Aumento delle vendite e nuove assunzioni per Ferrari

Alla faccia della crisi, che ha pesantemente colpito il mercato automobilistico, le auto di lusso continuano a piacere, soprattutto se Made in Italy.
Esempio lampante di ciò è l’incremento delle vendite delle vetture Ferrari di 4 punti percentuali nei primi quattro mesi del 2013, pari a 1.800 automobili.

L’azienda di Maranello gode di ottima salute, dunque, tanto da prevedere l’assunzione di altri 250 lavoratori, 100 dei quali già collaboratori interni.
Luca Cordero di Montezemolo ha dichiarato, a proposito: “Avremo un incremento del 20% nell’area dei nostri occupati. Investiremo 100 milioni di euro in ulteriori miglioramenti degli stabilimenti e delle aree di lavoro“.

Tra i progetti del futuro più prossimo c’è una collaborazione stretta con Maserati per quanto riguarda le quattro porte, ma anche un rinnovato connubio con Alfa Romeo, non ancora definito del tutto.
Oltre alla conferma del legame con Pininfarina, il progetto che più sta a cuore a Montezemolo è di creare un centro design interno a Ferrari, per dare vita ad altre vetture come laFerrari, ideata e realizzata completamente a Maranello.

Nonostante i numeri tutti in positivo, però, la casa del Cavallino Rampante calerà la produzione, che scenderà a meno di 7.000 auto annue.
Montezemolo ha spiegato questa decisione: “Vogliamo essere un’azienda che può dimostrare che, producendo e vendendo meno, é in grado di portare anche utili maggiori. La nostra esclusività è fondamentale per il nostro valore sul mercato. Chi compra una Ferrari compra un sogno e deve avere la certezza, anche con i fatti, di esaudire un sogno di esclusività“.

Vera MORETTI

E’ Ferrari il marchio più potente al mondo

Il brand per eccellenza di fama mondiale? Non è Google, né Coca-Cola, ma Ferrari, un marchio tutto italiano simbolo di lusso, design e potenza, qualità che la Casa di Maranello riesce da sempre a condensare nelle sue autovetture.

A decretare che è proprio quello del Cavallino Rampante il marchio più potente al mondo è stata Brand Finance, azienda leader nella valutazione dei marchi, che ha stilato la classifica annuale dei brand più potenti.
Dietro Ferrari, nella lista dei 500 marchi più famosi al mondo, ci sono i colossi Google, Coca-Cola ed Hermes.

Il risultato è di quelli insperati e prestigiosi, soprattutto se si considera che nella classifica dei marchi con più valore in assoluto Ferrari è al 324° posto ed è molto distante da Apple, il brand più “ricco” in assoluto con un valore di 87,3 miliardi di dollari, contro i 3,64 mld del Cavallino Rampante

Che cosa, dunque, ha fatto balzare il Gruppo modenese in cima alla classifica dei marchi più potenti?
Brand Finance, nella sua analisi, ha tenuto conto di una serie di fattori, come il margine netto, il ricavo medio per cliente, la spesa in marketing e pubblicità ma anche la simpatia e la fedeltà al marchio.
E secondo questi valori, Ferrari si è mostrata imbattibile, ancora di più di tante multinazionali internazionali.

Stephen Bayley, critico d’arte di fama mondiale, dimostra di essere d’accordo con questa classifica: “Penso spesso che il genio italiano per il car design si trovi soprattutto nel linguaggio del loro saper fare. Il loro è un vocabolario fatto di parole che sulle caratteristiche di una vettura e altri dettagli semplicemente non esistono in inglese. Se si dispone di una parola per designarlo è una sola: la bellezza“.

La notizia ha fatto piacere anche a Luca Cordero di Montezemolo, presidente del gruppo: “È sempre un piacere essere in vetta a una classifica e lo è ancora di più quando la concorrenza è rappresentata dalle aziende più note al mondo, a testimonianza che l’Italia, anche in un momento economico così difficile, è in grado di presentare realtà d’eccellenza“.

Vera MORETTI

L’unione che fa la forza di piccole grandi imprese

Siamo all’inizio degli anni ’50, all’indomani degli stravolgimenti causati dalla Seconda Guerra Mondiale. In un’area compresa fra le province di Modena e Reggio Emilia sono circa una decina le imprese artigianali impegnate nella produzione di ceramica per pavimenti e rivestimenti: in soli 10 anni il numero di aziende cresce a ritmo esponenziale grazie alla domanda crescente di beni per l’edilizia, alla disponibilità di materie prime – le colline brulle di argilla rossa – ma soprattutto all’intraprendenza e alla volontà di giovani donne e uomini.

Alla fine degli anni’60 quello che oggi viene definito il Distretto Ceramico di Sassuolo conta oltre 200 imprese, destinate a far conoscere le loro ceramiche simbolo del made in Italy nei 4 Continenti.

Quest’oggi la striscia di terra compresa fra i Comuni di Formigine, Fiorano, Maranello, Prignano e Sassuolo si è trovata di fronte ad una nuova inaspettata e violenta sfida da affrontare: la ricostruzione dopo il sisma che l’ha colpita lo scorso maggio. Ma è dalla volontà del piccolo che si ricomincia, e da quell’unione che insieme fa la forza.

Leggi l’intervista a Luca Caselli, Sindaco di Sassuolo e Primo Presidente dell’Unione dei Comuni del Distretto ceramico

Distretto di Sassuolo, il cuore della ceramica

Eravamo quattro amici al bar, che volevano cambiare il mondo, cantava Gino Paoli. Ed è proprio dall’intraprendenza e dalla voglia di fare della gente comune che sono nate alcune delle realtà industriali più importanti del nostro Paese: il distretto della ceramica di Sassuolo, situato nella fascia pedemontana tra le province di Modena e Reggio Emilia, è senza dubbio un esempio di “quell’imprenditorialità tipicamente italiana che nasce dalla gente comune”.

In un fazzoletto di terra compreso fra Sassuolo, Fiorano, Maranello e Formigine c’è la più alta concentrazione di industrie ceramiche al mondo: un esempio virtuoso di eccellenza del made in Italy che ha consegnato all’Italia il titolo di leader nella produzione di ceramica per pavimenti e rivestimenti nel mondo.

Infoiva ha intervistato Luca Caselli, Sindaco del Comune di Sassuolo e Primo Presidente dell’Unione dei Comuni del Distretto ceramico.

Il distretto ceramico di Sassuolo rappresenta un caso emblematico di industria di filiera in Italia. Qual è il suo segreto? Quale il suo valore aggiunto?
Senza dubbio le persone. Negli anni ’50 Sassuolo era definita zona agricola depressa. L’intraprendenza, la genialità, l’inventiva delle persone hanno trasformato colline “brulle”, perché cariche di argilla rossa, nella capitale mondiale della produzione ceramica.

Il vostro distretto vanta anche attività legate a design e decorazione della ceramica. Come convivono e si relazionano l’anima più produttivo-meccanica e quella creativa?
L’una è complementare all’altra, la prima non esisterebbe, non in maniera tanto importante, senza la seconda; e viceversa. L’estro creativo applicato alla piastrella è frutto di quel miracolo economico e sociale chiamato “Distretto Ceramico”: un gruppo di amici che si sono sempre spartiti i compiti e scambiate le informazioni. Sassuolo è conosciuta nel mondo come sinonimo di produttività e professionalità: le nostre piastrelle sono sicuramente le più resistenti, qui è nato il gres porcellanato, qui sono nate le lastre sottili applicabili anche ma non solo alla pavimentazione e al rivestimento: oggi con le piastrelle puoi ricoprire gallerie, creare edifici autosufficienti da un punto di vista energetico. Abbiamo al piastrella che respira, quella che si pulisce da sola, quella che accumula energia, quella che aiuta i non vendenti nell’aggirarsi per casa o in strada. Ma le nostre piastrelle sono anche, e soprattutto, le più belle: quel made in Italy applicato alla ceramica che tutto il mondo ci invidia e che è disposto a pagare un po’ di più per averlo, passa anche e soprattutto dall’estro creativo e grafico di veri e propri artisti della serigrafia.

Il comparto ceramica è un valore commerciale per l’economia del nostro Paese, soprattutto grazie al settore dell’export, che nei primi 6 mesi del 2012 si è attestato a quasi 1 miliardo e 900 milioni. Quanto conta per voi il mercato dell’export?
L’export, oggi, è ciò che permette alle nostre aziende di essere ancora tali e non semplici capannoni dismessi. Anche questo, vede, è figlio di una genialità e di una lungimiranza tipicamente sassolese. A metà degli anni ’90 i principali competitors delle nostre aziende erano gli spagnoli che approfittavano di finanziamenti a fondo perduto provenienti dall’Unione Europea per costruire palazzi su palazzi, porti, infrastrutture, intere città. A Valencia, ogni anno, si tiene Cevisama: c’è stato un periodo in cui visitando quella città, per la fiera, una volta all’anno ti trovavi, ogni volta, in una città nuova: cambiavano addirittura i punti di riferimento. Sorgevano palazzi, strade, ponti, nuovi quartieri. La Spagna ha puntato, quindi, esclusivamente sul mercato interno ed oggi fatica più che mai. A Sassuolo, invece, ci fu l’intuito di guardare oltre l’orto di casa, puntando a nuovi mercati, cambiando da pasta rossa a pasta bianca, piastrelle dorate per la Russia, simili a lastre di marmo per gli Stati Uniti. Se non è lungimiranza questa…

Quali sono i maggiori Paesi dove esportate le vostre produzioni? Come sono cambiati con l’avvento della crisi?
I mercati principali per l’export restano quello russo e quello statunitense, anche se stanno prendendo sempre più piede realtà nuove, che fino a qualche decennio gli insegnanti di geografia addirittura tralasciavano di raccontare ai propri studenti. Paesi come gli Emirati Arabi, paesi opulenti ed in grado di apprezzare la qualità a discapito del prezzo.

Perchè la ceramica italiana è così amata e apprezzata all’estero?
Perché è senza dubbio la migliore. La più resistente, adatta ad ogni ambiente, sia residenziale che commerciale, la più versatile e al tempo stesso la più bella. L’Italia, la sua storia, la sua arte e la sua cultura sono apprezzate in tutto il Mondo: la ceramiche ha fatto proprio questo background mettendolo sulle pareti e sotto i piedi di tutti. Mi ripeto: il gres porcellanato, la vera grande rivoluzione degli anni ’80 che ha sostituito mono e bicottura, è nata a Sassuolo. Le lastre sottili da tre millimetri sono nate qui: non è un caso ed è apprezzato in tutto il mondo.

Il successo del Salone Cersaie conferma che l’industria della ceramica in Italia non teme la crisi. Il vostro distretto conferma questa proiezione?
Credo di poter affermare, senza tema di smentita, che il distretto ceramico sassolese sia stato per anni, e resti tutt’ora, uno straordinario esempio di quell’imprenditorialità tipicamente italiana che nasce dalla gente comune. Non è un caso che alcune delle aziende ceramiche più prestigiose siano nate in bar, con quattro amici che preferivano parlare di futuro anziché giocare a briscola. Il fatto che, nel periodo del cosiddetto boom economico, la gente “comune” abbia potuto realizzare il proprio sogno inventandosi un’azienda che produceva frutti e posti di lavoro, ha fatto sì che nel nostro distretto sia sempre regnata una sorta di “pace sociale” invidiata da più parti in Italia. Il patrimonio economico delle nostre aziende, negli anni, è sempre cresciuto di pari passo con il tenore di vita della cosiddetta “classe operaia”. Purtroppo, però, questa crisi mondiale ha cambiato le carte in tavola: il mercato italiano è fermo, la burocrazia ed i costi energetici, oltre che di trasporto e materie prime che ancora oggi fanno parte del nostro sistema Paese rendono la concorrenza internazionale sempre più dura per le nostre aziende che, d’altro canto, hanno dovuto sempre più puntare a mercati stranieri, spesso cosiddetti “emergenti” per mantenere inalterati produzione e fatturato a discapito di un mercato interno deficitario. Questo ha fatto sì che la crisi, dal punto di vista sociale, forse per la prima volta nella storia del nostro distretto, non sia andata di pari passo con la crisi economica. Cersaie ha confermato l’alto valore, il ruolo leader nel mondo delle nostre aziende ceramiche, che oggi, però, sono sempre più internazionali e sempre meno locali: tutto un mondo chiamato “indotto”, che nei decenni passati è fiorito assieme alle ziende ceramiche, è in forte difficoltà e con esso tantissimi posti di lavoro e tantissime famiglie.

Un’industria che non si arrende. Il sisma dello scorso maggio ha colpito profondamente le aziende del distretto. Come hanno reagito nell’immediato le aziende del distretto? Come si ricomincia?
Come sempre è stato. Il sisma dello scorso maggio ha dato ancora una volta prova, se mai ce ne fosse stato bisogno, di che pasta è fatta l’Emilia. Le aziende sono ripartite immediatamente, tristi, danneggiate, ma con la stessa intraprendenza che le ha sempre contraddistinte e con la consapevolezza che non si poteva perdere tempo per salvaguardare la posizione di mercato ed i posti di lavoro. Conosco realtà ceramiche, molto importanti e conosciute, che la mattina del 29 maggio si sono trovate con le linee produttive fuori asse, i forni spenti, le mura dei capannoni crepate. Nessuno lo ha mai saputo, la notizia non è nemmeno uscita: immediatamente ci si è rimboccati le maniche ed in venti giorni la produzione è ripartita.

Nei giorni scorsi, i principali quotidiani nazionali hanno riportato la notizia di una mancata erogazione dei fondi raccolti dopo il sisma e destinati a ridare ossigeno alla zona. Avete riscontrato ritardi negli aiuti? Quali le maggiori difficoltà che avete incontrato?
Sinceramente ci ho sempre sperato poco: anche all’Aquila era successo qualcosa di simile. Credo che, come me, ci abbiano sempre creduto poco anche quelle persone che dal terremoto hanno perso tutto.  Con la nostra Amministrazione abbiamo preferito un’altra strada: agli sms abbiamo sostituito gli abbracci, ai 2 euro le cucine da campo, le casse con generi alimentari, i Tir carichi di beni di prima necessità o giocattoli per bambini.
C’è stata una grande attenzione mediatica sul sisma dell’Area nord della Provincia di Modena, temo, però, che a questa non sia seguita quell’attenzione da parte di chi avevano il potere di sburocratizzare, snellire le procedure, aiutare concretamente chi aveva solamente bisogno di non vedersi mettere il bastone tra le ruote dallo Stato. Al resto hanno sempre dimostrato di riuscire a far fronti da soli. La nostra scelta, quella di puntate su aiuti semplici e concreti anziché su grandi ma fumose promesse , è stata apprezzata: tanto dalle persone che hanno ricevuto gli aiuti quanto dagli altri. Abbiamo ricevuto interi Tir carichi di ogni genere e Sassuolo è divenuto in breve, con il lavoro di centinaia di giovani volontari che invece di uscire ed andare a divertirsi passavano giornate, serate e la notte a smistare pacchi e svuotare tir o bauli di auto, un vero e proprio centro di smistamento.

Alessia CASIRAGHI

Operai Fiat: 50 mln di euro da Ferrari, nuove assunzioni ed un contratto nazionale…

 

Premi fino a 5.000 euro all’anno con un ulteriore aumento del 5 per cento per i metalmeccanici meno assenteisti; franchigie per 8 giorni di assenza concesse senza decurtazioni; assistenza sanitaria estesa anche ai figli dei dipendenti con finanziamenti agevolati per la casa; proiezioni gratuite di film, campi estivi, libri scolastici per i figli… sarà una piccola Pleasantville dell’automotive italiana la nuova linea politica intrapresa, per ora almeno sulla carta, da Ferrari Fiat. 

La casa di Maranello ha deciso di siglare un nuovo contratto integrativo con il Lingotto ed ha stabilito un investimento di 50 milioni di euro che fino al 2014 lo vedrà attivo nel gruppo Fiat Auto nella realizzazione di un’eccezionale linea produttiva di motori di alta gamma.

Secondo quanto trapelato da rumors e voci di corridoio, la casa di Maranello proporrà a Fiat questa cifra per produrre nuovi propulsori da installare sotto il cofano delle vetture di maggiori dimensioni e di fascia più alta dei listini di Maserati (Quattroporte, Maserati di segmento E Premium, Maserati GranTurismo, Maserati GranCabrio), della futura ammiraglia Lancia, del primo SUV Maserati e di Alfa Romeo.

Ma non è tutto. La Rossa imposterà una linea di produzione ad hoc destinata ad un propulsore V6 bi-turbo benzina capace di erogare circa 450 cavalli insieme ad un nuovo V8 benzina aspirato che andrà a sostituire gli attuali 4,3 litri e 4,7 litri (anch’essi di origine Ferrari), già in grado di superare i 500 cavalli.

Entrambi saranno pensati e progettati tenendo conto della politica di riduzione dei consumi e delle emissioni inquinanti attiva in tutto il mondo automobilistico” – dicono i ben informati, ed una buona parte della produzione dei nuovi comparti auto verrà affidata alla zona del torinese, sfruttando gli stabilimenti Maserati di Grugliasco, con la conseguente necessità di immettere nuova forza loro ed implementare le assunzioni nell’organico.

L’accordo è agli inizi ma si sa che ad un nuovo contratto collettivo nazionale verranno sottoposti i dipendenti del gruppo Fiat, che tuttavia manterranno le specificità di casa Ferrari.

Si tratta di un accordo “sulla partecipazione” e “per questo prevede anche l’introduzione di un modello partecipativo basato sui meccanismi bilaterali delle commissioni su temi come, per esempio, le pari opportunità e le iniziative per i giovani. Il nuovo integrativo avrà durata triennale fino alla fine del 2014. Per quanto riguarda il premio di competitività viene confermato il meccanismo del ‘gain sharing’, cioé che se l’azienda guadagna anche il singolo dipendente deve guadagnare” – viene spiegato a mezza stampa.

Questo significa che, sebbene Ferrari non voglia ipotizzare numeri o sbilanciarsi troppo, saranno inevitabili le ricadute occupazionali e presumibile l’assunzione di oltre un centinaio di persone.

Un bel vivere per gli operai del torinese? Non ne sono così conviti i sindacati di categoria come Fiom e Cgil ai quali ha risposto lapidario l’amministratore delegato di Ferrrari, Amedeo Felisa: “E’ da novembre che lavoriamo per fare questo integrativo”. 

Vorrà forse dire che nel pieno di giugno sarà cosa da ritenersi fatta e stabilita?

 

Paola PERFETTI