Milano Moda Donna e filiera moda lombarda

Cresce l’attesa per le sfilate di Milano Moda Donna e, insieme ad essa, crescono anche i numeri relativi alla filiera moda italiana. Un settore che è il fiore all’occhiello della piccola e media impresa e che, nei giorni delle sfilate milanesi, porta sotto i riflettori il contributo che le regioni italiane, la Lombardia ospite in primis, portano alla filiera moda nazionale.

Secondo un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Istat e dati del registro delle imprese al secondo trimestre 2015 le imprese attive nella filiera moda sono 36mila in Lombardia, con circa 200mila addetti. A Milano ci sono 13mila imprese, con 84mila addetti; a seguire, in regione, Brescia, Varese e Bergamo con circa 4mila imprese ciascuna. Quasi 20mila addetti tra Como, Bergamo, Varese e Brescia.

Un importante contributo alla causa lo danno le imprese femminili, che in generale, nella filiera moda, rappresentano una percentuale significativa, ancora di più in Lombardia, dove sono quasi una su due. Sono infatti più di 13mila le imprese della filiera moda a conduzione femminile in Lombardia, pari al 38% del totale regionale e contribuiscono per una buona fetta all’interscambio lombardo nella filiera moda, che nei primi sei mesi del 2015 è stato di 10,8 miliardi, di cui 6,1 di export.

E, a proposito di export, la filiera moda italiana e lombarda cercano di riprendersi un posto al sole. Nello specifico, l’export lombardo è in aumento verso il continente asiatico (+20%) e verso quello americano (+13%), tanto che, sul totale nazionale, la Lombardia vale da sola il 23% delle esportazioni e il 28% delle importazioni.

Nel dettaglio, metà delle esportazioni della filiera moda regionale parte da Milano, per un controvalore di 3 miliardi; tra le province che esportano di più anche Como (770 milioni), Varese (475 milioni), Bergamo (459 milioni) e Mantova (411 milioni). In totale, cresce dell’11,6% l’import regionale e del 2% l’export.

Un 2015 in affanno per la filiera della tessitura

La settimana che inizia oggi ci porta dritta dritta all’appuntamento con le sfilate di Milano Moda Donna e, come spesso accade, diventa l’occasione per fare il punto sullo stato di salute della filiera moda italiana.

Un settore industriale che è fatto di molte realtà, tra le quali una delle più significative è quella della filiera della tessitura, che purtroppo sta vivendo un 2015 in chiaroscuro dopo i buoni risultati registrati durante il 2014. Lo ha certificato il centro studi di Smi – Sistema moda Italia, elaborando i dati Istat relativi ai primi due trimestri del 2015, registrando un rallentamento generalizzato sui vari indicatori.

Secondo le elaborazioni di Smi, dopo sette trimestri (tutti quelli del 2014 e il 2°, 3° e 4° del 2013) nei quali vi è stata una crescita della produzione da parte della filiera della tessitura caratterizzati da una crescita della produzione del settore, i primi due trimestri del 2015 hanno riportato rispettivamente un calo del 4,7% e uno del 3,6%, che hanno portato la contrazione della filiera della tessitura nel primo semestre 2015 a -4,1% rispetto al primo semestre 2014.

Dati che, a differenza di altri settori, per la filiera della tessitura hanno risentito negativamente di un export molto debole nei primi 5 mesi dell’anno, con un -4,9% delle vendite verso i Paesi dell’Ue. Deboli anche le importazioni per la filiera della tessitura, calate di un complessivo 4%, figlio della contrazione dei mercati intra-Ue (-2,8%) ed extra-Ue (-4,6%). Basti dire che l’export della filiera della tessitura è stato negativo verso tutti i 3 maggiori e storici partner commerciali: Germania (-8,3%), Romani (-4,3%) e Francia (-1,3%). Note positive, per fortuna, da Stati Uniti (+15,2%), Cina (+12,7%), Hong Kong (+9,8%), Turchia (+2,9%) e Portogallo (+2,1%).

Del resto, la filiera della tessitura arrivava da anni di performance più che positive. Alla fine del 2014 il settore aveva riportato un fatturato di circa otto miliardi di euro, +3,3% rispetto al 2013, con un valore della produzione salito del 2,5% a 6,1 miliardi di euro, così come quello delle esportazioni (+2,9%, a 4,4 miliardi): dati che avevano portato il saldo commerciale con l’estero in attivo per ben 2,3 miliardi di euro.

Quello però che preoccupa gli operatori della filiera della tessitura italiana è che il rallentamento del primo semestre del 2015 potrebbe alla lunga interessare l’intero anno, vanificando i segnali di ripresa che l’economia generale lascia intravedere.

Filiera moda alla prova della Milano Fashion Week

Si aprirà il 25 febbraio la settimana della moda donna a Milano, ormai nota internazionalmente come Milano Fashion Week. Un appuntamento irrinunciabile per gli appassionati di moda, i blogger, i buyer e soprattutto per le migliaia di imprese della filiera moda che rappresentano lo scheletro su cui i grandi brand e i grandi stilisti costruiscono le loro fortune.

Naturalmente, a farla da padrona durante la settimana è la città di Milano, che ospita la Milano Fashion Week ma svariate aziende della filiera moda, come ha rilevato la locale Camera di Commercio elaborando i dati Istat per i primi 9 mesi del 2014, 2013 e 2012.

Dall’analisi della Camera di Commercio di Milano emerge che la moda “made in Milan” piace all’estero, tanto che in due anni l’export è cresciuto del +10%, in un anno del 3%. Si è passati dai 3,6 miliardi dei primi nove mesi 2012 cubati dalla filiera moda ai 4 miliardi dello stesso periodo del 2014: quattrocento milioni in più in nove mesi.

Su base annuale, l’incremento corrisponde a mezzo miliardo in più di vendite. Su un totale italiano di 35 miliardi di export, la filiera moda di Milano pesa l’11%, mentre Firenze e Vicenza, con 3 miliardi di export ciascuna, hanno una parte importante negli scambi esteri di settore.

Il prodotti della filiera moda milanese si diffondono all’estero in due anni grazie ai mercati dell’Asia orientale e della Cina, con 200 milioni di richieste in più, in particolare dalla Cina (114 milioni in più) e da Hong Kong (89 in più). Seguono Stati Uniti (60 milioni in più) e Unione Europea (64 milioni), con la sola Francia che ha richiesto 36 milioni in più.

Interessanti i dati sulle destinazioni dei prodotti della filiera moda italiana, divisi per tipologia di prodotto. Il “made in Italy” di moda vede protagonista la Francia per i tappeti (il 14% di tutta la richiesta di tappeti italiani) e indumenti da lavoro (19%), la Germania per il tessuto non tessuto (20%), il Regno Unito per maglieria (9%) e intimo (8%), la Grecia per lo spago (5%), il Portogallo per il cuoio (5%), la Spagna per l’intimo (8%), la Repubblica Ceca per il tessuto non tessuto (6%), l’Africa Settentrionale per maglia (10%) e spago (10%), l’America del nord per i tessili (11%) e la pelle (13%), il Medio Oriente per i tappeti (11%), l’Asia Orientale e la Cina per pelle (22%), accessori (28%) e pelliccia (24%).

Romney Gate, quando è meglio tacere (in convento)

 

Anche il candidato repubblicano d’America Mitt Romney cade nella trappola del web. Un video scovato in rete da un non proprio sconosciuto ragazzotto ‘disoccupato’ (è il nipote di Jimmy Carter) e pubblicato sul sito di Mother Jones ha scosso l’America da nord a sud. Nel mirino le dichiarazioni taglienti e per niente democratiche del candidato un po’ troppo imprudente. Talvolta nella vita è meglio tacere, e lo sa bene Luigi Lusi, l’ex tesoriere furbetto della Margherita, che farà del silenzio la sua nuova ragione di vita. A meno che i muri del convento non inizino a parlare.

IERI

Lusi in convento: si prepara ad indossare sandali e saio in un monastero abruzzese l’ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi accusato di associazione a delinquere per aver sottratto dalla casse del partito oltre 25 milioni di euro. Non potrà avere telefono né internet e gli sarà concessa una visita settimanale con moglie e la figlia di 2 anni. L’istanza di scarcerazione è stata accolta dal gip di Roma, dopo il no del Tribunale del Riesame che aveva negato la scarcerazione lo scorso 4 settembre. Il nome della nuova casa che accoglierà il senatore? Il monastero di Santa Maria dei Bisognosi di Carsoli. Nomen Omen. E Mentana su twitter già ipotizza la nascita di un best seller: da ‘Il nome della Rosa’ a ‘ Il nome della Margherita’.

Closer condannato: vietata la stampa di nuove copie e la vendita ad altre testate degli scatti incriminati che ritraevano la Duchessa Kate in uno ‘scabrosissimo’ topless. La rivista francese Closer, del gruppo Mondadori, dovrà riconsegnare al più presto gli originali digitali delle fotografie, pena una multa di almeno 10mila euro per ogni giorno di ritardo. Quando si dice tette a peso d’oro. Intanto scatta la caccia al paparazzo misterioso: sarà una donna? Quale la sua taglia di reggiseno?

Fs versus Ntv: un tenzone che ribatte ad altissima velocità. E’ quello che ha visto coinvolti ieri alla Fiera del trasporto di Berlino, Giuseppe Sciarrone, ad di Ntv e Mario Moretti, amministratore delegato di Fs-Trenitalia. Italo più veloce del Frecciarossa? Non ci sta l’ad di Fs, che ribatte ‘i più veloci siamo noi’. Italo punta a un Milano- Roma da 2 ore e 15 minuti, e Fs rilancia con il Frecciarossa 1.000 in grado di raggiungere i 400 km all’ora. Ma di chi sarà la Ferrari più veloce? Quando un po’ di sana concorrenza fa bene al mercato (e ai passeggeri).

OGGI

Romney Gate: un video diffuso a puntate dal sito del mensile Mother Jones, bibbia della controcultura americana, che rischia di diventare il vero feuilleton delle campagne presidenziali Usa. E di spezzare le ali bianche di Mitt Romney. Il video ritrae il candidato repubblicano alla Casa Bianca mentre, ospite a cena di un ricco finanziare lo scorso maggio, si lascia andare in esternazione non proprio politically correct: prima affermando che “il 47% degli americani che hanno votato Obama sono dei poveri parassiti per lo Stato” poi rincarando la dose con “i poveri sono perdenti senza speranze”, per concludere con una boutade sui palestinesi: “gli israeliani guadagnano il doppio di loro perché sono istruiti”. Lo scoop sarebbe venuto a galla grazie all’intervento di Carter jr, nipote dell’ex Presidente Jimmy Carter, che ha ripescato il video in rete e ha contattato Mother Jones per segnalarlo. Ma da maggio a settembre nessuno prima d’ora si era accorto della patata bollente del web? Poco importa, anche se la vicenda, con le dovute proporzioni, ricorda almeno nella tempista l’affaire tutto italiano Favia.

Milano Moda Donna: al via oggi la passerella milanese. Si parte con le sfilate di Gucci, Richmond, Alberta Ferretti e Scognamiglio. I numeri? 70 sfilate, 53 presentazioni su appuntamento per un totale di 131 collezioni dedicate al pret-à-porter donna per la prossima primavera estate 2013. E a sfilare per Parah New Generation domenica al Superstudio13 di Via Tortona sarà la consigliera comunale Nicole Minetti. Virginia Raffaele ne avrà già in sembro un’imitazione per Quelli che il calcio domenica prossima?

DOMANI

X Factor 6: al via domani sera su Sky Uno l’edizione numero 6 del talent canoro più famoso della televisione italiana. Confermata l’equipe di giudici: Morgan, Arisa, Simona Ventura e Elio. Anche se i concorrenti d’ora in poi avranno a che fare oltre che con giudici e televoto con ‘l’applausomento’: il nome non sarà dei più accattivanti, ma il tentativo punta al coinvolgimento sempre maggiore dei social network (Facebook e Twitter) per decretare il vincitore dello show. Latitano gli I like.

Alessia CASIRAGHI

Moda, Milano veste l’Europa

Scatta oggi l’ennesima edizione di Milano Moda Donna e, ora più che mai, la Lombardia si conferma la regione che, nel vero senso della parola, veste l’Europa. È infatti prima con circa 28mila imprese nei settori abbigliamento, tessile e moda, il 6,2% del totale continentale; una cifra che la mette al pari di interi Paesi, tanto che in una classifica nazionale si posizionerebbe al sesto posto, dopo Italia, Francia, Polonia, Spagna, Portogallo. In Italia ha sede un’impresa su tre di quelle europee del settore: circa 140mila su 450mila. Sono numeri che emergono da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Eurostat 2010 su oltre 200 regioni europee.

Per lo shopping al femminile, solo New York risulta più conveniente di Milano, mentre Parigi risulta sullo stesso livello (596 euro). Più costose le altre città: in Europa si passa ai 688 euro di Londra, ai 727 euro di Berlino e ai 788 euro di Madrid.

E vale un miliardo all’anno l’indotto dal turismo per shopping a Milano, grazie a una competitività sui prezzi e sulla qualità che paga.

L’intero comparto della moda e del design (che comprende l’industria del tessile, dell’abbigliamento, concerie, gioielleria e bigiotteria, commercio al dettaglio di abbigliamento, studi di architetti e attività di design legato alla moda) è costituito a Milano e provincia da quasi 15mila imprese, pari al 4,7% del totale nazionale. Il solo settore “industriale” della moda a Milano è costituito da 495 imprese di gioielleria, 270 di bigiotteria, 1.031 di industria tessile, 2.649 di articoli di abbigliamento, 971 di pelletteria.

Il settore del commercio al dettaglio arriva a 3.383 negozi di abbigliamento, 774 di calzature, 2.600 di ambulanti. Se si considerano gli studi di architetti (e ingegneri) e quelli di design, il peso di Milano sul dato nazionale cresce ancora di più: a Milano e provincia ci sono quasi 1.700 studi di architetti e tecnici (il 13,3% del totale italiano) e circa 550 attività di design, oltre una su 8 in Italia.

Laura LESEVRE