Imu, pagamento in tre rate

Comincia a diradarsi un po’ di nebbia intorno all’Imu. Una tassa che il governo ha fatto talmente in fretta a deliberare, da non dare agli enti locali i necessari chiarimenti per la sua applicazione e riscossione. Ora, però, qualcosa si muove: “Sicuramente l’Imu si pagherà in tre rate“, ha infatti detto il relatore del dl fiscale in commissione Finanze della Camera, Gianfranco Conte, annunciando un pacchetto di emendamenti che presenterà entro lunedì mattina. Emendamenti tra i quali ci sarà la rateazione dell’Imu.

Ma riguarderà solo l’imposta sulla casa di abitazione o l’Imu in generale? Solo l’acconto o tutta l’imposta per il 2012. Risposta vaga da Conte: “Ci stiamo ancora lavorando“.

E poi: in quali date si pagherà? Boh. Abbiamo detto che si dirada un po’ di nebbia, mica tutta…

Nessun novità invece per gli anziani in casa di riposo, almeno a detta di Conte, che ha dichiarato: “Sono contrario a modifiche della normativa per gli anziani che sono nelle case di riposo perché potrebbe crearsi un problema sociale“. Il rischio sarebbe quello di una corsa dei familiari a mettere gli anziani nella casa di riposo per usufruire della tassazione più leggera sulla loro casa di abitazione. Vedremo.

Casa, gallina dalle uova d’oro. Per il Fisco

La casa diventa sempre più la croce degli italiani e la delizia del Fisco. Prima è toccato agli incrementi dell’Imu, adesso arrivano le maggiorazioni previste nel ddl sul lavoro per i proprietari di immobili che non applicano la cedolare secca.

Il risultato? Una doppia mazzata sulla rendita, che rischia però di riversarsi sugli inquilini in affitto, con un aumento dei cani stimato intorno al 20%. I conti li hanno fatti la Cgil e il Sunia, che hanno passato in rassegna gli effetti delle recenti misure di tassazione sulla casa, soprattutto per quanto riguarda famiglie in affitto con bassi redditi.

Secondo il sindacato, l’Imu per le seconde case, in assenza di una differenziazione per quelle date in affitto, vede aumenti che superano il 100% rispetto alla veccia Ici, “con il rischio serio che questi si riflettano sugli inquilini“. Calcola la Cgil che – secondo una parametro di riferimento medio dato da un’abitazione di circa 80 mq e ubicata in zona semicentrale – a Roma, per esempio, nel canale libero l’incremento è del 142%: da una vecchia Ici pari a 892 euro alla nuova Imu di 2.161, a fronte di un affitto mensile medio di 1.250 euro.

Per quanto riguarda Milano, invece, l’aumento dell’Imu è del 207%, per un totale di 1.958 euro e con un affitto medio mensile di 1.100 euro. A Bologna siamo al 198%, con un Imu pari a 1.915 euro a fronte di un affitto medio di 950 euro, mentre a Palermo si registra un +119% per un Imu pari a 834 euro rispetto a un affitto medio di 550 euro.

Laura LESEVRE

IMUrtacci tua! Un altro scivolone del governo Monti

di Davide PASSONI

Ve lo ricordate tutto il polverone sollevato qualche mese fa dalla decisione del Governo Monti di far pagare l’Imu agli immobili eccelsiastici che ospitino attività con finalità di lucro? Come no… Applausi, consensi, una vera e propria beatificazione del presidente del Consiglio che, in quattro e quattr’otto, aveva dato una botta a una questione che si trascinava da decenni.

Ora la sorpresa. Scopriamo infatti che, mentre la maggior parte degli italiani aspetta con timore la scadenza del 18 giugno per capire quanto dovrà versare di acconto Imu (e ancora, crediamo, non percepisce la portata della stangata che la aspetterà a dicembre con il saldo), da questa imposta sono esentati gli edifici che ospitano le fondazioni bancarie.

Sì, abbiamo capito bene. Le fondazioni bancarie non pagheranno l’Imu per gli immobili che le ospitano. Ma come, un convitto gestito dalle suore, attività evidentemente a fini di lucro, pagherà questa imposta e le fondazioni che controllano le banche (a loro volta non proprio delle Onlus) no? Plauso e merito all’opera delle fondazioni bancarie, in sé non lucrative; ma come la mettiamo con gli istituti che controllano? Mah…

Questo governo di tecnici ci lascia ogni giorno sempre più perplessi e cominciamo a credere che certe topiche e certi errori, che violano i principi di equità ed uguaglianza dei cittadini, non siano più errori dovuti a inesperienza politica quanto degli scivoloni dovuti a disattenzione. Ma è mai possibile che anche sotto la guida dei professori la spesa pubblica stia continuando a crescere? E’ mai possibile che l’Esecutivo sostenga di non poter tagliare la spesa corrente perché non ha avuto il mandato politico per farlo? E che cosa ce li hanno messi a fare allora ‘sti professori? Se lo facciano dare da Napolitano questo mandato politico, visto che i partiti, di destra e di sinistra, lo hanno avuto per decenni e non hanno fatto nulla, per non erodere consensi elettorali.

Dimostrino, Monti e i suoi, di avere davvero le mani libere non solo per continuare a infilarle nelle tasche di chi ha già e ha sempre dato, ma anche per tagliare spesa pubblica e inefficienze, privilegi non solo della casta, fare una seria spending review (dov’è, ministro Giarda? Dov’è?) e, con le miliardate che arriverebbero da un’azione del genere, abbassare veramente le tasse alle imprese e ai cittadini. Altrimenti la ripresa ce la sogniamo. Erodere il potere di acquisto significa ammazzare i consumi, ammazzare i consumi significa ammazzare l’economia, ammazzare l’economia significa ammazzare l’Italia.

E sorridiamo amaramente quando il premier, forse ancora scosso dal jet lag del suo viaggio in Asia, dice che in Europa la fase acuta della crisi è alle spalle. Pare di sentire il suo predecessore quando a ottobre, con l’Italia sull’orlo del precipizio, parlava di ristoranti pieni, aerei stracolmi, posti di vacanza tutti esauriti. Sveglia. Il vero bubbone sotto l’ascella dell’Italia è lì, nella spesa pubblica che NON SI VUOLE tagliare. L’evasione fiscale, al confronto, è un brufolo in mezzo alla fronte: più antiestetico e più evidente, ma forse un po’ meno mortale.

Chiarificazioni necessarie sull’Imu

di Vera MORETTI

L’introduzione dell’Imu sta generando non poca confusione tra i contribuenti, e per questo le Commissioni Finanze e Bilancio del Senato sono state chiamate a chiarire come pagare questa nuova tassa.
L’acconto di giugno si pagherà “le aliquote di base e la detrazione” già fissata per la prima abitazione.

L’emendamento prevede, per l’anno corrente, “il pagamento della prima rata dell’imposta municipale propria è effettuato, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in misura pari al 50% dell’importo ottenuto applicando le aliquote di base e la detrazione previste“.
Per quanto riguarda la seconda rata “è versata a saldo dell’imposta complessivamente dovuta per l’intero anno con conguaglio sulla prima rata“, come confermato da un subemendamento dei relatori, Antonio Azzollini (Pdl) e Mario Baldassarri (Terzo polo), all’emendamento del governo al decreto legge sulle semplificazioni fiscali.

Il termine per provvedere, da parte del Governo, a modificare le aliquote e la detrazione sulla base del gettito della prima rata e assicurare il gettito previsto per la seconda è stato fissato per il 31 luglio.
Solo successivamente i Comuni potranno, non oltre il 30 settembre, deliberare il loro regolamento relativo alle aliquote stesse.

La richiesta di spostare la data di pagamento della prima rata dell’Imu è partita dai Caf, Centri di Assistenza Fiscale, poiché solo il 9% delle città ha già stabilito gli incrementi e, in una situazione così imperfetta sarebbe stato impossibile provvedere al pagamento.

E’ stato spostato a domani il via libera definitivo delle commissioni Bilancio e Finanze del Senato al decreto semplificazioni tributarie.
Il voto finale con il mandato ai relatori arriverà domani, così come domani il decreto approderà all’aula di palazzo Madama.

Imu: arriva l’allarme dei Caf

Allarme dei Caf, i Centri di assistenza fiscale, sull’Imu. In una lettera inviata al Ministero dell’Economia, la Consulta nazionale parla di ”crescente preoccupazione” e ”grande disagio” per l’assenza di indicazioni. Gli operatori chiedono per l’acconto di applicare le aliquote di base o di prorogare il termine.

Sono 17 milioni gli italiani che ogni anno si rivolgono ai Caf per fare il 730 e normalmente gli operatori “unitamente all’elaborazione della dichiarazione dei redditi, il modello di versamento dell’Ici, ove dovuta; così evitando ai contribuenti – spiega la Consulta dei Caf in una lettera inviata al sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani – la necessità di doversi recare nuovamente presso le nostre sedi per il ritiro del modello nel periodo di massima attività lavorativa di tutti gli intermediari”. Ora nella assenza di indicazioni non solo i contribuenti dovranno duplicare file e pratiche, una per il 730 e una per l’Imu, ma lo faranno nel ‘picco’ di attività degli intermediari. Ad oggi già un milione di italiani avrebbe compilato il proprio 730 al Caf mentre solo il 6% dei Comuni ha deliberato la nuova aliquota per l’Imu e avranno tempo fino al 30 settembre, se passerà l’emendamento presentato in Senato che proroga questo termine dall’originario 30 giugno, “mentre il termine di pagamento della prima rata è fissato al 16 di giugno”, ricordano gli intermediari. I Caf chiedono allora di disporre “in via legislativa che la prima rata dell’Imu dovuta per l’anno di imposta 2012 possa essere calcolata applicando le aliquote e le detrazioni di base”, oppure di valutare “l’opportunità, qualora le procedure per attuare i correttivi proposti lo richiedessero, di prevedere un congruo differimento del termine di pagamento della prima rata dell’imposta dovuta per l’anno 2012”.

Fonte: ansa.it

La busta? Non paga più

di Davide PASSONI

Conto alla rovescia per l’ennesima stangata contro di noi, cittadini-sudditi del Fisco. Il decreto salva-Italia, infatti, non salverà gli italiani che possono contare su un reddito fisso né gli imprenditori che vedono aumentare sempre di più il costo del lavoro e e pagano pesantemente la riforma in discussione in questi giorni in quel di Roma.

Se la prima, vera, sassata arriverà a giugno con l’Imu, già da questo mese lo stipendio dei lavoratori dipendenti e le pensioni dovranno essere zavorrate a terra, talmente saranno leggeri. Tutto merito (si fa per dire) delle addizionali regionali e comunali Irpef. I conti li ha fatti il Caf-Cisl nazionale, secondo il quale l’aumento del prelievo che scatterà per tutti sulle addizionali regionali sarà dello 0,33%. Un valore che, calato in esempi della quotidianità, significa che un lavoratore che percepisce 1.200 euro lordi al mese avrà trattenute ulteriori 51 euro in un anno, a partire da marzo. E deve sperare che il suo comune sia distratto: se ha già stabilito l’aumento dell’Irpef comunale, la trattenuta potrà arrivare fino a 98 euro all’anno.

C’è di buono che non tutte le amministrazioni comunali utilizzeranno l’aumento dell’Irpef per aumentare i propri introiti, come concesso dalla manovra di Ferragosto (opera del governo Berlusconi); una manovra che ha riconosciuto ai Comuni la possibilità di aumentare l’imposta sulle persone fisiche fino a un massimo dello 0,8%. Una manovra che lasciato più buchi che pezze e che fa sentire i sui effetti a quasi otto mesi di distanza.

Ma qualcuno pensa che qualche comune, alla fine, non aumenterà l’Irpef? Illuso! Prepariamoci, a meno che non abbiamo un reddito o una pensione talmente bassi da non pagare l’Irpef principale: in questo caso non dovremo subire aumenti di Irpef regionale e comunale. Ma dovremmo percepire una pensione massima di 7.535 euro all’anno (7.785 se over 75) o un reddito fino a 8.030 euro lordi all’anno. Praticamente 4 gatti, magari con un Suv in garage e casa a Cortina…

A proposito… Non dimentichiamo che l’aliquota base dell’Irpef è già passata da 0,9% a 1,23%, con facoltà, da parte delle regioni, di aumentarla ulteriormente all’1,73% fino a un massimo del 2,03%. Dipende dalla Regione, dipende da dove la sorte ci ha portati ad abitare. Perché con un fisco così, il caso e la sorte valgono più delle regole dell’economia.

Riforma fiscale rinviata a data da destinarsi

di Vera MORETTI

Fumata nera da parte del Consiglio dei Ministri per quanto riguarda la delega fiscale. L‘annuncio è stato reso noto attraverso un comunicato ufficiale di Palazzo Chigi: “in ragione dei numerosi punti all’ordine del giorno, e tra questi in particolare la riforma del mercato del lavoro e il prossimo viaggio in Asia del Presidente del Consiglio, il Consiglio dei Ministri ha ritenuto opportuno rinviare ad una seduta successiva l’approvazione del testo finale. Ciò al fine di ponderare e analizzare con maggiore attenzione i dettagli tecnici della riforma fiscale“.

Per quanto riguarda le aliquote IRPEF, il testo analizzato durante il Consiglio non è stato modificato nulla, ma novità arrivano dalla riforma del catasto, considerando il prossimo, e nuovo, calcolo per l’IMU.

Il disegno di legge per la semplificazione fiscale è composto da 17 articoli e prevede l’emanazione di più decreti legge che riguarderanno l’attuazione e la revisione di punti cruciali come IMU, revisione del sistema sanzionatorio e del contenzioso tributario, razionalizzazione dell’IVA, carbon tax e misure contro l’evasione fiscale.

La discussione sulla delega fiscale è stata rinviata perché alcuni ministri si sono opposti su alcuni punti della riforma del fisco.
Tra questi, il ministro dell’Agricoltura, Mario Catania, che ha chiesto chiarimenti sull’IMU per le aziende agricole: “La riforma vuole correggere alcuni aspetti del sistema fiscale italiano per renderlo più equo e orientato alla crescita economica. Un primo punto importante è quello di dare maggior certezza al sistema tributario e, quindi, migliorare i rapporti con i contribuenti. A questo si aggiunge la volontà di proseguire nel contrasto all’evasione e all’elusione e al riordino dei fenomeni di erosione fiscale. Sul fronte dell’equità, un contributo sarà assicurato dalla riforma del catasto dei fabbricati, mentre su quello della crescita emerge la tassazione ambientale“.

Riforma fiscale: definita l’attuazione della revisione del Catasto

Al preconsiglio dei Ministri di martedì scorso è stata presentata la bozza del disegno di legge delega per la riforma fiscale. Il testo contiene 17 articoli ed con l’articolo 2 rubricato “Revisione del catasto dei fabbricati” viene definita la delega al Governo per l’attuazione della revisione del Catasto.

Nella relazione illustrativa della bozza di disegno di legge viene spiegato che: “Il decreto Salva Italia ha operato un aumento automatico e indifferenziato delle rendite catastali dei fabbricati ai soli fini dell’imposta patrimoniale (IMU). Ciò costituiva l’unica possibilità di avvicinare in media tali valori a quelli di mercato in tempi rapidi, per allineare l’incidenza del prelievo sulla proprietà immobiliare ai livelli europei. Il prezzo è stato però un aumento anche delle sperequazioni esistenti”.

La soluzione prospettata dal Governo è quella di mantenere invariato il carico tributario, ripartendolo però diversamente per cancellare o ridurre le sperequazioni.

Al fine di migliorare i livelli di equità, perequazione, trasparenza e qualità delle informazioni nel settore immobiliare, il Governo è, dunque, delegato ad attuare la revisione del catasto in collaborazione con i Comuni ed a ciascuna unità immobiliare verrà attribuito il relativo valore patrimoniale e la rendita, in riferimento ai rispettivi valori medi ordinari espressi dal mercato in un arco temporale di tre anni, alla definizione degli ambiti territoriali del mercato immobiliare, alla rideterminazione delle destinazioni d’uso ordinarie e speciali ed alla determinazione del valore medio orsinario.
Il nuovo Fisco immobiliare sarà progettato per cancellare le vecchie rendite in quanto l’attuale classificazione degli immobili e l’articolazione in vani finisce per attribuire caratteristiche fiscali diverse a unità immobiliari simili fra loro.
La nuova unità di misura sarà il metro quadrato, intorno al quale ruoterà tutto il nuovo sistema di calcolo.

La delega pone al Governo l’obiettivo ambizioso di introdurre una distinzione effettiva fra rendita e valore, superando il sistema che oggi individua il valore fiscale moltiplicando in modo lineare le rendite. Con il nuovo Catasto verranno modificati, certamente, gli attuali classamenti, che in taluni casi considerano «fabbricati rurali» quelle che oggi sono lussuose ville o «abitazioni popolari» quegli appartamenti oggi di prestigio nei centri storici.

Fonte: lavoripubblici.it

Agriturismi in calo dopo un 2011 esplosivo

di Vera MORETTI

Se il 2011 è stato molto florido per le aziende agrituristiche, con una domanda in crescita del 9% e un giro d’affari aumentato dell’8,8% rispetto al precedente, il 2012 non promette gli stessi risultati, a causa del calo di presenze del 4% e della flessione del 5% del volume d’affari.
Agriturist, presentando la sua Guida 2012, ha reso noto queste cifre e indica la crisi come la maggiore colpevole di questo calo, nonché la nuova Imu che presto colpirà gli italiani.

I turisti stranieri sono, al contrario, in aumento, grazie al crescente numero delle compagnie low cost, anche se la durata del soggiorno è ridotta all’osso, con una media di 4 giorni e un record negativo previsto per Pasqua: pernottamenti di una sola notte.
Per questo, le previsioni per l’anno corrente sono di un preoccupante -9%, anche se le strutture si stanno organizzando con iniziative capaci di incuriosire gli ospiti.

Tra queste, sempre più diffusa è la degustazione di prodotti tipici (+12,8%), ma anche le attività culturali (+7,9%), l’equitazione (+5,8%), le escursioni naturalistiche e ambientali (+26%), la bici (+21,2%), corsi vari su mondo rurale, tra i quali i corsi di cucina rappresentano il “pezzo forte“(+102%).

Tra le regioni “regine” della tradizione agrituristica, spicca la Toscana, che si conferma leader del settore, seguita dal Trentino, anche se le crescite più significative sono state messe a segno nel 2010 da Puglia (+26,6%), Calabria (+21,6%), Lazio (18,2%), Umbria (13), Emilia Romagna (12,5%).

Pmi nella morsa fiscale: non facciamole soffocare

di Davide PASSONI

Da queste pagine non amiamo diffondere allarmismi. Pensiamo che la crisi vada affrontata di petto, a testa alta ma senza incoscienza. Eppure siamo comunque grati a chi, con la sua opera quotidiana di studio e analisi, mette in luce i tanti aspetti critici del nostro sistema economico e produttivo.

Questa volta tocca a Confesercenti, che con uno studio sulle ricadute fiscali degli ultimi provvedimenti governativi sulle Pmi ha messo in luce come tra queste stia crescendo la preoccupazione per la morsa nella quale vengono sempre più strette, fra balzelli che aumentano e i nuovi maggiori costi che rischiano di abbattersi, solo su di loro, dalla annunciata riforma del mercato del lavoro.

Un esempio? Secondo Confesercenti, un piccolo imprenditore – fatturato 50mila euro, con un locale dove operare di 100 mq. – dovrà sopportare un onere aggiuntivo annuo che oscilla fra i 3530 euro e i 5180 a seconda della località in cui opera. tanta roba, specialmente di questi tempi.

Una mazzata che è la conseguenza dell’aumento dei contributi sociali (450 euro nel 2012, fino a e 1200 nel 2018), dei costi amministrativi che seguono l’uscita dal regime dei minimi su 500mila situazioni (1500 euro), dell’aumento dell’Imu (dai 700 euro di Milano fino ai 1600 di Roma), della nuova tassa dei rifiuti (30 euro) e del mancato trasferimento sui prezzi di metà dell’aumento dell’Iva (850 euro).

Una pioggia di ritocchi che si può facilmente semplificare:
IVA: aumento dell’aliquota ordinaria (dal 20% al 23,5%) e di quella ridotta (dal 10% al 12,5%), per un maggior prelievo di 20 miliardi e 600 milioni;
Tassa rifiuti: +1 miliardo all’anno, che grava soprattutto su locali commerciali e laboratori artigiani;
Aumento contributi per artigiani e commercianti: tra i 1200 e i 2000 euro l’anno, totale di 2,7 miliardi di euro;
Spese di passaggio al regime semplificato: oltre 1500 euro l’anno.

Avete notato? Su quattro voci, tre parlano di aumenti di tasse e imposte. Ma dove vogliamo andare? Lo abbiamo già scritto ieri: costruire gli avanzi primari dello Stato senza cedere parte del patrimonio dello Stato stesso e senza alleggerire la pressione fiscale sulle imprese, per far ripartire la crescita, è un’operazione a perdere. Lo dice anche Confesercenti, secondo cui “è profondamente sbagliato e assai poco lungimirante caricare le Pmi di nuovi oneri sul lavoro proprio mentre è in atto un forte appesantimento degli oneri sul piano fiscale e i consumi calano in modo sempre più allarmante“.

Pensare di risanare i conti pubblici soprattutto per via fiscale – lo ha fatto il contestatissimo governo Berlusconi, lo sta facendo di nuovo e di più il governo Monti (ma pare che nessuno se ne accorga…) – è una prassi che genera mostri. Sia su chi si ritrova delle buste paga leggerissime, sia su chi queste buste paga le deve erogare. E magari scopre di non essere più in grado di farlo, perché da una parte la crisi e dall’altra il fisco vorace gli hanno portato via tutto. A volte persino la dignità e la voglia di continuare non solo a essere imprenditore, ma anche la voglia di vivere.