Home Restaurant: Cesarine per la tutela del patrimonio enogastronomico

Molti pensano che l’home restaurant sia una novità importata dagli USA, sicuramente lo è nella attuale versione molto in voga, ma c’è una tradizione che in pochi conoscono e che può offrire ottimi spunti, sia a chi ha la passione per la cucina, sia a chi vuole gustare piatti tipici in un’atmosfera conviviale: sono le Cesarine.

Chi sono le Cesarine

Le Cesarine sono difficili da classificare dal punto di vista dell’impresa, infatti possono essere considerate un mix di diverse forme di impresa: dal franchising all’home restaurant, passando per le start up innovative con una forte impronta tradizionale e l’associazionismo. Come si può vedere sembrano esperienze del tutto in contrasto tra loro, ma in realtà il risultato finale sembra essere molto armonico anche se il successo è sviluppato soprattutto in ambito internazionale.

Le Cesarine sono donne, ma anche uomini, che aprono le loro case, e sopratutto le loro cucine, agli ospiti, ma hanno una particolarità cioè sono inserite in un percorso volto alla salvaguardia, diffusione, protezione delle tradizioni culinarie locali. Una sorta di depositari di antiche tradizioni culinarie che mettono a disposizione il loro sapere e la loro arte.

Il termine Cesarine indica le antiche massaie romagnole, oggi si tratta di una rete di cuoche e cuochi selezionate da home food, un’associazione nata da un’idea dell’antropologa Egeria di Nallo con il patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole nel 2004 e dell’Università di Bologna. Nel tempo hanno iniziato a patrocinare tali attività anche le Regioni e questo perché l’obiettivo principale è la tutela del patrimonio enogastronomico, ma anche un uso consapevole delle risorse, ricordiamo che la cucina tradizionale prevedeva che nulla fosse buttato, il cibo veniva riutilizzato, (pane raffermo, avanzi di verdure, croste di formaggio), tutto era reso unico e saporito dalla sapienza delle massaie. Il cibo inoltre consente di creare un ponte con il passato, di leggere la storia dei popoli attraverso la tavola. Il mix di esperienze diverse come si può notare comprende anche il connubio tra iniziativa privata e pubblica.

Home Restaurant all’italiana

Si tratta quindi di un home restaurant, ma tutto italiano. Non ci sono particolari vincoli particolari da rispettare, ogni cuoco mantiene una certa autonomia,  ma nella maggior parte dei casi chi sceglie di offrire questo percorso procede a un’attenta selezione delle materie prime, spesso sceglie ingredienti bio e a km 0. Naturalmente quando si decide di fermarsi dalle Cesarine per un pranzo, cena, merenda, non si va con il solo intento di mangiare, ma si scava nella storia dei piatti, nelle tradizioni, si viene accolti in ambienti rustici che raccontano molto delle antiche tradizioni italiane, perché da cosa un popolo mangia si capisce molto. Spesso la prenotazione può avere ad oggetto anche il momento della preparazione dei piatti, quindi un’esperienza che va oltre il consumare cibo.

Dietro i piatti della tradizione ci sono storie sempre molto particolari, come quella dello zampone, del panettone, del babà, piatti nati per caso o per necessità, ma che parlano di tempi antichi e vicende storiche. Di queste storie le Cesarine ( e i Cesarini) sono portatori e protettori.

Successo internazionale per Le Cesarine

Le Cesarine, sebbene siano poche conosciute in Italia perché se ne parla poco, hanno un realtà un riscontro a livello internazionale di una certa importanza e infatti più volte hanno ottenuto spazio e visibilità sul New York Times, sono state spesso ospiti nelle sedi Google in qualità di ambasciatrici della cucina italiana.

Dal 2019 il network delle Cesarine è entrato a far parte della comunità diffusa Slow Food per la salvaguardia della cucina tradizionale italiana. Per svolgere il loro lavoro, o meglio per essere trovate da chi vuole un’esperienza presso una di queste case, hanno sviluppato una piattaforma in cui le Cesarine vengono presentate, quindi anche i turisti possono scegliere l’esperienza che più reputano interessante oppure possono programmare un vero tour esperenziale lungo lo stivale.

Come diventare Cesarine

Per chi fosse interessato a diventare una Cesarina, o un Cesarino, basta inviare una richiesta attraverso il form online presente sul sito.

Occorre subito sottolineare che trattasi di un’attività che può essere considerata di ristorazione, di conseguenza avere non semplicemente competenze in cucina regionale e una buona capacità di cucinare, ma anche un certificato HACCP, degli spazi sufficienti ad ospitare persone, di solito i gruppi non superano le 10 persone, resta un’attività ristretta di home restaurant e non un vero ristorante. Siccome nella maggior parte dei casi gli ospiti sono turisti stranieri, occorre anche avere una buona padronanza della lingua inglese.

Nel 2020 le Cesarine inoltre hanno provato una nuova esperienza e cioè le lezioni online di cucina tipica, un modo per restare a galla nonostante le restrizioni del Covid.

Questa esperienza potrebbe essere la scelta giusta per aprire un home restaurant e se hai conoscenza e passione per la cucina tradizionale.

Se vuoi saperne di più sulla normativa per aprire un home restaurant, leggi l’articolo: Home Restaurant: come aprirlo, norme in vigore e disegni di legge

Voglio il made in Italy. E lo pago

Gli italiani vogliono il made in Italy e, per averlo, non badano a spese. È questo il succo di una consultazione pubblica online che è stata svolta sul proprio sito dal ministero delle Politiche Agricole. Il tema era quello dell’etichettatura dei prodotti agroalimentari e la consultazione, tenutasi da novembre 2014 a marzo 2015, ha coinvolto oltre 26mila utenti. I risultati sono stati resi noti da poco e sono un plebiscito per il made in Italy: l’82% dei partecipanti si è detto infatti disposto a spendere di più di fronte alla certezza della provenienza italiana di quanto acquista.

L’iniziativa del ministero prende spunto dal regolamento comunitario n. 1169/ 2011 che consente ai singoli Stati di introdurre norme nazionali proprie in materia di etichettatura obbligatoria di origine geografica degli alimenti se i cittadini esprimono, in una consultazione, parere favorevole sulla rilevanza delle dicitura di origine ai fini di un acquisto informato e consapevole. Un regolamento dal quale il made in Italy dovrebbe uscire rafforzato.

Esulta Coldiretti, da sempre in prima linea per la tutela dell’agroalimentare italiano a partire dalla sua etichettatura, che ha commentato così il risultato per bocca del suo presidente, Roberto Moncalvo: “Il fatto che l’82% degli italiani è disposto a spendere di più per avere la certezza dell’origine e provenienza italiana del prodotto alimentare che acquista e tra questi quasi la metà (40%) è disposto a pagare dal 5 al 20% in più e il 12% oltre il 20%, dimostra che in una situazione di difficoltà economica bisogna portare sul mercato il valore della trasparenza a vantaggio dei consumatori e dei produttori agricoli, con l’introduzione dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza per tutti i prodotti alimentari”.

In più, prosegue Moncalvo a sostegno del made in Italy, “non è un caso che secondo la consultazione pubblica online del Ministero l’89% dei consumatori ritiene che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero caseari, l’87% per le carni trasformate, l’83% per la frutta e verdura trasformata, l’81% per la pasta e il 78% per il latte a lunga conservazione“.

Del resto, in materia di tutela del made in Italy, sempre Coldiretti segnala “che per l’84% dei consumatori è fondamentale che nell’etichetta ci sia il luogo di trasformazione. Nel momento dell’acquisto, per 8 persone su 10 è decisivo che il prodotto sia fatto con materie prime italiane e sia trasformato in Italia, a seguire il 54% controlla che sia tipico, il 45% verifica la presenza del marchio Dop e Igp, mentre per 3 su 10 conta che il prodotto sia biologico”.

Vino Dop e Igp, un po’ di chiarezza

Una delle eccellenze dell’agroalimentare italiano, il vino, è anche al centro di uno dei settori, quello enologico, maggiormente normato e, a tratti, poco chiaro proprio per l’eccessiva ricchezza di norme. Ora il ministero delle Politiche agricole, su sollecitazione di Coldiretti, ha emanato una circolare esplicativa con la quale sancisce che la regione o la provincia di produzione di un vino Dop o Igp potranno apparire “in chiaro” sull’etichetta.

In questo modo si semplifica l’uso dei nomi geografici del vino, a beneficio del lavoro delle aziende vitivinicole e dei consumatori. La circolare in questione, emanata sul finire del 2014 (esattamente il 31 dicembre) chiarisce che i disciplinari di produzione di un vino a Dop e Igp possano decidere a priori le condizioni per l’impiego di nomi geografici più ampi; però, qualora mancassero queste indicazioni puntuali, le cantine potranno aggiungere il territorio, la provincia o la regione di appartenenza del vino purché rimpiccioliscano i caratteri di stampa ed evitino “forme ingannevoli o descrittive enfatiche o evocative”.

Soddisfatta Coldiretti, che sottolinea come questa circolare riempia un vuoto normativo che in taluni casi aveva già generato dei casi di non conformità da parte di produttori che, sul loro vino, avevano applicato etichette giudicate non regolari, solo perché specificavano meglio la zona di produzione, senza danneggiare comunque la necessaria tutela della Dop o della Igp.

Nasce la Cabina di Regia sulla Pasta

È una delle eccellenze dell’agroalimentare italiano, la pasta. Ecco perché il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina e il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi hanno istituito la Cabina di Regia sulla Pasta, che ha molteplici obiettivi: promuovere e sostenere la competitività dell’intera filiera della pasta, dalla produzione del frumento fino alla trasformazione industriale incentivando, stimolando e sostenendo accordi di filiera tra coltivatori di grano e produttori di pasta; favorire i processi di aggregazione dell’offerta della materia prima; individuare strategie di attrazione di fondi comunitari destinati al settore e di fondi nazionali e comunitari per iniziative promozionali a supporto della produzione e dell’esportazione; incentivare l’investimento in innovazione e ricerca in tutta la filiera produttiva.

La Cabina di Regia sulla Pasta è composta da rappresentanti del Mipaaf e del Mise e dedica attenzione anche al tema dell’Expo 2015, per promuovere la filiera grano-pasta all’interno della manifestazione e sostenere iniziative di promozione culturale del modello agroalimentare italiano.

In Italia, quando viene istituita una cabina di regia, di solito si rivela un flop o una perdita di tempo, ma nel caso della pasta, vista l’importanza chiave che ricopre nella dieta mediterranea e nell’economia italiana, c’è da augurarsi che a qualcosa serva. Promuovere l’intera filiera della pasta e definire un programma di valorizzazione e rilancio del settore è infatti fondamentale.

Abbiamo voluto fortemente questa azione in sinergia con il Ministero dello sviluppo economico – ha affermato il ministro Martinaper andare incontro alle esigenze di un settore simbolo del Made in Italy come la pasta. Siamo leader mondiali con una produzione annua da 3,4 milioni di tonnellate, un fatturato di più di 4,6 miliardi di euro con oltre 7.500 addetti impiegati. Negli ultimi dieci anni il trend delle esportazioni ha registrato tassi di crescita importanti, arrivando a 2 miliardi di euro. Con la Cabina di regia potremo supportare meglio le aziende sul fronte dell’export, organizzare una promozione integrata in ambito Expo e favorire una migliore distribuzione del valore lungo la filiera”.