Torna il Fondo speciale rischi per i precari toscani

Ripartirà a fine giugno il Fondo speciale rischi pensato per agevolare l’accesso al credito dei precari toscani, i quali possono beneficiare di garanzie gratuite sui prestiti richiesti alle banche.

Si tratta di un’iniziativa promossa dalla Regione Toscana per sostenere i lavoratori attivi con contratto a termine che hanno la necessità di richiedere finanziamenti per esigenze di famiglia, di formazione o di scuola, ma anche per motivi inerenti la salute o l’acquisto di beni che possano facilitare l’assunzione a tempo indeterminato.

Attraverso il fondo è possibile ottenere una garanzia gratuita e incondizionata pari all’80% del finanziamento acceso, che non deve superare il tetto massimo di 15mila euro con rate rimborsabili entro al massimo 60 mesi.

Per poter accedere al Fondo occorre rivolgersi direttamente alle banche aderenti, poiché saranno proprio gli istituti di credito a chiedere l’accesso al fondo da parte del richiedente, che non dovrà mostrare altre garanzie.

Vera MORETTI

Ci sono disoccupati e disoccupati…

I numeri sono numeri e dovrebbero essere per loro stessa natura oggettivi. Ma, come tutte le cose, possono essere interpretati. Pensiamo ai dati Istat sulla disoccupazione in Italia a luglio pubblicati ieri. Si può essere più soddisfatti – la disoccupazione è rimasta stabile rispetto a giugno, 10,7% – o meno soddisfatti – è cresciuta del 2,5% rispetto a luglio 2011. Di certo si deve essere molto preoccupati e pensare a delle serie politiche di crescita quando si guarda al dato della disoccupazione giovanile (15-24 anni): 35,3%, in aumento del 1,3% su giugno e del 7,4% su base annua. Un tasso che cresce a un ritmo triplo rispetto a quello complessivo e che, in termini numerici, si traduce in 618mila persone a spasso.

Ragionando per numeri spacchettati, il tasso di disoccupazione dei 15-24enni nel secondo trimestre 2012 sale al 33,9%, dal 27,4% del secondo trimestre 2011 (+6,5%): il tasso più alto, in base a confronti tendenziali, dal secondo trimestre del 1993, inizio delle serie storiche. Anello debole, ancora una volta le donne e ancora una volta al Sud: nel secondo trimestre 2012 il tasso di disoccupazione giovanile tocca un picco del 48% per le ragazze del Mezzogiorno.

Vogliamo continuare a farci del male? Parliamo di precari. Per quanto la tipologia del contratto a termine possa infatti essere vantagggiosa per un’azienda, nel computo delle statistiche finisce per alimentare la magmatica massa dei precari. Ebbene, i contratti a termine sono quasi 2,5 milioni (2,455): il livello più alto dal secondo trimestre del 1993, sia in valore assoluto, sia per l’incidenza sul totale degli occupati. Sommando i collaboratori al numero dei contratti a termine si arriva, poi, alla cifra record, di 3 milioni di precari.

Non male come premesse per cominciare un autunno che definire caldo è dire poco. E non c’è molto da discutere, come spesso accade, sui metodi utilizzati dall’Istat per elaborare i propri studi. Da una parte il governo deve leggere questi numeri e rispondere con vere politiche per la crescita (defiscalizzazione, crediti d’imposta ecc…). Dall’altra i giovani e le imprese devono rimboccarsi le maniche: se non è più così vero come qualche anno fa che il “il lavoro c’è, basta cercarlo (e volerlo fare)“, il modo per far incontrare domanda e offerta (per quanto scarsa quest’ultima possa essere) c’è. Basta che Palazzo Chigi si ricordi che oltre alle tasse c’è di più.

Laura LESEVRE

Chiarimenti sul nuovo regime dei minimi

L’Agenzia delle Entrate ha diffuso la circolare 17/E per chiarire alcuni punti riguardanti il regime fiscale di vantaggio, per capire chi ci rientra e con quali regole.

La disciplina, introdotta dalla manovra correttiva (Dl 98/2011), assorbe i “vecchi minimi” e favorisce l’iniziativa imprenditoriale sostenendo i giovani e chi ha perso il lavoro.
Per questo il nuovo regime è applicabile per il periodo d’imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro successivi.
La possibilità di prolungare la disciplina di vantaggio esiste solo per coloro che, alla fine del quinquennio, non avranno ancora compiuto 35 anni. Finiranno di beneficiarne, quindi, fino al trentacinquesimo compleanno e fino a conclusione dell’anno.

Il regime agevolato è entrato in vigore dal 1 gennaio per i contribuenti che hanno iniziato una nuova impresa, arte o professione, o che l’avevano intrapresa dopo il 31 dicembre 2007.
Importante è che l’attività parta realmente, e che non si tratti solo di aprire una nuova partita Iva.

Inoltre, ci sono alcune restrizioni che riguardano il fatto che nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività non bisogna aver svolto attività d’impresa o di lavoro autonomo.
Ma c’è dell’altro, perché la nuova attività non deve essere una prosecuzione del lavoro svolto in precedenza, né come lavoratore autonomo, né come lavoratore dipendente. Questo limite, però, decade nel caso in cui il contribuente abbia perso il lavoro o sia in mobilità per cause indipendenti dalla sua volontà.
Ovviamente ogni forma di lavoro precario, che comprende anche i contratti di collaborazione coordinata e continuativa o a tempo determinato, non preclude l’accesso al regime.

Accedono al regime i contribuenti che hanno iniziato un’attività d’impresa, arte o professione dal 1° gennaio 2012 e, presentando la dichiarazione di inizio attività, hanno barrato la casella relativa al regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità.

Coloro che, invece, hanno iniziato l’attività nel 2012 e hanno aperto la partita Iva, senza effettuare alcuna comunicazione, possono presentare la dichiarazione di variazione dati entro 60 giorni dall’emanazione di questa circolare.
Chi ha iniziato l’attività dopo il 31 dicembre 2007 e vuole passare, dal 1° gennaio 2012 al regime fiscale di vantaggio, per il periodo precedente non è tenuto ad alcun specifico adempimento se, fino al 31 dicembre 2011, ha applicato il regime dei minimi.

Vera MORETTI

Atipici o precari? La sostanza non cambia

Atipici, precari, in bilico… chiamateli come volete ma la sostanza è sempre la stessa. Un esercito di persone che, professionalmente ha un presente tutto in salita e un futuro (se c’è) tutto da decifrare. Una categoria di persone il cui identikit è stato tracciato dalla Cgia di Mestre.

In due parole: stipendio medio di 836 euro netti al mese, 15% di laureati, 46% di diplomati, quasi tutti nella Pubblica amministrazione, oltre 1 su 3 al Sud (35,18% del totale). Si tratta di dipendenti a termine involontari; dipendenti part time involontari; collaboratori che hanno contemporaneamente 3 vincoli di subordinazione: monocommittenza, utilizzo dei mezzi dell’azienda e imposizione dell’orario di lavoro; liberi professionisti e lavoratori in proprio (i partitivisti, insomma) che hanno in contemporanea i 3 vincoli di subordinazione descritti nel punto precedente.

Si tratta di oltre 3 milioni e 300mila persone e la loro retribuzione mensile media di cui sopra esclude altre mensilità (tredicesima, quattordicesima, etc.) e voci accessorie come, ad esempio i premi di produttività, indennità per missioni, etc.

La PA la fa da padrona, tra scuola, sanità, nei servizi pubblici e sociali, direttamente nella Pubblica amministrazione (Stato, Regioni, Enti locali, etc.). Gli altri settori che registrano una forte presenza di questi lavoratori atipici sono il commercio (436.842), i servizi alle imprese (414.672) e gli alberghi e i ristoranti (337.379).

A livello territoriale, come detto, il Sud ne conta il numero maggiore. Se oltre 1.108.000 precari lavorano nel Mezzogiorno (pari al 35,18% del totale), le realtà più coinvolte, prendendo come riferimento l’incidenza percentuale di questi lavoratori sul totale degli occupati a livello regionale, sono la Calabria (21,2%), la Sardegna (20,4%), la Sicilia (19,9%) e la Puglia (19,8%).

Insomma, un vero e proprio esercito con caratteristiche ben definite. E un tratto comune che, di questi tempi, non è cosa da poco: per quanto precario, queste persone un lavoro ce l’hanno

La Puglia è il Nord del Sud

Il posto fisso, ormai, è diventato una chimera, un lusso che in pochi riescono ad ottenere. E allora, invece di “mettersi in lista d’attesa” tra contratti a progetto e a tempo determinato, in tanti decidono che “non ci stanno” e si avviano ad ingrossare le fila dell’esercito delle partite Iva.

Succede anche in Puglia, segnale che in tutta Italia la tendenza è la stessa e si comincia a sottrarsi ad una burocrazia che aiuta solo certi fortunati, o meglio, certi raccomandati. Ci si rimbocca le maniche e si riparte da zero, artefici unici del proprio successo, o insuccesso. Questa soluzione non garantisce stabilità, almeno all’inizio dell’attività intrapresa, ma una precarietà che appare più accettabile rispetto a quella eterna da dipendenti.

Sono questi i dati che emergono dalla semestrale di Bankitalia circa l’andamento dell’economia, e che disegnano una regione molto diversa, dove difficoltà e disagi sono molti ma, a differenza del passato, in movimento e con uno spiccato sguardo al futuro.

Vincenzo Umbrella, direttore della sede barese dell’istituto centrale, descrive la sua regione come “il Nord del Sud”, con un mercato del lavoro che sta mostrando segni di ripresa, anche se non esaltanti, ma che, dall’alto del +1,9%, spera di rialzare presto la testa. In cifre, si tratta di 23mila unità in più nel semestre da gennaio a giugno, con un conseguente abbassamento, anche se solo di un punto, del tasso di disoccupazione, da 13,6 a 12,7.

Ciò che testimonia un’inversione di tendenza nel tacco dello Stivale è l’identikit dei nuovi occupati. Sono tutti autonomi e, rispetto all’anno scorso, sono aumentati del 6,8%, con una maggioranza di donne, 3,3%, sugli uomini, 1,2%.
I dipendenti, ovviamente, non sono spariti nel frattempo, ma neanche cresciuti. L’andamento, da questo punto di vista, registra un eloquente 0%.

Insomma, la situazione non è rosea ma nemmeno nera. La produzione industriale si sta risollevando, poiché il 40% dei titolari di 400 imprese con più di 20 dipendenti ha ammesso un incremento di fatturato, contro il 32% che, invece, ha riscontato una flessione. In questo scenario, è l’export a fare la differenza, dal momento che le esportazioni verso l’estero sono aumentate del 22%, contro il 17,3% degli scambi tra le regioni meridionali e il 15,8% all’interno del Paese.

A “tirare” di più, il settore siderurgico, i mezzi di trasporto e i prodotti farmaceutici, ma tengono bene anche abbigliamento, calzature e mobili.
Tra i Paesi esteri, spiccano le vendite in Spagna e in generale in tutta l’Ue, ma risultati positivi arrivano anche da Svizzera e Asia, raddoppiando le cifre dello scorso anno. Al contrario, diminuiti gli scambi con gli Stati Uniti.

Nel settore dedicato ai servizi, invece, spiccano il turismo, con un sensibile aumento degli stranieri, e i trasporti, sia nei porti, che registrano un +12,3%, e negli aeroporti, +16,5%.

In situazione statica si trovano le costruzioni, con le transazioni immobiliari che calano del 5% e i prezzi delle case al netto dell’inflazione al consumo che scendono dell’1,4%.

Male invece le opere pubbliche, con un negativo del 20,6%, ma anche le banche non se la passano bene, a causa di tassi di interesse troppo alti che scoraggiano l’accensione di mutui e finanziamenti. Per questo, conclude Umbrella, “il denaro torna a essere una merce molto rara“.

Vera Moretti