Irap, è l’ultima volta per ditte individuali e professionisti

Ultimo anno, il 2020, per l’Irap dei liberi professionisti, delle ditte individuali, dei lavoratori autonomi e degli imprenditori singoli. Tuttavia, l’esonero previsto per quest’anno obbliga le categorie a versare il saldo entro la fine di giugno. Gli interessati, infatti, dovranno trasmettere il modello dell’Irap 2022 alla scadenza del 30 novembre 2022. E sarà l’ultima volta che trasmetteranno il modello.

Chi sono i lavoratori autonomi e le partite Iva escluse dall’Irap nel 2022?

Gli interessati all’esonero dell’Irap sono dunque tutti i lavoratori autonomi che hanno partita Iva e gli imprenditori individuali. Per questi ultimi si tratta dell’ultima Irap anche se esercitano la propria attività come impresa familiare. L’esonero dell’Irap è disciplinato dal comma 8 dell’articolo 1, della legge numero 234 del 2021 (legge di Bilancio 2022). Per le partite Iva forfettarie, invece, l’esclusione dall’Irap era già stata esclusa dal legislatore.

Quali sono gli obblighi di saldo dei professionisti e delle imprese individuali al 30 giugno 2022?

L’ultimo giro di Irap per il 2022 comporta, per le partite Iva dei liberi professioni e per le imprese individuali comporta il versamento:

  • entro il 30 giugno 2022 del saldo dell’Irap. Il termine può farsi slittare al 22 agosto prossimo pagando gli interessi dello 0,4%;
  • non si devono più corrispondere gli acconti;
  • l’eventuale credito non si può compensare verticalmente. Si potrà compensare per altri contributi o per altre imposte. La compensazione può avvenire liberamente se l’importo a credito non eccede i 4 mila euro, altrimenti alla trasmissione della dichiarazione e mediante visto di conformità.

A chi va il gettito Irap?

L’imposta si versa alla regione nella quale il professionista o la partita Iva realizza la propria produzione. Se l’imprenditore esercita la propria attività in più regioni, la determinazione dell’Irap a ciascuna dipende dal totale delle retribuzioni del personale per ogni regione. Se non vi è personale, l’Irap si versa a favore della regione dove l’imprenditore ha la sede societaria.

Come si calcola l’Irap?

L’Irap si determina in maniera differente a seconda del contribuente. Se si tratta di società di capitali, il calcolo da fare per la determinazione della base imponibile è la differenza tra il valore della produzione e i costi di produzione. Le imprese individuali e le società di persone, invece, calcolano la base imponibile dalla differenza tra i ricavi e i costi.

 

Irap, la devono pagare anche le imprese familiari e coniugali?

Con la riforma fiscale e l’abolizione dell’Irap per le persone fisiche, l’Imposta regionale sulle attività produttive deve essere pagata dalle imprese familiari? Al quesito ha risposto l’Agenzia delle entrate fornendo indicazioni relative all’esenzione dell’imposta anche per le imprese familiari. Nel chiarimento, infatti, l’Agenzia delle entrate ha tenuto maggiormente conto della natura individuale e non associativa delle imprese familiari.

Versamento Irap 2022, chi non deve versare l’imposta?

Nella risposta fornita dall’Agenzia delle entrate si parte al presupposto dell’esenzione dal pagamento dell’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap) prevista dalla legge di Bilancio 2022. Al comma 8 dell’articolo 1, della legge numero 234 del 2021, il governo ha infatti previsto che, a partire dal 2022, l’Irap non debba essere pagata più dalle persone fisiche che esercitino le attività commerciali oppure le arti e le professioni. Le attività esentate dal pagamento dell’Irap sono quelle elencate dalle lettere b) e c) del comma 1 dell’articolo 3 del decreto legislativo numero 446 del 1997.

Irap 2022, i chiarimenti su chi risulta esentato dal pagamento dell’imposta

In altre parole, sono esentati dal pagamento dell’Irap tutte le persone fisiche che siano titolari di partita Iva individuale. Nell’esercizio della professione, le partite Iva devono svolgere un’attività individuale, qualunque essa sia, anche in forma di impresa, purché individuata tra i commercianti, gli artigiani, i prestatori di servizi. Sono inclusi dunque i lavoratori autonomi.

Pagamento Irap 2022, quali imprese non devono versarla?

Nel quesito, l’Agenzia delle entrate ha risposto che l’Irap non deve essere pagato dalle imprese individuali a partire dall’anno di imposta 2022. L’esenzione vale anche se le imprese individuali abbiano dei dipendenti o rientrino tra le imprese familiari. Conseguentemente, anche le imprese individuali che abbiano collaboratori e dipendenti e a prescindere dal capitale investito, proprio perché individuali, sono esentate dal pagamento dell’Irap. L’esenzione vale anche per i professionisti che si avvalgano di prestazioni di servizi offerti da società esterne.

Irap, qual è l’impresa familiare?

Anche le imprese familiari sono riconducibili a quelle individuali. Secondo quanto disciplina l’articolo 230 bis del Codice civile, “salvo che sia configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell’impresa familiare e ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l’impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell’impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all’impresa stessa. I familiari partecipanti all’impresa che non hanno la piena capacità di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi”.

Allargamento dell’esenzione Irap alle imprese familiari

Nella risposta fornita dall’Agenzia delle entrate in merito all’esenzione dell’Irap, si evidenzia che le imprese familiari “hanno natura individuale e non collettiva e associativa”. Pertanto, risulta imprenditore solo “il titolare dell’impresa, il quale la esercita assumendo in proprio diritti ed obbligazioni, oltre la piena responsabilità verso i terzi”. Con queste spiegazioni, l’Agenzia delle entrate ha confermato, dunque, che anche le imprese familiari rientrano tra i soggetti ai quali va l’esonero dell’Irap con decorrenza dal 1° gennaio 2022.

Imprese familiari esenti dall’Irap, e le imprese coniugali?

Non vi sono, ad oggi, chiarimenti relativi alle imprese coniugali di cui all’articolo 177 del Codice civile. In base alla Giurisprudenza, infatti, le imprese familiari sono costituite dopo il matrimonio e gestite da entrambi i coniugi. Dal punto di vista fiscale, le imprese familiari sono equiparabili alle società di persone (o società di fatto), a maggior ragione che i redditi devono essere dichiarati nel modello Sp. Nella dichiarazione, inoltre, i redditi vanno attribuiti pro quota ai due coniugi nel quadro Rh del modello Pf. Si ritiene, pertanto, che le imprese coniugali debbano continuare a versare l’Irap alla pari di tutte le imprese commerciali. 

Imprenditore individuale deceduto: come funziona la successione per la ditta?

Cosa avviene nel caso in cui l’imprenditore individuale muoia e gli eredi vogliano continuare l’attività? In prima battuta, con la morte del titolare, l’impresa individuale cessa facendo spazio alla comunione ereditaria. Quest’ultima, conosciuta anche come “incidentale”, sopraggiunge a prescindere dalla volontà degli eredi. Infatti, gli eredi succedono nella stessa eredità, composta contemporaneamente da tutti i beni e anche dall’azienda individuale stessa.

Successione aziendale: la comunione ereditaria

La comunione ereditaria, ai sensi dell’articolo 485 del Codice civile, inizia quando i chiamati accettano l’eredità. Se l’impresa si eredita come comunione, non diventa automaticamente una società. Infatti, in regime di comunione, gli eredi partecipano:

  • alla mera amministrazione della società;
  • al godimento diretto e indiretto;
  • alla gestione meramente strumentale dei beni ereditati.

Impresa individuale, gli eredi non proseguono l’attività

Nel caso in cui gli eredi non intendano proseguire l’attività individuale, trova applicazione la lettera h-bis dell’articolo 67 del Testo unico sulle imposte sui redditi (Tuir) che disciplina i redditi diversi. In tal caso, da un punto di vista fiscale, l’Irpef sarà dovuta solo in caso di cessione dei singoli beni aziendali o dell’impresa nel suo complesso.

Tassazione pro-quota eredi

L’importo da dichiarare sarà dato dalla differenza tra il corrispettivo della cessione e il valore fiscalmente riconosciuto dei beni dell’azienda che fanno capo all’imprenditore deceduto. La plusvalenza realizzata verrà tassata pro-quota tra gli eredi, secondo il criterio di cassa, al pari di quanto succede per la generalità dei redditi diversi.

Azienda individuale tra gli eredi, è necessaria la regolarizzazione entro un anno

Se gli eredi del titolare dell’azienda sono più di uno e manifestano la volontà di continuare l’attività dell’impresa, la comunione ereditaria si assimila a una società di fatto. In altre parole sorge una società di fatto tra gli stessi eredi. La società ereditata, in questo caso, deve essere regolarizzata entro un anno in una società di persone o di capitali. A tal proposito, la Sezione V della Corte di Cassazione si è espressa con la sentenza numero 14889 del 17 novembre 2000. Nella decisione si presume che l’impresa individuale, alla morte del titolare, non cessi con una necessaria fase di liquidazione. L’attività continua nella forma di comunione, in mancanza di atti formali che facciano configurare una società di fatto tra i chiamati all’eredità.

Successione d’azienda: cosa significa società di fatto?

Non essendosi costituita per atto scritto e non essendo iscritta nel registro delle imprese della Camera di Commercio, la società di fatto è una società irregolare. La società di fatto è regolata dalle disposizioni inerenti alle società semplici fino al momento in cui non si provvederà a presentare iscrizione al registro delle imprese. In questo regime, la società di fatto ha minore autonomia patrimoniale rispetto alle società registrate.

Società di fatto e possesso di immobili

Il rispetto del termine di un anno per la regolarizzazione è, inoltre, fondamentale nel caso in cui l’azienda individuale sia proprietaria di immobili. In questo caso, gli eredi potranno usufruire della tassazione fissa ma, al superamento del termine, verranno applicate le consuete imposte proporzionali con eventuali sanzioni.

Nomina rappresentante legale della comunione

Passaggio fondamentale nel regime di comunione è la nomina del rappresentante legale secondo quanto prevedono gli articoli 1105 e 1106 del codice civile. In particolare, l’articolo 1106 disciplina che “l’amministrazione può essere delegata ad uno o più partecipanti, o anche a un estraneo, determinandosi i poteri e gli obblighi dell’amministratore”. Inoltre, l’amministratore della comunione è un mandatario avente posizione giuridica in conseguenza proprio della delega, atto con il quale viene conferito l’incarico da parte dei comunisti.

Comunicazione all’Agenzia delle entrate

Nel caso in cui gli eredi intendano continuare l’attività, dunque, è necessaria la registrazione con la comunicazione all’Agenzia delle entrate. Il rappresentante legale della comunione ereditaria deve inoltrare, nel termine dei trenta giorni dalla morte dell’imprenditore, la modifica dei dati Iva indicando contestualmente gli identificativi della comunione ereditaria. In genere, la denominazione si attua nella forma di “Comunione ereditaria di” oppure “Eredi di”, facendo seguire il nome dell’imprenditore defunto.

Modelli da compilare all’Agenzia delle entrate

Il modello da utilizzare all’Agenzia delle entrate è l’AA7, con indicazione del numero 23 corrispondente alle società semplice ed equiparate. Si dovrà inoltre compilare il quadro D selezionando la casella della successione ereditaria (1E) e indicare la partita Iva dell’imprenditore defunto per la sua cancellazione. Nel caso in cui gli eredi dovessero decidere di non continuare l’attività dovrà essere compilato il modello AA9 da uno degli eredi. In questo caso la dichiarazione da fornire è quella di cessazione di attività.

Casi particolari di liquidazione

Nel caso in cui l’attività di liquidazione si presentasse complessa e non potendosi perfezionare nel breve termine, dovrà essere compilato il modello AA9, ma la partita Iva dell’imprenditore defunto non dovrà essere cessata. Nel modello si procederà alla variazione dei dati con l’indicazione del rappresentante della comunione. Il modello serve, dunque, per la comunicazione del decesso.

Lavoro autonomo o impresa individuale? I motivi della scelta

Quando una persona decide di intraprendere un lavoro indipendente, spesso si trova davanti a un dilemma: scegliere tra attività di impresa e attività di lavoro autonomo. Entrambe hanno diversi punti in comune, ma anche alcune differenza sostanziali. Facciamo un po’ di chiarezza anche dal punto di vista fiscale e contributivo.

Cos’è un’impresa individuale

L’impresa individuale è una attività economica svolta professionalmente da un soggetto giuridico (persona fisica), titolare e anche unico responsabile della gestione d’impresa che può avvalersi di dipendenti e/o di collaboratori familiari. Il lavoro è prevalentemente svolto dall’imprenditore e dai suoi familiari rispetto al lavoro altrui, così come è prevalente il capitale proprio investito rispetto ad eventuali investimenti esterni.

Gli imprenditori individuali sono identificati nella figura dell’artigiano (idraulico, falegname, muratore, gelataio, pasticciere, elettricista, meccanico, estetista, parrucchiere, ecc.) o nella figura del commerciante (e-commerce grossista dettagliante, ambulante, venditori porta a porta, ecc.).

Costituzione e avvio di un’impresa individuale

Per costituire un’impresa individuale non esiste una quantità minima obbligatoria di capitale iniziale. Le formalità da sbrigare sono poche, tanto che non è necessario ricorrere a un atto notarile. L’imprenditore non è obbligato alla predisposizione e al deposito del bilancio annuale. Inoltre, può usufruire di una contabilità semplificata e scegliere il regime fiscale forfettario. Oltre all’apertura di una partita IVA, ricorre l’obbligo d’iscrizione nel Registro delle Imprese presso le Camere di Commercio della provincia.

L’imprenditore individuale gode di assoluta autonomia decisionale e i costi gestionali sono bassi, inoltre può accedere a diverse fonti di finanziamento. Il procedimento di liquidazione è semplice ed economico: per liquidare l’attività e sufficiente chiudere la partita IVA e comunicare la cessazione alla Camera di Commercio, all’INPS e all’INAIL.

Verrebbe da chiedersi se ci siano anche controindicazioni nell’essere titolare di un’impresa individuale. Ebbene, la risposta è affermativa.

Infatti, l’imprenditore si assume il rischio d’impresa, ovvero in caso di fallimento della stessa, la sua responsabilità è illimitata anche nei confronti di terzi creditori. Egli risponde anche con tutti i beni personali per crediti contratti dall’impresa verso terzi.

Per avviare un’impresa individuale è sufficiente presentare, esclusivamente per via telematica, la Comunicazione Unica detta ComUnica al Registro delle Imprese competente.

La Comunicazione Unica semplifica il rapporto tra le imprese e la Pubblica Amministrazione mediante l’utilizzo di un’unica procedura per gli adempimenti degli interessati nei confronti delle Camere di Commercio, dell’Agenzia delle Entrate, dell’INAIL e dell’INPS:

  • richiesta dell’iscrizione al Registro Imprese
  • richieste di Codice Fiscale e Partita IVA
  • richiesta dell’iscrizione all’INPS dei dipendenti o dei lavoratori autonomi
  • apertura della posizione assicurativa presso l’INAIL
  • eventuale SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) per il SUAP (Sportello Unico delle Attività Produttive).

Per effettuare queste operazioni il titolare può rivolgersi ad un intermediario (commercialista, associazione di categoria) o procedere in autonomia.

Dal punto di vista fiscale, il reddito prodotto dall’impresa individuale si somma agli altri redditi del titolare. Sul totale imponibile si applica l’aliquota progressiva ai fini Irpef e Irap pagata sul reddito d’impresa.

Il titolare di un’impresa individuale è tenuto all’iscrizione Gestione commercianti ed artigiani INPS versando circa 4.000 euro di contributi fissi su un reddito minimale di circa 15.710 euro. Nel caso fosse superato quest’ultimo, sulla parte eccedente si versano ulteriori contributi in forma percentuale con un’aliquota del 27,72% circa (fino a un tetto massimo di circa 42.000 euro, oltre il quale si pagherà di più).

Attività di lavoro autonomo

Il lavoro autonomo rappresenta ogni attività lavorativa che prevede l’esecuzione, contro corrispettivo, di un’opera o di un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente che non può coordinarlo.

I settori coinvolti da questa attività sono molti: si va dal commercio all’artigianato, passando per le libere professioni, sono esclusi solo coloro che svolgono attività imprenditoriali.

In genere, per svolgere un lavoro autonomo si deve essere titolari di partita IVA e scegliere il regime fiscale (il forfettario è il più vantaggioso). Fiscalmente, i redditi sono tassati in sede di dichiarazione dei redditi con il principio di acconto e saldo, applicando le aliquote progressive previste a seconda degli scaglioni di reddito.

Per l’approfondimento sulla scelta del regime fiscale:

I lavoratori autonomi privi di una propria Cassa previdenziale versano i contributi all’INPS tramite le gestioni speciali o la gestione separata INPS.

Tuttavia, esiste la figura di lavoratore autonomo occasionale che svolge il suo lavoro sporadicamente e in modo non professionale. In questa categoria rientrano anche i liberi professionisti per cui non ricorre l’obbligo d’iscrizione a un Elenco o Albo professionale.

Non essendo obbligati ad operare con partita Iva, per ricevere il pagamento come corrispettivo della prestazione offerta al cliente/committente, gli autonomi occasionali devono emettere una ricevuta di pagamento con ritenuta d’acconto. Nel caso in cui i loro compensi complessivi lordi dovessero superare i 5.000 euro l’anno, devono aprire obbligatoriamente la partita Iva o procedere con un contratto di lavoro.

Fiscalmente, i lavoratori autonomi occasionali non sono soggetti ad alcuna tassazione se hanno come unico reddito quello da prestazione occasionale non superiore ai 4.800 euro lordi l’anno. Se è stata applicata la ritenuta d’acconto in una o più ricevute, questa potrà essere usata a compensazione per il pagamento di altre imposte. Altrimenti sarà possibile richiedere un rimborso del credito spettante.

A livello previdenziale, non sono obbligati a versare i contributi. Ma nel caso superino la soglia di compensi lordi dei 5.000 euro lordi l’anno, sarà necessaria l’iscrizione presso la Gestione Separata INPS e si andrà quindi a pagare sulla base dell’eccedenza dei 5.000 euro.

Il lavoratore dovrà comunicare per tempo al committente che andrà a superare la soglia dei 5.000 euro e sarà quest’ultimo ad occuparsi dell’iscrizione del lavoratore all’INPS, versando i due terzi dei contributi (il restante terzo è a carico del lavoratore con trattenuta nella ricevuta).