Il datore di lavoro può controllare il computer del dipendente?

Il datore di lavoro può controllare il computer dei dipendenti? A fare chiarezza e a rispondere al quesito ha risposto la sentenza della Cassazione (la numero 25732 del 22 settembre 2021) che ha decretato il freno dei controlli “a tappeto” da parte dell’impresa ai dipendenti. Tuttavia, la stessa sentenza stabilisce la possibilità di controllo su un singolo lavoratore nel caso in cui emergesse il fondato sospetto sulla commissione di un illecito.

Quando è ammesso il controllo del pc di un dipendente e in che modo

Pertanto il controllo è ammesso entro determinati limiti. Innanzitutto, per il sospetto di un illecito il datore di lavoro può controllare il pc di un dipendente anche in assenza delle condizioni poste dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori. Ma devono sussistere anche altre due condizioni. La prima consiste nell’equilibrio tra le esigenze di protezione dei beni dell’impresa e la tutela della dignità personale. La seconda impone che il datore svolga il controllo solo sui dati acquisiti dopo che sia insorto il sospetto di illecito.

Il caso della dipendente che visitando siti privati ha causato l’introduzione di un virus informatico

Le regole, in particolare, trovano applicazione nel controllo a distanza dei lavoratori. Ma deve sussistere il sospetto della commissione di un illecito da parte del lavoratore. La Cassazione, nell’esprimere la propria sentenza, era stata chiamata a esprimersi in merito a una controversia di una Fondazione. Il ricorrente aveva licenziato una dipendente per il danno subito alla rete informatica a causa di un virus. Nel dettaglio, dopo controlli fatti sul pc della dipendente, la Fondazione aveva accertato che il virus era stato innescato nella rete dell’azienda proprio mediante un file che era stato scaricato da portali on line aperti per ragioni non lavorative. Il file era stato trovato nella cartella di “download”.

Dipendente licenziata per aver consultato siti web per finalità private sul posto di lavoro

L’azienda aveva licenziato la dipendente sia per la consultazione di portali web per finalità private, sia per aver causato un danno al patrimonio dell’impresa con il suo comportamento. La lavoratrice, invece, aveva impugnato il licenziamento ed era ricorsa al Garante par la privacy per ottenere un provvedimento che intimasse al datore di lavoro l’interruzione di ogni ulteriore trattamento dei dati personali.

Controlli individuali in azienda e a difesa del patrimonio dell’impresa

Il giudizio, dopo varie vicende giudiziarie, è spettato alla Corte di Cassazione che ha emesso la sentenza rispettando anche le novità apportate all’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori dal Jobs Act nel 2015. La Cassazione ha chiarito che è necessario distinguere tra i controlli difensivi svolti per difendere il patrimonio dell’impresa e che riguardano tutti i dipendenti, dai controlli fatti verso un singolo dipendente. I primi rientrano nella disciplina dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori e pertanto devono attenersi alle procedure previste dalla normativa a pena di illegittimità dei controlli stessi.

Controlli su un singolo lavoratore da parte del datore: quando sono possibili?

Nei controlli individuali deve esserci il fondato sospetto che il dipendente stia commettendo un illecito.  Il caso in questione non rientra nell’articolo 4, ma riguarda la responsabilità della lavoratrice. La situazione di fatto nasce dalla necessità del datore di lavoro di sanzionare l’illecito avendo il sospetto della commissione dello stesso. Ciò significa che il datore di lavoro, avendo dei sospetti di un fatto illecito, potrebbe fare controlli a distanza. E che tali controlli potrebbero essere eseguiti anche medianti strumenti tecnologici andando al di là, quindi, delle rigide procedure elencate dallo Statuto dei lavoratori.

I limiti dei controlli dei datori di lavoro

Nella sentenza la Cassazione ha posto, in ogni modo, dei limiti nell’azione di controllo dei datori di lavoro. Il primo consiste nel fatto che gli stessi controlli possono essere svolti solo ex post. Ovvero solo dopo che sia nato il sospetto della commissione di un illecito di uno o più lavoratori. Inoltre, i controlli possono riguardare solo il reperimento di informazioni successive alla nascita del sospetto, e non la totalità dei dati e delle informazioni riguardanti anche i momenti precedenti al sospetto dell’illecito. Al contrario, un datore di lavoro senza limitazioni finirebbe per estendere i controlli a dismisura rispetto alla commissione del singolo illecito.

Sussidi per lavoratori estesi anche alle piccole imprese

All’interno del Fondo di integrazione salariale, il vecchio Fondo residuale, l’INPS ha stabilito di erogare sussidi al reddito per lavoratori in imprese che hanno minimo 5 dipendenti.
L’importo dell’assegno di solidarietà corrisponde a quello della cassa integrazione ordinaria e verrà erogato per un massimo di 12 mesi.

Possono accedere al sussidio i lavoratori dipendenti, esclusi i dirigenti e i lavoratori a domicilio. Per quanto riguarda gli apprendisti, percepiscono l’assegno solo i contratti di apprendistato professionalizzante, mentre sono esclusi quelli per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, così come i contratti di apprendistato di alta formazione e ricerca. Inoltre, il lavoratore deve avere almeno 90 giorni di anzianità aziendale.

Per quanto riguarda le imprese che rientrano in questo provvedimento, si tratta di tutti i datori di lavoro anche non organizzati in forma di impresa.

La soglia dimensionale va calcolata comprendendo anche gli apprendistati: sono però esclusi i contratti di inserimento e reinserimento lavorativo. I lavoratori part-time si conteggiano in proporzione all’orario di lavoro previsto. I lavoratori ripartiti sono computati nell’organico aziendale come parti di un’unica unità lavorativa, secondo le specifiche regole disciplinanti il job sharing. I lavoratori assenti e non retribuiti (servizio militare, gravidanza) sono esclusi dal computo dei dipendenti solo nel caso in cui in sostituzione siano stati assunti altri lavoratori: in tal caso sarà computato il sostituto.

Il requisito temporale cambia a seconda delle dimensioni aziendali:

  • datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti già rientranti nel campo di applicazione del Fondo residuale: l’assegno è dovuto per eventi di riduzione di attività lavorativa verificatisi dal 1° gennaio 2016;
  • datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti inizialmente non rientranti nel campo di applicazione del Fondo in quanto non organizzati in forma di impresa: i sussidi al reddito scattano per eventi di riduzione di attività lavorativa dal 30 marzo 2016;
  • datori di lavoro fra 5 e 15 dipendenti: dal 1° luglio 2016.

Sono al contrario esclusi i settori che hanno già istituito altri Fondi di solidarietà per il perseguimento delle finalità previste dal decreto attuativo del Jobs Act, ad esempio: imprese assicuratrici e società di assistenza, personale dipendente di Poste Italiane spa e delle società del Gruppo Poste italiane, Società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, aziende del credito cooperativo, aziende del settore del credito, servizi della riscossione dei tributi erariali, settore marittimo, settore trasporto pubblico, settore dei Gruppi Ormeggiatori e Barcaioli dei Porti Italiani.
Sono esclusi anche i settori per i quali sono stati costituiti i fondi di solidarietà bilaterali alternativi (artigianato, somministrazione lavoro) e le imprese rientranti nel campo di applicazione della cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria (CIGO e CIGS).

Vera MORETTI

Tornano a crescere i licenziamenti

Gli effetti positivi del Jobs Act cominciano a venire meno sull’occupazione in Italia ed ecco che arrivano brutte notizie sul fronte dei licenziamenti. Secondo l’Osservatorio sul precariato dell’Inps, da gennaio ad agosto 2016 il numero di quelli “per giusta causa” è schizzato in su del 28,3% rispetto allo stesso periodo del 2015.

Nel dettaglio, rispetto al 2014 si sono registrati 11.020 licenziamenti in più, +31,3%, e i “licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo” sono stati ben 46.255 tra gennaio e agosto 2016, 36.048 nel 2015 e 35.235 nel 2014.

Nello stesso periodo del 2016 in cui sono cresciuti i licenziamenti, sono calati di molto i contratti a tempo indeterminato, -32,9%, 395mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2015. Nel complesso, le assunzioni nel comparto privato sono calate dell’8,5%, – 351mila unità.

Per i contratti a tempo determinato, nei primi 8 mesi del 2016, si sono registrati 2 milioni e 385mila assunzioni, in crescita sia sul 2015 (+2,5%), sia sul 2014 (+5,5%). Rispetto allo stesso periodo del 2015, le cessazioni complessive sono calate del 7,3%., con un calo più significativo per i contratti a tempo indeterminato (-8,3%) rispetto a quelli a tempo determinato (-5,2%).

Jobs Act dei lavoratori autonomi, ci siamo?

Potrebbe forse essere oggi la volta buona per il Jobs Act dei lavoratori autonomi. Sono mesi che ne aspettiamo l’approvazione e oggi è prevista nel calendario del Senato. Se non ci saranno i soliti intoppi e ritardi…

Le più significative misure previste dal Jobs Act dei lavoratori autonomi sono:

  • tutele per le transazioni commerciali, tanto per quanto riguarda i pagamenti, quanto per la stipula dei contratti;
  • tutele per i diritti di utilizzazione economica per apporti originali e invenzioni realizzati durante la durata contratto di lavoro autonomo;
  • conferimento al Governo della delega per la previsione di prestazioni sociali a favore dei lavoratori autonomi che hanno patito una riduzione del reddito per cause indipendenti dalla propria volontà o per gravi patologie.

Il Jobs Act dei lavoratori autonomi prevede modifiche alla deducibilità delle spese per:

  • prestazioni alberghiere e di somministrazione di bevande e alimenti;
  • oneri sostenuti per assicurazioni contro il mancato pagamento delle prestazioni da lavoro autonomo;
  • spese di formazione e per la certificazione delle competenze, ricerca e sostegno dell’autoimprenditorialità;
  • equiparazione alla degenza ospedaliera per le gravi malattie oncologiche o che comportano una inabilità lavorativa temporanea del 100%;
  • diritto a un trattamento economico per congedo parentale, il diritto alla maternità retribuito e al mantenimento del rapporto di lavoro per gli iscritti alla gestione separata.

Parità di genere e professioni, la voce dei consulenti

La parità di genere non deve essere solo uno slogan ma una solida realtà. Anche e soprattutto nel mondo delle professioni. Ne è convinta Marina Calderone, presidente del Comitato Unitario delle Professioni (CUP) e dei Consulenti del Lavoro, che nei giorni scorsi è intervenuta sul tema del lavoro autonomo e della parità di genere.

La riforma del lavoro, iniziata con il Jobs Act – ha affermato Calderone -, potrà dirsi conclusa con un piano normativo efficace anche sul fronte del lavoro autonomo, che possa favorire le esigenze dei professionisti iscritti agli ordini professionali”.

Secondo i consulenti, con il Jobs Act fa un passo avanti positivo il tema della parità di genere, mentre sul fronte del lavoro autonomo il percorso è ancora tutto da perfezionare. Se, da una parte, Calderone commenta positivamente la parte del Jobs Act che regola la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, dall’altra aggiunge che “è necessario però mettere in campo ulteriori riflessioni anche sul ruolo che le donne ricoprono all’interno della società e sulle difficoltà d’integrazione lavorativa che ancora oggi riscontrano. Tutto questo ricordando sempre l’apporto importante che le donne possono offrire allo sviluppo dell’economia italiana e alla gestione dell’economia familiare”.

Inoltre, il mondo delle professioni vive una contraddizione di fondo sul piano della parità di genere. Se, da un lato, è molto forte in esso la componente femminile, dall’altro, secondo i Consulenti del lavoro, vi è un differenziale nella retribuzione tra donne professioniste e uomini professionisti che va a discapito delle prime.

Per ovviare a questa stortura nella parità di genere, dice Calderone, occorre approntare “strumenti di welfare flessibili che offrano alle professioniste sostegni aggiuntivi al congedo di maternità obbligatorio”. Un aspetto nel quale, ricorda Calderone, i consulenti del lavoro si sono sempre dimostrate parte attiva a sostegno delle donne professioniste.

“La normativa sulle dimissioni online è un mostro giuridico”

I consulenti del lavoro intervengono nel dibattito sulle nuove procedure di dimissioni online e lo fanno in maniera decisa attraverso un vademecum operativo, corredato da un facsimile di comunicazione da personalizzare e da inviare ai clienti, in modo che la norma possa essere recepita in maniera corretta. E la Fondazione Studi, che ha stilato il vademecum, non ha dubbi: “Con le dimissioni online per l’impresa aumentano oneri e incertezza“.

Secondo i consulenti del lavoro, la procedura di dimissioni onlinesi presenta come un ulteriore balzello burocratico, capace di creare esclusivamente problemi e difficoltà a tutti gli attori del rapporto di lavoro“.

Il fine con cui nasce – prosegue la Fondazione Studiè certamente nobile, ma risulta di difficile comprensione la necessità di dover complicare l’iter di dimissioni di oltre un milione di lavoratori per una manciata di irregolarità, peraltro mai censite esattamente. Abusi e violazioni residuali si perseguono con la vigilanza e inasprendo il quadro sanzionatorio, non certamente rendendo costoso e a volte impossibile l’iter procedurale per tutti“.

A subire le conseguenze della farraginosità delle dimissioni online, prosegue ancora la Fondazione Studi, “saranno i datori di lavoro che non avranno in mano più alcuno strumento per sopperire all’inattivismo del lavoratore dimessosi, che non completa la procedura on line; con conseguente obbligo di licenziamento e di pagamento del relativo ticket“.

Una procedura macchinosa i cui effetti si faranno sentire in maniera trasversale: “Costerà fatica anche ai lavoratori diligenti, che per confermare le dimissioni online dovranno completare una procedura lunga e farraginosa con la richiesta di un Pin consegnato in due fasi (una parte via internet e una per posta). E se per completare l’iter decideranno di avvalersi di un patronato, avrà un costo anche per i lavoratori. Ma chi ci rimetterà più di tutti sarà lo stesso Stato che ha creato questo mostro giuridico“.

E se sarà lo Stato a pagare per primo il peso della burocrazia, sottolineano i consulenti, sarà per responsabilità proprie: “Il pagamento della conseguente Naspi – proseguono i consulenti del lavoro – sarà il pesante aggravio al bilancio (circa 1,5 miliardi di euro) già segnalato, ma trascurato. Così come non hanno trovato ancora accoglimento le richieste di modifica formulate in ripetute occasioni dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, nel totale silenzio delle associazioni di categoria. Richieste che sono lì, depositate in Parlamento e al ministero, in attesa che vengano recepite appena vi sarà un primo riscontro fattuale“.

Resta il fatto – concludono i consulenti parlando delle dimissioni onlineche questa norma è in vigore. Dunque, va attuata e segnalata ai clienti per dare loro la possibilità di recepirla. E per questo motivo abbiamo predisposto un vademecum. Con la speranza che nei decreti correttivi al Jobs Act, che sono in fase di predisposizione, si possa trovare spazio per le proposte di modifica formulate dai consulenti del lavoro“.

CoLAP: bene l’attenzione del governo al mondo delle professioni

È una Emiliana Alessandrucci particolarmente carica quella uscita dall’incontro che il CoLAP ha avuto nei giorni scorsi con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Nannicini per presentare le proprie proposte per il Jobs Act del lavoro autonomo.

Il presidente del CoLAP sostiene infatti che “la delega sul Jobs Act del lavoro autonomo al sottosegretario Nannicini continua a dimostrare l’attenzione che questo Governo vuole dare al nostro mondo. Siamo in una svolta, oserei dire, epocale per il lavoro autonomo”.

All’incontro – prosegue il presidente del CoLAPerano presenti il sottosegretario alla Presidenza e il presidente dell’Anpal Maurizio del Conte, con il quale avevamo avviato un costruttivo confronto sul testo collegato. Il CoLAP, pur apprezzando e riconoscendo grande valore a quanto proposto nel testo collegato, evidenzia l’esigenza di implementare provvedimenti capaci di incidere sulla competitività delle professioni. L’obiettivo del Jobs Act del lavoro autonomo deve essere apertura di nuove partite Iva (incidendo sulla occupabilità) e maggiore accesso ai servizi professionali offerti dai lavoratori a partita Iva (contributo al PIL). Il testo in tal senso dovrebbe essere migliorato”.

Alessandrucci riconosce comunque i meriti dell’iniziativa governativa: “L’incremento e la maggiore diffusione delle tutele è sicuramente un atto di giustizia ed equità che andava fatto: bene l’indennità per maternità senza astensione, bene il provvedimento su malattie lunghe, ma ci sono altri punti da rivedere. Occorre non trasferire tutele inapplicabili o strumenti del lavoro dipendente che sarebbero inefficaci in quello del lavoro autonomo! Ottima la deducibilità al 100% dei costi della formazione, ma attenzione ai fatturifici (costi alti della formazione, fatture gonfiate…): importi così alti rischiano di essere utilizzati solo da professionisti consolidati a redditi alti (o effetto evasione o inutilizzabilità), se ci sono dei fondi da spendere su questa riforma mettiamoli sulla deducibilità della formazione, intesa come strumento di innovazione, ma in misura congrua e rinforziamo le iniziative sulla competitività”.

I nostri interlocutori – afferma ancora la presidente del CoLAPci hanno ascoltato, presentato proposte ed evidenziato alcuni vincoli e rischi; abbiamo condiviso con loro l’esigenza di proporre un’iniezione di legge 4/2013 nel testo e di partire dalla valorizzazione delle competenze, come primo elemento di competitività, anche attraverso l’integrazione con gli obiettivi e gli strumenti del decreto 13/13. Il CoLAP ha preso l’impegno di presentare un documento sulla competitività: deducibilità per il cittadino dei costi dei servizi professionali, accessi agevolati alla professione con aliquote previdenziali ridotte, aliquote sostenibili nel presente e nel futuro, fisco equo e sostenibile, sinergie tra associazioni e centri per l’impiego, il ruolo delle associazioni nei processi formali di individuazione e validazione delle competenze”.

Questo modo di procedere ci ha incoraggiato e ci continua a far credere che questo è il momento della grande Riforma – conclude Alessandrucci -. Interlocuzioni aperte e chiare, come questa, fanno bene non solo ai nostri professionisti, ma al Paese e al nostro modo di tornare ad avere fiducia nella politica e nella sua reale capacità di innovare e di cambiare le cose”.

CoLAP: un Jobs Act per le partite Iva

È stato sottolineato da più parti come uno dei grossi limiti del Jobs Act sia quello di essere pensato per i lavoratori dipendenti e non per gli autonomi e per i possessori di partita Iva. Un limite che non hanno mancato di rimarcare molte delle associazioni italiane dei professionisti.

Una di queste, il CoLAP (il coordinamento delle libere associazioni professionali), è più volte tornato su questo aspetto nel 2015 e anche quest’anno, per bocca del presidente Emiliana Alessandrucci, ha cominciato a battere su questo chiodo.

Sicuramente l’anno appena concluso sarà ricordato come l’anno del Jobs Act per i lavoratori dipendenti – sottolinea il CoLAP in una nota -, soprattutto come l’anno dell’abolizione del tanto contestato contratto a progetto. Il 2016 inizia con l’applicazione della norma che stabilisce che tutte le collaborazioni autonome, se organizzate nei tempi e luoghi del committente, dovranno essere ritenute veri e propri rapporti di lavoro subordinato. C’è da chiedersi se questo appena iniziato sarà dunque l’anno del Jobs Act del lavoro autonomo?”.

Scompariranno davvero – continua il CoLAPtutte le collaborazioni coordinate e continuative? Saranno davvero stanate le false partite Iva e si risolveranno in modo definitivo e strutturale temi fondamentali per la sopravvivenza di moltissimi professionisti? Soltanto ieri sono stati diffusi i dati Istat sull’occupazione, dove si evidenzia che il tasso di disoccupazione a novembre segna una riduzione dello 0,2% rispetto ad ottobre, attestandosi al 11,3%“.

Secondo la presidente Alessandrucci, “il numero degli occupati aumenta su ottobre di 36mila unità, dovuto quasi esclusivamente alla componente femminile, mentre diminuiscono i disoccupati e di poco gli inattivi. Sono soprattutto le donne che si riattivano sul mercato del lavoro e questo riporta alla luce vecchi problemi, legati all’impatto negativo che hanno impegni lavorativi che impediscono di conciliare tempi di lavoro e di vita familiare e sociale“.

E dopo aver ricordato i limiti dell’”opzione donna” sulle pensioni inserita in Legge di Stabilità, il presidente del CoLAP conclude: “Procederemo a un testo contenitore di norme disordinate e sarà davvero la riforma del lavoro autonomo capace di dare impulso reale a questo mondo? Le indiscrezioni ci lasciano intendere che è ancora vivo il rischio di importare anche nel nostro mondo tradizionali e inefficaci strumenti e tutele: non è di questo che abbiamo bisogno!“.

Per noi, è una riforma vitale e che attendiamo da moltissimo tempo. Abbiamo delle proposte, non solo legate all’articolato, ma alla filosofia, anche politica, che questo provvedimento dovrebbe avere e manifestare. Dovrà essere una riforma vera capace di iniettare fiducia e innovazione; vogliamo pensare al lavoro autonomo con lo stesso pensiero divergente a cui siamo abituati, non vogliamo importare nel nostro mondo flessibile, dinamico e innovativo modelli e strumenti superati e anacronistici“.

Jobs Act e Fondazione Studi Consulenti del lavoro

Se ci volevano dei partner naturali per il Jobs Act, questi non avrebbero potuto essere altri se non i consulenti del lavoro. Una partnership che vedrà tra la Fondazione Studi Consulenti del lavoro inserita tra quegli enti privati che affiancheranno l’Agenzia Nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal, di prossima istituzione) nelle fasi di assistenza e ricollocamento lavorativi dei disoccupati.

La Fondazione Studi ha infatti emanato una circolare, precisamente la n° 22 del 2015, nella quale svolge una approfondita analisi delle novità in materia di politiche attive per il lavoro, introdotte dal Jobs Act.

Nella circolare, la Fondazione evidenzia in ogni caso il fatto che il Jobs Act rinvia a successivi decreti di futura emanazione da parte del Governo e che il complesso delle nuove norme relative al mondo del lavoro entrerà in vigore solo a partire dal prossimo anno.

La circolare sancisce poi il ruolo di partner che la Fondazione Studi Consulenti del lavoro avrà nei confronti del ministero del Lavoro e dell’Anpal nella gestione della ricollocazione occupazionale dei senza lavoro nel perimetro di quanto definito dal Jobs Act.

La vera novità – si legge nella circolare – è rappresentata dal coinvolgimento degli operatori privati a supporto, ad integrazione ed in collaborazione del soggetto pubblico, per i quali è prevista la remunerazione con una dote legata, prevalentemente, al risultato occupazionale ottenuto. Tra questi soggetti vi à appunto la Fondazione dei consulenti del lavoro, che offrirà quindi un servizio di assistenza per favorire una nuova occupazione“.

Consulenti del Lavoro, a Lodi si parla di Jobs Act

Appuntamento dopodomani, giovedì 29 ottobre a Lodi, nell’Auditorium T. Zalli di Via Polenghi Lombardo, per l’evento organizzato dall’Ordine Provinciale dei Consulenti del Lavoro di Lodi in collaborazione con Zucchetti. Tema dell’incontro, un focus sulle prospettive del mercato del lavoro in Italia.

L’evento, che vede il patrocinio della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, consentirà ai consulenti del lavoro e agli avvocati che vi parteciperanno di maturare 4 crediti formativi e di approfondire scenari e prospettive del mercato del lavoro alla luce delle recenti normative, introdotte dal Jobs Act.

In particolare, durante il convegno i relatori e i consulenti del lavoro faranno il punto sulle novità in materia di obblighi e adempimenti derivanti dal decreto semplificazioni, sui nuovi ammortizzatori sociali e sulle tipologie contrattuali che vengono messe a disposizione dei datori di lavoro per gestire l’organico aziendale.

Secondo il presidente del Consiglio dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Lodi, Luigi Tortora, “il grande successo della prima edizione, alla quale hanno partecipato oltre 500 persone, ci ha convinto a riproporre un convegno sul tema del lavoro. Con il supporto di Accademia Zucchetti ci siamo quindi attivati per comporre un pool di esperti in materia in grado di fornire ai partecipanti tutti gli elementi per una corretta interpretazione della legge”.