Si avvicina la scadenza per la prima rata IMU-TASI

La scadenza per la prima rata IMU-TASI si sta avvicinando e quest’anno, alla data del 16 giugno, contrariamente all’anno scorso, sono chiamati a pagare tutti i proprietari di immobili.

Nessuna proroga e nessuna delibera è annunciata all’orizzonte, anche perché la IUC, che comprende IMU, TASI e anche la TARI, l’imposta sui rifiuti, è ormai e regime, e le regole sono quindi per tutti quelle fissate dalla normativa. Facciamo qualche chiarimento per capire meglio di cosa si tratta.
La TASI va versata sulle prime case, e sostituisce l’IMU, mentre quest’ultima si paga su tutti gli altri immobili. Fanno eccezione le prime case di lusso, di categoria A1, A8 e A9, che pagano sia TASI sia IMU. Le aliquote da tenere in considerazione per l’acconto da versare entro il 16 giugno sono quelle deliberate dai Comuni per questo 2015 solo nel caso in cui ci sia la delibera nei termini previsti, con pubblicazione entro il termine ultimo del 23 maggio. Altrimenti si paga con le aliquote 2014: sono molte le amministrazioni che non hanno ancora deliberato, anche in considerazione del fatto che quest’anno è slittato a luglio il termine per pubblicare i bilanci dei Comuni.

Nei comuni in cui non c’è una nuova delibera IMU-TASI l’eventuale differenza con l’aliquota 2015 verrà versata con il saldo di dicembre. Un utile strumento per capire la situazione delle delibere del Comune è rappresentato dal sito del Dipartimento delle Finanze, che presenta tutte le delibere aggiornate.
Ogni contribuente deve verificare la delibera del proprio Comune, magari consultando il sito internet dell’amministrazione, dove, in periodo di scadenze, vengono inserite pagine dedicate all’adempimento e specchietti riassuntivi.

Ricordiamo che l’aliquota base della TASI va dall’1 al 2,5 per mille, la somma TASI + IMU non può mai superare l’1,06%. Ogni Comune può aggiungere uno 0,8 per mille alle prime case o agli altri immobili, o spalmarla sulle due voci.

Il pagamento va effettuato con F24 o bollettino postale.

Vera MORETTI

La mazzata sugli immobili produttivi

Il controsenso è tutto italiano e, come al solito, riguarda tasse e imprese. Parliamo di immobili produttivi che, come dice il nome, dovrebbero essere delle strutture utilizzate per produrre beni o servizi e, di conseguenza, reddito e ricchezza. In realtà sono diventati solo limoni da spremere.

Secondo uno studio dell’Osservatorio di Cna Nazionale sulla tassazione della piccola impresa, negli ultimi 36 mesi la tassazione locale sugli immobili produttivi è aumentata di 4 miliardi e 900 milioni: dai 4,7 del 2011 ai 9,6 del 2014. La mazzata si è chiusa col botto il 16 dicembre scorso, quando le imprese hanno dovuto pagare la famigerata Iuc.

Come ben sottolinea la Cna, questo fiume di denaro che origina dagli immobili produttivi è prima di tutto sottratto agli investimenti, vista l’improduttività degli enti nelle cui casse finisce. Inoltre, ciò che più scandalizza è il fatto che l’impennata sia stata particolarmente forte proprio negli anni di crisi più difficili per le imprese italiane.

L’indagine della Cna sugli immobili produttivi è stata condotta nei 110 comuni monitorati dall’Osservatorio Cna sulla tassazione della piccola impresa e sulle seguenti tipologie di immobili produttivi: laboratorio artigiano di 350 mq, classificato nella categoria catastale C3; negozio per la vendita di 175 mq, classificato nella categoria catastale C. Ossia le due tipologie prevalenti di immobili produttivi soggette alla tassazione locale. Senza contare il fatto che, spesso, ciò che fa lievitare la tassazione è il valore catastale degli immobili produttivi anche più elevato di quello di mercato.

Lo studio della Cna arriva poi alla conclusione che nel 2015 difficilmente le imprese e gli artigiani potranno far fronte a ulteriori aumenti della tassazione sugli immobili produttivi, anche a fronte della perdita della deducibilità totale della Tasi versata su capannoni, negozi e laboratori. Ecco perché la Cna chiede di invertire la tendenza riducendo la tassazione, rendendo magari interamente deducibile l’Imu dal reddito d’impresa (ora se ne può dedurre il 20%).

In questo senso vanno anche le imprese, che sperano nella deducibilità totale dell’Imu dal reddito d’impresa e dall’Irap, così da ridurre il carico della tassazione erariale e controbilanciare in questo modo quella comunale.

Del resto, se i beni strumentali all’attività produttiva come gli immobili produttivi stessi servono a produrre reddito d’impresa, l’Imu diventa un costo legato alla produzione del reddito e la non totale deducibilità della tassa comunale determina la tassazione di un reddito d’impresa che, di fatto, non viene mai realizzato. Una stortura e un contrasto con l’articolo 53 della Costituzione, che rende questa indeducibilità incostituzionale.

La Cna ha il merito di riportare all’attenzione di chi di dovere una stortura non tanto difficile da vedere. Ma si sa che, immobili produttivi o no, quando c’è da raccattare soldi la fiscalità, locale o centrale, della Costituzione non sa che farsene. A meno che, un giorno, trovi il modo di tassare anche quella…

Incertezza fiscale, una tassa occulta

Le imprese italiane sono preda delle tasse ma, soprattutto, della incertezza fiscale. Anche questa una vera tassa occulta il cui peso e costo sono stati quantificati dall’Ordine dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano, che hanno realizzato una ricerca ad hoc per capire quanto incide in negativo sull’andamento delle aziende il peso della incertezza fiscale.

Il conto è presto fatto: servono almeno 137 ore di lavoro in media all’anno, pari a circa 17 giorni, per chiudere gli adempimenti tributari di carattere ordinario. Entrando nel dettaglio dell’incertezza fiscale, secondo i commercialisti milanesi servono oltre 37 ore per l’Iva, più di 46 per Ires/Irap e oltre 56 per Iuc/Tasi/Imu.

La ricerca dei commercialisti milanesi è stata presentata nei giorni scorsi all’Università Bocconi e, durante la presentazione, è stata messa in luce in maniera impietosa tutta la serie di carte, controlli e burocrazia messi in moto dal sistema fiscale che, per un’azienda, rendono l’idea della incertezza fiscale un incubo. Secondo il prof. Massimo Cremona, che ha curato la ricerca, “per lo spesometro, per esempio, servono oltre 27 ore e si ritiene che il risultato ottenuto, anche in termini di benefici per l’Agenzia delle Entrate, sia probabilmente sproporzionato rispetto ai costi sopportati dal contribuente e dalla stessa Agenzia per la fase di controllo dell’adempimento medesimo”.

Appare quindi chiaro come il rapporto tra imprese e fisco sia gravato dal fattore incertezza fiscale, generato soprattutto dalle continue variazioni della normativa, dalla nebulosità della norma e dalla aleatorietà delle decisioni giurisprudenziali. Tutto questo non fa altro che creare costi aggiuntivi: secondo la ricerca, infatti, il 20% delle società interessate dall’indagine è stata contattata dall’Agenzia delle entrate per richiedere verifiche, ispezioni o documentali e, di queste, oltre il 50% è incorsa in rilievi causati proprio dalla incertezza fiscale.

Non resta che provare a riderci su… amaramente.

Nuovi codici tributo per TARI e TASI

L’Agenzia delle Entrate ha emanato nuovi codici tributo per agevolare i contribuenti nel pagamento della IUC, la nuova tassa sui servizi comunali che comprende TASI, TARI e IMU.

TASI e TARI sono due tributi nuovi, quindi il Fisco ha istituito i relativi codici per il versamento in F24.
Visto che la TARI sostituisce la TARES, i relativi codici restano gli stessi, mentre per la TASI ce ne sono di nuovi.

Tasi in F24

  • 3958: per abitazione principale e relative pertinenze,
  • 3959: per fabbricati rurali ad uso strumentale,
  • 3960: per aree fabbricabili,
  • 3961: per altri fabbricati.

Per la compilazione del Modello F24, questi codici tributo vanno esposti nella “SEZIONE IMU E ALTRI TRIBUTI LOCALI“, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, con le seguenti indicazioni: nel campo “codice ente/codice comune”, indicare il codice catastale del Comune nel cui territorio sono situati gli immobili.

Nello spazio “Ravv“, barrare solo se il pagamento si riferisce al ravvedimento, così come lo spazio “Acc” va segnato solo se il pagamento si riferisce all’acconto previsto in giugno nei comuni che hanno deliberato in tempo (mentre il campo “Saldo” va barrato appunto in sede di saldo a dicembre.
Se il pagamento è effettuato in unica soluzione per acconto e saldo, bisogna barrare entrambe le caselle.

Come avviene per l’IMU, nella casella “Numero immobili”, si indica il numero degli immobili, fino a un massimo di tre cifre.
L’anno di riferimento è quello dell’anno di imposta a cui si riferisce il versamento: quindi se si tratta di ravvedimento, bisogna segnare l’anno in cui l’imposta avrebbe dovuto essere versata.

In caso di ravvedimento, unitamente all’imposta bisogna versare anche interessi di mora e sanzioni. Per questo, ci sono specifici codici tributo:

  • 3962: per gli interessi,
  • 3963: per le sanzioni.

Tasi in F24EP

  • 374E: per i fabbricati rurali ad uso strumentale,
  • 375E: aree fabbricabili,
  • 376E: altri fabbricati,
  • 377E: per gli interessi,
  • 378E: per le sanzioni.

I codici per la Tari in realtà sono gli stessi che si utilizzavano per la Tares anche se sono stati ridenominati sostituendo il precedente riferimento alla Tares con il nuovo nome dell’imposta, Tari. Quindi:

  • 3944: valido per Tari (e Tares),
  • 3945: Tari (e Tares), interessi,
  • 3946: Tari (e Tares), sanzioni,
  • 3950: tariffa,
  • 3951: tariffa, interessi,
  • 3952: tariffa, sanzioni

Per quanto riguarda la compilazione dell’F24, i codici si inseriscono nella “sezione IMU e altri tributi locali“, in corrispondenza della colonna “importi a debito versati”, con le stesse modalità previste per la Tasi.
Nello spazio “rateazione/mese rif” il numero della rata va indicato nel formato “NNRR”, dove “NN” rappresenta il numero della rata in pagamento e “RR” quello complessivo delle rate.
In caso di pagamento in un’unica soluzione, si indicherà “0101″.

Relativamente alla Tari in F24EP, sono stati ridenominati i precedenti codici istituiti per la Tares, che vanno esposti nella sezione “Tares-Tari” del modello F24EP.

Vera MORETTI

Accordo trovato per la Tasi

E’ stato trovato un accordo tra sindaci e governo sulla questione delle aliquote e sul gettito Tasi, ovvero la componente relativa ai servizi comunali indivisibili inclusa nella Iuc.

L’esecutivo ha infatti riconosciuto alle amministrazioni comunali un ammanco di 700 milioni di euro derivante dal passaggio dall’Imu alla Iuc. Sono stati già identificati 500 milioni, che corrispondono all’importo stanziato nella legge di Stabilità per le detrazioni.

A Palazzo Chigi sono state individuate soluzioni che permettano ai municipi italiani di avere anche quest’anno le stesse risorse di cui disponevano nel 2013.
Durante l’incontro si è ritenuto di concedere la possibilità di applicare un’aliquota aggiuntiva dello 0,8 per mille sulla prima o sulla seconda casa.

L’aliquota base della Tasi potrà arrivare ad un livello massimo del 3,3 per mille.
Saranno i sindaci a stabilire, in maniera discrezionale, se e quando procedere con la maggiorazione che parte dal 2,6 per mille garantendo, contestualmente e in base ai propri calcoli, le stesse detrazioni per famiglie in condizioni di difficoltà previste dall’Imu.

Vera MORETTI

IUC: sarà cara e salata per le pmi

Ormai tutti sanno cos’è la Iuc e da quando entrerà in vigore, ma forse non siamo ancora consapevoli dell’importo che toccherà pagare.

La Cgia ha cercato di fare una stima, pensando agli oneri delle pmi e sembra che subiranno un rincaro tra i 60 e i 250 euro, anche tenendo conto dell’alleggerimento fiscale nel maxi-emendamento al ddl del Governo (con passaggio da Trise a IUC) e della deduzione al 30% prevista per le imprese.

Per dare informazioni certe, ha confrontato il futuro importo IUC con le passate IMU + tassa sui rifiuti (TIA-TARSU e TARES) e, come ha sottolineato Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, ci rimetteranno “ancora una volta i piccoli imprenditori“ e questo avrebbe, invece, “assolutamente scongiurato per non gravare ulteriormente sull’asse portante della nostra economia“.

Sono state fatte alcune ipotesi di calcolo:

  • IMU: si ipotizza un’aliquota al 0,933% (valore medio 2012 per immobili non prime case) a sui ci applica il nuovo moltiplicatore (salito da 60 a 65) per capannoni e altri immobili di categoria D.
  • TASI: si calcola allo 0,1% standard (è tassa sui servizi indivisibili del Comune, che insieme alla TARI compone la nuova IUC).
  • Deducibilità: si incamera la deduzione IMU per imprese del 30% nel 2013 e del 20% dal 2014, che pare non si applicherà alla base imponibile IRAP.
  • Tassa rifiuti: si considera il prelievo medio in 11 Comuni capoluoghi di Regione (per il 2013 viene applicata la maggiorazione TARES di 0,30 euro a metro quadrato) mentre la nuova tassazione vede maggiorate le tariffe del 15,5%, incremento medio nazionale.

Prendendo come esempio alcuni piccoli imprenditori e i diversi settori di appartenenza, ecco cosa è emerso.

  • Commerciante: Se ha un negozio di 72 mq (categoria catastale C1), con rendita catastale di quasi 1.700 euro e un reddito di 30mila euro, nel 2014 pagherà 118 euro in più rispetto a quanto ha versato nel 2013. Fra IMU (910 euro), rifiuti (636 euro) e maggiorazione TARES (22 euro), l’esborso di quest’anno è pari a 1.441 euro (sottraendo 127 euro di deducibilità IMU), mentre l’anno prossimo fra IMU (910 euro), Tari (636 euro) TASI (98 euro) e deduzioni (85 euro) l’importo salirà a 1.559 euro: la TASI (tassa sui rifiuti indivisibili, una delle due componenti della IUC) sarà più pesante della maggiorazione TARES e il risparmio dovuto alla deducibilità dell’IMU tenderà a diminuire.
  • Elettricista: Ditta individuale con un piccolo capannone di 500 mq, una rendita catastale poco sopra i 2mila 100 euro e un reddito di 40mila euro, l’aggravio 2014 è pari a 73 euro, dai 4mila 367 euro del 2013 (1380 di IMU + 3mila 65 di tassa riufiuti + 150 di maggiorazione TARES, sottranedo alla fine 229 euro di deducibilità IMU) a quota 4mila 440 (IMU e rifiuti invariati, TASI 148 euro, deduzione 153 euro). Come si vede, la differenza è quasi totalmente da imputare al calo della deducibilità IMU.
  • Snc artigiana: Società di persone con due soci e quattro dipendenti, capannone di mille mq (categoria D1) con rendita catastale di poco superiore ai 5.600 euro e un reddito di 60mila euro, nel 2014 pagherà 263 euro in più rispetto al 2013, dai 10.165 euro del 2013 (3mila 678 di IMU, 6mila 701 di rifiuti, 300 di maggiorazione TARES, mentre il risparmio per la deduzione IMU è di 515 euro) ai 10.428 del 2014: IMU e rifiuti invariati, la TASI è a 394 euro, quindi più alta della maggiorazione TARES e il risparmio IMU 2014, pari a 345 euro, sarà inferiore a quello previsto per quest’anno.
  • Piccola impresa: Società di capitali con due soci e quattro dipendenti, capannone di 3mila mq (categoria D7) con rendita catastale di 9.700 euro e reddito di 80mila euro: l’aggravio di imposta 2014 è pari a 61 euro, da 14.205 euro del 2013 (6.177 di IMU, 8.041 di prelievo rifiuti, 900 di maggiorazione TARES e risparmio deduzione pari a 913 euro) a 14.266 euro: anche se la TASI (662 euro) sarà inferiore alla maggiorazione TARES, non basta a compensare la minor deduzione IMU, 614 euro.

Vera MORETTI

Niente Tuc, arriva la Iuc

L’ultimo nome divulgato era Tuc, ma ora è diventata Iuc: la nuova tassa dei rifiuti, dunque, ha ancora una volta cambiato denominazione.
Anche questa, come la Tuc, durata qualche giorno, sarà una e trina e comprenderà sia la raccolta dei rifiuti sia i servizi indivisibili.

Questo è quanto è stato deciso in Commissione Bilancio del Senato e presentato sotto forma di emendamento dei relatori alla Legge di Stabilità.

Ma, sigla a parte, cosa cambia realmente, dopo Tari, Tasi, Tuc e affini?
E, soprattutto, questa volta, contrariamente alle altre, sono state trovate le risorse necessarie?
Ciò che pare definitivo è che la Iuc sostituirà l’Imu da gennaio 2014 e comunque sarà esente per le prime case, ad esclusione di quelle di lusso.

L’importo stanziato nel fondo attribuito ai comuni per introdurre detrazioni sulla nuova imposta sulla casa “darà la possibilità di avere un effetto analogo a quello del 2012, quando la detrazione base era a 200 euro e si aggiungevano 50 euro a figlio” hanno spiegato i relatori illustrando la loro proposta.

Vera MORETTI