Altri due suicidi in Veneto: la crisi non lascia scampo

La cronaca nera di questa settimana ci ha riportato spesso al Veneto.

Dopo il suicidio di Livio Andreato, imprenditore edile di Campagna Lupia, e di Raffaele Rubinacci, artigialo di Noale, altri due uomini si sono tolti la vita.

La storia di Antonio Maria Pedrazzoli ha sconvolto la cittadina di Bassano del Grappa, dove l’imprenditore, di 49 anni, viveva e lavorava.
La Pedrazzoli Ibp, attiva in città dal 1948, è nota a tutti gli abitanti della zona, così come la famiglia, che da sempre lavorano nella ditta di famiglia.
Per questo, alla notizia del suicidio dell’uomo, amici e conoscenti hanno reagito con incredulità e disperazione.

Pedrazzoli ha deciso di morire proprio nell’azienda familiare, dove è arrivato alle 4.30 di mattina. Si è seduto alla sua scrivania, ha scritto poche righe di addio e poi, nel silenzio desolato della notte, ha premuto il grilletto della sua pistola 357 Magnum ed è morto.

L’eco dello sparo non è giunto a nessuno e il corpo senza vita dell’imprenditore è stato trovato solo alle 7.30 da un’impiegata.
Ora il biglietto da lui lasciato prima di uccidersi è stato sequestrato dai carabinieri, per capire con esattezza cosa ha scatenato questo disperato gesto.

Ma la notte ha portato con sé un’altra storia drammatica, anche questa senza soluzione. O almeno così sembrava a F.L., odontotecnico di 58 anni residente a Padova.
Un mutuo di 200mila euro da estinguere, le rate che, con l’avvento della crisi, sembravano sempre più elevate ed impossibili da rispettare, non hanno lasciato speranza all’uomo e così, in una strada isolata vicino ad un campo di proprietà sua e di sua sorella, si è sparato.

Nessuna speranza, nessuno spiraglio gli sono apparsi prima di decidere di farla finita, neanche il pensiero della moglie e dei tre figli, ai quali l’uomo, con un biglietto d’addio, ha chiesto scusa, raccomandando loro “di non fare il passo più lungo della gamba”, come aveva invece fatto lui.

Vera MORETTI

Imprenditore si uccide, schiacciato dai debiti e dalla disperazione

Voleva morire, e così è stato. Niente e nessuno ha potuto a fermare le intenzioni di Livio Andreato, imprenditore edile residente a Campagna Lupia, in provincia di Venezia.

Si era rifugiato in casa, un tempo di proprietà dei genitori ma poi venduta, per pagare un debito di 300 mila euro che Andreato non era riuscito a saldare, e l’aveva riempita di gas, deciso a saltare in aria con lei.
Ma l’odore persistente ha insospettito i vicini di casa, che hanno subito chiamato i vigili del fuoco, accorsi sul posto insieme ai carabinieri.

Hanno agito con la massima circospezione, intuendo che la situazione era delicata, se non disperata ma, una volta entrati nell’appartamento, non hanno trovato nessuno.
Nel frattempo, Andreato era sparito, e con sé aveva portato un fucile da caccia.
Non voleva che qualcuno lo trovasse e che rovinasse i suoi piani, ormai ben definiti, ai quali non intendeva rinunciare.

L’uomo, che non vedeva alcuna via d’uscita e nessun motivo per continuare a vivere, si è chiuso nella sua Fiat Punto e si è sparato, portando a termine così il suo triste disegno.
La sua situazione lavorativa era arrivata al capolinea e lui con lei: impossibile vedere uno spiraglio in fondo ad un tunnel che era sempre più buio e stretto.

I primi ad apprendere la notizia sono stati i genitori, che abitavano vicino a lui ma con i quali da qualche anno, da quando le cose avevano cominciato ad andare male, i rapporti si erano raffreddati.
Ed ora, rimane solo il rammarico di non aver fatto un passo avanti per cercare una soluzione insieme.

Vera MORETTI