Come si fa un piano di marketing?

Il piano di marketing è lo strumento indispensabile attraverso il quale tutte le imprese traducono in azioni concrete gli obiettivi della strategia di marketing. È costituito da un documento di pianificazione contenente la strategia e le azioni operative che l’azienda mette in campo per raggiungere i propri obiettivi. Lo scopo del piano di marketing è quello di dirigere, coordinare e tenere sotto controllo tutte le attività di marketing che l’impresa attua o prevede di attuare in un determinato periodo di tempo, mettendo in relazione i servizi o prodotti con il mercato di riferimento.

Come nasce il piano di marketing?

Prima di iniziare a scrivere un piano di marketing è necessario rispondere a tre indispensabili domande riguardanti la strategia aziendale:

  • qual è il business al quale l’azienda fa riferimento nel presente e anche nel futuro?
  • chi sono i potenziali clienti e quali saranno nel futuro?
  • cosa distingue l’impresa dai concorrenti sul mercato?

Nel momento in cui si hanno delle risposte a queste tre domande e si individua chiaramente qual è la mission dell’impresa, si potrà iniziare la stesura del piano di marketing.

Chi scrive il piano di marketing?

Difficilmente il piano di marketing viene redatto da una sola persona. Quasi sempre è il risultato del lavoro congiunto del dipartimento di marketing. Soprattutto nelle imprese più grandi, per arrivare a un piano di marketing strutturato e preciso è necessario il contributo dei reparti comunicazione, vendita e produzione. È altresì indispensabile avere una visione completa degli strumenti di marketing a disposizione dell’azienda, per capire come i risultati attesi possano essere raggiunti.

Come si articola il piano di marketing?

Il contenuto del piano di marketing è articolato in sei aree o step operativi. Lo schema è valido per tutti i contesti aziendali, sia che si tratti di un’intera azienda che di un reparto marketing, di un freelance o di un product manager. Quel che varia, invece, sono gli obiettivi, l’organizzazione del lavoro, le risorse e i tempi a disposizione.  I sei step sono:

  • analisi del contesto o definizione del mercato e delle opportunità di inserimento;
  • analisi della concorrenza e degli altri fattori esogeni;
  • strategia di marketing;
  • ricerca di mercato,
  • previsione di vendita;
  • analisi del punto di pareggio operativo.

Analisi del contesto o definizione del mercato e delle opportunità di inserimento

Innanzitutto è necessario analizzare il mercato di riferimento e le opportunità che lo stesso offre per l’inserimento. È indispensabile definire quali sono le barriere all’entrata nel marcato, le minacce e le opportunità. In questo primo step è opportuno anche definire l’analisi della domanda potenziale, qualitativa e quantitativa, nonché l’analisi dei dati del mercato e delle possibili segmentazioni della domanda e dell’offerta. L’analisi del contesto, dunque, implica il capire lo scenario in cui si opera e raccogliere tutte le informazioni necessarie per individuare quali saranno gli scenari futuri. Strumento indispensabile di questa fase è l’analisi Swot, ovvero il quadrante che riassume i punti di forza e di debolezza, le minacce e le opportunità, utile anche nella seconda fase del piano.

Analisi della concorrenza nel piano di marketing

La seconda fase del piano di marketing, quella dell’analisi della concorrenza e dei fattori esogeni, implica la necessità di dare risposte a tre domande fondamentali:

  • in cosa si differenziano i nostri prodotti o servizi rispetto a quelli dei competitor?
  • quali sono i nostri punti di forza e quali quelli di debolezza?
  • come i competitor affrontano le problematiche comuni?

Gli errori che si possono fare in questa fase sono quelli di dare scarsa importanza alla reazione dei concorrenti sul mercato e di sopravvalutare i punti di forza o di sottovalutare i punti deboli dell’azienda stessa.

Strategia di marketing

La fase di strategia di marketing, altrimenti conosciuta come “pianificazione strategica” o di “definizione del marketing mix”, è quella che prevede la definizione delle 4 P del marketing, ovvero Prodotto, Prezzo, Promozione e Place (distribuzione). È questa dunque la fase nella quale si definiscono i punti cruciali del marketing che l’azienda seguirà, passando anche dalle parole ai numeri, ovvero alla ripartizione dei budget e delle risorse assegnate a ciascuna delle attività pianificate e a quale prezzo si intenda vendere il prodotto o il servizio con il quale entrare nel mercato.

Ricerca di mercato e previsioni di vendita

Le ricerche di mercato e le previsioni di vendita permettono di dare maggiore credibilità al business plan, ovvero lo strumento redatto per chi decida di mettere in pratica un’idea imprenditoriale, valutandone la fattibilità economica e finanziaria. In questa fase, l’imprenditore riceve le prime valutazioni se l’idea imprenditoriale può funzionare o meno, con un’analisi più attenta degli obiettivi, delle strategie, delle vendite e delle previsioni finanziarie. L’imprenditore non ha solo una maggiore conoscenza della propria azienda ma inizia ad acquisire una maggiore consapevolezza del mercato di riferimento, arrivando a poter formulare delle vere e proprie previsioni sulle future vendite.

Analisi del punto di pareggio e rischio operativo

Il punto di pareggio nel piano di marketing fa riferimento all’analisi del reddito operativo, determinato dagli elementi strutturali (ovvero dalla capacità produttiva, dall’esperienza e dal grado di diversificazione), dai volumi di produzione e di vendita, dal livello dei prezzi costo e dal livello dei prezzi ricavo. Il reddito operativo può essere definito dal calcolo:

ricavi totali – costi totali di gestione  ovvero da RO = RT – CT.

Il punto di pareggio, espresso in volumi, è definito come il livello nel quale il reddito operativo è pari a zero, ovvero i ricavi totali eguagliano i costi totali. In tal caso i volumi di produzione eguagliano quelli di vendita e risultano conosciute le curve dei costi e dei ricavi.

Definito il piano di marketing non resta che partire

Definito il piano di marketing, gli obiettivi, gli strumenti e i tratti distintivi dell’azienda, non resta che partire. È necessario, dunque, mettere in pratica le strategie e monitorare i risultati ottenuti sul mercato. È indispensabile, per avere la situazione sotto controllo, che il piano di marketing abbia previsto, a priori, i key performance indicators (Kpi), che daranno risposte per valutare gli i risultati delle azioni di marketing e, in generale, degli investimenti fatti dall’azienda.

Crisi: 26.000 imprese in meno

Chiudono sempre più imprese, ne aprono sempre di meno. Nel primo trimestre 2012 la crisi si fa sentire duramente sugli imprenditori.

Secondo i dati di Unioncamere, da gennaio a febbraio le iscrizioni sono diminuite di 5mila unita’ mentre le cessazioni sono aumentate di ben 12mila unita’, con il risultato di un saldo del periodo pari a -26.090 imprese. Praticamente il triplo in meno rispetto ai primi tre mesi del 2011, quando erano mancate all’appello 9.638 imprese. In particolare si sono perse 10mila imprese al Sud, 15mila tra gli artigiani. Tengono solo societa’ di capitale (7.000 in piu’) e coop (1.000 in più).

In totale nel 2012, si e’ allargata la forbice della vitalita’ delle imprese tra chi sceglie di entrare sul mercato creando una nuova attivita’ (sono stati in 120.278 tra gennaio e marzo) e chi, al contrario, ne e’ uscito (in tutto, 146.368).

Fonte: confesercenti.it

Reggio Calabria: sostegno alle aziende

Sostenere le aziende e i futuri imprenditori che hanno difficoltà di accesso al credito ordinario, ovvero non bancabili, in questa fase di calo di fatturati e di stretta creditizia: è l’obiettivo del programma microcredito della Camera di Commercio di Reggio Calabria che ha stanziato 200mila euro, creando un fondo per garantire finanziamenti agevolati per un totale di 400mila euro.

Il programma camerale, operativo dal 2010, ha avuto un ottimo riscontro sul territorio reggino.

Il microcredito è rivolto a soggetti in difficoltà economica, e non bancabili, che desiderano creare o far crescere la propria impresa: persone fisiche, singole o in gruppo, e microimprese (ditte individuali, cooperative, società di persone) con sede legale e/o operativa nella provincia di Reggio. I microimprenditori interessati devono far domanda alla Camera di Commercio che, valutata la fattibilità del progetto, segnalerà i soggetti selezionati alla Banca Etica. Concesso il prestito, la Camera sosterrà la loro idea con un fondo di garanzia e un fondo per abbattere il tasso di interesse. Il finanziamento va da un minimo di 5mila a un massimo di 25mila euro e può essere dilazionato fino a 84 mesi. Non bisogna sostenere spese per la richiesta né per l’istruttoria e l’avvio della pratica, né per l’estinzione anticipata se effettuata dopo un anno dalla concessione. Deve essere restituito con rate mensili posticipate.

«Questo meccanismo di restituzione del prestito crea una sorta di fondo rotativo che si alimenta automaticamente e consente ad altri aspiranti imprenditori di accedere alla misura. In un momento in cui le banche sono poco propense a dare fiducia al mercato, la Camera di Commercio di Reggio Calabria riafferma e consolida la propria natura sociale di Ente che opera sul territorio a fianco delle aziende e che investe ingenti capitali per sostenere il loro mercato» ha dichiarato Lucio Dattola, presidente della Camera reggina.

È previsto un percorso di assistenza per verificare la sostenibilità dell’idea di impresa e la fattibilità del piano di restituzione del prestito, e per presentare la domanda e tutta la documentazione necessaria. Il bando integrale e la domanda sono reperibili sul sito della Camera di Commercio di Reggio Calabria.

Oltre al microcredito la Camera di Commercio ha attivato anche altre azioni per sostenere concretamente le imprese. Ha messo a disposizione un fondo di 400mila europer abbattere i tassi di interesse e, grazie all’accordo camerale con la Banca Popolare del Mezzogiorno, le neoimprese e le microimprese attive in provincia possono accedere a finanziamenti fino a 30mila euro con un abbattimento del tasso di interesse pari al 2% (elevato al 3% nel caso di nuove imprese, giovanili, femminili, innovative). Le domande vanno presentate alla Camera di Commercio, dopo la concessione del finanziamento da parte dell’istituto bancario.

Fonte: camcom.gov.it

Crescita del mercato biologico in Italia

di Caterina DAMIANO

Con il trend della salute e del benessere sempre in auge, il mondo vede accrescere un mercato che anche in Italia si rivela essere particolarmente redditizio: quello dei cibi biologici.

L’intero pianeta vede un incremento annuo di questo mercato del 7% e l’Europa e gli Stati Uniti fanno da capofila, contribuendo a quello che è un business da 19,4 miliardi di Euro. La diffusione del biologico, particolarmente in Italia, è dovuta all’associazione con il “sano”: non vengono infatti utilizzati pesticidi, e sia gli allevamenti che le agricolture biologiche sono mirati alla protezione dell’ambiente.

Le differenze di prezzo si notano, i cibi biologici non sono economici: eppure il mercato biologico è quello con i tassi più alti dell’intera industria alimentare, spiccando nel panorama mondiale. Questo è dovuto alla convinzione, spesso errata, che tra i cibi biologici e i cibi normali vi siano differenze di apporto vitaminico. In realtà, la scelta biologica dovrebbe essere legata più ad una questione etica ed ecologica, ma solo una minima percentuale dei consumatori effettua la scelta in base a queste motivazioni.

In Italia, il mercato biologico si trova a toccare le vette del miliardo e mezzo, ed è destinato a crescere, specie con l’aumento di aziende tutte nazionali che vanno d’accordo con l’88% degli Italiani che si battono per avere in tavola prodotti della propria patria, a scanso di eventuali problemi di salute dovuti ad epidemie straniere.

I consumatori del biologico sono di ambo i sessi: se le donne ricercano nei prodotti biologici la salute e la linea, gli uomini si rivolgono al settore per questioni per lo più sportive o di estetica, per l’alto contenuto di nutrienti . Anche questo contribuisce a rendere questo mercato in continua espansione, nonostante la crisi. A sottolineare, come sempre, che quando è ora di pensare al benessere e alla salute, l’Italiano non sente il disagio economico.

Trentino Sprint e Trentino Export: firmato il protocollo d’intesa

Trentino Sprint – azienda speciale della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trento, nata allo scopo di favorire i processi di internazionalizzazione delle imprese e di promozione dei prodotti della provincia di Trento – e Trentino Export – la cooperativa collegata a Confindustria Trento che ha lo scopo di promuovere l’esportazione dei prodotti delle imprese consociate e l’attività necessaria per realizzarla – hanno sottoscritto in mattinata un protocollo d’intesa che ufficializza una “fattiva collaborazione a beneficio di tutto il sistema di imprese trentino”.

“La Camera di Commercio di Trento – ha spiegato il Presidente Adriano Dalpez – proseguendo nell’impegno storicamente dedicato ai servizi per l’internazionalizzazione, ha indicato tra le priorità di intervento per il quinquennio 2009-2014 la volontà di creare le condizioni per un dialogo permanente con le Associazioni di categoria e le loro articolazioni. Uno dei nostri interlocutori principali non poteva che essere la cooperativa Trentino Export, soggetto operante da anni a sostegno delle imprese industriali della provincia di Trento”.

“Vi è sempre stata una proficua collaborazione tra Trentino Export e Trentino Sprint – ha sottolineato il Presidente Marco Stenico – e la firma di questo accordo, suggellando la volontà di proseguire nella strada intrapresa e sostenere sempre più l’export trentino, ne è la riprova. In un mercato ormai globale, l’export è diventato imprescindibile e il nostro impegno per sostenere le aziende trentine è stato e sarà sempre massimo. Da più parti si parla di fare sistema, in questo caso tra il mondo del privato e quello del pubblico, e questo ne è un esempio concreto.”

Le principali linee operative della collaborazione riguarderanno la partecipazione a eventi fieristici internazionali di interesse per l’intero sistema economico trentino e per le sue imprese in particolare; la realizzazione di incoming, workshop e incontri d’affari con operatori esteri su settori di particolare rilevanza per il comparto economico trentino; l’organizzazione congiunta di missioni promocommerciali; di “presentazioni Paese”, di attività di comunicazione e di ogni altro evento pertinente alle attività di internazionalizzazione del territorio trentino. Di comune accordo, saranno inoltre elaborati progetti di internazionalizzazione e individuate le priorità settoriali di intervento sulla base dei trend internazionali e delle congiunture economiche nazionali e locali, con particolare riferimento ai settori trainanti dell’economia trentina (agroalimentare, vitivinicolo, lapideo, edile, del legno e altri).

Il coordinamento tecnico dell’attività di collaborazione tra Trentino Sprint e Trentino Export sarà seguito dai direttori delle due strutture che riferiranno direttamente ai rispettivi Consigli di amministrazione.

Fonte: camcom.gov.it

“Datemi un punto di appoggio e solleverò il mondo”. Qual è la tua leva?

La frase pronunciata da Archimede parlando della leva rende bene come oltre alla consapevolezza di voler cambiare, la volontà duratura di attuare il cambiamento, occorra un’azione concreta che faccia da punto di appoggio per la metamorfosi di un’azienda artigianale in una PMI.

Qual è l’unicità della tua produzione o del tuo servizio? In che cosa ti distingui concretamente dai tuoi concorrenti? Qual è l’elemento che fa la vera differenza verso la tecnologia tradizionale del settore in cui operi?

Non parlo solo di output produttivo, parlo anche di processo industriale, di software sviluppati in casa, di competenze specifiche costruite sperimentando.
Non sempre le aziende artigianali brevettano quanto inventato. In altre parole, non creano una barriera all’ingresso da parte di altri concorrenti perché pensano che nessuno sia in grado di replicare quanto esse hanno sviluppato, se non a costo di ripetere tutti gli errori che l’azienda in questione ha incontrato e risolto con sforzi di ricerca e sviluppo e investendo tempo.

La leva non può essere il prezzo basso. Questo vale forse a tutt’oggi nella minuteria metallica, un settore dove il valore aggiunto è basso e dove importare dalla Cina, per ora, non è così conveniente soprattutto per i tempi di consegna e i costi di trasporto.

Ma questa azienda è esposta all’andamento delle aziende committenti che, a loro volta, subiscono l’andamento del cliente finale e del mercato. Quindi la loro posizione è debole.

Queste aziende artigiane sono alla fine della filiera, sono terzisti che subiscono le decisioni di altri. Non parleranno mai al cliente finale. Il loro interlocutore è un committente di primo o secondo livello ed è quest’ultimo che detta il prezzo di acquisto e i tempi di consegna.

L’azienda artigianale di qualità o hi-tech deve essere in grado di individuare l’elemento o una composizione di elementi che possono trasformarla in una “boutique” super specializzata.

Faccio un esempio concreto. Un’azienda artigiana afferma di aver sviluppato un know-how unico al mondo nell’incisione laser di stampi in 3D. Questo know-how è veramente unico? Sostituisce o si affianca a tecnologie più tradizionali? C’è richiesta di mercato per l’applicazione di questo know-how? A quanto posso fatturare questa unicità? Come posso raggiungere i clienti finali interessati alla mia invenzione o innovazione?

Il primo passo è comunicare questa specificità al mondo interessato. Ma per comunicare qualcosa ho bisogno di nominarla. Non possono dire: “Noi siamo gli unici a possedere queste macchine“, “Solo noi abbiamo sviluppato un tecnologia di incisione unica“. Questa non è comunicazione. Si può comunicare solo qualcosa che si riesce a definire in modo specifico.

Nel caso citato, l’azienda hi-tech ha coniato il termine Design Rendering Engineering (DRE), sotto il quale ha raccolto tutto il suo know-how di progettazione e di produzione basato sia sullo sviluppo di software che di hardware. Oggi la sua comunicazione, via media di settore, web e web 2.0, punta sull’affermazione del DRE. Nome che è stato registrato. “Senza il DRE sono solo macchine“, è un concetto che oramai distingue questa azienda da tutta una miriade di artigiani che pullulano nel settore dell’incisione (chimica) di stampi.

Hanno trovato la differenza, le hanno dato un nome e la comunicano. Questa è una leva vera per fare sviluppo.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up.Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching ( start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.

Firenze, frenano i mercati rionali e settimanali

Cala in media dell’11% nel 2009 il giro d’affari dei mercati settimanali e rionali a Firenze, con un ribasso che, nel caso del settore moda, arriva a toccare il 14% nel settore moda. Lo segnala una ricerca compiuta dall’Osservatorio del commercio su area pubblica, con Anva-Confesercenti,  Fiva-Confcommercio, Cisl ambulanti e Cna, e con il contributo  della Provincia di Firenze.

Mentre rimane immutato il volume degli acquisti, aumentano il costo dei magazzini (+7%) e i costi fissi (+5%): una disparità che ha come conseguenza un calo degli utili del 9%.

La ricerca ha riguardato i 176 mercati della provincia di Firenze: 35 a cadenza giornaliera, 127 settimanali e 14 mensili. Nei comuni della provincia due clienti su tre sono donne, così come i clienti residenti nel comune. A Firenze, la percentuale femminile sale al 74% e i clienti-residenti all’87%. I frequentatori dei mercati sono per la maggior parte impiegati (42%) e casalinghe (32%) in provincia, mentre nel capoluogo quasi la metà è formata da pensionati.