Napolitano interviene sul Decreto Sviluppo

Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha rivolto al governo alcune modifiche importanti da prevedere nel nuovo decreto Sviluppo, giusto il giorno in cui il Quirinale annuncia la promulgazione del decreto. In particolare nel comunicato si legge: “quanto alle disposizioni in materia di credito contenute nel decreto-legge il capo dello Stato auspica il più sollecito recepimento della direttiva europea 2010/76 sulla dirigenza bancaria, con il conseguente adeguamento dei poteri di vigilanza regolamentare della Banca d’Italia”.

Oltre agli aspetti finanziari, Napolitano si sofferma a commentare anche altri aspetti del decreto come ad esempio la concessione delle spiagge a 20 anni.  Scende infatti da 90 a 20 anni la durata del diritto di proprietà delle spiagge. Il testo uscito dal Consiglio dei Ministri, come è noto, indicava in 90 anni la durata del diritto di proprietà, cosa che aveva provocato molte polemiche e aveva spinto Bruxelles a chiedere chiarimenti all’Italia.

Wwf e Fai contestano però la misura: “Occorre tornare al ‘diritto di concessione’ che è ora in vigore”. E’ un inghippo la trasformazione del diritto di concessione in diritto di superficie che mette a rischio cementificazione le spiagge. Si vuole infatti separare la proprietà del terreno da quello che viene edificato e questo significa garantire ai privati la proprietà degli immobili, già realizzati o futuri sul demanio marittimo“. Le due associazioni proseguono: “In concreto questo significa che con l’introduzione del ‘diritto di superficie‘ se lo Stato vorrà le spiagge libere da infrastrutture una volta scaduto il termine dei vent’anni, dovrà pagare ai privati il valore degli immobili realizzati perche questi saranno a tutti gli effetti di loro proprietà e quindi potranno essere venduti o ereditati”. “In via teorica – concludono Wwf e Fai – anche se poco applicata, lo stato può ora revocare le concessioni in caso di violazioni cosa non più possibile con il diritto di superficie”.

Mirko Zago

“Liberiamo le imprese”. Sì, ma come? – Atto II

di Davide PASSONI

Ed eccoci qui. Come promesso nell’articolo del 9 luglio scorso, dopo le proposte del presidente del consiglio Silvio Berlusconi per “liberare” le imprese italiane da normative troppo vincolanti e renderle, a suo dire, più agili e competitive sul mercato, vediamo che idee arrivano in tal senso dal maggiore partito di opposizione, il Pd. Punto di partenza può essere, a tal proposito, un intervento che il segretario del partito, Pierluigi Bersani, ha tenuto nei giorni scorsi a Rainews 24, ospite del direttore Corradino Mineo.

Nella prima parte di questa chiacchierata Bersani parte lancia in resta contro la proposta del Cavaliere di modificare l’articolo 41 della Costituzione (ricordata da Berlusconi nell’audio che vi abbiamo proposto la scorsa settimana) definendola una “bolla di sapone” e, senza entrare nello specifico delle proposte del Pd, fa cenno a 4 progetti inseriti tra gli emendamenti alla manovra finanziaria su liberalizzazioni e semplificazione dell’attività d’impresa richiamando le sue mitiche “lenzuolate“, che hanno fatto la felicità di tanti consumatori di sinistra – ma anche di destra, ammettiamolo, suvvia… -, ma che hanno fatto incazzare aziende e multinazionali (telefoniche, farmaceutiche e assicurative in testa). Poi Bersani, imbeccato da Mineo, divaga su crisi, Europa, Fiat, Fiom e redditi di Berlusconi lasciando per strada le proposte a sostegno dell’impresa.

Andiamo dunque da prenderle noi, dal sito del Pd, limitandoci a due documenti significativi: il più fresco, del giugno 2010, con le sei “mini lenzuolate” a favore di imprese e consumatori; il meno fresco, del maggio 2008, con la proposta di legge dell’allora Governo Ombra in materia di “semplificazione dei procedimenti riguardanti l’avvio di attività economiche e la realizzazione di insediamenti produttivi“. Se avrete la pazienza e il tempo di leggerli con attenzione, vi accorgerete di due cose: 1) per il Pd la “lenzuolata” sembra essere un po’ come l’aspirina: qualsiasi sintomo ho, la prendo e vedrai che starò meglio; 2) quando parlano di semplificazione delle pratiche di avvio di un’impresa, Pd e Pdl a tratti non parlano un linguaggio tanto diverso.

E allora, vi chiediamo, oltre alla domanda del nostro sondaggio “che cosa ci vuole per liberare veramente le imprese italiane”: perché è tanto difficile trovare delle soluzioni condivise? Perché continuare a farsi la guerra sulla pelle dell’imprenditore? Su questa pelle restano i segni di una crisi che si fatica a contrastare, sul mercato ma, soprattutto, nel Palazzo; sulla pelle delle poltrone di Palazzo Madama e di Montecitorio resta, al massimo, il segno del lato B dei nostri deputati e senatori. Se ce lo consentite… tra i due non c’è paragone.

Per agevolare la libertà economica si può cambiare anche la Costituzione.

Nella relazione annuale al Parlamento anche il Garante della concorrenza, Antonio Catricalà, ha espresso il favore dell’Autorità per le recenti dichiarazioni del Governo sulla volontà di aprire una nuova stagione di liberalizzazioni utili a favorire la nascita, lo sviluppo e la gestione delle piccole imprese. Così, per favorire una maggiore libertà economica, anche l’Antitrust ha espresso parere positivo alla modifica degli articoli 41 e 118 della Costituzione. Secondo l’Antitrust quello che ci vuole per lasciarsi la crisi alle spalle è un’iniezione di dosi massicce di concorrenza.

Quali sono gli articoli che dovrebbero essere modificati?

TITOLO III – Rapporti Economici – Art. 41

L’iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

 

TITOLO V – Le Regioni, le Provincie, i Comuni – Art. 118

Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell’articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.

Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.