Gli strumenti a tutela del patrimonio

Esistono strumenti per la tutela del patrimonio, anche se sono scarsamente usati in Italia. Sono il fondo patrimoniale, il trust, i vincoli di destinazione, il contratto fiduciario, le polizze vita. Vediamoli meglio.

Il vincolo di destinazione, ex art. 2645 ter c.c. serve a sottrarre i beni dalle eventuali azioni dei creditori. Infatti li “isola”  dal patrimonio “generale” del soggetto titolare, destinandoli al “perseguimento del fine”, per il quale l’atto di destinazione è  istituito.

Questa rappresenta una rilevante eccezione all’articolo 2740 cc, secondo cui ciascun soggetto “risponde delle proprie obbligazioni con tutti i propri beni presenti e futuri”.

Il vincolo di destinazione consente di aggredire il patrimonio del soggetto-debitore, ma non i beni oggetto del vincolo, che restano così “isolati” dal patrimonio del debitore.

Il vincolo di destinazione non pone limiti sulla natura del beneficiario, che può essere sostanzialmente “chiunque”; i beni, che possono formarne l’oggetto, devono essere “immobili o mobili registrati”; infine, i “vincoli di scopo” non hanno indicazioni particolari, dovendo solo realizzare “interessi meritevoli di tutela”.

In sintesi, l’unico limite di applicazione del vincolo di destinazione è l’interpretazione dell’interesse meritevole di tutela.

L’interpretazione più restrittiva considera il fine di pubblica utilità come unico motivo valido per costituire un vincolo di destinazione, mentre quella meno restrittiva, ed anche più applicata, ritiene che sia sufficiente che lo scopo perseguito sia lecito, ovvero non contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume. Altro limite è il vincolo di durata, 90 anni al massimo.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

La vita che vorremmo vivere

Vorrei raccontarvi una piccola storiella, accaduta ad una coppia di miei clienti.

La coppia era su un piccolo aereo e stava tornando a casa. Il tempo era terribile e l’aereo era strattonato ovunque per il cielo. Spaventato, uno si girò verso l’altro e disse: “Se l’aereo va giù oggi, quale sarebbe il tuo più grande rammarico? Cosa vorresti aver fatto nella tua vita e non hai fatto?”. La risposta fu: “Ho sempre voluto vivere in Toscana”. “Quella sarebbe stata anche la mia risposta!”, replico il coniuge. Improvvisamente, si resero conto che avevano in comune un sogno di libertà, che non si erano mai detti prima.

Dimenticata la turbolenza, il resto del viaggio fu speso a fare piani eccitanti per un eventuale realizzazione del loro sogno condiviso. Prima, ognuno di loro era preoccupato che i loro sogni individuali potessero portarli a condurre vite separate, mai pensando che volessero entrambi la stessa cosa. 

Il terribile momento portò loro un percorso condiviso, profondamente valutato da entrambi, di in un futuro dove ognuno poteva vivere il suo personale sogno di libertà, pur rimanendo insieme. 

Questa visione condivisa aveva implicazioni con il denaro? Certo che sì. Riallocare le carriere lavorative, spostare la famiglia, cambiare comunità, tutto ciò richiede un piano e una allocazione strategica delle risorse.

Questo è il momento in cui un consulente patrimoniale contribuisce alla realizzazione di un sogno. Con la visione di un obiettivo condiviso e pieno di significato, ora articolato in maniera soddisfacente, le preoccupazioni riguardo al denaro possono essere indirizzate in modo che supportino la realizzazione dell’obiettivo centrale più che essere semplicemente rivolte ad accumulare o acquisire denaro per il solo amore di farlo.

Vivere la vita che vorremmo veramente con tutto il cuore, soddisfacendo i nostri sogni di libertà, significa portare il tipo di benessere e di agiatezza che nessuna quantità di denaro potrebbe mai comprare ed eliminare un vuoto interiore che nessuna quantità di beni materiali potrebbe mai riempire.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Il pregiudizio del creditore

Nell’articolo precedente abbiamo iniziato ad introdurre l’argomento “tutela del patrimonio”. C’è un punto fondamentale, che è meglio chiarire da subito. Se vogliamo che la tutela sia realmente efficace, questa deve essere posta quando non esistono pregiudizi sul patrimonio. Mi spiego: un pregiudizio è, ad esempio, un debito verso un fornitore, un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, un danno causato ad un terzo. Se noi siamo a conoscenza di un qualsiasi elemento che possa ( a ragione o a torto) minacciare il nostro patrimonio, siamo in presenza di un pregiudizio.

Se esiste questo pregiudizio, qualsiasi strumento a protezione può essere revocato, a discrezione del giudice.

I presupposti dell’azione revocatoria sono oggettivi (esistenza del credito e pregiudizio alle ragioni del creditore), e soggettivi (conoscenza del pregiudizio da parte del debitore e, nei casi di atti a titolo oneroso, anche da parte del terzo).

Se una persona sa o sospetta di essere creditore di un’altra persona, o ente, o azienda e  compie degli atti (non necessariamente fraudolenti o consapevoli) che possono rendere più difficile la soddisfazione del creditore, questi atti possono essere revocati.

Un esempio chiarirà meglio. Nestore, mio debitore, ha un unico bene, una casa, che vende a Ulrico. Ulrico, che può essere anche la moglie, il figlio, o una persona che è d’accordo col debitore (quindi in questo caso c’è fraudolenza), sa che la vendita viene fatta per far sì che Nestore risulti nullatente e quindi io non riceva più nulla e Nestore non sia costretto a perdere il suo bene. Ora, se io creditore non riuscissi a revocare la vendita, mi troverei con un pugno di mosche in mano. Con l’azione revocatoria viene revocato l’atto di compravendita e quindi io creditore potrò, per ipotesi, iscrivere ipoteca su quella casa del mio debitore e successivamente chiederne la vendita ricevendone il ricavato fino alla concorrenza del mio credito.

Chiariamo anche il concetto di responsabilità. L’art. 2043 del vigente codice civile dice: “Qualunque fatto, doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

L’art. 2740 inoltre recita: “Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabilite dalla legge” e poi che “Il patrimonio del debitore è la garanzia del creditore”.

Quindi è estremamente importante pensare a porre in atto i rimedi per tutelare un patrimonio prima che sorga, anche solo all’orizzonte, qualsiasi possibile creditore. Vedremo come con i prossimi contributi.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

La tutela del patrimonio

La pianificazione finanziaria della gestione del proprio patrimonio pone il problema della tutela dei propri beni, vale a dire della protezione del patrimonio personale da eventi che potrebbero distruggerlo. Nessuno è esente da questi rischi.

Hai mai pensato a quale responsabilità ha l’amministratore di una società? O semplicemente a quali responsabilità ha un padre di famiglia? Facciamo qualche esempio.

L’Art. 28  della Costituzione dice che: “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti”. L’Art. 2476 C.C.  dice che “Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società”. E poi: “L’introduzione, nelle S.r.l., della possibilità spettante a ciascun socio,  indipendentemente dalla quota di capitale sociale sottoscritto, di promuovere azioni di responsabilità nei confronti degli Amministratori”. Il Decreto Legislativo 81/2008 definisce ‘Le responsabilità del committente nella sicurezza del cantiere’, dove committente viene definito come il “soggetto per conto del quale l’intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione”. Cioè un banale lavoro di tinteggiatura nella propria abitazione genera una responsabilità del committente.

Avere una responsabilità significa doverne rispondere con i propri beni, presenti e futuri. E se il patrimonio viene distrutto, è evidente che non si potrà raggiungere nessun obiettivo. Esistono alcuni strumenti, legalmente riconosciuti, a tutela del patrimonio o degli eredi (per citarne alcuni, fondo patrimoniale, trust, vincoli di destinazione), il cui utilizzo (singolo o combinato) è strettamente legato alle persone da tutelare e alle loro esigenze. In un ambito di planning complessivo, è necessario quindi valutare se esistono dei rischi per il patrimonio e quanto sono probabili, quindi utilizzare gli strumenti più adatti alla protezione della famiglia.

Non è mio compito costituire trust o fondi patrimoniali (lo fa il notaio), ma è fondamentale capire di cosa il cliente ha bisogno e in quale misura, per poter indicare le soluzioni più efficaci, sempre considerando il patrimonio nel suo insieme. Il notaio annota quello che  il cliente dice di fare, nel rispetto della legge, ma non sa, perché non ne conosce tutti gli aspetti, se quello che egli decide è veramente adatto alla sua situazione. E’ necessaria anche l’assistenza di chi, come un consulente patrimoniale, ha chiaro il quadro complessivo e gli obiettivi della vita della persona, e non ha prodotti da vendere.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Visioni finanziarie della vita

Vorrei iniziare dal punto in cui ho terminato nello scorso articolo, traducendo per intero questa frase di George Kinder, padre del Life Planning:

In 30 anni di attività come consulente finanziario, ho scoperto una semplice ma potente verità, sulla gente e sul suo denaro. La gente non ha obiettivi finanziari: la gente ha degli obiettivi che richiedono risorse finanziare per essere soddisfatti. Imparando qualcosa che riguarda questi obiettivi, noi scopriamo sogni di libertà finanziaria dei clienti e le loro più entusiasmanti visioni della vita che vogliono condurre”.

Ora, che cos’è un sogno? Una fantasia, qualcosa che alberga nella nostra mente, nulla di concreto. Che cos’è invece una visione della vita? Un’idea di come ci piacerebbe che fosse la nostra vita, cioè qualcosa di più concreto di un sogno. Possiamo trasformare sogni e visioni in progetti di vita, se sono:

1) stimolanti
2) concreti
3) misurabili
4) raggiungibili con le risorse a disposizione, ora o nel futuro

Una volta che abbiamo stabilito un progetto (la rotta), che può comprendere uno o più obiettivi (i porti da raggiungere), dobbiamo stabilire come raggiungerli e cercare di individuare quali ostacoli ci possono essere.

Soprattutto, quali ostacoli ci possono mettere in difficoltà davvero. Per esempio: il progetto è andare in pensione in anticipo rispetto all’età pensionabile, mantenendo un potere di acquisto pressoché identico. Senza entrare nei dettagli numerici, quali ostacoli ci potrebbero essere? Uno potrebbe essere la variazione delle regole relative alle pensioni, che magari potrebbero ridurre l’importo della pensione o allontanare nel tempo la possibilità. Una difficoltà, certo, ma non insormontabile. Ma l’altra domanda che invece dovremmo farci è che cosa potrebbe impedire l’esecuzione del progetto: una malattia di un familiare, ad esempio, potrebbe distogliere le risorse necessarie, anche per sempre.

Quindi è fondamentale definire sia gli obiettivi che gli eventuali ostacoli, specificando quali obiettivi sono primari e quali secondari, quali ostacoli sono superabili e quali non lo sono e così via.

Non è una cosa facile, perché si tratta di mettere in relazione una parte emotiva (i sogni, le speranze, i desideri) con una parte razionale di noi stessi (cosa, quanto, quando) e soprattutto immaginare cosa potrebbe accadere se qualcosa andasse storto.

Ma un progetto finanziario “per la visione di vita” che vorremmo, se ben fatto, serve proprio ad evitare di trovarsi in difficoltà e ad avere da subito chiare quali sono le alternative percorribili. Non è un vantaggio da poco.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Libertà finanziaria: un sogno che può diventare realtà

Adesso arriva anche la Tobin Tax! Tassa sulle transazioni finanziarie, 11 Paesi europei, tra cui l’Italia, l’hanno approvata. Si parla di 0,1% sul valore delle compravendite di azioni e obbligazioni, in pratica 10 euro ogni 10.000 euro acquistati o venduti.

Non è un cifra esorbitante, non è neppure poco. La cosa strana è che il settore che fa il maggior numero di compravendite, quello dei derivati, pare sarà tassato dello 0,01%, cioè un decimo rispetto alle più convenzionali azioni e obbligazioni. Ciò comporterà una migrazione delle transazioni verso i Paesi che non applicano l’imposta.

Tutto questo che impatto avrà sui comuni investitori? Dipende ovviamente dal numero di operazioni di acquisto e vendita che faremo, che dipendono a loro volta dall’impostazione tattica che abbiamo voluto dare agli investimenti. In pratica, se abbiamo stabilito una “rotta” che prevede molte transazioni, forse sarà opportuno ripensare al costo complessivo e rivedere la “rotta”.

Di solito, il life planning, cioè la pianificazione per obiettivi di vita, è cosa assai diversa da un piano di mercato, frenetica attività di compravendita di prodotti finanziari, per il raggiungimento del massimo profitto (ma con il rischio di ottenere la massima perdita, cioè perdere tutto il capitale).

Nel life planning si considerano progetti di vita, a breve, medio e lungo termine. Ad ogni progetto è associato un piano finanziario per il suo raggiungimento, con coerenti investimenti di diversa natura.

Le persone non hanno obiettivi finanziari: hanno degli obiettivi di vita che richiedono risorse finanziarie per essere soddisfatti. Gli obiettivi però, rispetto alle reali possibilità finanziarie che servono per raggiungerli, possono essere illusori, sogni. Come assicurarsi di essere ancorati alla realtà?

Semplice, occorre misurare le risorse finanziarie e finalizzarle. Un esempio: vivere di rendita può rimanere un sogno di libertà finanziaria se non quantifichiamo quanto intendiamo spendere per vivere e per quanto tempo. Solo così vivere di rendita diventerà un vero obiettivo, e non appunto una illusione.

Un altro esempio? Lasciare una cospicua eredità ai figli è solo un sogno di libertà finanziaria se non predisponiamo le nostre risorse a favore dei figli, evitando litigi e riducendo gli oneri fiscali, per quanto consentito dalle attuali norme.

Tradurre un sogno, una visione, un‘idea di vita, in qualcosa di concreto, non è un compito semplice, ma non è neppure impossibile. Solo misurando i pensieri con i numeri delle risorse finanziarie (un foglio di carta all’inizio può essere sufficiente), abbiamo una buona probabilità di raggiungere i nostri scopi di vita.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Investire sì, ma nella qualità

Partiamo con una puntualizzazione doverosa all’articolo sulla Bce della scorsa settimana: Draghi ha poi sostenuto che non intende stampare nuova moneta, che nessun Paese uscirà dall’Euro e che la Bce metterà a disposizione interventi illimitati. Ho la massima stima di Draghi, ma è un programma impegnativo, vediamo se sarà rispettato.

E veniamo al tema di oggi. Si parla sempre di rendimento, al massimo di diversificazione o di rischio, dell’investimento. Non si parla mai della qualità degli investimenti finanziari, cioè del loro comportamento di fronte ad eventi catastrofici (qualità della gestione) o della loro possibilità di subire tracolli (qualità dell’emittente). La qualità dell’emittente riguarda le scelte di gestione finanziaria, ma anche di gestione amministrativa ed economica, del prodotto.

Queste scelte condizionano l’andamento, nel tempo, del prodotto finanziario. Ad esempio basse commissioni di gestione per un fondo, la distribuzione costante degli utili per un’azione, il pagamento puntuale delle cedole per un’obbligazione sono tutti indicatori di una buona qualità. A ciò bisogna però associare la solidità finanziaria e la trasparenza dei bilanci societari dell’azienda (o dello Stato) emittente, nonché i buoni propositi per il futuro (piani strategici, industriali).

La qualità di gestione, invece, significa affrontare i mercati, mantenendo fede ai patti presi con gli investitori. E non è facile. Ad esempio, se un fondo comune di investimento si definisce “monetario”, non dovrebbe investire in derivati. Oppure se si chiama “obbligazionario”, non dovrebbe esagerare con le azioni in portafoglio. Di questi esempi ce ne sono a migliaia, il concetto è che le regole stabilite non sempre sono chiare e a volte lasciano una discrezionalità eccessiva al gestore. Un ‘comune mortale’ rischia di investire in un prodotto finanziario che credeva immune dai derivati o dalle azioni, e che invece non lo è.

E proprio i derivati sono gli ingredienti maggiormente utilizzati dai fondi. Il derivato è uno strumento, non è buono ne’ cattivo, dipende quale uso se ne fa. Il problema semmai è l’ effetto leva, cioè guadagno o perdo più di quello che ho investito, e l’ uso indiscriminato e non necessario. Infatti, se un fondo è obbligazionario, ma contiene derivati, il rischio percepito dall’investitore è inferiore a quello realmente sostenuto dal prodotto.

Altri protagonisti della qualità possono essere titoli “spazzatura”, valute “esotiche”, partecipazioni in società non quotate acquistati da gestori con pochi scrupoli.

Purtroppo, si può toccare con mano la qualità solo dopo che è avvenuto un disastro finanziario: casi Parmalat o Lehman, Grecia o Islanda hanno fatto capire, a chi aveva investito in questi prodotti, quanto fosse bassa la loro qualità. Se non avviene nulla di così eclatante, è abbastanza difficile, per il normale investitore, percepire quanto rischio si è evitato scegliendo prodotti qualitativamente superiori. E’ compito di un buon consulente ricercare prodotti di qualità elevata, mantenendoli sotto osservazione, nel tempo.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

L’Ue di Draghi: come difendere i capitali privati

Nonostante la Bce non possa finanziare gli stati membri dell’Eurozona, pare che Draghi intenda stampare nuova moneta per salvare l’insalvabile, per andare incontro alle banche spagnole e forse anche italiane. Sostiene che è suo compito far funzionare la politica monetaria, anche in questo modo. In pratica, però, si creerebbe ricchezza dal nulla, semplicemente stampando carta/denaro.

Il sistema bancario compra quindi titoli di Stato, che, per ricapitalizzarsi, rivende alla Bce in cambio di denaro fresco; la Bce così si troverebbe in portafoglio titoli di Stato a rischio default, fallimento che a quel punto sarebbe a carico dei contribuenti dell’intera Unione Europea e non più dei singoli Paesi che hanno generato il debito. Chi ha più crediti, ha più da perderci, chi ha debiti ha solo da guadagnarci. Tra noi, gli spagnoli e i tedeschi, questi ultimi sono certamente i maggiori creditori.

E’ una strategia semplicistica, ma contorta: pare, però, sia questa la strada indicata da Draghi.

La Bundesbank è ovviamente contraria a questa politica, ritenendola non coerente con le prerogative della Banca centrale europea, mentre la Merkel è incredibilmente d’accordo sia con Draghi  sia con la Bundesbank!

Sarà il preludio degli Stati Uniti d’Europa, a cui Angela si sta candidando alla Presidenza? Quanti e quali Stati accetteranno di rinunciare alla loro sovranità fiscale in favore di quella europea? Quali Paesi vorranno vedersi sottratte le decisioni di spesa del gettito fiscale? Ci immaginiamo un’Italia così? Forse sarebbe auspicabile per risanare una volta tanto la situazione, ma dubito che i nostri politici rinunceranno al loro strapotere.

Sarà più probabile che si abbandoni l’Europa, reclamando a gran voce il diritto di spendere (o sprecare) come si ritiene più opportuno le entrate fiscali.

Ecco quindi sorgere un nuovo motivo di frattura nella Ue. Il problema è che chi ha debiti probabilmente non avrà molta voglia di accettare la severità dei provvedimenti Merkel, chi ha crediti invece è molto bendisposto verso questa rigidità.

Tutto ciò ha ovviamente ha a che fare con le decisioni di investimento dei risparmi e del capitale familiare, poiché un’uscita dall’Area Euro potrebbe causare riduzioni del potere di acquisto della nostra nuova moneta (un ritorno alla lira?) e dei beni reali connessi (in primis gli immobili). Se gli italiani, poco avvezzi ad un approccio comportamentale alla gestione del denaro, vorranno almeno mantenere intatto il valore del proprio patrimonio, sarà sempre più necessario il supporto di un financial planner indipendente.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Seguire la rotta per non perdersi

Perché concentriamo sempre la nostra attenzione sul rendimento dei nostri investimenti finanziari e non sul perché stiamo investendo denaro, invece, magari, di spenderlo tutto? Perché, di fondo, certe scelte avvengono senza una piena consapevolezza degli scopi, e perfino di se stessi. Questo aspetto, non l’andamento delle Borse, è il vero rischio degli investimenti finanziari.

Una breve storiella forse aiuterà a comprendere meglio la questione: Nestore, il risparmiatore, non si fida dei mercati azionari e si ripromette che mai e poi mai investirà in azioni. Il suo amico Ulrico, invece, che vuole comprarsi una barca a vela, ha iniziato ad investire in azioni, con notevole profitto. Dopo alcuni mesi, le azioni continuano a salire, Ulrico cerca di convincere il suo amico Nestore che sono un buon affare, ma Nestore non cede. Dopo altri mesi, e dopo che Ulrico ha realizzato il suo sogno con quanto guadagnato con le azioni, Nestore decide di investire. Lo dice ad Ulrico, che gli risponde: “Ah, io stavo proprio pensando di vendere parte delle mie azioni, perché ho già avuto tanto”. Nestore compra azioni e il mercato sale ancora un po’, ma poi inizia a scendere, fino a perdere il 30% del prezzo che ha pagato e Nestore, spaventatissimo, decide di vendere. Parlando con Ulrico, scopre che lui ora invece sta pensando di ricomprare un po’di azioni.

Quanto ci sentiamo Nestore e quanto Ulrico? Ovvero, quali sono i nostri obiettivi nelle scelte finanziarie?

Ogni investimento ha connesso uno o più rischi specifici, ed è quindi necessario misurare il rischio che siamo disposti a sopportare rispetto alle nostre finalità.

Se l’obiettivo di Nestore è, per esempio, raddoppiare il suo capitale di 200mila euro in 5 anni, perché  vuol comprare una casa al figlio, dovrà cercare un rendimento del 20% annuo medio, con conseguente rischio elevato. Se l’obiettivo di Ulrico è di comprarsi una barca a vela del costo di 100mila euro tra 5 anni, e ha un capitale di 500mila euro, sarà sufficiente un rendimento del 4%. Inoltre, i due obiettivi potrebbero avere priorità diverse.

La casa per il figlio potrebbe essere un obiettivo primario, la barca a vela un obiettivo secondario. Un obiettivo secondario non raggiunto non mette in crisi la vita, un obiettivo primario non conseguito, può creare seri problemi esistenziali. Ma poi perché investire in azioni e non in obbligazioni, titoli di stato, etf, fondi, derivati e così via? I mercati ci ricordano insomma che l’uso del denaro non è ‘inodore e incolore’, ma è sempre connesso ai valori e al senso della nostra vita. Il denaro può essere considerato un mezzo o un fine. Con tutte le conseguenze relative da mettere in conto. E alla fine comunque ne va della nostra esistenza.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Euro in crisi? Ecco come salvare il patrimonio

Se, dopo lunga agonia, l’Italia verrà estromessa dalla Zona Euro oppure se altri Paesi meno critici decideranno di uscirne per non essere travolti dal disastro oppure, ancora, se si creeranno due Zone Euro “ a diversa velocità”, in ogni caso ci troveremo con una valuta più debole e un potere d’acquisto ridotto.

Quindi, tutto ciò che è prodotto in Italia varrà di meno, compresi i prodotti finanziari, anche se li acquisteremo all’estero; per esempio, un fondo di diritto lussemburghese, ma gestito da una SGR italiana, subirà la stessa sorte di un fondo di diritto italiano, poiché fa fede la valuta del Paese in cui è emesso o gestito.

Quali strumenti sono in grado di evitare la perdita del potere d’acquisto? Innanzitutto bisogna valutare quanto è concreto il rischio che si avveri l’ipotesi di uscita dall’Euro ed attribuire una percentuale al fatto che l’evento si verifichi. Poi è necessario ipotizzare di quanto potrebbe svalutarsi la nostra moneta; del 10%, del 50%…? Infine, è da considerare quanta parte del capitale è direttamente connesso al rischio Paese; ad esempio quanti titoli di Stato, quanti immobili sono posseduti in Italia, quanti titoli di società italiane sono attualmente in portafoglio. Fatte queste considerazioni, si può pensare di investire una parte del patrimonio a protezione del rischio. Quanta parte, dipende dalle variabili appena elencate.

Quali sono gli investimenti da prendere in considerazione? Valute non Euro e non collegate ad esso, beni reali, titoli emessi da società e Paesi non Euro. Sopratutto ciò che ha un valore di fondo concreto e non creato solamente dalla finanza. Titoli di Stato di Paesi ancora solidi e con valuta forte, titoli di aziende in utile e in crescita, beni reali non legati a mode o a Paesi specifici (se avete una casa, è vincolata all’andamento del Paese dove è costruita, se avete un lingotto d’oro è indifferente dove lo avete acquistato e dove lo volete vendere o portare).

La diversificazione è quanto mai opportuna anche in questo caso, quindi non concentrate tutte le uova nello stesso paniere, ma suddividete su mercati, Paesi, emittenti beni diversi, in proporzioni adeguate all’intero patrimonio e al rischio preso in considerazione.

Non è consigliabile fare un simile piano da soli, è opportuno farsi consigliare da chi, in maniera indipendente e senza conflitto di interesse, può dare un parere nel vostro esclusivo interesse. Insomma, non chiedete all’oste se il vino è buono, piuttosto assumete un sommelier che vi aiuti nella scelta migliore per voi.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis