampia definizione di imprenditore di cui all’art. 2082 c.c., in base al quale è tale chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.

Inoltre, all’imprenditore agricolo essenziale è stato equiparato l’imprenditore ittico, cioè l’imprenditore che esercita l’attività di pesca professionale diretta alla cattura oppure alla raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri o dolci, e le attività connesse a queste.

Le attività connesse

Le attività connesse svolte dall’imprenditore agricolo, s’intendono quelle volte alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonche’ le attivita’ dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attivita’ agricola esercitata, ivi comprese le attivita’ di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalita’ come definite dalla legge.

Differenze tra l’imprenditore agricolo e l’imprenditore commerciale

Per prima cosa, cambia la disciplina giuridica: art. 2135 del codice civile per l’imprenditore agricolo e art. 2195 del codice civile per l’imprenditore commerciale. La profonda diversità tra le due figure imprenditoriali è riconosciuta ai fini dell’applicazione dell’attività d’impresa.

L’imprenditore agricolo è sottoposto solo alla disciplina prevista per l’imprenditore in generale, è esonerato dall’applicazione della disciplina propria dell’imprenditore commerciale, quindi tenuta delle scritture contabili, assoggettamento al fallimento e alle altre procedure concorsuali.

L’imprenditore agricolo da questo punto di vista perciò gode di un trattamento di favore rispetto all’imprenditore commerciale.

 

Finanziamenti Ismea per giovani agricoltori e donne: tutto quello che c’è da sapere

Tra le misure a favore dell’autoimprenditorialità giovanile in agricoltura particolare importanza assumono i finanziamenti Ismea con la specifica misura “Più Impresa”. Alla misura accedono i giovani imprenditori  richiamati dal decreto ministeriale numero 180228 del 20 aprile 2021. Inoltre, grazie alle modifiche introdotte dal decreto “Sostegni bis”, le disposizioni del decreto ministeriale si applicano anche alle imprese amministrate e condotte da donne.

Chi può richiedere il finanziamento Ismea per l’agricoltura?

Il finanziamento Ismea “Più Impresa” riguarda la concessione di mutui agevolati e contributi a fondo perduto per sostenere, su tutto il territorio nazionale, il subentro, ovvero il ricambio generazionale, e l’ampliamento, ovvero lo sviluppo, delle imprese agricole a prevalente o totale partecipazione giovanile. Pertanto, il finanziamento può essere concesso alle micro, alle piccole e alle medie imprese agricole, organizzate sotto forma di ditta individuale o di società, che siano amministrate da giovani tra i 18 e i 41 anni di età o da donne.

Requisiti dei giovani agricoli e donne per presentare domanda finanziamento Ismea

I 41 anni di età non devono essere stati compiuti alla data di presentazione della domanda. I richiedenti domanda devono essere in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale o di coltivatore diretto. Tale qualifica deve risultare dall’iscrizione alla Gestione previdenziale agricola. Se la domanda viene presentata da una società è necessaria la composizione per oltre la metà numerica dei soci e delle quote di partecipazione di giovani imprenditori tra i 18 e i 41 anni.

Requisiti delle imprese per richiedere il finanziamento Ismea

Oltre all’età dei giovani imprenditori e all’accesso alle donne, per la richiesta del finanziamento Ismea nel caso del subentro le imprese devono possedere i seguenti requisiti:

  • la costituzione da non più di 6 mesi della società subentrante rispetto alla data di presentazione della domanda di finanziamento;
  • l’esercizio esclusivo dell’attività agricola secondo quanto prescrive l’articolo 2135 del Codice civile, sempre alla data di presentazione della domanda;
  • il subentro, anche a titolo accessorio e da non oltre i 6 mesi alla data di invio della domanda, nella conduzione dell’intera impresa agricola. Il subentro può essere anche di 3 mesi se effettuato mediante atto di cessione dell’impresa;
  • la sede operativa che deve trovarsi nel territorio nazionale.

Subentro e ampliamento di imprese agricole con il finanziamento Ismea

La misura, secondo quanto prevede il decreto Sostegni Bis poi convertito nella legge numero 106 del 23 luglio 2021, prevede inoltre che l’azienda cedente sia attiva da non meno di 2 anni e che sia economicamente e finanziariamente sana. Inoltre, l’azienda cedente, ditta individuale o società, deve svolgere in maniera esclusiva l’attività agricola, essere iscritta alla Camera di Commercio con titolarità di partita Iva. La seconda situazione prevista per il finanziamento Ismea è quella dell’ampliamento. Si intende per ampliamento l’intervento di miglioramento, di ammodernamento o di consolidamento dell’impresa esistente. Anche in questo caso, l’azienda agricola deve essere attiva da almeno 2 anni, con sede nel territorio nazionale ed economicamente sana.

Cosa finanzia l’Ismea e quali spese sono ammissibili?

Il progetto Ismea finanzia i progetti di sviluppo e di consolidamento delle imprese agricole, inerenti alla produzione, alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti agricoli. Inoltre è compresa anche la diversificazione del reddito agricolo. Queste tipologie di interventi sono finanziabili nella misura massima del 10% dei costi totali dell’intervento da realizzare.

Quali altre spese sono finanziabili dall’Ismea

Inoltre, le altre spese ammissibili nel finanziamento Ismea riguardano:

  • le spese per i nuovi impianti di trasformazione. In questo caso, la potenzialità non deve essere superiore al 100% della capacità produttiva dell’azienda rientrante nell’intervento;
  • gli oneri per lo studio di fattibilità nella misura del 2% del valore complessivo del progetto da realizzare;
  • i costi per le opere agronomiche sono ammissibili solo per investimenti nella produzione agricola primaria;
  • gli oneri relativi alle opere edilizie per il rilascio della concessione;
  • opere dell’edilizia per la costituzione o per il miglioramento dei beni immobili;
  • l’allacciamento, gli impianti, i macchinari e le attrezzature;
  • i beni pluriennali;
  • l’acquisto dei terreni;
  • le opere agronomiche o di miglioramento del fondo;.

In cosa consiste il finanziamento Ismea?

L’intervento complessivo del finanziamento Ismea può arrivare fino a 1.500.000 euro, Iva esclusa, con una durata che va dai 5 ai 15 anni. Le agevolazioni, sull’intero territorio nazionale, possono essere concesse mediante:

  • un mutuo agevolato per un importo fino al 60% delle spese ammissibile e applicazione del tasso zero;
  • il contributo a fondo perduto per un importo fino al 35% delle spese ammissibili.

Sono altresì finanziabili le attività di agriturismo e le altre attività di diversificazione del reddito agricolo: per questi interventi sono previste agevolazione in regime de minimis per un importo complessivo di spesa fino a 200.000 euro. Infine, le spese effettuate e oggetto di finanziamento devono essere rendicontate per stato di avanzamento dei lavori nel limite massimo di cinque.

Cosa non finanzia l’Ismea

Non sono finanziabili dall’Ismea le spese sostenute per:

  • la costituzione o la ristrutturazione dei fabbricati rurali che non sono connessi strettamente all’attività oggetto del progetto;
  • l’acquisto dei diritti di produzione, o dei diritti all’aiuto e piante annuali, i costi di impianto di piante annuali, i lavori di drenaggio, gli investimenti fatti per la conformità alle norme dell’Unione europea, l’acquisto di animali, gli investimenti inerenti il settore della produzione agricola primaria;
  • i costi del capitale circolante;
  • le spese sostenute per sostituire i beni preesistenti, pertanto i beni di investimenti finanziabili devono essere nuovi di fabbrica;
  • i lavori in economia;
  • i costi dell’Iva;
  • gli investimenti negli impianti per la produzione di biocarburanti;
  • i costi per gli impianti riguardanti la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili;
  • tutti gli interventi o acquisti fatti prima della data di ammissione al finanziamento.

Le garanzie a sostegno del finanziamento Ismea

L’azienda agricola che ottiene i finanziamenti Ismea deve fornire garanzie pari al 100% del valore del mutuo agevolato concesso. La durata della garanzia deve essere pari a quella del mutuo agevolato. Rientrano tra le garanzie ammissibili al finanziamento Ismea:

  • quelle ipotecarie di primo grado inerenti i beni oggetto delle agevolazioni, o su altri beni dell’impresa beneficiaria o ancora di terzi;
  • in alternativa o a supporto dell’ipoteca, è possibile ricorrere alla fideiussione di banche o assicurazioni.