Reddito di cittadinanza: stretta finale, si perde per rifiuto offerta non congrua

Dal Governo arriva la stretta finale al reddito di cittadinanza prima di arrivare al definitivo superamento di questa misura introdotta per la prima volta in Italia per volontà del Movimento 5 Stelle. Si perderà dopo un unico rifiuto di proposta lavorativa anche non congrua.

Reddito di cittadinanza: arriva la stretta finale

La Camera ha chiuso l’esame degli emendamenti, si passa ora al voto in aula blindato dal voto di fiducia, vuol dire che il testo è ormai definitivo e rispetto alla prima versione sono cambiate tante cose. È stato necessario reperire risorse e alla fine, tra i tagli più importanti vi sono quelli al reddito di cittadinanza e si tratta di una vera e propria rivoluzione. Già era noto che la durata massima della percezione del reddito di cittadinanza sarebbe stata di 7 mesi, tempo necessario al Governo per una riforma strutturale di questa misura di welfare sempre molto osteggiata da Fratelli d’Italia, ma non solo, infatti anche Renzi (Terzo Polo) già da prima dell’inizio della campagna elettorale aveva espresso forti perplessità sulla misura al punto di dichiarare che avrebbe iniziato la raccolta firme per un referendum abrogativo. Molti ritengono questa misura disincentivante. Resta il fatto che è una misura costosa.

Addio al reddito di cittadinanza in caso di rifiuto offerta non congrua

La nuova formulazione nella manovra di bilancio 2023 prevede non solo la riduzione a sette mesi della percezione per gli occupabili ( sarebbero salvi gli invalidi e gli anziani), ma anche che si perderà il diritto alla percezione al rifiuto di una proposta di lavoro.

Non solo, con un emendamento proposto da Maurizio Lupi dal testo sparisce la parola “congrua”. La norma ora applicata prevede la possibilità di rifiuto di un’offerta nel caso in cui il luogo di lavoro sia ubicato a una distanza superiore a 80 km dalla residenza o comunque in luogo non raggiungibile nell’arco di 100 minuti con l’uso di mezzi pubblici. Inoltre la proposta può essere rifiutata senza penalizzazioni nel caso in cui non in linea con le competenze maturate, infine,  e deve garantire una retribuzione superiore di almeno il 20% rispetto a quella percepita nell’ultimo mese.

L’eliminazione del termine “congrua”  fa saltare tutti questi paletti. Il percettore dovrà accettare una qualunque proposta anche se “dequalificante” rispetto alle proprie aspettative oppure alla propria formazione. In poche parole se anche si ha una laurea in ingegneria e viene proposto il lavoro di cameriere in un ristorante, è necessario accettare per evitare di perdere il reddito di cittadinanza. Sarà inoltre necessario accettare offerte di lavoro anche se la sede è molto distante dalla propria residenza.

Naturalmente si prevede una levata di scudi da parte del Movimento 5 Stelle e della sinistra in genere ( ma non sappiamo quale sinistra).

Stretta sul reddito di cittadinanza nella manovra di bilancio

Ultime trattative in corso per mettere a punto la legge di bilancio 2023 e al solito il nodo da sciogliere sono le risorse, infatti 35 miliardi sono andati per affrontare la questione energia per imprese e famiglie e le risorse per altri interventi sono risicate. I nodi da sciogliere ancora riguardano gli aumenti e le rivalutazioni delle pensioni e la proroga di Opzione donna in termini più ampi rispetto a quelli ora previsti. A pagare potrebbero essere i disoccupati attraverso un’ulteriore stretta sul reddito di cittadinanza.

Le proposte per la stretta sul reddito di cittadinanza

Forza Italia non frena sul punto: le pensioni minime per gli over 75 devono essere portate a 600 euro, con la rivalutazione al 120% dovrebbero percepire circa 578 euro, inoltre entro fine legislatura devono essere portate a 1.000 euro per tutti. Pur tralasciando questo ultimo proposito che evidentemente non può essere affrontato quest’anno, resta la necessità di reperire i fondi per l’aumento e 600 euro e dalle ipotesi in circolo potrebbe esserci un’ulteriore stretta sul reddito di cittadinanza. Le ipotesi in circolo sono diverse e proviamo a riassumerle.

In primo luogo si potrebbe ridurre il termine di fruizione a 7 mesi, invece di 8. La riforma prevede la percezione per 8 mesi, il tempo per realizzare una riforma strutturale del reddito di cittadinanza, entro tale termine dovrebbero smettere di percepire l’assegno gli occupabili, circa 40.000 persone, ridurre a 7 mesi il termine porterebbe a un risparmio di 200.000 euro. Perderebbero il reddito di cittadinanza a luglio 660.000 persone.

Maurizio Lupi di Noi Moderati propone invece il taglio dopo 6 mesi.

Un altro emendamento presentato dal Terzo Polo ( Renzi-Calenda) prevede invece un taglio del reddito di cittadinanza per gli under 40.

Meno ampia la proposta della Lega che invece propone un taglio del reddito di cittadinanza agli under 29 che non hanno concluso percorsi di formazione obbligatoria, in questo caso resterebbero fuori circa 364.000 percettori.

Critiche alla stretta sul reddito di cittadinanza

Sicuramente queste sono ore delicate e mancano pochi giorni alla conclusione dei giochi, la prossima settimana il testo arriverà alla Camera probabilmente blindato dal voto di fiducia, vuol dire che dovrà essere approvata senza ulteriori modifiche, prima di Natale il voto alla Camera, per poi passare la parola al Senato, anche in questo caso testo blindato. Naturalmente sulle varie proposte circolate c’è il forte dissenso del M5S che ha creato il reddito di cittadinanza, critiche piovono anche dai sindacati e sono state espresse soprattutto da Landini CGIL che sottolinea come la maggior parte dei percettori riceve 500 euro al mese e si trova in situazioni familiari difficili per la presenza in famiglia di disabili e situazioni di fragilità varie.

Leggi anche: Inps e reddito di cittadinanza: ecco come controlliamo le domande

L’edilizia guarda a Made Expo

Alla fine, di Made Expo 2015, la rassegna internazionale di architettura, design ed edilizia apertasi ieri a Milano, si parlerà forse di più per l’inaugurazione, con contestazione nei suoi confronti, da parte del ministro delle Infrastrutture Lupi, nella bufera per presunti favori chiesti per il figlio, che per quello che è il suo reale valore. Specialmente in un momento nerissimo per l’edilizia italiana che si trascina dall’inizio della crisi.

E quello che davvero significa Made Expo lo possono spiegare solo i numeri. Intanto, i numeri dell’ultima edizione, quella del 2013 (Made Expo è infatti a cadenza biennale): oltre 211mila visitatori di cui 36mila stranieri, +14% rispetto all’edizione 2011. Cifre che, è bene ricordare, sono state messe insieme quanto Made Expo era una fiera ancora riservata agli operatori di settore.

Da quest’anno, invece, Made Expo è aperta al pubblico, con un biglietto d’ingresso da 13 euro, nella giornata finale del 21 marzo. Un’iniziativa nata dal fatto che, come ha ricordato l’amministratore delegato di Made Eventi, Giovanni De Pontinel mercato cresce il numero di privati che presentano domanda di agevolazione edilizia facendosi assistere da architetti. I professionisti potranno portare i loro clienti a conoscere tutte le novità in un evento che è un grande show-room”.

Made Expo ha infatti colto al volo quanto emerso dai dati del centro ricerche Cresme, secondo i quali il 28% della manutenzione straordinaria è residenziale, mentre le associazioni professionali degli architetti dichiarano una percentuale di domanda in crescita doppia da parte delle famiglie rispetto a quella delle imprese di costruzioni edili.

Se sarà una scelta azzeccata, lo diranno i numeri a consuntivo. Quello che è probabile è che Made Expo possa fare da volano per la ripresa dell’edilizia, in un magro mercato italiano che attualmente è sostenuto soprattutto dalle ristrutturazioni, grazie anche alle agevolazioni fiscali, e in un mercato estero nel quale si registra un deciso recupero delle esportazioni che dovrebbe portarlo a raggiungere i livelli pre-crisi.

Made Expo 2015 punta infatti forte sull’internazionalizzazione per spingere la ripresa delle esportazioni di prodotti per l’edilizia (si stima che il valore raggiunto a fine 2014 sarà di 633 milioni di euro) soprattutto sui nostri principali mercati, ossia Francia, Russia e Svizzera.

Made Expo 2015 si articola in quattro saloni tematici – Costruzioni e Materiali, Involucro e Serramenti, Interni e Finiture, Software, Tecnologie e Servizi – per consentire una sinergia più efficace tra prodotti e servizi utilizzati in edilizia per anticipare le dinamiche del mercato. E anche la scelta di mantenere la biennalità, ha ricordato De Ponti, è stata fatta per “razionalizzare l’offerta fieristica italiana, consentendo alle aziende di concentrare in un unico evento fieristico la presentazione delle novità al mercato nel primo trimestre e di pianificare le successive campagne di promozione e vendita”.

Poste Italiane, no aiuto di Stato per Alitalia

Poste Italiane e Alitalia, il matrimonio sembra si possa fare. La Commissione europea è infatti orientata a non considerare come un aiuto di Stato distorsivo della concorrenza l’investimento che Poste Italiane ha fatto nella malconcia compagnia di bandiera. Secondo quanto riporta l’agenzia LaPresse “non dovrebbero esserci problemi” per Bruxelles “sulla vicenda degli aiuti di Stato relativi a Poste Italiane“. A ottobre 2013 Poste Italiane aveva accettato di entrare nel capitale di Alitalia con 75 milioni di euro per evitare il fallimento della compagnia in crisi di liquidità.

Il rischio di vedere l’operazione bloccata da Bruxelles era palpabile. Il commissario alla concorrenza Joaquin Almunia aveva inviato al governo Renzi una lettera in cui chiedeva nuovi documenti, da consegnare entro il 22 luglio, sulla ricapitalizzazione del 2013 effettuata grazie a Poste Italiane. “L’aiuto di Stato – si leggeva nella segnalazione – consiste principalmente nell’aumento di capitale di Alitalia, principale operatore nazionale del trasporto aereo, finanziato da Poste, società controllata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, per una quota pari a 75 milioni di euro, corrispondente a un pacchetto azionario ancora non quantificato. La distorsione della concorrenza riguarda il settore dei trasporti aerei la concorrenza è alterata in quanto l’intervento del governo, attraverso Poste, è finalizzato a impedire l’uscita dal mercato di Alitalia e l’ingresso di nuovi operatori nella fornitura di servizi di trasporto aereo in Italia, nonché a elevare il prezzo di acquisto per eventuali operatori rispetto al prezzo che si sarebbe altrimenti manifestato“.

Inoltre, ad agosto, Poste Italiane aveva deciso un ulteriore investimento da 75 milioni di euro nella compagnia aerea, una volta completato il riassetto del gruppo. Il governo si era sempre rifiutato di considerare l’investimento di Poste Italiane un aiuto di Stato e il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi lo aveva definito un “investimento di mercato per cercare sinergie industriali e risorse per il futuro“.

Nautica italiana, un settore da riportare a galla

Il caso della nautica italiana è uno dei più emblematici suicidi industriali. Uno dei settori che per decenni è stato fiore all’occhiello per l’artigianalità e la capacità tecnologica dei nostri cantieri, negli ultimi anni ha subito un progressivo indebolimento, che solo in minima parte si può imputare alla crisi economica mondiale.

I maggiori mercati per la nautica italiana sono infatti al di fuori dell’Europa, tra Stati Uniti, Sud Est Asiatico, Cina, Russia e Medio Oriente, tutte zone in cui i tassi di crescita dell’economia sono sempre stati alti, a dispetto della crisi. Quello che, invece, ha ucciso la nautica italiana, è stato un accanimento politico che, specialmente con i governi tecnici, ha penalizzato il settore punendo i suoi fruitori, con misure folli dal punto di vista fiscale prese contro i possessori di imbarcazioni da diporto.

Un debito, quello della politica nei confronti della nautica italiana, sottolineato nei giorni scorsi dal ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Maurizio Lupi all’apertura del Salone Nautico Internazionale di Genova: “Questo è un settore di cui dobbiamo andare orgogliosi – ha detto Lupi –, il mare è una risorsa, non può essere una negatività. Chi possiede una barca deve essere guardato con orgoglio, non può essere considerato un evasore“, riferendosi ai controlli fiscali compiuti sui possessori di barche negli anni passati.

La nautica italiana ha sofferto al di là della crisi anche per i nostri errori – ha aggiunto – ma è inutile andare a cercare chi ha sbagliato, dobbiamo ripartire tutti insieme“. Fatto sta che le tasse imposte allo stazionamento delle barche nelle marine, la caccia all’evasore e l’equazione armatore = evasore scatenata dagli ultimi governi hanno fatto fuggire dai porti italiani migliaia di barche, facendo la fortuna delle marine, spesso migliori e più attrezzate, di Paesi vicini come Spagna, Croazia e Francia.

In effetti dal Salone di Genova, una certa voglia di rilancio per la nautica italiana è venuta. L’industria del settore, che ha visto il proprio fatturato crollare di oltre il 60% negli ultimi sei anni, ha risposto alla crisi con 180mila metri quadrati di esposizione, 760 marchi, 1000 barche, 100 novità e una previsione di crescita del fatturato per il 2014 del 5,5%, dopo anni di flessione che hanno portato il fatturato del settore della nautica italiana dai 6,4 miliardi nel 2008 (all’inizio della crisi), ai 2,4 nel 2013.

Parole confortanti sono venute anche dal vice ministro allo sviluppo economico Carlo Calenda: “Alla nautica italiana, tra supporto al Salone e fiere, abbiamo portato quest’anno 1,7-1,8 milioni. Il prossimo anno pensiamo si possa arrivare a 5 milioni, 2 dei quali dedicati al Salone di Genova. Ma ci vuole un progetto fatto dall’industria e per l’industria“. Altro punto dolente della nautica italiana, che sconta il difetto tipico del nostro Paese, ovvero l’incapacità di fare sistema, anche se i misura minore rispetto ad altri settori produttivi.

Tutti ci stanno aiutando a 360 gradi“, ha confermato il presidente di Confindustria Nautica Massimo Perotti, ricordando fra i provvedimenti varati dal governo la legge sui Marina Resort, che riduce l’Iva applicata a chi sosta nei porti turistici, e il registro telematico che ha permesso la riduzione dei controlli in mare. Proprio su sollecitazione di Perotti, dal vicecapogruppo del Pd alla Camera Paola De Micheli è arrivato l’impegno a rendere stabile il provvedimento sui Marina Resort che termina a fine 2014.

Perotti ha anche ricordato che c’è ancora da lavorare sull’avvio del nuovo codice della nautica italiana e sull’acquisto in leasing delle imbarcazioni “con una interpretazione allargata del disegno di legge che consenta alle banche di chiedere agli acquirenti garanzie accessorie“.

Insomma, se la nautica italiana era colata a picco, oggi più che mai industria e politica la devono portare a galla. Perché torni a navigare come una volta, serve ancora tempo.