Marcello Fiore nuovo direttore generale di Fipe-Confcommercio

Fipe-Confcommercio Imprese per l’Italia ha il suo nuovo direttore generale: la Giunta di presidenza federale ha nominato, per questo incarico, Marcello Fiore, già vice direttore vicario della struttura.

La scelta è stata dettata non solo dalla fiducia e dalla stima nei confronti di Fiore, che ha imparato a farsi conoscere ed apprezzare dalla Federazione, della quale fa parte dal 1976, ma deriva anche, come ha affermato Lino Stoppani, presidente Fipe-Confcommercio, da “risultati conseguiti nel periodo di facente funzione nel ruolo, dove ha ampiamente dimostrato il possesso dei requisiti indispensabili alla mansione, in primis la capacità di comando“.

Inoltre, Fiore si presenta con un curriculum accademico notevole, che sicuramente potrà aiutarlo a ricoprire questa carica al meglio. A questo proposito, Stoppani gli ricorda “un particolare impegno verso la valorizzazione della struttura esecutiva affidata alla Sua Direzione“.

Vera MORETTI

Speciale buoni pasto: la voce della Fipe

di Davide PASSONI

In Italia ci sono oltre 125mila esercizi convenzionati per l’utilizzo dei diversi buoni pasto. Cifre importanti, che ci hanno spinti a sentire il presidente della Federazione Italiana Pubblici Esercizi, Lino Stoppani, per capire come è attualmente la situazione del mercato vista da chi i buoni li incassa.

Come vede Fipe il sistema dei buoni pasto?
Nel loro complesso per Fipe i buoni pasto sono uno strumento importante perché canalizzano nel settore un business che vale diversi miliardi.

E gli associati, come si rapportano a questo strumento di pagamento?
I nostri associati hanno qualche malumore, legato soprattutto ad alcune anomalie del mercato che nascono dall’aumento delle commissioni per le convenzioni, da ritardi nei pagamenti, dal comportamento di alcune società emettitrici che, spesso, hanno dei comportamenti vessatori nei confronti dei pubblici esercizi, come, per esempio, gli aggravi sui costi aggiuntivi del servizio.

Com’è il rapporto tra voi, le società emettitrici e quelle appaltatrici?
Oggi gli appalti per l’assegnazione del servizio sono fatti solo con l’obiettivo di massimizzare lo sconto, che può arrivare fino al 20%. In questo modo le società emettitrici ribaltano i maggiori oneri a carico dei pubblici esercizi. Chiaro che di fronte a questo fenomeno i malumori degli associati Fipe montano, ma ci tengo a precisare che per noi il buono pasto era e rimane uno strumento importante. Certo, anche lo Stato da parte sua dovrebbe muoversi, facendo in modo che gli organi di controllo verifichino il corretto utilizzo dei ticket o alzando la quota defiscalizzata oltre gli 5,29 euro. Una cifra con la quale si riesce a mangiare molto meno rispetto a quanto si faceva, per esempio, negli Anni ’80 con un ticket da 10mila lire.

Non mi dirà che il ticket sta perdendo di valore…
Lo strumento è stato straordinario e lo è ancora, ma vogliamo che sia riportato nel suo alveo originario, ossia che il suo utilizzo sia circoscritto a bar, ristoranti, mense, esercizi, alimentari. Non è un segreto che, spesso, i ticket sono utilizzati come cartamoneta, anche per comprare libri, computer, accessori. Vogliamo anche che le gare di appalto siano gestite senza puntare al massimo ribasso, perché tutti gli attori coinvolti ci devono guadagnare, non solo una alcuni.

Ora non è così?
Ora ci sono quattro attori coinvolti, di cui tre perdono e uno guadagna. Perde il pubblico esercizio, che paga commissioni più alte o sconta ritardi nei pagamenti; perde l’utilizzatore, perché con servizi appaltati a costi bassi e commissioni alte ci rimette in termini di prezzo o di qualità di quello che mangia, ossia i due ambiti dove il pubblico esercizio cerca di riguadagnare quanto perde in commissioni; perdono le società emettitrici, che hanno ridotto i loro margini. Guadagnano solo le aziende che richiedono i ticket, che in virtù delle condizioni del mercato sono in una posizione di forza e possono richiedere più sconti.

In questo senso unite le forze con Anseb?
Insieme ad Anseb, noi di Fipe facciamo azioni per contrastare i “poteri forti” che gestiscono le gare d’appalto: da una parte Consip per l’area del pubblico impiego, dall’altra le grandi aziende clienti, alleate tra loro per minimizzare i costi. Una dinamica nella quale il consumatore finale finisce sempre per rimetterci, avendo meno potere d’acquisto con il ticket o dovendo mangiare cibo più scadente.

Che cosa chiedete a chi norma il settore dei buoni pasto?
Chiediamo che il settore resti in piedi, eliminando le forzature attuali di cui ho parlato prima, magari guardando anche a ciò che accade fuori dall’Italia, per esempio in Francia, dove i ticket hanno mantenuto la loro solvibilità e il loro potere di acquisto.

E come vede chi utilizza i buoni pasto non per in pausa pranzo ma per fare la spesa al supermercato?
Lo vedo semplicemente come un modo alternativo di spenderli. Ciascuno si può gestire il buono pasto in tanti modi, portandosi in ufficio il panino da casa e utilizzando il ticket per acquistare generi alimentari per sé e la famiglia. Ripeto, il buono pasto è un ottimo strumento, se usato correttamente e se ben gestito da tutti gli attori in gioco, uno strumento che vorremmo salvaguardare.

Fipe, inutile la tassa sulle bibite gassate

Tassare le bibite gassate? Una misura inutile, secondo il presidente Fipe-Confcommercio, Lino Stoppani, che afferma: “Mettere una nuova tassa, sia pure di pochi centesimi, per disincentivare il consumo di bevande analcoliche gassate considerate dannose per la salute porterà ad un nulla di fatto”.
Secondo Stoppani, infatti, ci sono strumenti più utili per raggiungere l’obiettivo, ad esempio attraverso la scuola e il pubblico esercizio. Oltretutto, difficilmente le tasse di scopo raggiungono l’obiettivo di scoraggiare un comportamento scorretto, soprattutto in campo alimentare.

Proprio il Fipe ha lanciato iniziative di educazione alimentare come il Bollino Blu, che consiste nella promozione di pasti salutistici ed equilibrati dal punto di vista nutrizionale.
“Il fatto poi – conclude Stoppani – di ispirarsi all’iniziativa francese di tassare bevande gassate nel tentativo di raccogliere fondi da destinare alla tutela della salute non può essere un buon motivo da replicare in Italia dove la tassazione è fra le più alte d’Europa”.

Francesca SCARABELLI 

Vacanze di Pasqua: ecco il bilancio (non buono) di Federalberghi

Quest’anno il settore alberghiero sembra aver sofferto molto durante il periodo pasquale. Federalberghi lamenta un calo del 19% rispetto allo stesso periodo del 2010. Le stime dicono che gli italiani che si sono mossi dai loro luoghi di residenza prevedendo almeno un pernottamento sono stati 10 milioni ovvero il 17,6%, era il 22% nel 2010. Tra questi, oltre il 90% è rimasto in Italia (rispetto all’85% del 2010), mentre l’8% ha preferito l’estero (rispetto al 14% del 2010). Il 37,6% degli intervistati ha preferito il mare, seguito dalla montagna al 29%. Segnali di debolezza per le città d’arte anche capitali europee così come le terme che registrano quote percentuali di perdita importanti. Il 41,5%, pari ad oltre 20 milioni (rispetto ai 18 milioni del 2010), ha dichiarato di non potersi permettere una vacanza per “mancanza di soldi”.

E’ l’albergo la struttura ricettiva preferita con il 33% delle preferenze (34% nel 2010), seguito dalla casa di parenti o amici con il 21,6% (rispetto al 21%) e dalla casa di proprietà col 18,8% (rispetto al 20,5%). Un leggero calo, infine, si registrerà per gli agriturismo con il 5,6% rispetto al 5,9% del 2010.

La spesa media pro-capite includendo trasporti, cibo, alloggio e divertimenti è attestata a circa 309 euro, simile a quanto registrato nel 2010, generando un giro d’affari di 3,27 miliardi (rispetto ai 4,05 miliardi del 2010) per un decremento del 19%. La spartizione della spesa nel dettaglio è la seguente: chi resterà in Italia spenderà in media 287 euro (rispetto ai 272 del 2010), mentre chi andrà oltreconfine spenderà una media di 637 euro a persona (rispetto ai 502 del 2010). La durata media della vacanza, infine, si attesterà sulle 3,5 notti rispetto alle 3,8 notti del 2010.

Per quanto riguardo il pranzo pasquale il 49% del campione ha consumato in casa propria, il 7,8%  in casa di amici, mentre l’1,2% nel ristorante abituale. Per Fipe e Federalberghi, maggiori sigle del settore non si tratta certo di una vittoria in quanti i segnali di una reale ripresa sembrano essere bene lontani. Il nuovo appuntamento per tirare un bilancio della situazione saranno le prossime vacanze estive, vero banco di prova dell’intero sistema ricettivo italiano.

Mirko Zago