Buongiorno Italia! A maggio ottimi segnali di ripresa dall’industria italiana. E salgono anche le esportazioni.

Si intravedono segnali di risveglio per l’industria italiana. A maggio, secondo i dati Istat, arrivano segnali molto positivi dal fatturato e dagli ordinativi. Il fatturato segna valori record: è aumentato dello 0,8% su base mensile, dopo il +0,5% di aprile. Nel confronto con maggio dell’anno scorso, invece, c’è stata una crescita dell’8,9%, dopo il +6,4% del mese precedente: si tratta – comunica l’Istat – dell’aumento più significativo dal febbraio del 2008. Anche gli ordinativi sono da record. A maggio sono cresciuti del 26,6% su base annua, dopo il +20,6% del mese prima, segnando il record assoluto dall’inizio della nuova serie storica, nel 2005. Nel confronto mensile invece, c’è stato un aumento del 3,2%, con una frenata rispetto al +4,8% di aprile (dati destagionalizzati).

Under pressure: l’Italia delle tasse è ai primi posti in Europa. Pressione fiscale troppo alta.

La pressione fiscale aumenta e l’Italia è quinta nell’Unione europea per il peso delle tasse. Lo rileva l’Istat, secondo cui nel 2009 la pressione fiscale complessiva rispetto al Pil è passata al 43,2%, dal 42,9% dell’anno prima. Nella classifica europea dell’incidenza sul Pil del prelievo tributario e contributivo, l’Italia si piazza quindi al quinto posto (insieme alla Francia), preceduta da Danimarca (49%), Svezia (47,8%), Belgio (45,3%) e Austria (43,8%). I valori più bassi sono invece in Lettonia (26,5%), Romania (28%), Slovacchia e Irlanda (29,1%). L’aumento della pressione fiscale in Italia, spiega l’istituto di statistica, “è l’effetto di una riduzione del Pil superiore a quella complessiva del gettito fiscale e parafiscale, la cui dinamica negativa (-2,3%) è stata attenuata da quella, in forte aumento, delle imposte di carattere straordinario (imposte in conto capitale), cresciute in valore assoluto di quasi 12 miliardi”.

fonte: Apcom

Vendite al dettaglio: ad aprile calano gli alimentari.

Secondo l’Istat, ad aprile le vendite al dettaglio sono calate dello 0,5% su base annua e hanno registrato una discesa dello 0,3% su base mensile. Il fattore del calo è soprattutto la riduzione delle vendite dei prodotti alimentari, che è scesa del -2%.

Sul dato, spiega l’Istat, pesa l’effetto della spesa pasquale, che quest’anno si è distribuita sia su marzo che su aprile (mentre nel 2009 si concentrò solo su aprile).

Se, quindi, per gli alimentari si è registrato un calo, per i prodotti non alimentari, invece, si è verificato un aumento, seppure moderato, dello 0,2%. In termini congiunturali (al netto della stagionalità), le vendite di prodotti alimentari sono diminuite dello 0,7% e quelle dei prodotti non alimentari dello 0,1%. Nell’ultimo trimestre (febbraio-aprile) l’indice destagionalizzato del valore del totale delle vendite al dettaglio è cresciuto dello 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti.

Una diminuzione significativa si è verificata per la grande distribuzione, che a confronto con il mese di aprile 2009 ha segnato una flessione delle vendite pari all’1,7%, mentre nelle imprese operanti su piccole superfici si è registrato un incremento dello 0,3%.   Guardando da vicino la grande distribuzione, si nota come le vendite abbiano registrato diminuzioni sia per i prodotti alimentari (-2,8%), sia per i prodotti non alimentari (-0,7%). Sono gli ipermercati ad avere registrato la flessione più marcata (-3,2%), mentre gli esercizi specializzati hanno segnato l’aumento maggiore (+0,5%).

Quanto ai prodotti non alimentari, ad aprile 2010 la maggior parte dei gruppi merceologici ha mostrato risultati positivi. Al contrario, variazioni negative hanno riguardato le dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni, telefonia (-3,3%) e cartoleria, libri, giornali e riviste (-1,5%).

Sono le micro-imprese quelle che reggono il sistema produttivo.

Secondo una recente indagine Istat che ha fotografato il sistema produttivo italiano  nel 2008, risulta che poco più di 4,5 milioni di imprese occupano, complessivamente, circa 17,9 milioni di addetti e che più del 95% delle imprese sono piccole imprese con meno di 10 addetti.

Secondo questa indagine, il 21 per cento degli addetti (quasi 3,8 milioni) lavora nelle piccole imprese (da 10 a 49 addetti) e il 12,5 per cento (oltre 2,2 milioni) in quelle di media dimensione (da 50 a 249 addetti). Soltanto 3.735 imprese (0,08 per cento) impiegano 250 addetti e più, assorbendo, tuttavia, il 20 per cento dell’occupazione complessiva (circa 3,6 milioni di addetti).

La struttura delle imprese, in termini di attività economica, è caratterizzata da una forte concentrazione dell’occupazione nel settore manifatturiero, con oltre il 25 per cento degli addetti totali, nel commercio all’ingrosso e al dettaglio (20 per cento dell’occupazione totale) e nelle costruzioni (poco più dell’11 per cento). In particolare, all’interno del manifatturiero si conferma il peso rilevante della fabbricazione di prodotti in metallo, le cui imprese occupano 792mila addetti, delle industrie tessili (quasi 597mila addetti) e delle industrie alimentari (oltre 439mila addetti). Le imprese industriali presentano una dimensione media maggiore rispetto a quelle del settore terziario.  In particolare, si va da un massimo di 35 addetti per impresa nel settore della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata, a 9,6 nelle attività manifatturiere, mentre per le costruzioni e il commercio, trasporto e alberghi la dimensione media è rispettivamente di 3,2 e 3,6 addetti per impresa. Per gli altri servizi si registrano valori inferiori alla media nazionale (pari a 4 addetti), ad eccezione dei servizi di informazione e comunicazione e delle attività finanziarie e assicurative (rispettivamente 5,6 e 7,5 addetti per impresa).

Analizzando il peso, in termini di addetti, dei diversi settori economici all’interno di singole classi dimensionali, si rileva che l’incidenza dell’industria in senso stretto è minima nelle imprese più piccole (5,9 per cento), ma cresce all’aumentare della classe dimensionale, raggiungendo il valore più elevato nella media impresa (da 50 a 249 addetti), con quasi il 50 per cento dell’occupazione. I settori del terziario sono caratterizzati dalla presenza di micro e piccole imprese: tra quelle che occupano fino a 10 addetti sono più numerose sia quelle del commercio, trasporto e alberghi, sia quelle degli altri servizi (complessivamente rappresentano oltre il 77 per cento delle micro imprese). Il settore degli altri servizi contraddistingue anche il segmento delle grandi imprese (250 addetti e oltre), con quasi il 37 per cento degli addetti, dove l’industria in senso stretto rappresenta il 32 per cento dell’occupazione. Data la struttura del sistema produttivo italiano, un segmento di particolare interesse è quello delle imprese senza lavoratori dipendenti, il cui input di lavoro è costituito dai soli lavoratori indipendenti. Esse ammontano a circa 2 milioni e 954 mila (65,4 per cento del totale delle imprese attive).

Con riferimento alla forma giuridica, due terzi delle imprese sono ditte Individuali.

In rialzo gli ordini ed il fatturato: l’industria italiana ce la sta facendo.

L’industria italiana torna a correre, secondo gli ultimi indicatori di aprile resi noti dall’Istituto nazionale di statistica. In ripresa gli ordini nell’industria ad aprile con un aumento del 4,7 per cento su base congiunturale (indice destagionalizzato) e del 20,6 per cento tendenziale (indice grezzo). Si tratta spiega l’Istat dell’incremento più elevato da agosto 2006. Nel confronto degli ultimi tre mesi (febbraio-aprile) con i tre mesi immediatamente precedenti (novembre-gennaio) le variazioni sono state pari a più 1,9 per cento per gli ordinativi. Gli ordinativi nazionali hanno registrato una crescita del 4,8 per cento e quelli esteri del 4,4 per cento. Per le auto il dato tendenziale per quanto riguarda gli ordinativi è di un -13,3%. Cresce anche il fatturato dell’industria ad aprile. Su base mensile l’incremento, rileva l’Istat è stato dello 0,5 per cento (indice destagionalizzato) e del 6,4 per cento tendenziale (indice grezzo). Si tratta della’aumento maggiore da giugno 2008. Il fatturato è rimasto invariato sul mercato interno ed è aumentato dell’1,7 per cento su quello estero. Nel confronto degli ultimi tre mesi (febbraio-aprile) con i tre mesi immediatamente precedenti (novembre-gennaio) la variazione per il fatturato è stata pari a più 1,1 per cento. Nel confronto tendenziale relativo al periodo gennaio-aprile, l’indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario ha segnato una crescita del 5,5 per cento. Per quanto riguarda le auto il fatturato sempre riferito al dato grezzo tendenziale ha segnato un +3,9 per cento.

fonte: Apcom

Inflazione: in Italia diminuisce, nel resto d’Europa aumenta.

L’Istat ha segnalato una diminuzione dell’inflazione in Italia a maggio che sarebbe scesa dello 0,1% rispetto allo scorso mese di aprile. Secondo l’Istituto di statistica, il tasso di inflazione acquisito per il 2010, cioè quello che si registrerebbe a fine anno nell’ipotesi che l’indice mantenga i livelli registrati a maggio, si attesta così ad un +1,2%. A livello congiunturale, gli aumenti più significativi si sono verificati per i capitoli altri beni e servizi (+0,5%) e abitazione, acqua, elettricità e combustibili (+0,3%). Restano invariati i prezzi di bevande alcoliche, tabacco, istuzione. Variazioni congiunturali negative si sono verificate nei capitoli ricreazione, spettacoli e cultura (-0,6%), comunicazioni (-0,4%) e servizi sanitari e spese per la salute (-0,2%). Gli incrementi tendenziali più elevati si sono registrati nei capitoli trasporti (+5,0%), altri beni e servizi (+3,1%) e istruzione (+2,5%). %). Variazioni tendenziali negative si sono verificate nei capitoli comunicazioni (-2,0%), prodotti alimentari e bevande analcoliche (-0,4%) e servizi sanitari e spese per la salute (-0,2%).
Rispetto agli altri paesi dell’eurozona, l’Italia si sarebbe comportata meglio. Infatti il dato relativo alla zona-euro è di un’inflazione pari all’1,6% (in Italia a maggio è dell’1,4%). Inoltre nella zona-euro il mese di maggio ha registrato un aumento dell’inflazione rispetto ad aprile che era dello 0,1%.

AAA Lavoro cercasi: pubblicati i dati Istat sulla disoccupazione in Italia

Tra il 2008 e il 2009 il tasso di disoccupazione in Italia passa dal 6,7% al 7,8%, contro l’8,9% registrato nell’Unione europea a 27 Paesi. Lo comunica l’Istat nella Rilevazione sulle forze lavoro nella media 2009. In confronto alla Ue, il valore più basso del tasso di disoccupazione si associa però, nel nostro Paese, ad un più elevato indicatore di inattività, il cui tasso si posiziona al 37,6% contro il 28,9% della media europea.

Ma quali sono le regioni con il maggior numero di disoccupati?

Purtroppo tra il 2008 ed il 2009 questo primato negativo spetta alle isole, infatti la Sicilia con un tasso di disoccupazione pari al 13,9% e la Sardegna con un tasso del 13,3% sono le prime due regioni in questa speciale classifica. Segue la Campania (12,9%). 

Le regioni che invece hanno un tasso di disoccupazione più basso sono: Trentino-Alto Adige (3,2%) e Valle D’Aosta (4,4%).

Al sud bisogna sottolineare il fatto che la Calabria è l’unica regione del Mezzogiorno in cui non si registra una crescita della disoccupazione. Per quanto riguarda la disoccupazione giovanile, purtroppo dobbiamo registrare una leggera crescita, infatti è passata dal 21,3% del 2008 al 25,4% nel 2009. A livello territoriale le regioni meridionali mostrano i livelli più alti di disoccupazione giovanile, soprattutto Sardegna, Sicilia e Basilicata (con valori pari rispettivamente al 44,7%, 38,5% e 38,3%). Il Lazio è l’unica regione del Centro-nord a presentare un tasso superiore alla media nazionale. Per la componente maschile il tasso più elevato si registra in Sardegna, con un valore cinque volte superiore a quello del Trentino-Alto Adige. In tre regioni del Mezzogiorno (Basilicata, Sardegna, Sicilia) il tasso di disoccupazione giovanile delle donne è ben oltre il 40% e sfiora il 50% in Basilicata.

Nino Ragosta

Pubblicate le tabelle con i piani di ammortamento

Arriva la notizia della definizione dei piani di ammortamento per i liberi professionisti, rispetto agli oneri di ricongiunzione per il 2010.

Con Circolare n. 59 del 9 aprile, l’INPS ha infatto comunicato l’avvenuta pubblicazione delle tabelle dei coefficienti che i liberi professionisti devono utilizzare per i piani di ammortamento degli oneri di ricongiunzione.

In particolare, si rivolge alle domande presentate nel corso del 2010, con i piani che devono essere aggiornati in base al tasso di variazione medio annuo dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, così come accertato dall’ISTAT.

Le tabelle sono state aggiornate in funzione del tasso di variazione medio annuo dell’indice dei prezzi al consumo (esclusi i tabacchi), delle famiglie degli operai e impiegati accertato dall’ISTAT per il 2009, e che coincidono con lo 0,7%.

Infine, sono anche state trasmesse:

– la tabella con specificato l’ammontare della rata mensile da pagare, che deve essere posticipata per ammortizzare il capitale unitario da 2 a 120 mensilità rispetto al tasso annuo composto dello 0,7%;

– la tabella con i coefficienti utili a determinare il debito residuo in caso di sospensione del versamento delle rate mensili prima che il contribuente abbia esitinto il debito del medesimo tasso annuo dello 0,7%.

Paola Perfetti