Presentata la riforma del lavoro

di Vera MORETTI

E’ stata presentata ieri dal Governo la riforma sul lavoro, tanto discussa e tanto attesa dagli italiani.

Tra le tante proposte, spicca la stretta sulla flessibilità in entrata, mentre quella in uscita è stata definita “buona” dal ministro Elsa Fornero. Alle parti sociali è stata presentata nella sua quasi interezza, con la possibilità di aggiustamenti fino a giovedì, anche se, ormai, il solo interlocutore per l’attuazione della riforma è il Parlamento, segno che i giochi sono ormai quasi chiusi.

Vediamo nel dettaglio i punti oggetto di riforma:

  • Il contratto a tempo indeterminato dovrà essere predominante e rafforzato dall’apprendistato per garantire l’ingresso nel mondo del lavoro.
  • Di conseguenza, saranno fortemente penalizzati i contratti a termine, con l’eccezione di quelli stagionali o sostitutivi, poiché chi li proporrà avrà un contributo aggiuntivo dell’1,4% da versare per il finanziamento del nuovo sussidio di disoccupazione (oltre all’1,3% attuale). Per i contratti a termine non saranno possibili proroghe oltre i 36 mesi.
  • Non sarà possibile l’associazione in partecipazione se non si è familiari, per limitare il fenomeno del lavoro sostanzialmente subordinato mascherato da lavoro autonomo.
  • Gli stage gratuiti non saranno più ammessi, perciò chi, dopo laurea o master, approderà in un’azienda, se lo farà attraverso uno stage, dovrà essere retribuito.

 

  • Introduzione della norma contro le dimissioni in bianco, strumento spesso usato in passato a discapito delle lavoratrici.
  • Il sussidio di disoccupazione andrà subito a regime, mentre la mobilità, che oggi vale per i licenziamenti collettivi e può durare fino a 48 mesi per gli over 50 del Sud, sarà eliminata definitivamente solo nel 2017. Per il nuovo sistema sono previste risorse aggiuntive per 1,7-1,8 miliardi.
  • L’ASPI, ovvero l’assicurazione sociale per l’impiego, sarà universale e sostituirà l’attuale indennità di disoccupazione. Durera’ 12 mesi (18 per gli over 55) e dovrebbe valere il 75% della retribuzione lorda fino a 1.150 euro, e il 25% per la quota superiore a questa cifra, con un tetto di 1.119 euro lordi per il sussidio, per ridursi dopo i primi sei mesi. Sarà quindi più alta dell’indennità attuale che al suo massimo raggiunge il 60% della retribuzione lorda (e dura 8 mesi, 12 per gli over 50).
  • La cassa integrazione si mantiene per la cassa ordinaria e la straordinaria con i contributi attuali, ma viene esclusa la causale di chiusura dell’attività, che rimane valida se è previsto il rientro in azienda.
  • Il fondo di solidarietà per lavoratori anziani sarà pagato dalle aziende e dovrebbe fornire un sussidio ai lavoratori anziani che dovessero perdere il lavoro a pochi anni dalla pensione. Si tratta di una soluzione richiesta dai sindacati per sostituire la mobilità, che sarà eliminata.
  • Per quanto riguarda l’articolo 18, il Governo ha annunciato la diversificazione delle tutele sui licenziamenti con il reintegro nel posto di lavoro nel caso di licenziamenti discriminatori e il solo indennizzo (fino a 27 mensilità di retribuzione) nei licenziamenti per motivi economici (giustificato motivo oggettivo) considerati dal giudice illegittimi. Per quanto riguarda, invece, i licenziamenti disciplinari che saranno considerati ingiusti dal giudice, prevederanno la possibilità di scegliere, da parte del magistrato, tra il reintegro e l’indennizzo economico con il pagamento al lavoratore ingiustamente licenziato tra le 15 e le 27 mensilità.

Cnf: uniformare i termini di impugnazione dei licenziamenti e dei contratti flessibili per evitare dubbi interpretativi

Il Cnf nei giorni scorsi ha presentato nuove proposte riguardanti diverse discipline, in particolare le priorità sembrano essere il collegato lavoro, uniformare i termini di impugnazione dei licenziamenti e dei contratti flessibili per evitare dubbi interpretativi, disparità di trattamento tra lavoratori e aumento del contenzioso.

Si vuole impedire l’incertezza normativa dettata dal susseguirsi di norme in tema di termini per impugnare i licenziamenti e i contratti di lavoro flessibile (contratti a termine, contratti di collaborazione a progetto etc.). Il collegato lavoro (legge n. 183/2010), infatti, ha esteso ad una molteplicità di vicende nel rapporto di lavoro (contratto a termine, trasferimenti d’azienda, interposizione di mano d’opera) il termine di 60 giorni già previsto per l’impugnativa al licenziamento, introducendo altresì un successivo termine di 270 giorni per il deposito del ricorso, pena l’inefficacia della impugnativa.

Per il Cnf, “la formulazione della norma produce incertezze normative laddove parla di “prima applicazione”, non chiarendo quale sia effettivamente la normativa applicabile e così “non consentendo la sanatoria che si era prefissata, ma introducendo una molteplicità di soluzioni interpretative con evidente danno non solo per la tutela che l’ordinamento ha inteso approntare ma anche per i professionisti”.

Le principali incertezze applicative riguardano il decorso dei 60 giorni per la impugnativa. No è chiaro in sostanza se possono essere sanate  le impugnative dalla locuzione “in sede di prima applicazione”; né se il termine per l’impugnativa dei licenziamenti, per effetto di tale rinvio, sia soggetto alla preesistente normativa (abrogata dal collegato lavoro) o alla nuova normativa, la cui applicazione è sospesa; né quale sia la disciplina per i licenziamenti intimati e impugnati anteriormente alla promulgazione del collegato lavoro.

Il Cnf chiede chiarezza e un’interpretazione univoca, ora si aspetta una risposta dal governo.