Proroga contratto di espansione al 2025 per le imprese in difficoltà

Nel decreto Milleproroghe 2022 è stata prevista la possibilità per le imprese che vogliono collocare i lavoratori in pensione di attivare il contratto di espansione fino al 2025.

Cos’è il contratto di espansione?

Il contratto di espansione è una misura di supporto alle imprese in difficoltà e mira a favorire il ricambio generazionale e l’innovazione. È stato inserito per la prima volta all’interno del Job Act, la prima formulazione era molto restrittiva, infatti potevano accedervi solo le imprese con un numero di dipendenti superiore a 1000. Nel tempo i requisiti sono cambiati e dal 2021 potevano accedere al contratto di espansione le aziende che occupavano fino a 100 unità.

L’articolo 9 comma 1 lettera a del decreto Milleproroghe lo proroga al 2025, non solo, infatti, conferma i requisiti aziendali previsti dalla manovra del 2022, ovvero la possibilità di accedere al contratto di espansione per le aziende con non meno di 50 unità di lavoratori. Questo vuol dire che anche per i prossimi anni potranno accedere al contratto di espansione anche le aziende di dimensione ridotta. Per il calcolo del requisito occupazionale occorre avere come punto di riferimento la media dei dipendenti dell’ultimo semestre. Per le aziende di nuova costituzione, invece, si ha come punto di riferimento la media degli occupati del periodo di effettiva attività.

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Cosa deve contenere il contratto di espansione?

Il contratto di espansione per poter essere valido deve rispettare requisiti minimi quindi deve prevedere:

  • un piano di accompagnamento alla pensione,
  • l’assunzione di nuovo personale;
  • piani di formazione per il personale che resta;
  • l’eventuale ricorso alla CIGS.

I dipendenti devono a loro volta ricadere in una determinata casistica:

  • devono essere a non più di 60 mesi dalla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia;
  • devono aver maturato il requisito minimo contributivo.

Naturalmente la sottoscrizione del contratto di espansione è frutto di accordo tra le parti, cioè l’azienda non può obbligare il dipendente ad accedervi. Oltre all’accordo tra il singolo lavoratore e l’azienda, vi deve essere anche un accordo stipulato con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative all’interno dell’azienda.

Il costo del contratto di espansione 2023 come è suddiviso?

Il contratto di espansione prevede che il costo dell’operazione sia suddiviso tra Stato e azienda, in particolare il lavoratore accede alla Naspi (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) a cui viene aggiunta un’indennità mensile a carico del datore di lavoro in modo che si raggiunga l’importo potenziale della pensione lorda in base ai contributi che il lavoratore ha effettivamente maturato. Terminato il periodo della Naspi, cioè massimo 24 mesi, l’importo deve essere corrisposto dall’azienda.

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La prestazione economica viene erogata dal mese successivo rispetto alla risoluzione del rapporto di lavoro. L’azienda è inoltre tenuta al versamento dei contributi previdenziali.

Come possono accedervi le aziende?

Le aziende che vogliono stipulare un contratto di espansione devono proporre istanza all’Inps, devono inoltre presentare una fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità in relazione agli obblighi. Mensilmente devono provvedere a versare all’Inps i contributi previdenziali di cui sopra. Nel momento in cui l’azienda non versa i contributi, l’Inps non eroga le prestazioni a cui sarebbe tenuta.

Con il decreto Milleproroghe sono state previste ulteriori agevolazioni per le imprese che occupino mediamente almeno 500 dipendenti, in questo caso possono fruire della riduzione del contributo da versare per 36 mesi in vece di 24 mesi, devono però presentare un piano di ristrutturazione aziendale.

Arriva Lifeguard, in soccorso delle pmi brianzole

Le imprese che hanno sede a Monza e nella sua provincia e che si trovano in difficoltà, potranno beneficiare di un’iniziativa promossa dalla Camera di Commercio di Monza e Brianza in collaborazione con Formaper, azienda che offre formazione e orientamento alle imprese.

Il progetto è rappresentato dal servizio Lifeguard, messo gratuitamente a disposizione delle pmi locali da parte della CCIAA monzese.
Le imprese potranno rivolgersi ad uno sportello di consulenza e ricevere supporto in tempo di crisi, ricevendo anche tutte le informazioni utili in materia di bandi e convenzioni con le banche.

Un team di esperti raccoglie le richieste di aiuto delle imprese indirizzandole verso uno dei servizi offerti dalla Camera di Commercio: gli imprenditori, inoltre, possono contare sul supporto degli esperti per formulare una strategia efficace mirata risollevare le sorti della propria impresa e potenziare la sua competitività.

I colloqui con gli esperti vengono organizzati presso la sede della CCIAA di Monza contattando il numero 039.2807446.

Vera MORETTI

Imprese, accesso al credito sempre più difficile

L’allarme lanciato da Rete Imprese Italia è uno di quelli che non può lasciare indifferenti: secondo i dati dell’Osservatorio nazionale sul credito delle Pmi relativi al terzo trimestre 2012, permane elevatissima la quota di imprese che non riesce a ottenere il credito di cui ha bisogno.

Si registra una riduzione nel terzo trimestre del 2012, rispetto al trimestre precedente, della percentuale delle piccole imprese che si sono rivolte alle banche per richiedere un nuovo prestito o la rinegoziazione di un prestito preesistente (15,4% rispetto a 21,7%). Tale dinamica trova conferma anche per le imprese artigiane (13,1% rispetto a 19,2%). Inoltre, il 30,8% delle piccole imprese ha ottenuto un ammontare pari o superiore rispetto a quello richiesto, contro il 36,5% del trimestre precedente. Il 13,7% ha ottenuto un ammontare inferiore rispetto a quello richiesto, contro il precedente 25,3%. Il 22,1% (rispetto al precedente 11,1%) ha visto rifiutata la propria domanda di credito.

Dopo diversi trimestri inizia anche a ridursi la cosiddetta “area di irrigidimento”, costituita dalla somma delle imprese che si sono viste accordare un credito inferiore, rispetto a quello richiesto, e da quelle alle quali il credito è stato rifiutato. Nel 3° trimestre 2012 l’area del credit crunch ha interessato il 35,8% delle piccole imprese, contro il 36,4% del 2° trimestre. Tale area, confermando le aspettative, è più ampia nelle regioni del Centro e del Sud.

La cosiddetta “area di stabilità”, costituita dalle imprese che hanno visto accogliere la propria domanda di credito secondo un ammontare pari o superiore alla richiesta, caratterizza le regioni del Nord (in particolare quelle del Nord Ovest), in misura circa cinque volte superiore alla media del Centro, Sud e Isole. In termini di finalità della richiesta del finanziamento, si osserva una generalizzata crescita delle esigenze di liquidità e cassa da un lato e di ristrutturazione del debito dall’altro, a scapito delle esigenze di investimento. Gli interventi creditizi sono pertanto finalizzati principalmente a consentire la semplice e ordinaria
gestione delle attività.

Sul fronte dei finanziamenti in essere, al 30 giugno 2012, i prestiti bancari ai settori produttivi domestici erano pari a 978.492 milioni di euro, in diminuzione del 2,5% su base annua (- 24.925 milioni di euro), con una leggera crescita del peso dei prestiti a medio/lungo termine a discapito di quelli a breve termine. Il 14,9% dei suddetti prestiti bancari è in favore delle imprese del “Commercio” ed il 6,1% di quelle del “Turismo”. Aggiungendo a tali percentuali la quota delle imprese artigiane che non rientrano nei settori già considerati, pari al 4,1%, si raggiunge il 25,1%, rappresentativo della quota complessiva dei prestiti bancari a favore delle imprese riconducibili a Rete Imprese Italia, pari a circa la metà del contributo che tali imprese apportano al valore aggiunto ed all’occupazione.

Di conseguenza, è peggiorata la capacità degli operatori di fare fronte al proprio fabbisogno finanziario, ossia sono aumentate le imprese in difficoltà nell’effettuare i propri pagamenti (- 41% dal -33,7% del 2° trimestre). In particolare, sono le ditte individuali a manifestare le maggiori difficoltà, ma anche le altre tipologie d’impresa hanno fatto registrare un significativo deterioramento. In questo quadro, le imprese del Nord Ovest presentano la situazione migliore, come pure quelle dell’Italia Centrale. Dall’analisi settoriale emergono in forte sofferenza le imprese del settore del turismo e quelle manifatturiere, mentre segnali di recupero si osservano nel comparto delle imprese dei servizi e – in misura inferiore – in quello delle costruzioni.

In Italia una impresa su 50 è in sofferenza

L’Ufficio Studi della Camera di commercio di Monza e Brianza ha effettuato un’elaborazione su dati del Registro Imprese che ha evidenziato un quadro preoccupante che riguarda la sofferenza delle imprese italiane. Dall’elaborazione emerge infatti che oltre 120mila imprese italiane al terzo trimestre 2011 risultano in difficoltà, ovvero sono soggette a una procedura concorsuale. Una cifra che vale il 2,3% del totale delle aziende attive, circa un’impresa ogni cinquanta.

Tra il 2011 e il 2010 il numero di imprese in difficoltà è aumentato dello 0,3%, mentre nel confronto 2011-2009 si nota un decremento dello 0,6%. Soprattutto al Nord le regioni dove si registra una bassa percentuale di aziende in difficoltà sul totale delle attive: Trentino Alto Adige (0,8%), Valle d’Aosta (1,1%), Piemonte ed Emilia Romagna (1,5%), Veneto (1,6%), Molise (1,8%), Liguria e Sardegna (1,9%). Al centro-sud le situazioni più critiche: Lazio (3,8% pari a 17.588 imprese), Campania (3,3% pari a 15.678 aziende), Sicilia (3,1% pari a 11.701 imprese) Umbria (2,9% pari a 2.457 unità).

Nello specifico, la Lombardia registra il 2,2% di imprese in difficoltà (18.402), con prevalenza delle province di Milano (9.028), Bergamo (1.946), Brescia (1.537) e Monza e Brianza (1.250).

I dati sono stati presentati durante l’incontro “Previsione delle crisi di impresa“, organizzato dalla Camera di commercio di Monza e Brianza in collaborazione con il Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del territorio (CRIET), l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Monza e Brianza, l’Associazione culturale dei dottori commercialisti, ragionieri commercialisti ed esperti contabili di Monza e Brianza.