Coworking sì, ma che sia eco-fiendly

Non solo coworking, ma condivisione degli spazi con attenzione alla natura.
Ora che il fenomeno del coworking è infatti molto diffuso, si stanno creando spazi che vogliono essere anche sostenibili, e questo sembra che sia un vantaggio non solo per l’ambiente ma anche per chi ci lavora.

Esistono già alcuni esempi pratici di questa teoria, come quello di Lisbona, all’interno del Mercado da Ribeira, dove c’è SecondHome, società inglese che offre uno dei coworking più versi del mondo.
Gli interni sono stati progettati e realizzati da Lucía Cano e Josè Selgas, fondatori dello studio di architettura SelgasCano e ricordano molto una serra. Tra un pc e l’altro, si trova un tavolo sociale lungo 70 metri sopra il quale ci sono circa 1.000 piante, belle sicuramente dal punto di vista estetico ma anche e soprattutto meritevoli di apportare innumerevoli benefici agli occupanti, migliorando la salubrità dell’aria, riducendo i rumori e assicurando un maggior senso benessere.

Anche Londra può vantare spazi di coworking all’avanguardia, con Huckletree, che, oltre a prestare attenzione al risparmio energetico, rende piacevole la permanenza offrendo ai lavoratori ambienti luminosi arredati con piante e mobili realizzati con materiali riciclati.

Negli Stati Uniti, infine, e precisamente a Denver, c’è Green Spaces, costruito con materiali ecosostenibili, e che, tra le altre cose, presta la massima attenzione alla corretta gestione dei rifiuti.
La presenza dei pannelli solari, inoltre, che sono ben 160 posizionati sul tetto della struttura, la rendono energeticamente autosufficiente, e questo è un importante valore aggiunto.

Vera MORETTI

Il Made in Italy conquista Carlo d’Inghilterra

Il Made in Italy ha conquistato Carlo d’Inghilterra, il quale, entusiasta del cibo e della gastronomia tipicamente italiane, ha espresso parole di ammirazione e soddisfazione.

E’ accaduto a Firenze, dove Carlo si trovava in visita insieme alla moglie Camilla ed entrambi hanno avuto la possibilità di assaggiare prodotti tipici del luogo, rimanendone incantati.
Il principe di Galles, in particolare, si trovava al Teatro del Sale, il ristorante-teatro di Fabio Picchi e della moglie, Maria Caffi, dove, durante una visita completa del locale, così particolare ed unico, ha potuto degustare pecorino, latte biologico, ed ammirare le produzioni recuperate di grani antichi.

Ma non è tutto, perché Carlo è stato conquistato dallo slow food, tanto da aver espresso il desiderio di portare a Londra le sue eccellenze, con un riguardo speciale nei confronti delle zone terremotate e delle aziende che vi risiedono.
Da qui, è partita la richiesta di organizzare un evento promozionale diretta a Carlo Petrini, presidente di Slow Food, al fine di dare vita ad una settimana di Made in Italy a Londra, durante la quale si darà, appunto, rilievo ai prodotti e alle imprese alimentari delle zone del centro Italia colpite dal sisma.

L’idea è nata a seguito della visita del principe di Galles ad Amatrice, dove aveva potuto toccare con mano quanto successo lo scorso 24 agosto, ma anche la dignità e la volontà, da parte dei cittadini e delle imprese, di ricostruire tutto e rimanere in piedi, nonostante le avversità.

Vera MORETTI

Londra e Miami: le più desiderate dagli italiani

Si svolgerà lunedì 4 novembre l’evento dal titolo “Come investire all’estero: Londra, Parigi, Miami – Le opportunità nel mercato degli affitti brevi”, organizzato da Halldis (www.it.halldis.com), leader italiano nella gestione di appartamenti per affitti brevi del Gruppo WIndows on Europe, in collaborazione con South Beach Estates e Hera International Real Estate.

Paola Luce, responsabile Sviluppo Estero di Halldis, ha dichiarato a proposito: “La motivazione che ci ha spinto ad organizzare questo evento è molto semplice. Gli studi di mercato degli ultimi anni ci dicono che sono sempre di più gli italiani che investono nel mattone all’estero, ovviamente facendo attenzione a scegliere le mete turistiche più gettonate e i centri economico-finanziari più importanti, in grado di garantire i migliori rendimenti e di mantenere il valore dell’immobile nel tempo. Tendenza che abbiamo avuto modo di riscontrare direttamente tramite la nostra esperienza degli ultimi 7 anni a Parigi, dove l’80% dei 90 appartamenti che gestiamo per gli affitti brevi è di proprietà italiana.
Durante questo evento vorremmo quindi fornire a chiunque stia valutando un investimento immobiliare una visione d’insieme sull’andamento del mercato, gli elementi da considerare nella scelta dell’immobile, le procedure d’acquisto e gli aspetti legali sia a Miami che a Londra, avvalendoci rispettivamente delle testimonianze di Massimo Nicastro per la South Beach Estates e di Federico La Bianca per la Héra International Real Estate
”.

Lo scenario di riferimento è Londra, capace di esercitare un appeal tale sugli italiani da essere diventati i maggiori investitori nel mattone nella città britannica.
A confermarlo c’è anche un articolo del quotidiano inglese The Guardian, che riferisce come, in un periodo di crisi nera, siano stati proprio i più colpiti da essa, ovvero italiani e greci, ad acquistare immobili all’ombra del Big Ben per un valore totale di 400 milioni di sterline, contribuendo all’aumento dei prezzi delle case londinesi del 9.7%.
E proprio in un ulteriore rialzo dei prezzi sperano questi investitori che, in attesa di rivendere o affittare l’immobile, se lo godono recandosi a Londra con regolarità.

E’ il caso delle tante persone che si sono affidate a società di gestione come Halldis, “Perché i proprietari ci scelgono? Soprattutto per il servizio di gestione e di assistenza che gli offriamo. – prosegue Paola Luce – Chi ha investito in un appartamento all’estero ha bisogno di qualcuno in loco di cui fidarsi completamente, che si occupi non solo degli affittuari durante il soggiorno, ma soprattutto che intervenga prontamente per qualsiasi necessità legata all’appartamento, che sia una tubazione rotta o anche semplicemente una lampadina da cambiare.
Senza contare che molti dei nostri proprietari di Parigi utilizzano personalmente l’appartamento, in genere per un paio di settimane all’anno, e apprezzano enormemente il fatto di trovare la casa pulita e in ordine quando arrivano. Per il proprietario significa avere un maggiordomo che si prende cura del suo appartamento 24 ore su 24, e in più lo mette in condizioni di produrre reddito
”.

Molto conveniente, ovviamente per chi può permetterselo, si sta rivelando la città di Miami, dove l’acquisto di un immobile è reso più snello grazie a procedure amministrative, burocratiche e legali semplici e velocissime, al contrario di quanto avviene in Italia. E a questi vantaggi, di per sé notevoli, si aggiunge anche un cambio interessante e la bassa pressione fiscale.

Di tutto ciò, dunque, si parlerà all’appuntamento di lunedì prossimo, presso Blend Tower in piazza 4 Novembre a Milano.

Vera MORETTI

Lavazza sotto rete

Lunedì 24 giugno è partito il torneo di Wimbledon, ovvero il torneo tennistico su prato più prestigioso al mondo, nonché uno dei quattro del Grande Slam.
Sull’erba di Londra si scontreranno i più importanti tennisti del ranking mondiale, fino al 7 luglio, giorno della finale maschile.

In attesa di sapere chi, quest’anno, si aggiudicherà il trofeo, c’è chi sta già festeggiando.
Si tratta di Lavazza, che è riuscita a mettere a segno un colpo importante.
Il marchio di Torino, infatti, è il caffè ufficiale della manifestazione. Nonostante la tradizione vuole che alle cinque in punto, in terra d’Albione, si sorseggi te gustando pasticcini, questa partnership con uno dei brand Made in Italy per eccellenza dura ormai da tre anni.

Aspettando disposti in interminabili code per aggiudicarsi gli ultimi biglietti disponibili, dunque, si potrà ingannare l’attesa bevendo un espresso, o il nuovo Cappuccino Special 2013, che verranno offerti anche nel backstage agli sportivi, tra un match e l’altro.

Lavazza ha fatto le cose in grande per accontentare tutti: 60 punti di servizio, più di 200 macchine installate e oltre 600 baristi formati direttamente dai Training Center Lavazza di Torino e Londra, insieme per realizzare a Wimbledon il più grande bar diffuso al mondo.

Se i pronostici hanno ragione, saranno serviti più di 1 milione di caffè ai 600mila presenti, tra spettatori, atleti, addetti ai lavori e stampa internazionale.

Vera MORETTI

Le scarpe italiane sono un affare estero

Le calzature italiane sono sempre più apprezzate all’estero tanto che, dopo essere state prodotte entro i confini nazionali, e precisamente nelle Marche, in Romagna e in Veneto, vengono spedite direttamente all’estero.

I mercati più attivi sono quelli di Russia, Giappone e Corea, paesi che, proprio per la frequenza di scambi ed esportazioni, stanno diventando molto vicini.
L’export verso i Paesi dell’est sta dando linfa ad un mercato che, considerando le vendite interne, sarebbe altrimenti stagnante e per nulla competitivo.

A testimoniare questo trend c’è Baldinini, società specializzata nella produzione di calzature esclusive che si collocano nella fascia altissima di mercato.
Da piccola bottega artigiana fondata nel 1910 a San Mauro Pascoli, è diventata oggi un’azienda che dà lavoro a più di 450 dipendenti e che ha realizzato, nel 2012, un fatturato di 115 milioni di euro, in aumento del 15% rispetto all’anno precedente.
Obiettivo prossimo è non solo confermare il più che soddisfacente risultato ottenuto, ma arrivare, nel giro di pochi anni, a raggiungere 250 milioni di euro.

Gimmi Baldinini, presidente della società, ha spiegato il successo del marchio indicando come formula vincente quella del monobrand, ma anche l’aver intrecciato rapporti di mercato con la Russia, appunto, che da sola contribuisce attualmente per il 70% del giro d’affari totale,e dove l’impresa conta una sessantina di negozi monomarca non solo a Mosca e San Pietroburgo, ma anche nelle regioni più lontane, come Ekaterinburg, Novosibirsk, Tiumen e Krasnodar sempre più sensibili alla moda italiana.

Il Medioriente incalza, con Dubai in prima linea, grazie anche ai quattro store appena aperti, ma tra le nuove mete internazionali c’è anche Cipro, influente approdo turistico.
Accanto alle new entry, ci sono anche le conferme di New York, Londra, Lugano e Montecarlo.

Solo il Belpaese sembra remare contro gli eccellenti risultati ottenuti dalla maison, come il numero uno di Baldinini conferma: “Tutta la nostra produzione è in Italia, anche se non c’è niente che ci stimoli a restare, ma spostare un’azienda all’estero è complesso”.

Non così attaccato alla definizione di Made in Italy è Silvano Lattanzi fondatore e presidente della società Zintala, nata nel 1971 a Fermo, che produce scarpe extralusso in pelle da uomo e da donna fatte a mano: “Il concetto del made in italy è insignificante, è il brand aziendale che tira le vendite. Il mercato interno non esiste; i paesi ai quali ci rivolgiamo sono gli Stati Uniti con New York, la Russia con Mosca, la Cina, il Giappone, la Corea. Da 42 anni abbiamo scelto di puntare tutto sulla qualità artigianale e sartoriale di altissimo livello. Le nostre scarpe sono in grado di accompagnare il cliente per 20 anni e questi paesi sono amanti del bello”.

Ha base a Montebelluna, invece, la calzatura sportiva di Stonefly, che deve buona parte del suo successo al Blusoft, un esclusivo sistema brevettato che consiste in una goccia di gel posta nella suola che permette di camminare con leggerezza e senza fatica.

L’azienda veneta conta oggi 110 dipendenti e vanta, nel 2012, un fatturato di 90 milioni di euro.
Adriano Sartor, AD di Stonefly, spiega così le strategie del brand: “C’è una velocità differenziata a seconda dei mercati in cui si va a operare. Il mercato domestico è in ulteriore contrazione e ci stiamo orientando verso l’Estremo Oriente, in Paesi come Giappone, Corea, Cina, dove stiamo investendo parecchio, sia in termini di collezioni che di risorse. La difficoltà è capire come funzionano questi mercati. Stiamo investendo con uffici nostri dedicati in loco per questo; si tratta però di fare un passo alla volta”.

Vera MORETTI

Proclamati i vincitori di UK-Italy Springboard 2012

La finale della terza edizione di Uk-Italy-Springboard si è ormai conclusa e, finalmente, ci sono i nomi dei quattro vincitori.

La sfida rivolta alle startup italiane che puntano su innovazione e internazionalizzazione, organizzata dal Consolato Generale Britannico, UK Trade & Investment (UKTI) e Intesa Sanpaolo, ha visto, nella fase finale, dieci realtà provenienti da ogni parte d’Italia presentare i propri progetti, finché la giuria ha espresso il suo verdetto.

Ad aggiudicarsi il primo premio è stata MRS, impresa pugliese che si occupa di progettazione di sistemi meccanici per il recupero di materiali metallici, mentre seconda è arrivata Captiks, realtà romana attiva invece nella medicina riabilitativa.
Entrambe saranno ospitate, per un periodo rispettivamente di sei e un mese, presso uno degli incubatori di SETSquared Partnership nel Regno Unito, con accesso a servizi di mentoring e potranno usufruire di due sessioni di training con lo studio legale Gregory Rowcliffe Milners Solicitors di Londra.

Il terzo premio in palio, ovvero tre mesi di mentoring offerti da Rockstar Mentoring Group presieduta da Oliver Rothschild, è stato vinto da Liquidweb, startup toscana che opera nell’ambito dell’ingegneria informatica, mentre il premio speciale Tech City è andato a Vivocha, società cagliaritana che offre una piattaforma di online customer interactions totalmente cloud-based.
Il premio consiste in una settimana da trascorrere presso The Brew, il co-working space situato nel cosiddetto “silicon roundabout”, un’area a est di Londra conosciuta per l’alta concentrazione di aziende digitali e per la sua comunità di web startup e investitori.

Vera MORETTI

Intesa Sanpaolo e UKTI offrono un’occasione alle startup

Appuntamento il 20 novembre a Milano, nella sede di Intesa Sanpaolo di piazza Belgioioso, per la terza edizione di UK-Italy Springboard, una vera e propria sfida rivolta alle startup italiane che desiderano avviare un’impresa a livello internazionale.

L’iniziativa è stata ideata dal Consolato Generale Britannico e UK Trade & Investment (UKTI) e quest’anno è stata organizzata in collaborazione con Intesa Sanpaolo.

Ma, se la data fissata è quella del 20 novembre, in realtà il progetto è cominciato a settembre, con un Investor Readiness Training, organizzato a Milano e Napoli, per preparare le startup a presentarsi a potenziali investitori internazionali.
In quell’occasione sono stati selezionati i dieci finalisti che avranno quindi l’opportunità di presentare i loro progetti ad una giuria italo-britannica composta da imprenditori ed investitori, esperti di innovazione e finanza, che sceglieranno i quattro vincitori.

I primi due classificati saranno ospitati presso uno degli incubatori di SETSquared Partnership nel Regno Unito rispettivamente per sei e un mese. Durante questo periodo di tempo, i fortunati prescelti avranno accesso a servizi di mentoring, network dedicati e due sessioni di training con lo studio legale Gregory Rowcliffe Milners Solicitors di Londra.

Per il terzo classificato, invece, sono previsti tre mesi di mentoring offerti da Rockstar Mentoring Group, organizzazione numero uno del mentoring in UK, fondata da Jonathan Pfahl, ex-Goldman Sachs Wealth Manager e presieduta da Oliver Rothschild.

Una novità di questa terza edizione è il premio speciale Tech City dedicato alle startup digitali, che prevede una settimana di soggiorno e servizi di mentoring presso The Brew, il co-working space situato nel “silicon roundabout”, un’area a est di Londra conosciuta per l’alta concentrazione di aziende digitali e la comunità di web startup e investitori.

L’evento sarà inaugurato dall’intervento di Jon Harding, nuovo Chief Operating Officer di UK Trade & Investment, che rivolgerà ai partecipanti un discorso di benvenuto, seguito poi da Davide Turco, Responsabile di Atlante Ventures del Gruppo Intesa Sanpaolo.

Nel pomeriggio la giuria si riunirà per decretare i vincitori, i cui nomi saranno annunciati il giorno stesso e pubblicati in un successivo comunicato stampa.

Vera MORETTI

Nuovi domini primari: un bene o un male?

di Vera MORETTI

Da giovedì l’Icann, l’organismo internazionale che vigila sull’organizzazione del Web, ha dato il via alle proposte, da parte di imprese o privati, di registrare nuovi domini primari da affiancare ai tradizionali .com e .info.

Il costo, 145 mila euro, non ha scoraggiato, tanto che sono molte le aziende che si sono fatte avanti. Tra i richiedenti, anche la città di Londra, che potrebbe decidere di registrare il dominio .london per i siti che riguardano il turismo.

Perché questa “liberalizzazione”? Semplicemente, hanno affermato i portavoce di Icann, per promuovere l’innovazione negli indirizzi dei siti web e per aprire i domini anche a caratteri di alfabeti diversi da quello latino. A questo proposito, l‘organismo ha spiegato: “Gli utilizzatori cinesi di internet sono ormai la maggioranza, è assurdo che non ci siano domini con i caratteri che conoscono meglio“.

Le polemiche non mancano, comunque, soprattutto per il rischio che qualcuno registri e utilizzi in maniera impropria i domini e, per evitarlo, il mese scorso 26 istituzioni mondiali, tra cui l’Onu e il Fondo Monetario Internazionale, hanno inviato una lettera all’Icann per chiedere che non venga resa possibile la registrazione di domini .un o .imf da parte di persone non affiliate alle organizzazioni.

Anche la Federal Trade Commission americana, si è mostrata contraria a questa procedura, preoccupata che qualcuno possa registrare domini simili a quelli di siti già esistenti, ad esempio Amazon.comm, e usarli per truffare gli internauti.

Secondo l’Icann, pero’, il prezzo elevato della registrazione e i controlli che seguiranno le richieste dovrebbero far desistere i malintenzionati e ha promesso di valutare con molta attenzione le richieste che riceverà.