Il pozzo senza fondo dell’ editoria italiana

Che l’ editoria italiana non stia passando un gran momento, è cosa ormai nota da anni. Anzi, sono anni che grandi gruppi editoriali italiani, nonostante l’incomprensibile fiume di denaro pubblico che entra nelle loro casse, perdono soldi e cacciano persone.

Secondo un focus elaborato da R&S Mediobanca sul settore dell’ editoria, i grandi gruppi di casa nostra hanno perso in cinque anni un terzo del loro fatturato, dovendo ricorrere al taglio di circa 5mila dipendenti (circa il 27% della forza lavoro) per salvare i loro conti disastrati.

Secondo i dati sono raccolti nel focus di Mediobanca sull’ editoria, nel periodo 2010-2014 i ricavi aggregati degli otto maggiori gruppi editoriali del Paese (Rcs, Mondadori, gruppo Espresso, Il Sole 24 Ore, Monrif, Caltagirone, La Stampa, Class editori) sono calati del 33,2%, da 5,9 miliardi a 4 miliardi.

Quello che ha minato i conti dell’ editoria italiana è stato soprattutto il crollo della raccolta pubblicitaria (-41,2%) mentre la diffusione, calata “solo” del 18,7%, ha fatto sì che sul totale dei ricavi quello derivante dall’edicola sia cresciuto dal 35,9% al 43,6% e quello della pubblicità sia calato dal 35,2% al 30,9%.

Sul fronte occupazionale, il comparto dell’ editoria, rileva Mediobanca, è passato dall’impiegare oltre 18mila persone nel 2010 alle 13.300 del 2014. Gli operai sono stati i più colpiti dai tagli (-34,5), seguiti da dirigenti e impiegati (-32,8%) e dai giornalisti (-12%).

Mediobanca rileva anche che il calo dei fatturati è proseguita nel primo semestre 2015, anche se in maniera minore che negli anni precedenti: -4% l’aggregato, contro il -7% del quinquennio in esame.

Exor sorpassa Eni: è il primo gruppo industriale italiano

Un sorpasso che ha dello storico. Nel 2014 Eni perde lo scettro di primo gruppo industriale italiano, superata da Exor dopo che per undici anni era stata in testa alla classifica. Il dato emerge dall’annuale classifica dell’Area Studi di Mediobanca delle principali società italiane.

Il sorpasso si è completato dopo che Exor-Fca ha chiuso lo scorso esercizio con ricavi pari a 122,2 miliardi (di cui 62,5 in capo a Chrysler), +12,4 miliardi rispetto a Eni, nonostante le vendite domestiche cubino solo il 7,5% del giro d’affari complessivo del gruppo. Il gruppo Exor è primo anche per numero di dipendenti: oltre 318mila unità delle quali poco più del 25% impiegate in Italia.

Eni scende dunque al secondo posto, soprattutto a causa del crollo delle quotazioni del greggio, con un fatturato di 109,8 miliardi. Non cambiano rispetto al 2013 le posizioni dalla terza alla decima: Enel, Gse, Telecom Italia, Finmeccanica, Edison, Esso Italiana, Edizione e Saras. Oltre a Eni, il calo del prezzo del greggio ha fatto altre vittime illustri: escono infatti dalla Top 20 TotalErg e A2A.

A proposito di Top 20, ecco la classifica nel dettaglio dall’11esima alla 20esima posizione: Poste, Kuwait Petroleum Italia, Ferrovie dello Stato, Luxottica, Ge Italia, Supermarkets Italiani (Esselunga), Prysmian, Pirelli, Isab e Parmalat.

Se si guarda a queste aziende sul lato dei profitti, Eni rimane prima per utili con 6.451 milioni nel biennio 2013-2014, seguita da Enel con 3.752 milioni. A Exor il terzo gradino del podio (primo gruppo privato) con 2.408 milioni.

Moda italiana, numeri da record

È pur vero che i grandi della moda italiana senza i piccoli laboratori e le eccellenze artigianali non sarebbero nessuno, o quasi; ma resta il fatto che i marchi top del fashion made in Italy nel 2013 hanno fatto registrare performance migliori di quelle della grande industria.

Lo ha rilevato un’analisi di Mediobanca svolta sui fatturati dei grandi marchi della moda italiana: se nel 2013 la grande industria italiana ha visto un calo del fatturato dell’1,9%, le aziende moda Italia nello stesso periodo hanno fatto segnare +1,4% e il TopModa addirittura un +4,4%.

Tra le aziende top della moda italiana, Prada ha fatto segnare la crescita più forte, con un +129,8% di ricavi sul 2009, seguita da Ferragamo (+103,8%). Il fatturato di Prada, la più grande fra le aziende del TopModa, è stato di 3.587 milioni, secondo Armani (2.186 milioni) e terza la OTB di Renzo Rosso (1.552 milioni). Valentino (+21%) ha fatto segnare la maggiore crescita di fatturato sul 2012, seguita da Ferragamo (+9%), Prada (+8,8%), OTB (+4,8%) e Armani (+4,5%). In calo solo, tra i big della moda italiana, Max Mara (-0,4%) e Miroglio (-6,2%).

Secondo Mediobanca, il giro d’affari mondiale della moda italiana è stato nel 2013 di circa 218 miliardi di euro. L’Europa è stata il primo mercato mondiale con circa 74 miliardi di euro (+2% sul 2012), le Americhe il secondo a 70 miliardi, seguite dall’Asia-Pacifico a 46 miliardi, mentre scende a 17 miliardi il mercato giapponese.

Mediobanca rileva anche come sia in forte espansione lo shopping turistico, del quale la moda italiana ha bisogno come dell’aria. Il cosiddetto travel retail rappresenta infatti il 50-60% del totale locale, un mercato stimato in circa 6 miliardi di euro in Italia e 40 in Europa. Lo shopping online vale circa 10 miliardi di euro, con una crescita del 20%-30% nel 2014.

Venendo ai dati macro dell’intera filiera della moda italiana, questa comprende circa il 18% di tutte le imprese manifatturiere, pari al 15% della loro occupazione. Mediobanca si attende che nel 2014 il settore della moda italiana produca un saldo commerciale positivo per oltre 25 miliardi, pari a circa il 26% del saldo commerciale manifatturiero italiano.

Un settore che fa dell’export il suo cavallo di battaglia, tirato, nel 2014, da pelletteria, tessile e abbigliamento. Nelle manifatture della moda italiana, il 56% della forza lavoro è femminile, contro il 27,5% dell’intera manifattura italiana, con una punta del 73% nell’abbigliamento. Mani di fata che decretano il successo della moda italiana nel mondo.

Telecom Italia, dal Brasile ok alla scissione di Telco

Si va verso la definizione del rapporto tra Telecom Italia e la controllante Telco. L’autorità brasiliana delle telecomunicazioni, Anatel, ha infatti approvato la scissione di Telco, condizionata all’uscita della spagnola Telefonica dal capitale entro 18 mesi e al congelamento dei suoi diritti di voto per questo periodo.

Con lo scioglimento della holding, la società spagnola sarebbe diventata il primo azionista di Telecom Italia, che in Brasile controlla TIM Participacoes, concorrente di Vivo, controllata invece da Telefonica.

A fine giugno il cda di Telco aveva votato la scissione della scatola socia di Telecom Italia, un’operazione soggetta però all’approvazione di diverse autorità: Conselho Administrativo de Defesa Economica, Agencia Nacional de Telecomunicacoes, Comision Nacional de Defensa de la Competencia e, per quanto di competenza, Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni.

Dopo la scissione nasceranno quattro newco che si chiameranno Telco Te Spa, Telco AG, Telco IS e Telco MB, faranno capo rispettivamente a Telefonica, Generali, Intesa Sanpaolo e Mediobanca ed erediteranno le partecipazioni in Telecom Italia, oltre che i debiti della finanziaria. A Telefonica andrà il 14,77% di Telecom Italia (valorizzato in bilancio 0,92 euro per azione per complessivi 1,83 miliardi) e faranno capo debiti per 1,636 miliardi e dunque un patrimonio netto pari a 193,75 milioni

A Generali andrà inoltre il 4,32% di Telecom Italia a fronte di 479,1 milioni di debiti pro quota per un patrimonio netto di 56,7 milioni, mentre a Intesa Sanpaolo e Mediobanca andrà l’1,64% del gruppo Tlc (valorizzato 203,6 milioni da ciascuna) con debiti per 182 milioni e un patrimonio netto di 21,54 milioni.

Raggiunto l’accordo con Telefonica: Telecom è spagnola

Già si sapeva, ma ora la notizia è stata confermata: è stato raggiunto l’accordo tra Telefonica e Generali, Mediobanca e Intesa Sanpaolo per salire dal 46 al 66% di Telco, la società che controlla il 22,4% di Telecom Italia e nomina la maggioranza del consiglio di amministrazione.

Questo significa che il principale gruppo italiani di telecomunicazioni è ora in mani spagnole, poiché è la Spagna a possederne la maggioranza.
L’accordo prevede che in una prima fase Telefonica acquisti a 1,09 euro per azione parte delle quote Telco per salire dal 46 al 66%, con un’opzione per incrementare in tempi brevi la partecipazione al 70%.

L’intesa tra Mediobanca, Generali, Intesa Sanpaolo e Telefonica prevede la possibilità di una scissione di Telco a partire da giugno 2014.
I soci Telco “mantengono la possibilità di vedersi attribuire le azioni di Telecom Italia, uscendo così dal patto parasociale, attraverso la scissione di Telco, che potrà essere richiesta durante una prima finestra tra il 15 ed il 30 giugno 2014 ed una seconda finestra tra il 1 ed 15 febbraio 2015”.

Inizialmente Telefonica sottoscriverà un aumento di capitale per 323 milioni di euro per salire fino al 66% di Telco, poi successivamente realizzerà un secondo aumento di capitale da 117 milioni, dopo il via libera dell’Antitrust in Brasile e Argentina, in modo da arrivare al 70% della holding.
In attesa delle autorizzazioni delle Autorità Antitrust dei vari Paesi, Telefonica manterrà i diritti di voto al 46% esprimendo, come ora, il 50% dei membri del CdA della quota di Telco.

Questo importante passaggio non dovrebbe influire sul piano occupazionale, come ha anche confermato Marco Patuano, amministratore delegato di Telecom: “Non sono intenzionato a licenziare proprio nessuno. Serve un modello sostenibile nel lungo termine, che favorisca gli investimenti e quindi regole stabili pro-competitive e pro-investimenti”.

Vera MORETTI

Oggi assemblea di Generali a Trieste

I soci e i vertici di Generali sono oggi a Trieste per un’assemblea che si preannuncia molto importante, se non epocale.
I soci infatti dovranno rinnovare per tre anni un cda che sarà costituito da 11 poltrone, delle quali 4 riservati alle donne, e non più da 19 componenti, come in passato, oltre al nuovo ad Mario Greco.

Tante le novità, dunque, e tra queste la conquista, da parte della compagnia, della piena autonomia, visto che era dal dopoguerra che Mediobanca aveva cominciato ad esercitare il suo protettorato.
A proposito di Mediobanca, grande assente sarà Alberto Nagel, ora a Mediobanca, che dopo tre lustri non parteciperà all’incontro, a causa delle nuove norme sulle doppie poltrone.

Anche Greco è stato scelto da Mediobanca, ma, a differenza dei suoi predecessori, è un manager che arriva dall’esterno e non ha debiti di riconoscenza interni né particolari legami relazionali.
Il biglietto da visita con cui il nuovo ad si presenta oggi all’assemblea è di quelli ricchi e fa presagire una giornata interessante sotto molti punti di vista.

Non tutti sanno, infatti, che Mario Greco si era scontrato in passato, quando faceva l’assicuratore di Intesa Sanpaolo, con Corrado Passera, ma le divergenze non mancano anche nei confronti di Nagel, segnale che Greco è abituato ad esprimere le sue opinioni senza alcun timore reverenziale.
Ciò è parso evidente quando ha deciso le svalutazioni che hanno quasi azzerato l’utile 2012 delle Generali, a causa di 1,3 miliardi di write off solo nell’ultimo trimestre. Un giochino che per Mediobanca, che consolida l’utile delle Generali per la sua quota del 13,2%, significherà un taglio di 150-160 milioni nell’utile del 2013.

Per quanto riguarda il tema delle operazioni con parti correlate, prese in esame da Greco al suo arrivo a Trieste, è stato deciso di alzare il velo sugli investimenti delle Generali in attività riconducibili ai suoi soci. Su queste è stato dato molto rilievo ai veicoli finanziari dei soci veneti del gruppo Palladio guidato da Giorgio Drago e Roberto Meneguzzo.
Si tratta, per la parte più rilevante, di 100 milioni di strumenti finanziari investiti, attraverso vari fondi, nella società Pfh1 e di 160 di “commitment” nel fondo Vei.

Meno informazioni sono trapelate relativamente a Generali Immobiliare Sgr, che però figurano nel prospetto preparato per Greco.
Tra questi esistono tre fondi che fanno capo a IDea Fimit, la sgr del gruppo Dea Capital: nel fondo chiuso Ava (Atlantic value Added), scadenza 2019, sono investiti 25 milioni; nel fondo chiuso Rho, scadenza 2019, 10 milioni; nel fondo a raccolta di capitali Private Reale Estate, in scadenza nel 2013, 5 milioni.

Nel prospetto compare anche il fondo Apple, di cui già erano emersi profili di parte correlata perché riguarda attività immobiliari di Francesco Gaetano Caltagirone, vicepresidente confermato delle Generali.
Ad Apple fa capo il lotto residenziale completato nel 2011 a Tor Pagnotta dal gruppo Caltagirone (alloggi da locare con opzione di riscatto). La Sgr è quella del gruppo Finnat, Investire Immobiliare.
Si tratta di un impegno di 100 milioni (più 60 di debito), che sono stati sostenuti per il 10% dalla stessa Finnat e per il 90% dalle Generali, nel 2010.

La condotta tenuta finora da Mario Greco nei confronti dei suoi soci e del sda che si sta per formare sarà, come si presume, lineare e diretta, senza parole non dette o polemiche nascoste e questo, benchè faccia storcere il naso a qualcuno, potrà rappresentare un vantaggio per la società.

Vera MORETTI

Sud, la strage delle imprese

Non è un quadro incoraggiante quello delineato dal rapporto “Le imprese industriali del Mezzogiorno“, stilato dalla Fondazione Ugo La Malfa in collaborazione con Mediobanca. Il rapporto ha raccolto e analizzato i dati di bilancio delle aziende che hanno sede al Sud e i risultati sono tutt’altro che incoraggianti: la loro redditività si è di fatto azzerata e la capacità di produrre ricchezza è sprofondata: il loro ROI (Return on investiment) è infatti dello 0,5%, rispetto a un dato nazionale globale dell’8,1%. Giù anche il cosiddetto ROE (Return on equity): -12,5% contro un dato nazionale del 5,4%.

Dati preoccupanti, dovuti soprattutto al numero sempre più ristretto di imprese nel Mezzogiorno: sono solo 50, la maggior parte tra Abruzzo, Campania e Puglia. E, negli ultimi tre anni, le aziende del comparto industriale che hanno chiuso i battenti al Sud sono 7.400. Giù, come ovvio, il tasso di occupazione, a fronte di una diminuzione degli utili netti: -1.838 milioni in 4 anni, con un calo negli investimenti tecnici del 37%. Tutto questo si riverbera sulle previsioni per il Pil 2013, che passano da -0,6% a -1,1%, con un calo secco di mezzo punto percentuale.

Scaldate i motori, ecco il Motor Show 2012

 

IERI

Spread sotto i 300 punti: giornata storica per lo spread quella di ieri. La differenza tra il rendimento dei titoli di Stato italiani decennali e quello dei bund tedeschi è scesa infatti sotto i 300 punti base. E il calo della febbre da spread ha coinciso con l’annuncio da parte dell’agenzia nazionale del debito greco, la Pdma, di aver avviato il programma di buyback volontario di titoli del debito pubblico detenuti dai creditori privati per allontanare lo spettro del default. Non ancora soddisfatto il presidente del Consiglio Mario Monti: “desidero confessare che per me c’è un livello di spread, che è 287 punti base, che rappresenta, e spero venga presto toccato, un punto particolarmente significativo”. 287 punti è infatti la metà esatta dei 574 punti base che il governo tecnico aveva dovuto affrontare al suo insediamento.

Si alla Tav: Monti ha detto sì. Italia e Francia hanno siglato ieri a Lione una dichiarazione congiunta di intenti per confermare l’impegno alla realizzazione della Tav Torino-Lione “nelle tempistiche previste”. La dichiarazione impegna i governi dei due Paesi a promuovere le precedenti intese sulla linea ad alta velocità che collegherà Torino a Lione: gli esecutivi dovranno infatti attivarsi in tempi consoni per sottoporre la ratifica del trattato bilaterale già approvato e firmato ai Parlamenti di Roma e Parigi. Il provvedimento pro Tav potrebbe arrivare non appena verrà approvata la legge di Stabilità.

Baby Windsor in arrivo: non si sa ancora se sarà maschio o femmina, ma dopo le voci che si rincorrevano da giorni, ieri è arrivato l’annuncio ufficiale. William e Kate attendono un erede. La duchessa di Cambridge, 30 anni, sarebbe alla 12 settimana di gestazione, e proprio ieri, dopo un leggero malore dovuto alla gravidanza è stata ricoverata in una clinica londinese per accertamenti. Con tutta probabilità  Kate trascorrerà i mesi della gravidanza nella residenza dei genitori, lontana da occhi indiscreti e fotografi. Il royal baby di casa Windsor, concepito nell’anno del Giubileo della regina Elisabetta, sarà il terzo in linea di successione al trono britannico, dopo papà William e nonno Charles, poco importa se sia maschio o femmina. In tal caso, speriamo che sia femmina.

OGGI

Armi chimiche in Siria: non superare la linea rossa. E’ questo il monito nuovamente espresso da Barack Obama nei confronti del regime di Bashar al Assad: “se Assad dovesse usare armi chimiche, sarebbe inaccettabile e ci sarebbero delle conseguenze”. Già il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, aveva dato un primo avvertimento alla Siria dopo le rivelazioni del New York Times sullo spostamento degli arsenali chimici da parte del regime di Damasco: secondo la Cia e le intelligence straniere la Siria disporrebbe di un arsenale di armi chimiche tra cui iprite, gas nervini e il più letale di tutti, il Vx. Per gli 007 sono 3 gli scenari possibili: il regime potrebbe ricorrere ai gas per colpire i ribelli definiti “terroristi stranieri e invasori”; le fazioni più estreme della rivolta potrebbero impossessarsi delle armi chimiche; quello di Damasco è solo un bluff molto molto pericoloso. Ma la paura di un attacco chimico, che potrebbe colpire anche la Turchia, resta.

Berlusconi vs Bersani: si candida o non si candida? Ma certo che si candida alla fine. Stavolta il Cavaliere sarebbe pronto, secondo le indiscrezioni, a scendere in campo per sfidare a viso aperto Bersani, eletto domenica come candidato all’opposizione alle Primarie del Pd. Contro il segretario del Pd Berlusconi è sempre più convinto di “potersela giocare”, mentre con Renzi la battaglia sarebbe stata molto più dura. Ma sul Cavaliere pende ancora una spada di Damocle: il verdetto di mercoledì sulla nuova legge elettorale.

Affaire La7: la vendita dell’emittente del gruppo Telecom Italia Media si fa sempre più complicato e nebuloso. Se ieri Mediobanca, primo azionista di Telecom Italia e consulente per la vendita, avrebbe dovuto consegnare le offerte vincolati (ricordiamo i 4 contendenti: fondo Clessidra di Claudio Sposito, Cairo Communication, H3G, Discovery Channel), l’annuncio ufficiale è apparso piuttosto laconico: Discovery e Clessidra avrebbero fatto, secondo le indiscrezioni un passo indietro, mentre non è chiara la posizione di Cairo e H3G. Ma ecco che all’improvviso fa capolino nell’affaire della vendita di La7 un nuovo contendente: Tarek Ben Ammar, finanziere e produttore cinematografico e televisivo tunisino, che proprio oggi in una conferenza stampa a Milano si dice pronto ad “annunciare di aver trovato un partner internazionale, oltre al socio TF1, pronto ad investire nei media in Italia”. Che tra i suoi obiettivi di investimento ci sia proprio La7? Facciamo un passo indietro però: Ben Ammar è già consigliere d’amministrazione di Mediobanca e consigliere d’amministrazione di Telecom Italia. Che si tratti di tanto fumo e niente arrosto? O magari di ‘arrosto volutamente bruciato’ per invogliare nuovi acquirenti?

Motor show al via: si inaugura oggi negli spazi di BolognaFiere la 37ma edizione del Salone Internazionale dell’Automobile. Oggi è la giornata dedicata a stampa e operatori di settore, mentre dal 5 al 9 dicembre il Motor Show sarà aperto a tutti gli appassionati di due e quattro ruote. Qualche anticipazione? Fiat presenterà la terza generazione della Panda 4×4, insieme alle Abarth da corsa. Inoltre ci sarà la possibilità di conoscere e provare le auto a emissioni zero presenti nella sezione “Electric City”, quelle storiche della “Icon Cars”, con una Ferrari Dino 246 GT del 1969. Una chicca d’antan. Per gli amanti del lusso da non perdere la Ferrari 458 Italia, la Lamborghini Aventador, la Maserati GranTurismo Sport, ma la McLaren MP 4-12C Spider, un’anteprima per l’Italia.

DOMANI

Legge elettorale in Senato: arriverà nell’aula del Senato il 5 dicembre la riforma alla legge elettorale. “Siamo vicini ad una possibile intesa” aveva fatto sapere Maurizio Gasparri, capogruppo dei senatori del Pdl, mentre anche Anna Finocchiaro, capogruppo Pd, si era detta vicina ad una soluzione ‘condivisa e positiva’. Ma sul piatto della riforma restano ancora molti nodi da sciogliere, primo fra tutti il premio di coalizione. La proposta del senatore Roberto Calderoli è questa: premio alla prima coalizione sopra il 35% e alla prima lista tra il 25 e il 35% con ‘scaglioni’ di premio di un punto percentuale che, di fatto, consentono di governare solo alla coalizione che superi il 38% alla quale va in totale il 50,5% dei seggi.

Fibra ottica di Telecom: da domani Roma, Torino e Napoli si aprono all’ultrabroadband. Telecom comincia così la sua espansione della fibra ottica in Italia, realizzata in architettura FTTCab (Fiber to the Cabinet), che permette di raggiungere una velocità di trasmissione di 30 Megabit al secondo in download e 3 Megabit in upload, ovvero si potranno fruire in tempo reale contenuti multimediali in alta definizione. I servizi su rete in fibra ottica saranno estesi nelle prossime settimane a Milano, Genova, Bologna e Bari.

Juve in Champions League: obbligo di pareggio per la Juventus domani a Donetsk contro lo Shakhtar, pena l’eliminazione dalla Champions League. per continuare il sogno Europeo. Per proseguire negli ottavi, gli allievi di Conte dovranno portare a casa la vittoria o al massimo il pareggio, a meno che il Chelsea non venga clamorosamente battuto dai danesi del Nordsjaelland, eventualità alquanto improbabile.

 

Alessia CASIRAGHI

Fare impresa in Italia? Lascia stare…

di Davide PASSONI

Noi di Infoiva lo sosteniamo da sempre: fare l’imprenditore, in Italia, è una missione oltre che una vera guerra. Gli imprenditori di casa nostra meriterebbero statue e medaglie e invece si trovano presi a pesci in faccia dallo Stato e dal fisco, che non ne riconoscono, se non a parole, il valore sociale sancito anche dalla nostra Costituzione.

Una conferma di come l’imprenditoria sia davvero una missione ci arriva anche da Mediobanca, che tramite il suo Ufficio Studi ci fa sapere che fare impresa, in Italia, non è remunerativo perché il guadagno non è sufficiente a ripagare il costo del capitale: lo dimostra il fatto che nelle attività industriali c’è stata una distruzione di ricchezza pari a 1,4 punti. Questo secondo l’indagine 2012 “Dati cumulativi di 2.032 imprese italiane“. redatta dall’istituto di via dei Filodrammatici.

Secondo Mediobanca, i grandi gruppi visti nella loro dimensione italiana hanno sofferto di più, mentre è stata più contenuta la sofferenza delle medio e grandi imprese. Le imprese a controllo estero si sono salvate dalla distruzione di valore, grazie alla elevata redditività del capitale.

Se vogliamo parlare di numeri nel 2011, le esportazioni si sono mosse a velocità più che tripla rispetto alle vendite domestiche (+18,3% contro +5,5%): è cresciuto il fatturato dei settori che hanno beneficiato degli aumenti dei prezzi delle commodities di riferimento (metallurgia +20,2%; energetico +17,6%) e di quelli che hanno agganciato la domanda estera (gomma e cavi +20,2%). Anno negativo per elettrodomestici (-3,4%), stampa editoria (-1,7%), farmaceutico e cosmetico (-0,7%). In sostanza, l’industria italiana ha segnato nel 2011 un’ulteriore ripresa del fatturato (+9,2% sul 2010) ma non è sufficiente a raggiungere, seppure di poco, il livello pre-crisi del 2008 a causa della forte flessione del 2009. Ovvero, fare impresa non conviene.

Che cosa deve pensare di fronte a questi dati chi, invece, l’impresa la fa? Per vocazione – tanti, forse la maggior parte -, o per necessità – molti, soprattutto a causa della crisi che li ha sbattuti fuori dal mercato del lavoro come dipendenti? Che sono dei visionari, degli illusi, gente destinata al fallimento personale o professionale? Noi crediamo invece che dovrebbero pensare di essere dei privilegiati, gente che ha un’opportunità unica: quella di dare una direzione diversa al proprio destino contando quasi solo sulle proprie forze e il proprio ingegno. Resta da capire se e quanto lo Stato darà loro la possibilità di imboccare questa direzione diversa. Per ora, ci sembra, c’è ancora molto da fare…