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Under pressure: l’Italia delle tasse è ai primi posti in Europa. Pressione fiscale troppo alta.
La pressione fiscale aumenta e l’Italia è quinta nell’Unione europea per il peso delle tasse. Lo rileva l’Istat, secondo cui nel 2009 la pressione fiscale complessiva rispetto al Pil è passata al 43,2%, dal 42,9% dell’anno prima. Nella classifica europea dell’incidenza sul Pil del prelievo tributario e contributivo, l’Italia si piazza quindi al quinto posto (insieme alla Francia), preceduta da Danimarca (49%), Svezia (47,8%), Belgio (45,3%) e Austria (43,8%). I valori più bassi sono invece in Lettonia (26,5%), Romania (28%), Slovacchia e Irlanda (29,1%). L’aumento della pressione fiscale in Italia, spiega l’istituto di statistica, “è l’effetto di una riduzione del Pil superiore a quella complessiva del gettito fiscale e parafiscale, la cui dinamica negativa (-2,3%) è stata attenuata da quella, in forte aumento, delle imposte di carattere straordinario (imposte in conto capitale), cresciute in valore assoluto di quasi 12 miliardi”.
fonte: Apcom
Vendite al dettaglio: ad aprile calano gli alimentari.
Sul dato, spiega l’Istat, pesa l’effetto della spesa pasquale, che quest’anno si è distribuita sia su marzo che su aprile (mentre nel 2009 si concentrò solo su aprile).
Se, quindi, per gli alimentari si è registrato un calo, per i prodotti non alimentari, invece, si è verificato un aumento, seppure moderato, dello 0,2%. In termini congiunturali (al netto della stagionalità), le vendite di prodotti alimentari sono diminuite dello 0,7% e quelle dei prodotti non alimentari dello 0,1%. Nell’ultimo trimestre (febbraio-aprile) l’indice destagionalizzato del valore del totale delle vendite al dettaglio è cresciuto dello 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti.
Una diminuzione significativa si è verificata per la grande distribuzione, che a confronto con il mese di aprile 2009 ha segnato una flessione delle vendite pari all’1,7%, mentre nelle imprese operanti su piccole superfici si è registrato un incremento dello 0,3%. Guardando da vicino la grande distribuzione, si nota come le vendite abbiano registrato diminuzioni sia per i prodotti alimentari (-2,8%), sia per i prodotti non alimentari (-0,7%). Sono gli ipermercati ad avere registrato la flessione più marcata (-3,2%), mentre gli esercizi specializzati hanno segnato l’aumento maggiore (+0,5%).
Quanto ai prodotti non alimentari, ad aprile 2010 la maggior parte dei gruppi merceologici ha mostrato risultati positivi. Al contrario, variazioni negative hanno riguardato le dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni, telefonia (-3,3%) e cartoleria, libri, giornali e riviste (-1,5%).
Sono le micro-imprese quelle che reggono il sistema produttivo.
Secondo questa indagine, il 21 per cento degli addetti (quasi 3,8 milioni) lavora nelle piccole imprese (da 10 a 49 addetti) e il 12,5 per cento (oltre 2,2 milioni) in quelle di media dimensione (da 50 a 249 addetti). Soltanto 3.735 imprese (0,08 per cento) impiegano 250 addetti e più, assorbendo, tuttavia, il 20 per cento dell’occupazione complessiva (circa 3,6 milioni di addetti).
La struttura delle imprese, in termini di attività economica, è caratterizzata da una forte concentrazione dell’occupazione nel settore manifatturiero, con oltre il 25 per cento degli addetti totali, nel commercio all’ingrosso e al dettaglio (20 per cento dell’occupazione totale) e nelle costruzioni (poco più dell’11 per cento). In particolare, all’interno del manifatturiero si conferma il peso rilevante della fabbricazione di prodotti in metallo, le cui imprese occupano 792mila addetti, delle industrie tessili (quasi 597mila addetti) e delle industrie alimentari (oltre 439mila addetti). Le imprese industriali presentano una dimensione media maggiore rispetto a quelle del settore terziario. In particolare, si va da un massimo di 35 addetti per impresa nel settore della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata, a 9,6 nelle attività manifatturiere, mentre per le costruzioni e il commercio, trasporto e alberghi la dimensione media è rispettivamente di 3,2 e 3,6 addetti per impresa. Per gli altri servizi si registrano valori inferiori alla media nazionale (pari a 4 addetti), ad eccezione dei servizi di informazione e comunicazione e delle attività finanziarie e assicurative (rispettivamente 5,6 e 7,5 addetti per impresa).
Analizzando il peso, in termini di addetti, dei diversi settori economici all’interno di singole classi dimensionali, si rileva che l’incidenza dell’industria in senso stretto è minima nelle imprese più piccole (5,9 per cento), ma cresce all’aumentare della classe dimensionale, raggiungendo il valore più elevato nella media impresa (da 50 a 249 addetti), con quasi il 50 per cento dell’occupazione. I settori del terziario sono caratterizzati dalla presenza di micro e piccole imprese: tra quelle che occupano fino a 10 addetti sono più numerose sia quelle del commercio, trasporto e alberghi, sia quelle degli altri servizi (complessivamente rappresentano oltre il 77 per cento delle micro imprese). Il settore degli altri servizi contraddistingue anche il segmento delle grandi imprese (250 addetti e oltre), con quasi il 37 per cento degli addetti, dove l’industria in senso stretto rappresenta il 32 per cento dell’occupazione. Data la struttura del sistema produttivo italiano, un segmento di particolare interesse è quello delle imprese senza lavoratori dipendenti, il cui input di lavoro è costituito dai soli lavoratori indipendenti. Esse ammontano a circa 2 milioni e 954 mila (65,4 per cento del totale delle imprese attive).
Con riferimento alla forma giuridica, due terzi delle imprese sono ditte Individuali.
In rialzo gli ordini ed il fatturato: l’industria italiana ce la sta facendo.
fonte: Apcom
Inflazione: in Italia diminuisce, nel resto d’Europa aumenta.
Rispetto agli altri paesi dell’eurozona, l’Italia si sarebbe comportata meglio. Infatti il dato relativo alla zona-euro è di un’inflazione pari all’1,6% (in Italia a maggio è dell’1,4%). Inoltre nella zona-euro il mese di maggio ha registrato un aumento dell’inflazione rispetto ad aprile che era dello 0,1%.
AAA Lavoro cercasi: pubblicati i dati Istat sulla disoccupazione in Italia
Tra il 2008 e il 2009 il tasso di disoccupazione in Italia passa dal 6,7% al 7,8%, contro l’8,9% registrato nell’Unione europea a 27 Paesi. Lo comunica l’Istat nella Rilevazione sulle forze lavoro nella media 2009. In confronto alla Ue, il valore più basso del tasso di disoccupazione si associa però, nel nostro Paese, ad un più elevato indicatore di inattività, il cui tasso si posiziona al 37,6% contro il 28,9% della media europea.
Ma quali sono le regioni con il maggior numero di disoccupati?
Purtroppo tra il 2008 ed il 2009 questo primato negativo spetta alle isole, infatti la Sicilia con un tasso di disoccupazione pari al 13,9% e la Sardegna con un tasso del 13,3% sono le prime due regioni in questa speciale classifica. Segue la Campania (12,9%).
Le regioni che invece hanno un tasso di disoccupazione più basso sono: Trentino-Alto Adige (3,2%) e Valle D’Aosta (4,4%).
Al sud bisogna sottolineare il fatto che la Calabria è l’unica regione del Mezzogiorno in cui non si registra una crescita della disoccupazione. Per quanto riguarda la disoccupazione giovanile, purtroppo dobbiamo registrare una leggera crescita, infatti è passata dal 21,3% del 2008 al 25,4% nel 2009. A livello territoriale le regioni meridionali mostrano i livelli più alti di disoccupazione giovanile, soprattutto Sardegna, Sicilia e Basilicata (con valori pari rispettivamente al 44,7%, 38,5% e 38,3%). Il Lazio è l’unica regione del Centro-nord a presentare un tasso superiore alla media nazionale. Per la componente maschile il tasso più elevato si registra in Sardegna, con un valore cinque volte superiore a quello del Trentino-Alto Adige. In tre regioni del Mezzogiorno (Basilicata, Sardegna, Sicilia) il tasso di disoccupazione giovanile delle donne è ben oltre il 40% e sfiora il 50% in Basilicata.
Nino Ragosta
Pubblicate le tabelle con i piani di ammortamento
Arriva la notizia della definizione dei piani di ammortamento per i liberi professionisti, rispetto agli oneri di ricongiunzione per il 2010.
Con Circolare n. 59 del 9 aprile, l’INPS ha infatto comunicato l’avvenuta pubblicazione delle tabelle dei coefficienti che i liberi professionisti devono utilizzare per i piani di ammortamento degli oneri di ricongiunzione.
In particolare, si rivolge alle domande presentate nel corso del 2010, con i piani che devono essere aggiornati in base al tasso di variazione medio annuo dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, così come accertato dall’ISTAT.
Le tabelle sono state aggiornate in funzione del tasso di variazione medio annuo dell’indice dei prezzi al consumo (esclusi i tabacchi), delle famiglie degli operai e impiegati accertato dall’ISTAT per il 2009, e che coincidono con lo 0,7%.
Infine, sono anche state trasmesse:
– la tabella con specificato l’ammontare della rata mensile da pagare, che deve essere posticipata per ammortizzare il capitale unitario da 2 a 120 mensilità rispetto al tasso annuo composto dello 0,7%;
– la tabella con i coefficienti utili a determinare il debito residuo in caso di sospensione del versamento delle rate mensili prima che il contribuente abbia esitinto il debito del medesimo tasso annuo dello 0,7%.
Paola Perfetti