Gestione Separata INPS: come vengono accreditati i contributi?

I professionisti non iscritti a un albo professionale, e quindi a una cassa previdenziale specifica, sono tenuti a versare i contributi alla Gestione Separata INPS, molti si chiedono: come vengono accreditati i contributi alla Gestione Separata INPS?

La disciplina prevista per accreditare i contributi alla Gestione Separata INPS

Sappiamo tutti che per maturare il diritto alla pensione è necessario versare i contributi e che un anno di contributi corrisponde a 52 settimane con contratto full time. Diventa però difficile determinare il valore dei contributi quando si tratta di professionisti che non hanno un contratto che prevede un numero di ore specifico di lavoro. In questo caso occorre tenere in considerazione il reddito prodotto cercando di determinare una sorta di tariffa che faccia maturare diritti mensili. Ricordiamo che i contributi alla Gestione Separata INPS sono pagati in percentuale al reddito prodotto.

La prima norma a cui far riferimento è la legge 335 del 1995 che all’articolo 2 comma 29 prevede che il lavoratore iscritto alla Gestione Separata INPS ha diritto all’accreditamento dei contributi mensili relativi a ciascun anno solare a cui si riferisce il versamento. La  base su cui effettuare il calcolo è la stessa utilizzata per il calcolo delle imposte dul reddito.

Affinché però sia accreditato l’intero mese è necessario che l’importo corrisposto non sia inferiore al minimale di reddito previsto dall’articolo 1 comma 3 della legge 233 del 1990. Il comma stabilisce che “Il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali dovuti alle gestioni di cui al comma 1 da ciascun assicurato e’ fissato nella misura del minimale annuo di retribuzione che si ottiene moltiplicando per 312 il minimale giornaliero stabilito, al 1 gennaio dell’anno cui si riferiscono i contributi”.

Il minimale e il massimale contributivo

Facendo l’esempio concreto, il minimale contributivo previsto per il 2022 è di 15.953 euro, mensilmente 1.329,42 €. Versando i contributi corrispondenti a tale reddito, si ottiene l’accreditamento di un anno di contributi INPS . Tali importi variano di anno in anno in base all’inflazione, le revisioni sono normalmente fatte dall’INPS. Nel caso in cui si maturi un importo inferiore, le somme vengono accreditate in proporzione alla somma versata a partire dall’inizio dell’anno solare. Questo implica che può capitare di lavorare per 12 mesi, ma maturare contributi corrispondenti a un periodo inferiore, ad esempio 10 mesi. Tali 10 mesi vanno poi sommati ai mesi accumulati in precedenza e in futuro ai fini della maturazione dei diritti previdenziali e assistenziali.

La normativa prevede anche che, nel caso in cui il contribuente riceva redditi superiori al minimale, basteranno solo una parte dei mesi dell’anno per maturare il requisito contributivo annuale. Nella Gestione Separata INPS è inoltre previsto un massimale contributivo, lo stesso subisce modifiche di anno in anno, attualmente 103.055 euro. Raggiunta tale somma, il contribuente non è più tenuto al versamento dei contributi alla Gestione Separata INPS.

Se nello stesso anno sono instaurati anche altri rapporti di lavoro subordinato o che danno diritto all’iscrizione in gestioni speciali, i redditi non sono cumulati e gli assicurati hanno massimali distinti.

Quanto occorre versare per avere l’accreditamento di un anno di contributi?

Dobbiamo ricordare che la Gestione Separata INPS prevede diverse aliquote contributive a seconda della situazione del singolo soggetto. Vedremo ora quanto spetta versare come contributi INPS al fine di avere l’accreditamento di un anno di contributi.

Le aliquote sono:

  • 34,23% per i professionisti non assicurati presso altre forme pensionistiche e che hanno diritto a percepire la DIS-COLL. Costoro dovranno versare € 5.460,71 per avere l’accreditamento di un anno di contributi alla Gestione Separata INPS;
  • 33,72% per collaboratori e figure assimilate non iscritti ad altre gestioni pensionistiche e che non versano la maggiorazione DIS-COLL, in questo caso il versamento per veder accreditato un anno di contributi è 5.379,35 ;
  • 25,98% per professionisti non assicurati ad altre forme pensionistiche obbligatorie, in questo caso il contributo minimo è € 4.144,59;
  • 24% per professionisti che siano titolari di pensione o con altra tutela pensionistica obbligatoria. Il contributo previsto è di € 3.828,72.

Se vuoi sapere se devi iscriverti alla Gestione Separata INPS, leggi l’articolo: Gestione Separata INPS: chi deve iscriversi?

Per ulteriori approfondimenti: Pensione Gestione Separata INPS: misure, requisiti e particolarità

 

Minimale contributivo, come incide sulla pensione?

Il minimale contributivo rappresenta lo stipendio minimo da prendere in considerazione per il calcolo dei contributi previdenziali e assicurativi che, il datore di lavoro deve versare all’INPS in relazione alla prestazione svolta dal dipendente.

L’individuazione del minimale contributivo viene effettuata dal CCNL. Qualora le retribuzioni indicate negli altri accordi o nel contratto individuale siano minori non vengono presi in considerazione. Accade il contrario, se gli importi risultino maggiori da quelli indicati dai contratti collettivi di riferimento.

Per l’anno 2021, la legge prevede che il trattamento minimo mensile pensionistico a carico del fondo pensioni lavoratori dipendenti sia pari a 515,58 euro al mese, con un minimale di retribuzione giornaliera da assoggettare a contribuzione, pari al 9,50%, ossia a 48,98 euro al giorno. Per quanto concerne il lavoro a tempo parziale, il minimale retributivo viene ricalcolato in base alle ore di lavoro svolto.

Il minimale di retribuzione mensile è pari per il 2021 a 1.273,48 euro. Il datore di lavoro non è obbligato all’osservanza del minimale contributivo se versa dei trattamenti integrativi di prestazioni mutualistiche d’importo inferiore al minimo.

La retribuzione minima per l’accredito di un anno di contributi

Il minimale retributivo non deve essere confuso con la retribuzione minima per l’accredito di un anno intero di contributi presso l’Inps. Infatti, tale retribuzione corrisponde al minimo imponibile da raggiungere, affinché tutte le 52 settimane dell’anno sia riconosciute ai fini pensionistici: il limite settimanale per l’accredito dei contributi è pari al 40% del trattamento minimo mensile.

Il valore della retribuzione minima 2021 per la rilevanza integrale dei contributi ai fini del trattamento pensionistico è pari a 206,23 euro/settimana (515,58 x 40%); in un anno, è necessario raggiungere uno stipendio di almeno 10.724 euro al lordo della contribuzione.

Ciò vuol dire che i contributi versati (considerando mediamente per i dipendenti un’aliquota del 33%) debbano corrispondere ad un minimo di 68,06 euro/settimana (3.538,94 euro/anno). Se così non fosse, l’anno lavorato non verrebbe calcolato integralmente ai fini della pensione.

Il datore di lavoro è obbligato al calcolo dei contributi sul minimale giornaliero ma non è tenuto a calcolarli sulla retribuzione minima per l’accredito di un anno di contribuzione.

Se il rapporto è a tempo parziale, il problema si pone, considerando che il minimale contributivo è su base oraria, può accadere che non si raggiunga l’accredito di un’intera settimana di contributi. La contribuzione utile al diritto alla pensione, in questo caso, viene calcolata in proporzione a quanto versato, e il dipendente potrebbe vedersi riconosciute meno di 52 settimane nell’anno, pur avendo lavorato continuativamente per 12 mesi.

Dal 2021 la stessa disposizione viene applicata anche ai lavoratori a tempo parziale misto/verticale, considerando utili ai fini del trattamento pensionistico anche le settimane non lavorate. I lavoratori per cui risultano delle settimane non lavorate non solo nell’ambito dell’articolazione dell’attività, ma anche per altre cause, devono presentare un’apposita domanda all’INPS. Lo stesso vale per i rapporti di lavoro cessati o trasformati a tempo pieno.

Il lavoratore può comunque integrare la contribuzione versando i contributi volontari sulle settimane scoperte, o chiedendone il riscatto.

Minimali contributivi 2021: a chi non spettano

Il minimale contributivo e la retribuzione minima per l’accredito di un anno di contributi non si applicano nei confronti di:

  • lavoratori domestici
  • operai agricoli
  • apprendisti

Aliquota aggiuntiva dell’1% per il 2021

Ai lavoratori dipendenti pubblici o privati i cui imponibili previdenziali superano la prima fascia di retribuzione pensionabile, e che subiscono le trattenute Inps in base a un’aliquota inferiore al 10%, è dovuta un’aliquota aggiuntiva pari all’1% che si applica sulle quote di retribuzione eccedenti il valore della prima fascia di retribuzione pensionabile.

Per il 2021, il limite per rientrare nella prima fascia di retribuzione pensionabile è pari a 47.379 euro annui; l’aliquota aggiuntiva dell’1% deve essere quindi applicata sulla quota di retribuzione eccedente questo tetto retributivo che, rapportato a dodici mesi, è pari a 3.948 euro.