Bonus matrimonio: come funziona e a chi spetta

In questa annata di ripresa dalla crisi pandemica e dalle difficoltà lanciate dalla guerra in Ucraina, impazzano i bonus emessi dal governo. Andiamo a vedere il bonus matrimonio come funziona e a chi spetta, nella nostra rapida guida.

Bonus matrimonio: di cosa si tratta

Da questo mese di giugno 2022 è aperta la caccia al bonus matrimoni 2022. Per chi vuole sposarsi o per coloro che operano nel settore matrimoniale si aprono le porte di vantaggi. Ma vediamo quali sono e di cosa si tratta nello specifico.

Sostanzialmente, il bonus matrimonio non è altro che un contributo a fondo perduto rivolto alle imprese del settore wedding, dell’intrattenimento, dell’organizzazione di feste e cerimonie e Horeca (ovvero Hotellerie, Restaurant e Catering). A goderne di tale bonus sono le aziende che nel 2020 hanno subito una riduzione di fatturato del 30% rispetto al 2019 a causa delle restrizioni dovute alla pandemia.

Bonus matrimonio: a chi spetta

Quindi, il bonus matrimoni nel 2022 può essere richiesto dalle imprese del wedding, dell’organizzazione di feste e cerimonie e Horeca che rispettano i seguenti requisiti:

  • coloro che hanno subito nell’anno 2020 una riduzione del fatturato non inferiore al 30% rispetto a quello del 2019. I soggetti costituiti nel 2019, invece, devono fare il confronto tra il periodo di operatività di tale anno e lo stesso periodo del 2020;
  • coloro che rientrano tra agli operatori che svolgono una delle attività prevalenti, stando a ciò che risulta comunicato all’Agenzia delle entrate con il modello AA7/AA9, individuate nell’allegato al Decreto 30 dicembre 2021. In particolare:

Ma chi è escluso dalla possibilità di bonus matrimoni 2022?

Al di fuori delle aziende che non rispettano i requisiti di cui sopra, tra le opzioni di esclusione, sono menzionate le imprese in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali con finalità liquidatorie o già in difficoltà al 31 dicembre 2019. Nel caso di questa limitazione ultima non viene applicata alle micro-piccole imprese, a meno che non siano già in liquidazione o abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o la ristrutturazione.

Bonus matrimoni: a quanto ammonta

Si può dire che non esiste un importo prestabilito che le imprese riceveranno a tiolo di bonus matrimonio. In base alle domande pervenute e ai risultati delle istruttorie le somme saranno ripartite secondo le seguenti percentuali applicate sulle risorse ripartite come di seguito:

  • il 70% tra tutte le imprese ammesse al beneficio;
  • il 20%, in via di aggiunta, rispetto all’assegnazione di cui sopra, tra le imprese ammesse che presentano un ammontare dei ricavi superiore a 100mila euro;
  • il restante 10%, sempre in via aggiuntiva rispetto alle assegnazioni precedenti, tra le imprese ammesse con ricavi superiori a 300mila euro.

Come richiederlo e fare domanda

I lavoratori occupati devono necessariamente presentare la domanda al datore di lavoro alla chiusura del congedo e non oltre 60 giorni dalla data del matrimonio/unione civile. I lavoratori disoccupati o richiamati alle armi devono presentare domanda all’Inps entro un anno dalla data del matrimonio/unione civile.

Inoltre, dovranno presentare la domanda al datore di lavoro allegando il certificato di matrimonio/unione civile o lo stato di famiglia con i dati dell’atto rilasciato dall’autorità comunale.

Per quanto riguarda invece i disoccupati, questi possono presentare domanda online all’Inps.  In alternativa si può chiamare il Contact center al numero 803 164 (rete fissa) oppure 06 164 164 da rete mobile o rivolgersi a un patronato.

L’Inps effettua il pagamento tramite bonifico presso l’Ufficio postale o mediante accredito su conto corrente bancario o postale, sul codice Iban indicato nella domanda dal lavoratore.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario da sapere in merito al bonus matrimoni 2022 e alle modalità con cui richiederlo e beneficiarne.

 

Immigrazione e Ius Scholae: in classe si costruisce la cittadinanza

Nel settore dell’immigrazione potrebbero esservi importanti novità,  è iniziato l’iter alla Camera per l’approvazione dello Ius Scholae che prevede la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana frequentando le scuole in Italia.

Immigrazione: come si ottiene la cittadinanza italiana?

La cittadinanza è alla base di molti benefici e privilegi che sono riconosciuti solo a coloro che vivono in Italia, da tempo si discute in Italia su una nuova base per diventare cittadini a tutti gli effetti e non mancano polemiche. Ora, dopo anni di tentativi, si prova di nuovo e stavolta con lo Ius Scholae, presentato alla Camera e in discussione alla Commissione Affari Costituzionali dal deputato del M5S Brescia, i tempi potrebbero essere maturi.

Attualmente la cittadinanza italiana si ottiene per:

  • nascita, cioè se si nasce da almeno uno dei due genitori con cittadinanza italiana (in questo caso si parla anche di ius sanguinis);
  • nascita su territorio italiano da cittadini stranieri, in questo caso per ottenere la cittadinanza è necessario il compimento del 18° anno di età, ma è necessario che in tale lasso di tempo, cioè dalla nascita al compimento della maggiore età, il soggetto abbia risieduto ininterrottamente e legalmente in Italia;
  • adozione, cioè un cittadino straniero adottato da un cittadino italiano;
  • matrimonio, quindi sposando una persona con cittadinanza italiana;
  • residenza.

Come si ottiene la cittadinanza per residenza?

Per la cittadinanza ottenuta per residenza è necessario fare qualche precisazione. Si può ottenere nel caso in cui il soggetto abbia un reddito nei tre anni antecedenti la proposizione della domanda di cittadinanza italiana di almeno:

  • 8.263,31 per richiedenti senza persone a carico;
  • euro 11.362,05 per richiedenti con coniuge a carico
  • il limite precedente viene aumentato di ulteriori 516 euro per ogni ulteriore persona a carico.

Tali redditi devono essere maturati ogni anno nei tre anni antecedenti alla presentazione della domanda.

Naturalmente questo requisito economico da solo non basta, ci vogliono ulteriori requisiti, le casistiche sono diverse. In particolare il richiedente deve:

  • essere legalmente residente in Italia da almeno 3 anni e deve esservi nato ( nasce in Italia, va all’estero, ritorna ed è residente per almeno 3 anni);
  • figlio o nipote in linea retta di cittadini italiani residente legalmente in Italia da almeno 3 anni (procedura utilizzata da molti calciatori);
  • cittadino straniero maggiorenne adottato da cittadini italiani e residente legalmente in Italia per almeno 5 anni successivi all’adozione;
  • cittadino straniero che ha prestato servizio per lo Stato Italiano per almeno 5 anni. Il servizio può essere stato prestato anche all’estero e la domanda deve essere proposta all’autorità consolare;
  • Cittadino UE residente in Italia da almeno 4 anni;
  • apolide residente legalmente in Italia da almeno 5 anni;
  • immigrato extracomunitario residente in Italia da almeno 10 anni.

Si ribadisce che in tutti questi casi deve coesistere anche il requisito reddituale.

Immigrazione: cosa prevede lo Ius Scholae?

Con la proposta di legge Ius Scholae l’obiettivo è semplificare questa procedura e dare la cittadinanza italiana a tutti quei bambini che frequentano per almeno 5 anni le scuole italiane. Secondo le stime fatte il provvedimento potrebbe interessare circa 800.000 persone, figli di stranieri, che di fatto hanno sempre vissuto in Italia, si sentono italiani e hanno frequentato le scuole italiane. Lo Ius Scholae andrebbe quindi a riguardare quelli che possono essere definiti gli immigrati di seconda generazione.

Il deputato Brescia nella presentazione del disegno di legge ha sottolineato che lo Ius Scholae potrebbe essere un importante fattore di integrazione. Questo anche grazie a un testo semplice che di conseguenza non può essere facilmente manipolato oppure strumentalizzato da chi fino ad ora si è sempre opposto a una riforma che rendesse più semplice l’ottenimento della cittadinanza italiana. Brescia ha sottolineato che il provvedimento pone al centro il sistema scolastico italiano alla base della costruzione della cittadinanza.

Nella proposta di legge si stabilisce che potrà ottenere la cittadinanza italiana il minore nato in Italia, o che vi abbia fatto ingresso entro il 12° anno di età, che abbia risieduto in Italia senza interruzione e frequentato le scuole in Italia per almeno 5 anni in uno o più cicli scolastici (ad esempio un anno di scuole elementari, tre anni di scuole superiore di primo grado, un anno di scuola superiore di secondo grado).

Per questo disegno di legge hanno già espresso soddisfazione Enrico Letta, segretario del Pd che ha sottolineato che si tratta di una questione di civiltà e di un provvedimento in linea con il sentire degli italiani

Il minore emancipato: lavorare non basta per ottenere il riconoscimento

Il bambini prodigio sono ormai un fenomeno ordinario e sempre più spesso sono anche fonte di guadagni ragguardevoli. Sebbene molti di questi ragazzi mostrino una consapevolezza da adulti e oculatezza nel pianificare il futuro, per il nostro ordinamento fino a quando non compiono 18 anni di età, sono considerati minorenni e da soli possono assumere ben poche scelte. C’è un unico caso in cui i giovani hanno una certa autonomia di scelta, si tratta del caso del minore emancipato.

La tutela dei minori

Si è visto in diversi articoli che i minori sono particolarmente tutelati dall’ordinamento e che per molti atti basta il consenso di un genitore (atti di ordinaria amministrazione), per altri è necessario il consenso di entrambi i genitori (atti di straordinaria amministrazione) che esercitano la responsabilità genitoriale, per altri atti ancora è addirittura necessario il consenso del giudice e si tratta di atti di disposizione di beni di particolare rilevanza. Il giudice inoltre può essere chiamato a intervenire nel caso in cui ci sia dissenso tra i genitori su scelte di particolare rilevanza, ad esempio cure mediche o adibire il giovane al lavoro. Vi è però anche un ulteriore caso, cioè quello il cui si è di fronte al minore emancipato.

La capacità di agire e il minore emancipato

Ciò che distingue il minore di 18 anni da colui che invece ha già compiuto tale età la capacità di agire: colui che ancora non ha compiuto di 18 anni di età non può compiere atti di particolare rilevanza. Non può porre in essere atti giuridici, ad esempio non ha facoltà di stipulare autonomamente un contratto di lavoro, non può acquistare casa, non può gestire il patrimonio, sebbene sia stato da lui stesso prodotto. Vi sono però dei casi in cui è previsto che il minore possa ottenere attraverso provvedimento del giudice, la capacità di agire prima dei 18 anni, ma comunque successivamente al compimento del sedicesimo anno di età.

I casi in cui è possibile che il minore sia emancipato sono comunque limitati, infatti l’articolo 84 del codice civile stabilisce che, ricorrendo gravi ragioni, il minore di 18 anni che abbia già compiuto 16 anni, possa ottenere l’autorizzazione a contrarre matrimonio e da questa discende l’emancipazione del minore, ma attenzione, acquista la capacità di agire per i soli atti di ordinaria amministrazione.

Il tribunale può autorizzare il minore, si istanza dell’interessato, a contrarre matrimonio per gravi motivi, la maggior parte delle volte questo si verifica in caso di gravidanza, ma comunque deve valutare la gravità della situazione che richiede il provvedimento di emancipazione, la maturità del minore e quindi non concede l’emancipazione del minore a prescindere. Il giudice prima di procedere deve sentire il pubblico ministero, i genitori ed eventualmente il tutore. Il parere di questi soggetti non è vincolante, cioè il giudice può anche disattendere le loro indicazioni e decidere in base a una valutazione globale della situazione.

Cosa può fare il minore emancipato: limiti

La figura del minore emancipato è prevista dal nostro codice civile nell’articolo 394 che delimita in modo abbastanza preciso cosa può fare un minore che si trova nella stessa condizione di un maggiorenne.

In base al comma 1 il minore emancipato può compiere autonomamente atti di ordinaria amministrazione. Non esiste una lista di tale tipologia, si parla generalmente di atti che non impegnano il patrimonio, ma hanno l’obiettivo di conservarlo.

Nel caso in cui il minore debba riscuotere dei capitali è invece necessaria la presenza del curatore e si procede all’autorizzazione se l’impiego dei capitali è da considerare idoneo.

Chi viene nominato curatore del minore emancipato

Il tribunale provvede alla nomina del curatore nel momento in cui provvede ad emancipare il minore, nel caso in cui il futuro coniuge sia maggiorenne, solitamente la nomina di curatore ricade su costui.

Se i futuri coniugi sono entrambi minori, viene nominato un curatore esterno alla coppia, un solo curatore per entrambi, e di solito viene preferito un genitore.

Le autorizzazioni

Nel compiere gli atti di che eccedono l’ordinaria amministrazione, come atti di disposizione di patrimonio, il curatore deve apporre la firma per assistenza. In caso di rifiuto, ad esempio perché ritiene che l’atto sia sfavorevole al minore, questo può rivolgersi al giudice tutelare che dovrà valutare se il singolo atto risponde all’interesse del minore.

Per gli atti di straordinaria amministrazione, in base all’articolo 394 del codice civile oltre al consenso del curatore è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare.

Infine, quando il curatore non è un genitore, per gli atti di straordinaria amministrazione, compresi nell’articolo 375 del codice civile, cioè quegli atti che richiedono una particolare cura e che possono danneggiare fortemente il minore, come la vendita di beni (eccetto i frutti) l’autorizzazione è data dal tribunale su autorizzazione del giudice tutelare.

Il legislatore ha previsto anche il caso in cui si verifichi un conflitto di interessi tra il minore e il curatore. In questo caso deve essere nominato un curatore speciale.

Atti che può compiere il minore emancipato

Tra gli atti che può compiere un minore emancipato c’è l’apertura di un’attività di impresa, in questo caso però è necessario un’autorizzazione all’esercizio dell’attività di impresa e naturalmente occorre la presenza di un curatore che dovrà vigilare sull’operato del minore. Il minore emancipato potrà anche diventare socio di una società di persone o capitali, con le stesse procedure viste.

Come si può notare il nostro ordinamento è abbastanza rigido e non consente al minore di compiere da solo atti di una certa rilevanza sebbene si tratti di un minore emancipato. Tali regole valgono nonostante oggi vediamo molti minori impegnati in attività che espongono in maniera elevata gli stessi, ad esempio partecipano a reality, sono modelli, sono attivi nel mondo dell’arte o sono esposti al mondo dei social come i baby influencer.

Si può notare che l’emancipazione può essere ottenuta da un giovane che abbia i genitori ma che sia autorizzato a contrarre matrimonio, invece nel caso in cui resti orfano di entrambi i genitori, oppure questi non siano in grado di assolvere per qualunque motivo il loro ruolo genitoriale, non potrà ottenere l’emancipazione e di conseguenza sarà collocato presso case famiglia, saranno attivati i servizi sociali, potrà essere separato da eventuali fratelli, magari dati in adozione.