L’Italia dei consumi: Nord-Est batte Sud recuperando i livelli pre-crisi

Uno studio di Confcommercio rivela come le dinamiche dei consumi nell’Italia della crisi globale muti profondamente da Nord a Sud: se nel periodo che va dal 2007 al 2011 è calato significativamente il contributo in termini di consumo delle regioni del Sud Italia, il Nord, ed in particolare il Nord-Est, ha registrato al contrario una ripresa positiva della spesa sul totale nazionale, in costante aumento.

Lo studio condotto da Confcommercio, nell’ambito dell’ “Aggiornamento delle analisi e delle previsioni dei consumi delle famiglie nelle regioni italiane”, mette in luce come nello zoccolo dello stivale i consumi si siano contratti passando dal 27,2% del 2007 al 26,6% del 2011. A livello di singole regioni, i picchi sono stati registrati in Calabria (-4,2%), Puglia (-3,6%), Sicilia (-3,2%) e Campania (-3%). Segue invece un andamento completamente opposto la curva della spesa a livello nazionale se si guarda alle regioni del Settentrione: le quote sono in costante aumento sia nel Nord-Est (dal 21,8% al 22,2%) che nel Nord-Ovest (dal 30,1% al 30,6%), al punto che il Nord-Est ha recuperato nel 2010 i livelli di consumo pre-crisi.

Difficili le previsioni per il futuro: la debolezza dei consumi a livello pro capite, complice il biennio di crisi 2008-2009, lascia intravedere un rallentamento generalizzato dell’uscita dalla crisi. Confcommercio ha stimato infatti che, a fine 2011, saranno ben 17 regioni italiane su 20 a rischiare di registrare un livello di consumi inferiore a quello del 2000. Ancora meno rosee appaiono le prospettive a lungo termine: nel 2017 si prevede infatti che il Mezzogiorno avrà acuito il suo ritardo con una continua riduzione della spesa per consumi rispetto al totale nazionale.

Modesta la previsione per il 2011 con una ripresa sull’intero territorio nazionale stimata attorno al + 0,8%, anche se le famiglie italiane stanno cercando di recuperare i livelli di consumo pre-crisi.

Alessia Casiraghi

La Cina è in Italia

A dispetto della crisi, ancora ben presente in Italia, c’è chi, invece, sembra proprio non avere difficoltà.

Sono i cinesi che, invece di chiudere le loro attività, si moltiplicano, e non solo nelle grandi città, ma anche nelle province, dove è ancora più difficile trovare un’occupazione.

I dati, raccolti dalla Cgia di Mestre, parlano di piccole e medie imprese cinesi che hanno superato le 54 mila unità, con una crescita dell’8,5% rispetto al 2009, in netto contrasto con i dati riguardanti imprese italiane, diminuite, nello stesso lasso di tempo, dello 0,4%. Ad aumentare è anche la presenza, nelle aziende italiane, di imprenditori cinesi, con una crescita, dal 2002 al 2010, del 150,7%.

Ma è tutto oro quello che luccica? A quanto pare no, poiché è lo stesso Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, ad affermare: “Pur riconoscendo che gli imprenditori cinesi hanno alle spalle una storia millenaria di successo, la loro forte concentrazione in alcune aree del Paese sta creando non pochi problemi. Spesso queste attività si sviluppano eludendo gli obblighi fiscali e contributivi, le norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e senza nessun rispetto dei più elementari diritti dei lavoratori occupati in queste realtà aziendali. Questa forma di dumping economico ha messo fuori mercato intere filiere produttive e commerciali di casa nostra“.

La maggiore concentrazione di imprenditori cinesi si trova nel Nord, e soprattutto in Lombardia, dove sono 10.998, Toscana, 10.503 e Veneto, 6.343. Nonostante questi numeri, la crescita registrata è omogenea in tutto il Belpaese, compreso il Trentino Alto Adige, una volta inespugnabile.

Ovviamente, l’incidenza di imprenditori cinesi sul totale dell’imprenditorialità straniera è molto forte e raggiunge un 8,6% con picchi in Toscana del 18,2%.

Tra i settori di occupazione, trovano i primi posti pelletteria, calzature ed abbigliamento, seguiti da alberghiero, bar e ristorazione, dove i titolari cinesi sono ormai 10.079. E siamo sicuri che si tratta di dati destinati a crescere ancora.

Vera Moretti

Promettente il Luxury made in Italy in Cina

E’ il lusso a garantire il maggior successo per le imprese italiane in territorio cinese. Il comparto negli ultimi 5 anni ha avuto un incremento medio del 20% annuo e che ha portato la Repubblica Popolare a posizionarsi al settimo posto a livello mondiale tra i Paesi consumatori.

Secondo i dati della Boston Consulting Group la Cina nel 2010 contava 1,11 milioni di milionari, ovvero il 31% in più che nel 2009. Il settore del lusso, però, può vantare in realtà 100 milioni di consumatori, la cui spesa media è di circa 1000 euro pro capite; di questi, il 60% acquista per ragioni di status sociale, un 20% per necessità e un ulteriore 20% per piacere personale.

Tra i maggiori comparti ad avere successo nella terra del Dragone si trovano cosmetici e accessori. Il design italiano, arredamento e luce invece nonostante siano presenti in Cina da ormai 20 anni  registrano solo /5% del proprio fatturato in questo Paese.

Non ovunque la situazione è uguale: mercati più maturi come Hong Kong e Singapore mostrano un maggior interesse per l’arredo; il Salone del Mobile di Milano ha visto, infatti, una crescita del 10% di visitatori asiatici. Naturalmente è la qualità e la ricercatezza dei materiali e della lavorazione a far desiderare i nostri prodotti.

 

L’Italia è la prima nazione al mondo per le immatricolazioni

L’Italia è ancora una volta la nazione in prima posizione per quanto riguarda le immatricolazioni dei veicoli. Nel mese di Aprile è stato registrato un valore pari a +9,3% con un totale nel mese di Marzo di circa 163.953 nuovi mezzi. Secondo i dati ufficiali nei primi 4 mesi del 2011 vi è stata una crescita del 13,6% con un totale di circa 681.567 immatricolazioni.

Di seguito vi riportiamo la classifica Europea con tanto di valori :

  • Italia : +26,1%; Regno Unito : 23,6%; Germania : 12,% ; Francia : 3,0% ; Spagna : -14,3% ; Grecia : -38,9%

Come potete notare dalla tabella riportata in alto, non tutte le nazioni hanno avuto incrementi rispetto ad anni precedenti, paesi come la Spagna e la Grecia hanno avuto addirittura dei cali e si parla di numerosi veicoli.

Secondo le analisi, anche i camion pesanti sono soggetti in Europa a un incremento di circa il 50,8% unico settore che resta quasi invariato è quello dei pullman e autobus.

Pil: +1,2%. Ritoccate in positivo le stime

La percentuale di crescita del Pil italiano sarebbe leggermente migliore rispetto alle stime. Si parla infatti di crescita dell’1,2% contro le precedenti previsioni dell’1,1% stando ai dati Istat. Il motivo è semplice: lo 0,1% di incremento proviene da una giornata lavorativa in più presente nel 2010 rispetto al 2009. Si tratta quindi di una correzione che tiene in considerazione il calendario lavorativo precedentemente non considerato.

Per quanto riguarda il quarto trimestre, il Pil è aumentato dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dell’1,5% rispetto al quarto trimestre del 2009: si conferma così la stima preliminare diffusa a febbraio per il dato congiunturale mentre è stato rivisto al rialzo il tendenziale (+1,3%). Rispetto al terzo trimestre si registra un rallentamento sul congiunturale (+0,3% nel trimestre precedente) e un’accelerazione sul tendenziale (+1,2% sul trimestre precedente).

M. Z.

In rialzo gli ordini ed il fatturato: l’industria italiana ce la sta facendo.

L’industria italiana torna a correre, secondo gli ultimi indicatori di aprile resi noti dall’Istituto nazionale di statistica. In ripresa gli ordini nell’industria ad aprile con un aumento del 4,7 per cento su base congiunturale (indice destagionalizzato) e del 20,6 per cento tendenziale (indice grezzo). Si tratta spiega l’Istat dell’incremento più elevato da agosto 2006. Nel confronto degli ultimi tre mesi (febbraio-aprile) con i tre mesi immediatamente precedenti (novembre-gennaio) le variazioni sono state pari a più 1,9 per cento per gli ordinativi. Gli ordinativi nazionali hanno registrato una crescita del 4,8 per cento e quelli esteri del 4,4 per cento. Per le auto il dato tendenziale per quanto riguarda gli ordinativi è di un -13,3%. Cresce anche il fatturato dell’industria ad aprile. Su base mensile l’incremento, rileva l’Istat è stato dello 0,5 per cento (indice destagionalizzato) e del 6,4 per cento tendenziale (indice grezzo). Si tratta della’aumento maggiore da giugno 2008. Il fatturato è rimasto invariato sul mercato interno ed è aumentato dell’1,7 per cento su quello estero. Nel confronto degli ultimi tre mesi (febbraio-aprile) con i tre mesi immediatamente precedenti (novembre-gennaio) la variazione per il fatturato è stata pari a più 1,1 per cento. Nel confronto tendenziale relativo al periodo gennaio-aprile, l’indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario ha segnato una crescita del 5,5 per cento. Per quanto riguarda le auto il fatturato sempre riferito al dato grezzo tendenziale ha segnato un +3,9 per cento.

fonte: Apcom