In Italia una impresa su 50 è in sofferenza

L’Ufficio Studi della Camera di commercio di Monza e Brianza ha effettuato un’elaborazione su dati del Registro Imprese che ha evidenziato un quadro preoccupante che riguarda la sofferenza delle imprese italiane. Dall’elaborazione emerge infatti che oltre 120mila imprese italiane al terzo trimestre 2011 risultano in difficoltà, ovvero sono soggette a una procedura concorsuale. Una cifra che vale il 2,3% del totale delle aziende attive, circa un’impresa ogni cinquanta.

Tra il 2011 e il 2010 il numero di imprese in difficoltà è aumentato dello 0,3%, mentre nel confronto 2011-2009 si nota un decremento dello 0,6%. Soprattutto al Nord le regioni dove si registra una bassa percentuale di aziende in difficoltà sul totale delle attive: Trentino Alto Adige (0,8%), Valle d’Aosta (1,1%), Piemonte ed Emilia Romagna (1,5%), Veneto (1,6%), Molise (1,8%), Liguria e Sardegna (1,9%). Al centro-sud le situazioni più critiche: Lazio (3,8% pari a 17.588 imprese), Campania (3,3% pari a 15.678 aziende), Sicilia (3,1% pari a 11.701 imprese) Umbria (2,9% pari a 2.457 unità).

Nello specifico, la Lombardia registra il 2,2% di imprese in difficoltà (18.402), con prevalenza delle province di Milano (9.028), Bergamo (1.946), Brescia (1.537) e Monza e Brianza (1.250).

I dati sono stati presentati durante l’incontro “Previsione delle crisi di impresa“, organizzato dalla Camera di commercio di Monza e Brianza in collaborazione con il Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del territorio (CRIET), l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Monza e Brianza, l’Associazione culturale dei dottori commercialisti, ragionieri commercialisti ed esperti contabili di Monza e Brianza.

Gli italiani vogliono ancora fare impresa

Fare impresa non è un’attività che ha perso di appeal, agli occhi degli italiani, considerando che anche quest’anno sono state tante, e precisamente 55.217, le società che sono state registrate tra gennaio ed ottobre, con un aumento, perciò, dello 0.9% degli imprenditori su territorio nazionale.

Ma non è ancora il caso di sorridere, perché, nonostante una percentuale in positivo, l’anno scorso i dati parlavano di 71.198 nuove imprese. E, se consideriamo che sono quasi mille in più le imprese dichiarate fallimentari nei primi tre trimestri del 2011, allora capiamo che non è proprio il caso di cantare vittoria. Si tratta, in questo caso, di 10.323 unità, ovvero 38 società che, ogni giorno, dichiarano fallimento ed escono dal mercato.

Questo bilancio è stato diffuso da Unioncamere in occasione della 134° Assemblea dei presidenti delle Camere di commercio – Consiglio generale di Unioncamere a Perugia dove Ferruccio Dardanello, presidente Unioncamere, ha dichiarato: “L’Italia dell’impresa diffusa non sta perdendo ‘smalto’ in questi mesi di crisi. Ma soffre. Servono misure capaci di far ingranare la marcia della ripresa e di restituire fiducia al nostro sistema produttivo. Al Governo, quindi, Unioncamere propone quattro linee d’azione per il rilancio del Paese: puntare sull’imprenditorialità e sui giovani; riorganizzare la rete per l’internazionalizzazione, anche attraverso le Camere di commercio in Italia e all’estero; fare della semplificazione e della giustizia alternativa una leva per lo sviluppo; diffondere le reti d’impresa e rafforzare la patrimonializzazione dei Consorzi Fidi”.

A fare da traino alle 6.131.549 imprese sono le società capitali, aumentate anche quest’anno di oltre 38mila unità. Ciò si spiega con una discrepanza, in positivo, tra iscrizioni e cessazioni, poiché le prime sono il doppio delle seconde.
Non così consistente l‘incremento delle ditte individuali (+8.344), anche se confermano la loro solidità all’interno della struttura economica nazionale con 3.375.822 imprese. Aumentano di 4.714 unità anche le società di persone mentre le Altre forme giuridiche crescono di sole 3.742 imprese poiché il numero di cessazioni è quasi uguale a quello delle iscrizioni.

Gli ambiti più “gettonati” quando si tratta di fare impresa sono quelli riguardanti Istruzione, Sanità, Noleggio e agenzie di viaggio, Attività artistiche, sportive e di intrattenimento.
Se la media di crescita è dello 0,9%, quella di questi settori ha toccato punte del 6,3%.
Male, invece, l’Agricoltura (-1,6% pari a oltre 13mila imprese in meno), l’Estrazione di minerali (-0,7%, con complessive 35 imprese in meno) e le Attività manifatturiere, le cui 1.550 unità in meno equivalgono a un tasso del -0,2%.
In valore assoluto sono però sempre i comparti del Commercio e delle Attività di alloggio e ristorazione a generare i volumi più consistenti: 11.522 le imprese in più nel settore commerciale (+0,7%) e 11.191 quelle del comparto della ristorazione (+2,9%).

Sul territorio, la crescita ha interessato maggiormente il Centro che ha registrato nei primi 10 mesi del 2011 15.553 nuove imprese (+1,2%). Ma anche il Mezzogiorno si è dimostrato piuttosto vivace, dal momento che ha visto aumentare il proprio stock dell’1,1% da inizio anno con un aumento in termini assoluti pari a 22.448 nuove attività.
Nord-Est e Nord-Ovest, in controtendenza, hanno registrato una crescita sotto la media, con nel complesso 9.737 unità in più nel Nord-Ovest e 7.479 imprese in più nel Nord-Est.
Rispetto ai primi 10 mesi dello scorso anno, sono proprio il Centro e, soprattutto, il Nord-Ovest le aree che registrano una attenuazione della dinamica di crescita delle imprese italiane.
Il Centro, infatti, aveva segnato un anno fa un incremento di oltre 19mila imprese (con un tasso di crescita dell’1,5%), mentre nel Nord-Ovest l’incremento era stato di più di 20mila unità, con un tasso di crescita del +1,3%.

La regione che si è dimostrata più dinamica è l’Abruzzo, poiché ha aumentato le iscrizioni di ben due punti, passando da +1,5% a +3,8% in un solo anno. Anche la Basilicata, dopo un anno modesto, è ora in ripresa, così come l’Umbria, mentre fanalini di coda sono Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia.
Nel confronto con il 2010, sono soprattutto il Piemonte e la Calabria le regioni che, in termini relativi, mostrano crescite meno consistenti: +0,2% in Piemonte contro il +1% dei primi 10 mesi del 2010; +0,7% la Calabria contro il +1,5% dell’anno scorso.
Guardando però ai valori assoluti, gli apporti più consistenti alla diffusione del tessuto imprenditoriale vengono sempre dalla Lombardia (+8.091 imprese) e dal Lazio (+6.901 unità).

Per quanto riguarda i fallimenti, invece, il maggior numero interessa il Commercio, con 2.290 imprese. Alle Attività manifatturiere (2.270) spetta invece il primato dell’incidenza delle imprese in fallimento ogni mille attività esistenti (3,65). Elevato poi il numero delle aziende delle Costruzioni costrette alle chiusura (1.987).

Vera Moretti

Le ‘ragazze del Coyote Ugly’ sbancano in Lombardia

Hanno battuto gli uomini. E non parliamo di una gara all’ultimo shot. Le barladies lombarde hanno superato i loro colleghi maschi: le titolari donne di bar e locali nei primi 6 mesi del 2011 hanno raggiunto quota 51%. A rivelarlo un’indagine della Camera di Commercio di Monza e Brianza.

E’ nelle regioni del Nord Italia che si nota la concentrazione maggiore di barwomen, titolari di impresa individuale. In testa alla classifica, le bariste del Friuli-Venezia-Giulia, con il 66,7% del totale, medaglia d’argento all’Umbria con il
65,1%, mentre al terzo posto si classifica il Trentino-Alto-Adige con il 54,4% di donne dietro al bancone. Quarto il Piemonte (53,2%), seguito da Liguria (52,1%) e Lombardia.

Nei primi sei mesi del 2011, sono state più di 1.500 le imprenditrici che hanno aperto un bar, mettendosi in proprio o rilevando un’attività già avviata al punto da rappresentare il 46,3% del totale nazionale. Anche se nel Mezzogiorno, a prevalere è ancora la componente maschile, fino al caso estremo della Basilicata, che negli ultimi tre anni ha registrato addirittura un calo: dal 38,9% del 2009 al 28,2% del 2011.

“L’incremento dell’occupazione femminile, obiettivo che ci deve avvicinare all’Europa e strumento per il rilancio dell’economia del Paese, passa anche attraverso una crescente partecipazione delle donne al fare impresa” ha dichiarato Mina Pirovano, Presidente del Comitato per l’Imprenditoria Femminile della Camera di commercio di Monza e Brianza. Brindiamo alle donne insomma, o forse sarebbe meglio un giro di shot?

A.C.

I rincari dell’energia colpiscono la Pmi italiana

I dati emersi dall’analisi condotta dall’Ufficio studi di Confartigianato (su dati Eurostat) parlano chiaro: la bolletta elettrica costa il 30% in più alle imprese italiane rispetto alla media UE, toccando un divario per le Pmi del 134%:  la colpa è della pressione fiscale, di cui l’Italia è maglia nera. La nostra Penisola vanta il triste record negativo nell’ Eurozona di imposte sull’energia (31.750 mln di euro l’anno): +23% rispetto alla media europea.

Non vanno meglio le bollette delle aziende italiane, le più salassate in Europa per la fornitura di corrente elettrica: 7,9 miliardi in più ogni anno di costi fatturati, e ogni singola azienda sborsa 1.776 euro annui in più.
A pagare lo scotto maggiore sono le imprese del Nord: nel 2010 hanno pagato 4.615 mln di euro in più rispetto alle altre imprese della UE per l’energia elettrica. Seguono le aziende del Centro Italia, gap-UE pari a 1.392 mln di euro, e le aziende del Mezzogiorno con 1.932 mln di euro di divario.

E le condizioni per singola regione?
La maglia nera va alla Lombardia (1.808 milioni di euro in più rispetto alla media UE), seguita da Veneto (800 mln), Emilia Romagna (711 mln) e Piemonte (677 mln). E’ in Friuli Venezia Giulia il divario maggiore per azienda (3.151 euro), seguito da Sardegna (2.708 euro), Lombardia (2.208 euro), Valle d’Aosta (2.187 euro), Umbria (2.164 euro) e Trentino Alto Adige (2.036 euro).
Milano risulta tra le province più oppresse dai rincari dei costi energetici (448 mln), seguita da Roma (365 mln), Brescia (356 mln), Torino (276 mln), Bergamo (230 mln).

Marco Poggi

Vendemmia italiana batte crisi 1-0

Nessun dubbio sulla ripresa economica del settore vitivinicolo: il settore in Italia sembra respirare un’aria nuova,  dando ossigeno ai produttori con prezzi in crescita ed un’export in continua espansione a fronte dell’ormai strutturale calo dei consumi interni. Questo è lo scenario disegnato da Assoenologi per le  stime sulla vendemmia 2011 elaborate su circa il 30% dell’uva già raccolta che promette bene seguisse questo trend fino a fine anno. Anche se lievemente inferiore al 2010 (-5% a 44 milioni di ettolitri), complici i cambiamenti climatici e le bizzarrie del tempo che hanno influito sulla resa uva/vino ridimensionando la produzione, si è comunque riuscita a produrre uva di ottima qualità.

Un trend confermato – dice Assoenologi – dai più recenti dati 2011, quelli del primo trimestre, che indicano un ulteriore incremento del 15% in valore e del 16,5% in volume. Al boom delle esportazioni si contrappone un ormai strutturale calo dei consumi interni di vino. Un dato testimoniato anche dal netto calo della superficie di uva da vino in Italia che in vent’anni ha perso 286mila ettari, ovvero la somma delle superfici vinicole di Lombardia Puglia e Sicilia insieme. Eppure ancora oggi il 17% della produzione mondiale di vino, che ammonta a 300 milioni di ettolitri di cui il 60% provenienti dall’Ue parla italiano cosi’ come il 30% di quella europea. Infine, tornando alla vendemmia 2011 precisa l’Italia risulta divisa in due parti, il Centro-Nord (fino alla Toscana) che manifesta un’incidenza produttiva abbastanza omogenea e il centro-Sud con flessioni dal 5 al 20%. In controtendenza la Sardegna: sale del 15% dopo tre anni di perdita.

Assoenologi sottoliena come al Sud hanno inciso sulla flessione della raccolta anche la  ‘vendemmia verde’, che consiste nel rendere improduttivo il vigneto per un anno, e gli ‘estirpi’ dei vigneti a fronte del premio comunitario. ”Qualitativamente nel 2011 si riscontra una certa omogeneita’ in quasi tutte le regioni, ma la possibilita’ di firmare un millesimo di alto livello – precisa il direttore generale di Assoenologi Giuseppe Martelli – è legata all’incognita del clima di settembre:  se sarà soleggiato ma fresco e con buoni escursioni termiche notturne, quasi sicuramente si otterranno vini bianchi profumati e rossi ben strutturati”.

Le “prove” del buon momento delle vendemmie vengono anche da un dato sui costi: quotazioni all’ingrosso di uve, mosti, e vini in quasi tutte le regioni italiane hanno subito incrementi che vanno dal 5% al 20% per le tipologie più richieste. Martelli ricorda come nel 2010 i prezzi all’ingrosso dei vini erano invece stati uguali rispetto al 2009, con di conseguenza un incremento del 6,2% in volume delle esportazioni, segno che i nostri produttori pur di non perdere i mercati avevano preferito abbassare i prezzi. Uno sforzo ripagato dai risultati 2010, quando l’export di vino italiano ha fatto registrare un incremento  in valore e in volume di più dell’11%.

Marco Poggi

L’hairstyle in Lombardia parla mandarino

La crisi sembra solo sfiorare l’hairstyle etnico in Italia, sempre più targato Made in China. Questo è il dato che emerge  da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati del registro imprese al secondo trimestre 2011.

Molti i negozi etnici aperti a Milano, anche se con un leggero calo per l’hairstyle rispetto al 2010, anno del boom in Lombardia. Ad oggi sono 308 i parrucchieri ed estetisti stranieri in città, quasi il 15% tra le imprese individuali attive nel settore, un fenomeno in crescita e in controtendenza rispetto alla leggera contrazione dei professionisti italiani.

I barbieri meneghini ormai parlano mandarino, con quasi la metà delle imprese provenienti dal Sol Levante seguiti a lunga distanza da marocchini, dominicani e francesi, con percentuali oscillanti tra l’ 8% e il 3% .  Un fenomeno recente, considerando solo le imprese individuali cinesi attive nel settore una su tre è nata nel 2010, e 24 sono aperte dall’inizio di quest’anno.

Quali le zone di maggior presenza orientale? I parrucchieri cinesi  si dipanano principalmente intorno a Via Sarpi, anche se cresce la presenza nel resto della città: una attività cinese su cinque si trova in zona Lambrate e Città Studi, mentre è in crescita il popolamento della zona di Vittoria-Forlanini, in poco più di un anno passata dall’avere un parrucchiere cinese su dieci attivo a Milano, a uno su sette.

L’identikit del coiffeur cinese è quello di una donna giovane, con due titolari su tre appartenenti al sesso debole, mentre la metà ha tra i 30 e i 40 anni e uno su tre è under 30.

E i parrucchieri stranieri in Lombardia? Sono quasi mille i titolari di impresa individuale attivi in Lombardia ma di origine estera, con la predominanza che ovviamente va al capoluogo Milano, per quanto riguarda l’hairstyle, con 184 attività, seguito da Monza Brianza e Brescia. Milano è inoltre prima con quasi un parrucchiere straniero su due tra gli attivi in regione (45,3%), seguita da Brescia (13,5%), Bergamo (10,4%) .

Marco Poggi

L’universo delle imprese partecipate da enti locali

Unioncamere in una recente analisi ha evidenziato interessanti aspetti del “capitalismo municipale”, una costellazione di oltre 5mila società di capitali partecipate e controllate dagli enti locali. Non si tratta solo di settori tipici come energia, trasporti, rifiuti ma anche nelle infrastrutture, nel commercio, nelle attività ricreative, culturali e sportive e addirittura nell’industria e nelle TLC.

Alla fine del 2009 – ultimo dato disponibile – questo  universo contava 5.512 realtà con una diminuzione rispetto al 2008 di sole 37 unità, pari allo 0,7% del totale. Sempre al 31 dicembre del 2009, a controllare questa rete capillare risultavano coinvolti 8.081 enti locali, 13 in più rispetto all’anno precedente.

Le partecipazioni pubbliche restano un fenomeno soprattutto municipale (7.677 i Comuni azionisti su 8.081 enti locali censiti nei Registri delle imprese delle Camere di commercio alla fine del 2009). Mediamente ogni Comune è presente in 8 società, mentre gli enti locali con partecipazioni in più di 5 società sono 3.632, il 44,9% del totale. In particolare, delle 5.512 società individuate dallo studio il 59,7% risulta esclusivamente in mano ai Comuni, mentre solo il 5,5% vede tra i propri azionisti esclusivamente le Regioni.

Servizi, public utilities e e infrastrutture le realtà più vive. Dando uno sguardo alla geografia di questa realtà scopriamo che il 78,5% delle partecipate ha sede nel Centro-Nord, Lombardia in testa (nella regione si trovano il 17,2% di tutte le società censite e il 19% delle controllate), seguita da Toscana (9,6%), Veneto (8,9%), Emilia-Romagna (8,6%) e Piemonte (8,2%). Per quanto riguarda invece il Mezzogiorno, dove ha sede il 21,5% delle società partecipate (e il 21,1 di quelle controllate), la maggiore presenza di imprese a controllo pubblico locale è in Campania (5,6% sul totale nazionale e il 23,7% dell’intero Mezzogiorno); segue la Sicilia (3,5% del totale nazionale e il 16,5 di quello del solo meridione).

 

In Lombardia, nuovi fondi per le imprese

La Giunta della Lombardia ha sbloccato nuovi fondi per finanziare il network del settore aerospaziale, la filiera nautica, il polo automotive, la filiera termoelettromeccanica per la produzione di energia, le imprese dell’edilizia innovativa, la filiera cosmetica e quella delle armi sportive.

Con tre delibere approvate il 13 luglio in Giunta, Regione Lombardia ha approvato provvedimenti a favore dell’industria e dell’artigianato per 131 milioni di euro.

La prima delibera riguarda la fase conclusiva del programma Driade che prevede l’utilizzo di circa 2 milioni e i cui beneficiari saranno vari network di imprese.

La seconda delibera riguarda invece il programma Ergon, con una dotazione finanziaria di 18,5 milioni, i cui beneficiari saranno i raggruppamenti di pmi, le ati e i consorzi attivi nel settore manifatturiero e delle costruzioni.

La terza delibera, del valore superiore a 100 milioni, è relativa al fondo dì rotazione per l’imprenditorialità e al fondo regionale per le agevolazioni finanziarie all’artigianato. Tra gli obiettivi di questo intervento ci sono la semplificazione delle procedure amministrative, le completa informatizzazione dei processi e la flessibilità dello strumento rispetto a nuove politiche industriali.

Milano, mercato immobiliare in lenta ripresa

Continua la ripresa del mercato immobiliare milanese nel primo semestre del 2011. I prezzi a Milano riprendono a salire in città per gli immobili residenziali nuovi o ristrutturati (+1,4% in sei mesi, +2,6% in un anno) e più lentamente anche in provincia (+0,1% le case nuove in centro in media, +0,3% in periferia). Comprare casa a Milano costa in media 4.746 euro al metro quadro (era 4.679 euro a fine 2010), per gli immobili residenziali nuovi o ristrutturati. La crescita maggiore è nei Bastioni (+3,3%, 6.867 euro al mq in media), soprattutto in zona Solferino-Corso Garibaldi (+11,6%) e Conca del Naviglio-Porta Genova (+7,3%), ma i prezzi salgono anche in centro (+1,7%, 8.894 euro al mq), in Circonvallazione (+1,3%, soprattutto in zona Solari-Napoli, +4,3%) e in periferia (+0,4%, Padova-Palmanova +3,4%). Mentre rallenta la periferia, in zone come Quarto Oggiaro (-1,7%) e Santa Giulia-Rogoredo (-1,5%). 

Le case più care? In Spiga – Montenapoleone con 13.200 euro al mq (+0,8%) e Vittorio Emanuele – S. Babila con 10.200 euro al mq (+1,5%). Le più convenienti in Salomone-Bonfadini con 2.550 euro al mq (-1,9%), e in Forlanini Mecenate (2.800 euro al mq, +0%).

Rallentano gli affitti a Milano. Nel primo semestre 2011 il prezzo di locazione in città rallenta in media del 2,1%, per un prezzo medio di 169 euro al mq all’anno. Diminuiscono soprattutto i bilocali (in media 190 euro al mq all’anno, -3,2%) e i trilocali (122 euro al mq all’anno, -2%).

Le compravendite. Se nel 2010 le transazioni sono cresciute del +6,7% a Milano città, quasi 19.000 contro le circa 18.000 dell’anno precedente, nel primo trimestre del 2011 si registra un leggero rallentamento (-0,9%). E si allungano in tempi di contrattazione.

Sono questi alcuni dei dati che emergono dalla 39° edizione della “Rilevazione dei prezzi degli immobili sulla piazza di Milano” sul primo semestre 2011 realizzata dalla Camera di commercio di Milano attraverso l’azienda speciale Borsa Immobiliare, in collaborazione con gli agenti rilevatori di  FIMAA Milano.

I dati dei primi mesi del 2011 fotografano un mercato immobiliare milanese in lieve ripresa, soprattutto nelle zone del centro e in quelle interessate dagli investimenti di sviluppo immobiliare e infrastrutturale, ma con alcuni aspetti contrastanti – ha dichiarato Antonio Pastore, presidente di OSMI Borsa Immobiliare, azienda speciale della Camera di commercio di Milano –. Se crescono zone come quella della moda e ripartono anche aree etniche come via Padova, rallenta l’estrema periferia e le compravendite, nel primo trimestre dell’anno, registrano una leggera flessione. Indice questo di un mercato che sconta ancora le fragilità della crisi finanziaria internazionale e le difficoltà delle famiglie nell’accedere ai mutui per l’acquisto di abitazioni”.

Il mercato della casa milanese presenta ancora forti chiaroscuri, ma il peggio sembra alle spalle, nonostante l’acquisto per investimento non consenta ancora di ottenere rendimenti da locazione crescenti” conferma Lionella Maggi, Presidente di FIMAA Milano. “Si deve però guardare a quello che è successo in termini di rivalutazione dei prezzi delle case dal 2006 ad oggi, per acquistare in tranquillità. Nonostante il periodo di crisi, i nostri dati, infatti, confermano in media, in città, come rivalutazione quinquennale un +10,3% di rivalutazione dei prezzi delle case nuove ed un significativo +7,6% per gli appartamenti vecchi, tipologia che più ha sofferto. Considerata la volatilità evidenziata in questi giorni dai mercati finanziari il mattone si conferma ancora l’investimento più sicuro”.

Voucher per ricerca e innovazione e contributi per processi di brevettazione

E’ stato presentato il bando “Voucher per ricerca e innovazione e contributi per processi di brevettazione” in ambito dell’Accordo di Programma Competitività tra Sistema camerale lombardo e Regione Lombardia, mette a disposizione delle Micro e PMI contributi pari ad 8 milioni di Euro per voucher volti a favorire i processi di innovazione delle Micro e delle Piccole e Medie Imprese lombarde attraverso interventi di sostegno per:

– stimolare l’innovazione tecnologica (intesa nel significato più esteso del termine) di processo e di prodotto, anche attraverso la messa a disposizione di servizi di trasferimento tecnologico,

– accompagnare le imprese alla partecipazione a programmi di ricerca, sviluppo e innovazione europei, promuovendo esperienze di successo attuate in altri paesi dell’UE e favorendo la nascita e la crescita di reti di imprese,

– valorizzare il capitale umano inserendo in azienda ricercatori o figure professionali esperte capaci di guidare l’azienda in percorsi complessi di innovazione,

– sostenere i processi volti all’ottenimento di brevetti/modelli europei/internazionali.

Il bando si aprirà dal 5 luglio e le domande possono essere presentate per via telematica al sito www.bandimpreselombarde.it