Il made in Italy conquista la Malesia

 

Le geniali creazioni dei maggiori stilisti e designer italiani – da Valentino a Re Giorgio Armani, da Gucci a Krizia, passando inevitabilmente per Dolce & Gabbana e Fendi, ma anche per Salvatore Ferragamo e Gianfranco Ferrè che in Asia fatturano gran parte dei propri ricavi – saranno i grandi protagonisti della mostra «60 anni di Made in Italy-Protagonisti dello stile italiano» che è sbarcata lunedì al Mall Pavillon Kl di Kuala Lumpur in Malesia.

Dopo Roma, Città del Messico e Washington, la mostra, in programma dal lunedì fino al 14 settembre, è sostenuta da  StilePromoItalia ed è l’evento vedetta del Festival Italiano in Malesia promosso dall’Ice in collaborazione con l’ambasciata Italiana e avrà come madrina Anna Fendi, figlia dei fondatori della celebre maison.

A inaugurarla, l’ambasciatore italiano Mario Sammartino, il direttore dell’ICE di Kuala Lumpur, Andrea Ambra, le due curatrici della manifestazione, Fiorella Galgano ed Alessia Tota. Tra gli ospiti d’onore la couturier Raffaella Curiel.

JM

Harrods celebra il made in Italy

Polpa di pomodoro fresco, mozzarella e semi di basilico; tuorlo d’uovo marinato; risotto al pomodoro verde, pinoli tostati; filetto di vitello gratinato ai capperi e liquirizia, cipolla rossa di Tropea e sedano verde; dessert al cioccolato bruciato e prezzemolo. Questo il menu che Carlo Cracco proporrà ai clienti di Harrods per la rassegna Stelle di Stelle, che, da settembre e per cinque mesi, prevederà l’alternarsi dei migliori chef italiani alla guida dei numerosi ristoranti del celeberrimo grande magazzino del lusso di Londra.

“Abbiamo da tempo creato un proficuo rapporto di collaborazione con Identità Golose, la cui ‘missione’ è da sempre promuovere il meglio della cucina italiana nel mondo, dando forma quest’anno a un’iniziativa che riteniamo interessante per valorizzare la cucina made in Italy nella sua forma più attuale, al di là dei consueti stereotipi – spiega Bruce Langlands, responsabile dei ristoranti e del reparto food di Harrods –. Agli chef e ai ristoranti offriamo un grande palcoscenico per presentare la loro creatività, a un nuovo mercato, in una vera istituzione rappresentata da Harrods. Stelle di Stelle è la prima iniziativa con queste caratteristiche e questa durata. Abbiamo deciso di scommettere sul gusto e sulla cucina italiana di qualità perché siamo convinti che in questo momento sia una scelta di attualità che premia il gusto italiano, apprezzato in un luogo di passaggio e consumo internazionale come Harrods”.

Dopo Cracco ad ottobre saranno a Londra i fratelli Enrico e Roberto Cerea patron del ristorante Da Vittorio a Brusaporto (Bergamo), tre stelle Michelin. A novembre sarà la volta di Gennaro Esposito del ristorante La Torre del Saracino, Vico Equense, (Napoli), due stelle Michelin. A dicembre è atteso Italo Bassi, chef della storica Enoteca Pinchiorri di Giorgio Pinchiorri e Annie Féolde, tre stelle Michelin, a Firenze. A chiudere l’iniziativa, a gennaio, sarà Enrico Crippa, chef del ristorante Piazza Duomo di Alba.

JM

Nella ristorazione il Made in Italy è senza rivali

Il gusto italiano a tavola, si sa, è uno dei punti di forza del made in Italy. Negli ultimi mesi sono sempre di più le attività imprenditoriali aperte all’estero dai nostri connazionali in questo settore: dai ristoranti ai wine bar, dalle formaggerie alle salumerie.  A novembre Barilla aprirà a New York, nell’inconfondibile location di Madison avenue, il primo ristorante Academia; Rosi ha avviato la seconda salumeria a Manhattan, sempre nella Grande Mela; Vladimir Dukcevich (titolare del prosciutto San Daniele King’s) ha tagliato il nastro alla prima osteria a New York e insieme alla famiglia Zonin ha inaugurato il secondo ristorante-wine bar a Tokio; il celeberrimo Giovanni Rana ha alzato la saracinesca a New York al Chelsea market (140 coperti, laboratorio e Take away) e l’offensiva di Eataly è al rush finale per i negozi di Detroit, Istanbul e Dubai.

L’industria alimentare italiana quest’anno dovrebbe fatturare, secondo Federalimentare, 133 miliardi di euro, con una crescita del 2,3%. Numeri impressionanti, in controtendenza rispetto alla crisi economica attuale, che certificano sempre più il valore inestimabile del brand Italia.

Italian Style: una filiera lunga una vita

 

Moda, oreficeria e nautica. Si potrebbe riassumere in queste tre parole il segreto del successo del made in Italy all’estero. In aria di crisi, il comparto oro si conferma un mercato rifugio che acquista il suo valore nel tempo, mentre il settore tessile continua a tirare le file dell’industria più importante in Italia, quella della moda.

Condividendo la necessità distretti e industrie di filiera diventino parte integrante di un’unica strategia Unioncamere e Federazione dei distretti hanno siglato un accordo affinchè  il sistema camerale e quello dei distretti sperimentino forme di collaborazione sempre più incisive per l’industria di filiera italiana.

Il patto è stato sottoscritto dal presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, e dal presidente della Federazione dei distretti, Valter Taranzano. Con l’apertura dei distretti a nuove logiche di filiera – ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – il sistema camerale ha deciso, lo scorso anno, di adeguare le proprie strutture dando origine a Unionfiliere, nata dalla fusione di Assicor e Itf, strutture specializzate l’una nella valorizzazione dell’oreficeria, l’altra in quella del sistema moda. Unionfiliere  ha nel nome i suoi obiettivi: unire per qualificare, valorizzare, promuovere le filiere che hanno reso famoso il made in Italy nel mondo”.

E a proposito del progetto di fusione, Dardanello aggiunge: “il nostro obiettivo è quello di creare un luogo privilegiato per lo sviluppo di iniziative finalizzate a favorire la competitività delle filiere e dei distretti, attraverso un confronto costante tra sistema camerale e sistema associativo. Una della strategia ‘uno per tutti e tutti per uno’ sotto il cappello di Unioncamere”.

Una mossa strategica e molto promettente se si conta che i tre settori (orafo, nautico e tessile) sono equiparabili per fatturato al complesso delle imprese del Piemonte (Fiat inclusa) o di sette regioni a minor densità industriale messe insieme (Abruzzo, Sardegna, Umbria, Calabria, Basilicata, Molise e Valle D’Aosta). Un po’ di numeri: la moda, l’oreficeria e la nautica che, nel loro complesso, vedono impegnate 341mila imprese (il 5,4% del totale nazionale), l’8,2% degli addetti che operano al di fuori dell’agricoltura (per complessive 1.421.644 persone), e registrano un fatturato che sfiora i 200 miliardi di euro.

Il percorso di fusione tra Unioncamere e Federazione dei distretti la creazione di nuove filiere come quella del legno-arredo e della automazione-meccanica, individuando le Camere di commercio sede di distretti e favorendo la loro adesione a Unionfiliere. Alla fine del periodo di transizione, la cui durata non potrà essere superiore a 2 anni, la Federazione Distretti sarà sciolta a favore del marchio unico Unionfiliere.

La decisione di offrire maggior supporto alle filiere dell’industria simbolo della produzione made in Italy, è stata supportata anche da uno studio, realizzato dall‘Istituto Tagliacarne, che definisce i contorni economici delle tre filiere:  non soltanto produzione e trasformazione del prodotto di base,ma anche imprese che offrono beni e servizi intermedi alle attività produttive principali, e che rappresentano l’11,6% del totale occupazionale.

L’analisi si sofferma poi sull’indagine approfondita dei distretti della moda e della nautica, dove l’articolazione della filiera va ben oltre la realizzazione del singolo prodotto, ma coinvolge attività collegate alle imprese della meccanica (distretto tessile di Prato, dove le imprese operano in tutti i passaggi della lavorazione, dalla filatura al confezionamento dei capi), o estenda la sua articolazione ai servizi collegati (distretto nautico di Genova, che include sia cantieri navali veri e propri, che servizi per il trasporto marittimo di persone e merci).

Ma la crisi quanto ha influito sui singoli comparti dell’industria di filiera del made in Italy?

La filiera tessile, abbigliamento e calzature, con un fatturato stimato di 171 miliardi di euro, ha indubbiamente ricevuto un duro colpo dalla crisi degli ultimi anni. Le sue 303.788 imprese impegnate nelle attività principali (calate dello 0,6% tra dicembre 2010 e giugno 2012), hanno registrato forti riduzioni della produzione (-16,2% ), del fatturato (-4,5%), e dell’occupazione alle dipendenze (-16,4%).

La filiera orafa vanta un fatturato superiore ai 15miliardi di euro. Le province in cui la filiera riveste un ruolo di rilievo in termini di incidenza di addetti sul totale sono Arezzo (8,1%; Italia 0,5%), Alessandria (4,9%), Vicenza (2%), Caserta (0,8%) e Firenze (0,8%).

La filiera navale conta invece 133.409 addetti, di cui 92.300 nelle attività principali e 41.100 nelle attività che producono beni e servizi indiretti. Il fatturato realizzato nel 2010 per le sole attività principali è stimato in 11,5 miliardi di euro.

Alessia CASIRAGHI