Regime di tassazione agevolata per impatriati, docenti e ricercatori: che cos’è?

I ricercatori, i docenti e gli impatriati per motivi di lavoro godono di un regime fiscale agevolato per il trasferimento della propria residenza dall’estero al territorio italiano. Le agevolazioni rientrano nelle misure volte a favorire lo sviluppo culturale, scientifico ed economico di risorse umane provenienti dall’estero.

Chi può traferire la propria residenza dall’estero verso l’Italia?

Si prospettano, nel regime agevolato, almeno due situazioni:

  • le persone fisiche che decidono di trasferire la residenza in Italia per poter svolgere un’attività lavorativa;
  • chi decide di trasferire la residenza in Italia non necessariamente per svolgere un’attività lavorativa.

In quest’ultimo caso, chi trasferisce la propria residenza da un Paese estero dove abbia prodotto dei redditi, può godere di una tassazione agevolata che viene calcolata in modo forfettario.

Per chi trasferisce la residenza in Italia senza voler svolgere un’attività lavorativa è prevista l’imposta sostitutiva Irpef forfettaria

Pertanto, chi trasferisca la residenza dall’estero verso l’Italia senza che debba svolgervi un’attività lavorativa, può godere di un regime agevolato forfettario. La situazione è prevista dall’articolo 24 bis del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) che agevola la scelta mediante un’imposta sostitutiva Irpef. La misura forfettaria è determinata nel valore di 100 mila euro per ogni anno.

Pensionati che trasferiscano la residenza nell’Italia del Sud

Analogamente, chi è percettore di pensione estera e trasferisca la residenza in Italia, in una regione del Sud e in un comune che abbia una popolazione non eccedente i 20 mila abitanti, può beneficiare di un’imposta agevolata. Tale imposta è fissata all’aliquota del 7% applicata su tutti i redditi percepiti dal soggetto da enti esteri o prodotti all’estero. Lo prevede l’articolo 24 bis del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir).

Chi trasferisce la residenza dall’estero in Italia per svolgere un’attività lavorativa

Diverso è il caso di chi trasferisca dall’estero la propria residenza per svolgere un’attività lavorativa. Infatti, la normativa nazionale prevede agevolazioni per quei soggetti, in questa situazione, che dovranno presentare il modello 730 di dichiarazione dei redditi. Le agevolazioni, in particolare, vanno a vantaggio del rientro:

  • dei docenti e dei ricercatori;
  • e dei lavoratori ‘impatriati’.

Le agevolazioni per il rientro in Italia sono previste dall’articolo 44 del decreto legge numero 78 del 2010 (docenti e ricercatori); per i lavoratori “impatriati”, invece, è opportuno far riferimento all’articolo 16 del decreto legislativo numero 147 del 2015.

Requisiti dei docenti e ricercatori che rientrano dall’estero per beneficiare del regime fiscale di vantaggio

Le agevolazioni fiscali per i ricercatori e i docenti consistono nella riduzione della base imponibile del 90% del reddito prodotto nel periodo di imposta. Per arrivare a questo abbattimento è necessario che siano presenti determinati requisiti di reddito e familiari. Tali requisiti devono permanere per tutta la durata della residenza in Italia nei 5, 7 o 10 periodi di imposta susseguenti.

Requisiti impatriati per le agevolazioni fiscali

Per chi prende la residenza in Italia proveniente da uno Stato estero è necessario dal 2020 che:

  • nei 2 periodi di imposta precedenti non abbia avuto la residenza in Italia;
  • che produca reddito da lavoro alle dipendenze, o d’impresa o autonomo, prevalentemente nello Stato italiano;
  • l’agevolazione consistente nella riduzione del 70% della base imponibile del reddito da lavoro;
  • il mantenimento della residenza in Italia nei 5 anni susseguenti a quelli di ottenimento della residenza. Il beneficio si può allungare di ulteriori 5 anni se il lavoratore ha almeno un figlio minorenne o a carico; oppure se, dopo la residenza in Italia, il contribuente acquista un’unità abitativa di tipo residenziale (l’acquisto può avvenire anche fino a un anno prima del cambio della residenza).

Quando si riduce l’agevolazione fiscale a favore dei neo-residenti in Italia?

L’agevolazione fiscale a favore dei lavoratori che prendano la residenza in Italia si riduce dal 70% al 50% dell’abbattimento della base imponibile trascorso il primo quinquennio. Si evita l’abbattimento se il soggetto ha dai 3 figli minorenni o a carico in su. In tal caso, la riduzione della base imponibile avviene dal 70% al 60%. La riduzione di solo il 10% della base imponibile opera anche a favore dei soggetti iscritti all’Aire e dei soggetti degli Stati membri dell’Ue che siano residenti in Italia già prima del 30 aprile del 2019 e che al 31 dicembre dello stesso anno beneficiavano già dell’agevolazione fiscale. Tale beneficio è esteso anche ai cittadini britannici con residenza in Italia in base al chiarimento operato dall’Agenzia delle entrate numero 172 del 2022.

Come si compila il modello 730 in presenza di cittadini che abbiano preso la residenza in Italia da uno Stato estero?

La compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi dei cittadini che abbiano preso la residenza in Italia da uno Stato estero e che, dunque, abbiano i requisiti necessari per ottenere le agevolazioni fiscali avviene in specifiche sezioni del modello stesso. Le informazioni da inserire non sono molte e servono all’Agenzia delle entrate per la verifica del godimento del beneficio (in busta paga dal sostituto di imposta o datore di lavoro o in sede di dichiarazione dei redditi). Infatti, già in busta paga il datore di lavoro applica l’agevolazione prevista in questi casi, previa presentazione al lavoratore stesso di un’apposita domanda per iscritto.

Quali sono i codici del modello 730 necessari per le agevolazioni fiscali di chi prende la residenza in Italia?

I codici da riportare nel modello 730 vanno inseriti nel quadro “C” e nella casella dei “Casi particolari”. Sono da usare i codici 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9; e 13 e 14. Si tratta dei codici necessari affinché il contribuente dichiari di possedere i requisiti necessari per beneficiare della riduzione della base imponibile. La scelta del codice giusto dipende dalla situazione personale del richiedente. C’è anche la casella del “Codice dello Stato estero” nella quale è occorrente indicare lo Stato estero nel quale il soggetto era residente prima del trasferimento (o del rientro) nel territorio italiano.

Modello 730, cosa fare se l’agevolazione è stata riconosciuta già dal datore di lavoro o dal sostituto di imposta?

Cosa indicare nel modello 730 se l’agevolazione fiscale è stata già riconosciuta dal sostituto di imposta (o dal datore di lavoro)? In questo caso, è necessario far riferimento al rigo C 14, in corrispondenza delle caselle 3 e 4. In questi punti andrà indicato il reddito che non è stato ancora soggetto a tassazione. Gli importi si possono ottenere da quanto riportato nella Certificazione Unica ai righi 462 e 463.

Cosa avviene se il datore di lavoro non ha applicato la riduzione fiscale prevista?

Se il contribuente intende beneficiare delle agevolazioni fiscali unicamente nella dichiarazione dei redditi (anche nel caso in cui le agevolazioni non siano state riconosciute dal datore di lavoro per qualsiasi motivo), si può indicare l’ammontare del reddito che non avrebbe dovuto essere assoggettato. Pertanto, l’abbattimento della base imponibile è pari al 90%, al 70% o al 50% a seconda dei casi del reddito che si trova nelle annotazione della Certificazione unica ai codici:

  • Cu;
  • Ct;
  • Cs;
  • Cr;
  • Bc;
  • Bd;
  • Cq.

Cosa fare se il contribuente non ha comunicato al datore di lavoro di volersi avvantaggiare dell’agevolazione fiscale?

Può accadere che, ai codici indicati in precedenza, non corrisponda alcuna informazione. Ciò succede per i seguenti motivi:

  • per dimenticanza del contribuente nei confronti del datore di lavoro;
  • il contribuente risulta distaccato perché, ad esempio, il datore di lavoro si trova all’estero e, quindi, non costituisce sostituto di imposta nel territorio italiano. In questo caso, non vi è una Certificazione unica.

In entrambi i casi, dunque, nel modello 730, in corrispondenza delle caselle 3 e 4 del rigo C 14, sarà necessario inserire la parte di reddito di lavoro alle dipendenze prodotta nel territorio italiano. Tale parte di reddito, infatti, non risulta indicata nemmeno nei righi C 1, C 2 e C3 del modello 730.

Trattamento integrativo e bonus Irpef: come inserirli nel 730 se i lavori sono più di uno?

Con l’abrogazione del bonus Irpef, dal 1° luglio del 2020 la riduzione delle imposte viene perseguita con due strumenti: il Trattamento integrativo del reddito (Tir) e la detrazione fiscale per i redditi compresi tra i 28 mila euro e i 40 mila euro. Il sostituto di imposta, che può essere il datore di lavoro, procede al riconoscimento automatico di entrambi gli strumenti di taglio delle imposte a vantaggio dei lavoratori alle dipendenze. Lo stesso strumento si applica anche nei confronti dei redditi assimilati a quello del lavoro dipendente in ragione dei giorni effettivi di svolgimento dell’attività lavorativa. Cosa avviene se il contribuente ha più rapporti di lavoro e, dunque, il datore di lavoro ne deve monitorare più di uno ai fini della compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi?

Tir, Trattamento integrativo del reddito: di quant’è la riduzione delle imposte?

La riduzione delle imposte attraverso il Trattamento integrativo del reddito è di importo pari a 100 euro mensili. Ai fini della compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi del 2022, con anno di imposta del 2021, il sostituto di imposta procede a verificare la capienza del reddito da lavoro per ogni dipendente. Ovvero che il reddito da lavoro corrisposto nel 2021 – e la relativa imposta lorda determinata su questo reddito – risulti di importo superiore a quanto spetti di detrazione fiscale.

Chi può beneficiare del Trattamento integrativo del reddito (Tir)?

Inoltre il sostituto di imposta, oltre a procedere con la verifica spiegata in alto, deve accertarsi del reddito complessivo di ogni lavoratore. Ciò significa che anche gli eventuali altri redditi prodotti dal lavoratore, devono essere ricompresi nel calcolo. Dunque l’imposta lorda, prendendo in considerazione il reddito da lavoro e gli altri redditi, deve essere di importo superiore rispetto alle detrazioni che spettano al lavoratore. Il controllo è utile perché il Trattamento integrativo del reddito, di importo corrispondente a 100 euro al mese, spetta solo nel caso in cui il contribuente produca redditi da lavoro e/o altri redditi assimilati non superiori, complessivamente, ai 28 mila euro. Se si supera questo limite, infatti, al contribuente non spetta più il Trattamento integrativo del reddito.

Altre detrazioni fiscali per redditi da 28 mila euro a 40 mila euro

Le ulteriori detrazioni fiscali spettano per complessivi di reddito compresi tra i 28 mila euro e i 40 mila euro. In generale, la detrazione decresce via via che cresce il reddito complessivo del lavoratore. Le detrazioni si azzerano per importi dei redditi corrispondenti a 40 mila euro. Il sostituto di imposta, anche in questo caso, applica le detrazioni fiscali ulteriori in via automatica sulla base dei dati in suo possesso.

Reddito complessivo ai fini delle detrazioni e del Trattamento integrativo dei redditi

Ai fini degli strumenti del Trattamento integrativo del reddito e delle detrazione sui redditi da 28 mila euro a 40 mila euro, si deve considerare il reddito:

Come si calcolano Tir e detrazioni fiscali?

I sostituti di imposta calcolano il Tir e le detrazioni fiscali mediante le informazioni in proprio possesso. Nello specifico, già durante il 2021 i sostituti di imposta hanno riconosciuto sia il Tir che le detrazioni dai 28 ai 40 mila euro senza la specifica richiesta del lavoratore alle dipendenze. Il controllo dell’effettiva spettanza dei due strumenti si fa nel conguaglio di fine anno. Tuttavia, il contribuente può chiedere al sostituto di imposta di non applicare i due strumenti di detrazione fiscale, rinviandone la relativa spettanza all’assistenza fiscale in sede di dichiarazione dei redditi.

Detrazioni fiscali e Trattamento integrativo nella dichiarazione dei redditi del 2022

In sede di dichiarazione dei redditi del 2022, l’assistenza fiscale rivede i complessivi delle agevolazioni fiscali spettanti al lavoratore dipendente. Il controllo, pertanto, si svolte sul Tir e sull’eventuale detrazione fiscale che possono spettare al lavoratore. La verifica del diritto a beneficiare dei due strumenti si avvale dei redditi inseriti nel prospetto di liquidazione 730/3. Si possono presentare, a tal proposito, due situazioni:

  • se il sostituto di imposta (o datore di lavoro) non ha versato, anche in via parziale, le detrazioni spettanti al contribuente alle dipendenze, chi fa l’assistenza fiscale ne inserisce il relativo importo nel modello 730;
  • invece, se dalla determinazione del 730, le agevolazioni non spettano al lavoratore, anche in via parziale, quanto era stato in precedenza riconosciuto dal sostituto di imposta viene recuperato nel modello 730.

Trattamento integrativo e detrazioni fiscali: spettano in assenza di un sostituto di imposta?

Entrambe gli strumenti (Tir e detrazioni sopra i 28 mila euro) spettano al contribuente pure nel caso in cui non abbia un sostituto di imposta. Inoltre, Tir e detrazioni fiscali spettane anche nel caso in cui sia lo stesso contribuente a presentare il modello 730 precompilato.

Come si riconosce il corretto Trattamento integrativo?

Per riconoscere correttamente il Trattamento integrativo spettante nel modello di dichiarazione dei redditi 730, è necessario che il contribuente tenga presente il rigo C 14. In corrispondenza di questo rigo, infatti, risultano evidenziate le operazioni svolte dal datore di lavoro. E, pertanto, in questo rigo vengono evidenziati gli importi da erogare o da recuperare corrispondenti alle informazioni in possesso del datore di lavoro per i redditi percepiti nell’anno 2021.

Come si presenta il rigo C 14 del modello 730 per le detrazioni del contribuente?

Il rigo C 14 del modello 730 di compone di una parte positiva o di una negativa. L’importo indicato  andrà a costituire una componente positiva o negativi per determinare l’Irpef dovuta nel complesso dal contribuente. Pertanto, il rigo C 14 potrà avere il codice:

  • 68, nel caso in cui si abbia un “trattamento integrativo spettante”;
  • 69, se si ha un “trattamento integrativo riconosciuto nella dichiarazione”;
  • 70, nel caso in cui al contribuente non spetti il trattamento integrativo.

Cosa avviene se il contribuente ha avuto più rapporti di lavoro nell’anno precedente?

Specifica attenzione deve essere posta nella compilazione del modello 730 di dichiarazione dei redditi nel caso in cui il contribuente abbia svolto più lavori nell’anno di imposta. Tali lavori sono stati svolti con contratti a tempo determinato, situazione che genererà più Certificazioni uniche. Tra le verifiche da effettuare vi è quella nella quale il trattamento integrativo dei redditi sia stato riconosciuto per i rapporti di lavoro sui quali sussisteva la situazione di capienza delle imposte rispetto alle detrazioni sul reddito da lavoro alle dipendenze. Normalmente, tale presupposto non sussiste nei rapporti di lavoro che abbiano una breve durata e una retribuzione modesta. Si tratta delle situazioni di incapienza.

Compilazione modello 730 di dichiarazione dei redditi per più rapporti di lavoro

Nel caso, dunque, di più rapporti di lavoro, si compila il modello 730 nella seguente maniera:

  • al rigo C 14, in corrispondenza della colonna 1, chi compila il modello deve indicare il codice 1;
  • nella colonna 2 si deve indicare il complessivo dei trattamenti integrativi dei redditi erogati dai differenti datori di lavoro al contribuente;
  • se la somma dei redditi di lavoro alle dipendenze (e degli altri redditi assimilati) porta a un risultato inferiore a 28 mila euro, il modello 730-3 conterrà il maggior importo del Tir che spetta al lavoratore;
  • la riscossione dell’importo che spetta al lavoratore avviene con la busta paga di luglio o successiva;
  • se il contribuente presenta il modello 730 precompilato personalmente (senza il sostituto di imposta), l’accredito dell’importo che spetta avviene direttamente sul conto corrente postale o bancario.

Dove si compila l’ulteriore detrazione fiscale dei redditi oltre i 28 mila euro nel modello 730?

Per l’ulteriore detrazione dei redditi dai 28 mila ai 40 mila euro, non vi è traccia in alcun quadro del modello 730. Il relativo importo si trova, dunque, nel modello di liquidazione 730-3, in corrispondenza del rigo 34. Si tratta, infatti, nel caso della detrazione, non di un sussidio dello Stato come avviene per il Tir.

Trattamento integrativo sul reddito (Tir) e bonus Irpef: cosa sono?

In virtù dell’abrogazione della normativa relativa al bonus Irpef, dal 1° luglio del 2020 il taglio delle imposte sul lavoro viene perseguito mediante il Trattamento integrativo del reddito (Tir) e la detrazione per i redditi tra i 28 mila euro e i 40 mila euro. Il datore di lavoro, in qualità di sostituto di imposta, provvede a riconoscere automaticamente tutte e due le misure di riduzione della tassazione a favore dei lavoratori dipendenti. Lo stesso riconoscimento avviene anche per alcuni redditi assimilati a quello del lavoratore alle dipendenze sulla base dei giorni effettivi prestati all’attività lavorativa.

Trattamento integrativo del reddito (Tir): a quanto ammonta?

La riduzione del carico fiscale mediante il Trattamento integrativo del reddito è pari a 100 euro mensili. Per la dichiarazione dei redditi del 2022, riferita ai redditi del 2021, il datore di lavoro procede con la verifica della capienza del reddito da lavoro per ciascun dipendente. Il che vuol dire che il reddito da lavoro pagato nello scorso anno – e la corrispondente imposta lorda calcolata su tale reddito – deve risultare di importo maggiore rispetto alle detrazioni spettanti.

Qual è il limite di reddito per ricevere il Trattamento integrativo del reddito (Tir)?

Inoltre, il datore di lavoro, oltre alla verifica descritta in precedenza, deve controllare l’ammontare del reddito totale di ciascun lavoratore. Ovvero, che anche gli altri redditi eventualmente ottenuti dal lavoratore, siano compresi nel calcolo. Pertanto, l’imposta lorda, considerando il reddito da lavoro e gli altri redditi, deve risultare di importo eccedente rispetto alle detrazioni spettanti. La verifica è utile perché il Trattamento integrativo del reddito, pari a 100 euro mensili, spetta solo se il lavoratore percepisca dei redditi da lavoro e degli altri redditi assimilati non eccedenti il tetto dei 28 mila euro. Al superamento di questo limite, infatti, il Trattamento integrativo del reddito non spetta più.

Ulteriori detrazioni per redditi da 28 mila euro a 40 mila euro

L’ulteriore detrazione spettante per soglie di reddito al di sopra dei 28 mila euro tende a decrescere all’incremento del reddito totale del contribuente. Tali detrazioni si azzerano in corrispondenza di redditi pari a 40 mila euro. Il datore di lavoro, anche in questo caso, applica la detrazione ulteriore in automatico sulla base delle informazioni in suo possesso.

Come considerare il reddito complessivo ai fini di Tir e detrazione per i redditi tra i 28 mila euro e i 40 mila euro?

Ai fini delle misure del Trattamento integrativo del reddito e delle detrazione per i redditi tra i 28 mila euro e i 40 mila euro è necessario considerare il reddito:

  • per intero, in particolare per i redditi agevolati dei ricercatori,  degli insegnanti e degli impatriati;
  • al netto del reddito dell’unità abitativa (come abitazione principale) e delle pertinenze inerenti;
  • integrando i redditi sui quali si calcola la cedolare secca per immobili dati in affitto.

Cosa devono fare i datori di lavoro per calcolare le due misure?

I datori di lavoro, pertanto, devono calcolare le due misure spettanti ai lavoratori dipendenti sulla base delle informazioni in loro possesso. In particolare, già nel corso del 2021 i datori di lavoro hanno riconosciuto sia il Trattamento integrativo dei redditi che le detrazioni tra i 28 mila e i 40 mila euro senza aver dovuto attendere che il dipendente ne facesse esplicita richiesta. La relativa verifica dell’effettivo godimento delle due misure è rinviata al conguaglio della fine dell’anno.

Si può richiedere di rinviare la spettanza delle detrazioni e del Tir?

Spesso, proprio per evitare di dover restituire delle somme non dovute in sede di conguaglio alla fine dell’anno o alla dichiarazione dei redditi, i contribuenti possono richiedere al proprio datore di lavoro di non applicare le due misure di detrazione fiscale. Il rinvio della spettanza delle detrazioni avviene al momento in cui si fa la verifica del diritto all’erogazione e, dunque, attendendo le tempistiche dell’assistenza fiscale.

Tir e detrazioni per redditi oltre i 28 mila euro nella dichiarazione dei redditi del 2022

Proprio in sede di dichiarazione dei redditi del 2022, l’assistenza fiscale ricalcola i totali delle agevolazioni fiscali che spettano al contribuente. La verifica, dunque, si fa sul Trattamento integrativo del reddito e sull’ulteriore detrazione fiscale spettanti. L’accertamento del diritto a beneficiare delle due misure si avvale dei redditi dichiarati e inseriti nel prospetto di liquidazione 730/3. Possono presentarsi due casistiche:

  • se il datore di lavoro (sostituto di imposta) non ha erogato, anche parzialmente, le agevolazioni spettanti al lavoratore, chi effettua l’assistenza fiscale ne riconosce il beneficio nel modello 730;
  • nel caso in cui, dai calcoli del 730, le agevolazioni non spettano al contribuente, anche parzialmente, gli importi che sono stati in precedenza riconosciuti dal datore di lavoro (sostituto di imposta) vengono recuperati nel modello 730.

Detrazioni fiscali e Tir: spettano se il contribuente non ha un sostituto di imposta?

Entrambe le misure (Trattamento integrativo dei redditi e detrazioni oltre i 28 mila euro) spettano al contribuente anche se non ha un sostituto di imposta. Inoltre, le stesse misure spettano al contribuente anche nel caso in cui egli stesso presenti il modello 730 precompilato personalmente.

 

Bonus colonnine di ricarica, come va inserito nel 730?

Come si inserisce, nel modello 730 di dichiarazione dei redditi, il bonus delle colonnine di ricarica con i relativi tetti di spesa applicati alla detrazione fiscale? Il beneficio fiscale che comporta la detrazione dall’Irpef o dall’Ires può essere del 50% o del 110%: rientra in questa tipologia di intervento anche quello trainato dal super ecobonus.

Bonus colonnine di ricarica, colonne e righi del modello 730: quali sono?

Il modello 730 di dichiarazione dei redditi del 2022 ha recepito le modifiche ai tetti di spesa effettuati nell’anno di imposta del 2021. In particolare, il bonus fiscale delle colonnine di ricarica delle vetture elettriche va inserito al rigo E 56 del modello. È necessario che i lavori siano iniziati nell’anno 2021 o, almeno, in corso di esecuzione al 1° gennaio 2021. La detrazione fiscale (Irpef o Ires) è nella misura del 50% se le spese non superano i 3 mila euro. Tali esborsi devono essere stati sostenuti a partire dal 1° marzo del 2019 ed entro il 31 dicembre 2021. Le spese ammissibili riguardano sia l’acquisto che la posa in opera delle infrastrutture di ricarica. La misura è prevista dal decreto legge numero 63 del 2013, all’articolo 16 ter.

Colonnine di ricarica vetture elettriche, quando si tratta di interventi trainati?

Le percentuali di detrazione fiscale sulle colonnine di ricarica di vetture elettriche variano a seconda di chi svolge gli interventi, dell’anno di realizzazione e del traino di altri lavori. In particolare, le detrazioni previste sono del:

  • 110% per lavori effettuati dai condomini e dai proprietari unici fino al 31 dicembre 2023;
  • 70% o 65% per gli interventi, rispettivamente, del 2024 e 2025;
  • 110% per villette delle persone fisiche (con stato di avanzamento dei lavori al 30% entro il 30 settembre 2022).

Tutti questi interventi si effettuano con superbonus 110% (ridotto nel corso degli anni) se i lavori della colonnina di ricarica costituiscono interventi trainati da:

  • isolamento termico;
  • sostituzione di impianto di climatizzazione invernale già esistente.

Bonus colonnine di ricarica: interventi da effettuare congiuntamente a quelli del super ecobonus

In tutti i casi in cui si applica il 110% di detrazione fiscale, dunque, c’è necessità che il lavoro di acquisto e di posa in opera della colonnina di ricarica sia svolto congiuntamente a uno degli interventi trainanti rientranti nel super ecobonus. Tali interventi sono indicati dai codici da 30 a 33 della sezione IV del modello di dichiarazione dei redditi 730 relativi a condomini o a immobili plurifamiliari.

Bonus colonnine di ricarica, quali sono i limiti di spesa per la detrazione?

Per i lavori di installazione della colonnina di ricarica in corso di esecuzione 1° gennaio 2021, il tetto di spesa con detrazione fiscale del 110% è fissato a 3 mila euro. Il relativo pagamento può essere avvenuto nel corso del 2021 oppure nel corso del periodo agevolato di quest’anno. Gli interventi che invece sono iniziati a decorrere dal 1° gennaio 2021 (i nuovi) hanno altri limiti di costi, ovvero:

  • 2.000 euro per immobili unifamiliari (o le unità abitative in essi contenute) purché funzionalmente indipendenti. Ovvero dotate di uno o di più accessi dall’esterno autonomi;
  • 1500 euro per quei condomini o quegli immobili familiari che effettuino l’installazione di non più di 8 colonnine;
  • 1200 euro per quei condomini o quegli immobili familiari che effettuino l’installazione un numero eccedente a 8 colonnine di ricarica secondo quanto prevede il comma 8 del decreto legge numero 34 del 2020, all’articolo 119.

Quali caratteristiche devono avere le colonnine di ricarica per avere l’agevolazione fiscale?

La detrazione fiscale sulle colonnine di ricarica sono da considerarsi per ogni unità abitativa. In sede di detrazione fiscale, è importante che la colonnina di ricarica abbia una potenza massima di 20 kW. Infatti, per la quota superiore a questo tetto, la detrazione fiscale scende al 50%. È quanto prevede la lettera h) del comma 1, dell’articolo 16 bis del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir). In questo caso, non applicandosi il superbonus al 110%, il tetto di spesa è di 96 mila euro da applicare a tutto l’impianto.

Buoni spesa e benzina, rimborsi spese scuola e altre spese welfare: dove si trovano nella CU?

Molti dipendenti delle imprese ricevono benefit rientranti nel welfare aziendale. Si tratta di un insieme di utilità come, ad esempio, i buoni benzina o i buoni spesa. Oppure i pacchetti di viaggi, i rimborsi per gli abbonamenti ai trasporti pubblici o quelli per le spese universitarie o scolastiche. E, proprio nel periodo di pandemia, i datori di lavoro hanno accelerato l’utilizzo di questi bonus per massimizzare le leve fiscali dei redditi dei propri dipendenti. Tutte queste voci si trovano nella Certificazione unica (Cu) emessa dal datore di lavoro a favore dei propri dipendenti.

Premi e benefit aziendali per i lavoratori dipendenti: quali sono?

Oltre ai buoni visti in precedenza, i datori di lavoro possono utilizzare modalità alternative ai fini della detassazione dei premi di risultato. Lo consentono i commi dal 182 al 189 dell’articolo 1, della legge numero 208 del 2016 (legge di Bilancio 2016). Secondo i commi richiamati, i datori di lavoro possono, anche mediante l’intermediazione dei sindacati e in virtù di specifici accordi, riconoscere ai lavoratori alle dipendenze dei premi di risultato che vanno collegati ai migliori risultati raggiunti dall’impresa in termini di redditività, di produttività, di efficienza e di qualità, sia in riferimento agli obiettivi aziendali che a quelli individuali. Gli accordi con le sigle sindacali, inoltre, possono disciplinare le modalità con le quali i premi di risultato in danaro possano essere convertiti in una serie di beni o di servizi.

Rimborso spese del datore di lavoro ai dipendenti: cosa fare in sede di dichiarazione dei redditi?

Questi premi beneficiano della detassazione ai fini fiscali. Infatti, viene applicata una imposta sostitutiva pari al 10% al posto della tassazione ordinaria. Inoltre, è possibile che i datori di lavoro possano riconoscere ai propri dipendenti per i risultati raggiunti il rimborso totale o parziale di spese sostenute anche per i propri familiari. In quest’ultimo caso, i familiari possono procedere alla deduzione o detrazione Irpef nel momento in cui presentino la dichiarazione dei redditi. E, pertanto, i dipendenti dell’azienda, per la propria dichiarazione dei redditi, possono inserire le sole spese effettivamente a proprio carico.

Dove si trovano i rimborsi delle spese nella Certificazione unica?

Le spese che il datore di lavoro rimborsa si ritrovano nella Certificazione unica. Ovvero, ad esempio, quelle rimborsate nel 2021 si possono ritrovare nella Certificazione unica del 2022. La sezione di questi beni e servizi è quella dei “Rimborsi di beni e servizi non soggetti a tassazione” come disciplina l’articolo 51 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) ai punti 701, 702, 703, 704, 705 e 706. In questa sezione, dunque, il contribuente trova i rimborsi relativi alle spese, al di là che sia stato compilata la sezione “Somme erogate per i premi di risultato”.

Modello 730 di dichiarazione dei redditi: cosa si trova al punto 701 della Certificazione unica?

In particolare, al punto 701 della Certificazione unica il contribuente può verificare di quali benefit o rimborsi ha beneficiato nell’anno di imposta ai fini dell’Irpef. Ad esempio, nella dichiarazione dei redditi del 2022 con spese rimborsate (mediante il principio di cassa) nel 2021, si possono ritrovare:

  • nel quadro E del modello 730 di dichiarazione dei redditi le spese rimborsate nel 2021;
  • per le spese degli anni prima, ad esempio del 2020, il contribuente ritrova quelle per le quali aveva già provveduto alla detrazione nella dichiarazione dei redditi dello scorso anno; l’importo rimborsato ai fini della tassazione separata va indicato nel quadro “D” del modello 730 del 2022.

Punto 702 della Certificazione unica: quali spese sono comprese?

Nel punto 702 della Certificazione unica, il contribuente può verificare le varie spese rimborsate. Il totale di queste spese è visualizzabile al punto 704. In particolare, il datore di lavoro indica mediante codici le varie tipologie di spesa. Nel dettaglio il codice:

  • 13, riguarda le spese universitarie;
  • 15 i costi sostenuti per l’assistenza personale di soggetti non autosufficienti. Si tratta di persone che non possono compiere i normali atti della vita quotidiana;
  • 30 per i servizi a favore dei soggetti sordi;
  • 33 per le spese inerenti gli asili nido;
  • 40 per i costi sostenuti per acquistare gli abbonamenti ai trasporti pubblici. Tali spese sono sostenute sia per i trasporti pubblici locali che per quelli regionali o interregionali.

Come verificare che la spesa sia stata rimborsata a favore del lavoratore dipendente?

Per verificare che una spesa sia stata rimborsata al lavoratore alle dipendenze è necessario constatare che il datore di lavoro abbia compilato il punto 706 della Certificazione unica. Se invece il rimborso si riferisce a spese sostenute dai familiari, il campo popolato sarà quello al punto 705.

Rimborso dei contributi assistenziali e previdenziali nella Certificazione unica

Infine, il rimborso dei contributi assistenziali e previdenziali nella Certificazione unica si ritrovano al punto 703 della Certificazione unica con il codice “3” accompagnato dal codice fiscale del datore di lavoro al punto 705. Si tratta di spese sostenute a favore degli addetti all’assistenza personale di familiari non autosufficienti oppure anziani.

Cedolare secca, come procedere nel modello 730?

Come si procede nel modello 730 di dichiarazione dei redditi con la cedolare secca? L’aliquota prevista è quella fissa del 21% per gli affitti delle unità abitative. Ma si può, in specifici casi, utilizzare la percentuale più bassa del 10%. È bene tener presente che la cedolare secca non può essere applicata all’interno del perimetro delle attività economiche. Chi sceglie l’opzione della cedolare secca sostituisce l’Irpef, le varie addizionali e le imposte di registro e di bollo.

Per quali tipologie di contratti si può scegliere la cedolare secca?

Le tipologie di contratti di locazione per le quali è possibile scegliere la cedolare secca sono quelle degli immobili destinati a uso abitativo disciplinati:

  • dal canone libero;
  • dall’equo canone;
  • dal canone concordato agevolato
  • dai contratti transitori;
  • dalle locazioni agevolate sulle unità abitative situate in Abruzzo;
  • dai contratti di locazione per una parte dell’abitazione principale;
  • per le locazioni brevi per usi abitativi o turistici;
  • per i contratti sulle unità abitative della categoria C 1 e superficie non eccedente i 600 mq con annesse pertinenze, affittate congiuntamente. Il beneficio riguarda i soli contratti stipulati nell’anno 2019.

Come si esercita l’opzione della cedolare secca?

Per beneficiare della cedolare secca, è occorrente che il locatore comunichi la scelta al conduttore. La comunicazione consiste nel mettere al corrente del conduttore dell’unità abitativa della rinuncia agli aggiornamenti del canone di affitto. Si rinuncia, altresì, anche alle variazione di incremento degli indici Istat. Tra gli ultimi chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate (Interpello numero 165 del 2021) si è stabilito che l’opzione della cedolare secca rimane efficace anche per i contratti a canone concordato. Per questo tipo di contratti si può beneficiare della riduzione al 10% come misura di sostegno per i contratti in essere nel periodo di emergenza Covid. Inoltre, si può cautamente affermare che questa regola viga anche per le altre casistiche di riduzione del canone ai fini delle agevolazioni per i conduttori delle unità immobiliari rispetto agli incrementi dei canoni di locazione.

Quando bisogna scegliere la cedolare secca per i contratti di locazione?

Quando bisogna fare la scelta scelta della cedolare secca in un contratto di locazione di un immobile a uso abitativo?  Di solito, l’opzione si esercita all’atto della registrazione del contratto di locazione. Resta tuttavia da effettuare il rinnovo della cedolare secca nei casi di proroga del contratto; oppure la revoca al termine di ciascuna annualità. Nel caso in cui non si provveda alla comunicazione della proroga del contratto con la cedolare secca, non si perde la stessa se il locatore mantiene un comportamento coerente con la volontà di proseguire con la stessa cedolare secca. Se invece si comunica tardivamente la scelta viene applicata una sanzione di:

  • 50 euro, se la comunicazione avviene entro i 30 giorni susseguenti alla scadenza;
  • 100 euro per comunicazioni avvenute oltre questo termine.

Qual è la base imponibile della cedolare secca?

Per il calcolo della base imponibile ai fini della cedolare secca, è occorrente prendere:

  • il complessivo dei canoni di locazione annui come da contratto;
  • non applicare abbattimenti;
  • calcolare l’imposta in base all’aliquota fissa del 21% valida per tutte le tipologie di contratto di locazione, sia a canone libero che affitti brevi.

Nel caso di contratti di locazione brevi, la cui durata sia inferiore ai 30 giorni, si provvede al calcolo della cedolare secca direttamente nella dichiarazione dei redditi.

Cedolare secca, quando l’aliquota del 21% si riduce al 10%?

L’aliquota del 21% della cedolare secca passa al 10% se il contratto di locazione è inerente al canone concordato stipulato tra organizzazioni di proprietà edilizia e chi prende in affitto l’immobile. Tale vantaggio spetta nei casi di contratti di locazione:

  • dove c’è scarsa disponibilità di unità abitative;
  • nei comuni capoluogo di provincia;
  • nelle aree ad alta tensione abitativa. In questo caso, l’individuazione delle aree è disponibile a cura del Cipe.

Quali altri contratti di affitto hanno la percentuale del 10% di cedolare secca?

L’aliquota di cedolare secca ridotta al 10% si applica anche ai contratti di affitto a canone concordato non assistiti. Tuttavia, per beneficiarne è necessario che sia stata ottenuta la relativa attestazione da parte delle organizzazioni aderenti all’accordo.

Come si registra la cedolare secca nel modello 730 di dichiarazione dei redditi?

La scelta della cedolare secca per i contratti di locazione deve essere indicata nel modello 730 di dichiarazione dei redditi barrando la casella 11 del quadro “B”. L’aliquota applicata alla cedolare secca, invece, dipende dalla tipologia di contratto che va indicata nella colonna “2”. Pertanto, si applica l’aliquota del 21% per la cedolare secca relativa ai contratti di locazione in regime di libero mercato oppure di equo canone. In questi due casi, si utilizza il codice “3” o il codice “4”. Se invece, l’unità abitativa è parzialmente utilizzata come abitazione principale e l’altra parte è stata data in locazione, il codice da utilizzare è l’11.

Dichiarazione dei redditi: cosa indicare nel modello 730 per la cedolare secca a tasso ridotto del 10%?

Nei casi di aliquota ridotta al 10% di cedolare secca per i contratti di locazione a canone convenzionale, i codici da utilizzare sono i seguenti:

  • 8 nella situazione standard;
  • 12, se l’unità abitativa è parzialmente utilizzata come abitazione principale e l’altra parte è stata data in locazione a canone concordato;
  • 14, per le unità abitative di immobili collocati nelle aree colpite dal sisma in Abruzzo.

Dove va riportato il canone da assoggettare a tassazione della cedolare secca?

Il canone da assoggettato alla tassazione della cedolare secca deve essere riportato nella colonna 6. Per il semplice fatto che il canone è sempre quello risultante dal contratto di locazione, è necessario immettere sempre il codice 3 in corrispondenza della colonna 5. Infine, il reddito assoggettato alla cedolare secca deve essere escluso dal reddito complessivo ma va ricompreso nel reddito nel caso in cui si debbano calcolare detrazioni, deduzioni e benefici riconducibili a requisiti del reddito.

Coltivatori diretti e Iap, come compilare il modello 730 di dichiarazione dei redditi?

Come si compila il modello 730 di dichiarazione dei redditi per i coltivatori diretti? È da subito necessario precisare che non si paga l’Irpef per i terreni se i coltivatori risultano in possesso di qualifica di imprenditori professionali agricoli (Iap) oppure di coltivatore agricolo. Tuttavia, sul modello 730 di dichiarazione dei redditi va compilato il quadro “A”. Chi possiede dei terreni agricoli deve indicarne i redditi in questo quadro ai fini della determinazione delle imposte dovute.

Coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali (Iap): quando il possesso di terreni deve essere dichiarato nel modello 730?

Ma, in presenza della qualifica Iap o di coltivatore diretto, pur dovendo compilare il quadro “A” del modello 730, il contribuente beneficia delle agevolazioni fiscali che consentono di non ricomprendere i redditi di questi terreni ai fini della formazione della base imponibile. Nel caso in cui si tratti di un Iap, il contribuente deve indicarlo nel quadro A del modello 730 barrando la colonna 10.

Dichiarazione dei redditi degli agricoli: chi deve compilare il quadro A del modello 730?

A compilare il quadro “A” del modello di dichiarazione dei redditi 730 sono i conduttori dei fondi che rientrano nel regime di esonero. Tale regime permette loro di non dover presentare i modelli di dichiarazione dei redditi 770, Iva ed Irap. Sono altresì esonerati dalla compilazione di questi modelli (e dunque del solo quadro “A” del 730):

  • i soci delle società semplici che dichiarano solo la quota del reddito fondiario in proporzione alle percentuali di possesso;
  • chi partecipa all’impresa familiare;
  • gli agricoltori che, nell’anno prima, hanno ottenuto un volume di affari non eccedente i 7 mila euro. Tale somma deve essere stata prodotta per almeno i due terzi dalla cessione dei prodotti agricoli.

Quali redditi vanno dichiarati nel quadro A del modello 730?

Sono due i redditi che vanno dichiarati nel quadro “A” del modello 730 rientranti tara i redditi fondiari. Il primo è il reddito dominicale che deve essere dichiarato dai contribuenti che sono possessori del terreno perché proprietari o titolari di un altro diritto reale. Tra i diritti reali rientra l’usufrutto. Il secondo reddito da dichiarare è quello agrario. Riguarda chi svolge attività agricole sui terreni.

Quali terreni non vanno dichiarati nel quadro A del modello 730?

I terreni che non devono essere dichiarati nel quadro “A” del modello 730 di dichiarazione riguardano essenzialmente quelli che non producono redditi fondiari. Ovvero:

  • i terreni che si trovano all’estero. In tal caso sono produttivi di redditi diversi e dunque da inserire nel rigo D 4;
  • quelli che sono stati dati in affitto per finalità non agricole. Anche in questa situazione si tratta di redditi diversi da inserire nel rigo D 4;
  • i terreni, costituiti da cortili e giardini, che costituiscono pertinenza di fabbricati urbani;
  • infine i terreni, i giardini e i parchi che sono aperti al pubblico. Può trattarsi anche di terreni per i quali il ministero dei Beni e delle attività culturali ne abbia riconosciuto il pubblico interesse. La condizione per non dichiararli è quella che prevede che il proprietario non ne abbia ricavato alcuna tipologia di reddito nel periodo di imposta.

Come si determina la base imponibile per i terreni agricoli: terreni affittati o no

Per procedere alla determinazione della base imponibile per i terreni agricoli è necessario fare alcune considerazioni. Innanzitutto, se i terreni non sono affittati, l’Imu va a sostituire l’Irpef e le altri addizionali sui redditi dominicali. In altre parole, il contribuente si vedrà tassato il solo reddito agricolo. Se il terreno è affittato, invece, il contribuente dovrà versare sia l’Irpef che l’Imu. Inoltre è necessario verificare la qualifica: come già detto in precedenza, i coltivatori agricoli e gli imprenditori agricoli professionali non pagano l’Irpef. E, dunque, i relativi terreni non entrano nella base imponibile. Tale agevolazione, introdotta nel 2017 ed estesa fino al 2019, è stata ulteriormente prorogata dalla legge di Bilancio 2022.

Chi beneficia dell’esonero Irpef sui terreni?

Oltre ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli professionali (Iap) iscritti alla previdenza agricola, beneficiano dell’esonero Irpef:

  • i soci delle sole società semplici;
  • i familiari coadiuvanti del coltivatore diretto. In tal caso, deve trattarsi del medesimo nucleo familiare e deve sussistere l’iscrizione alla gestione previdenziale ed assistenziale agricola, nonché la partecipazione attiva all’impresa familiare. Nel modello 730, al quadro A, come per l’imprenditore agricolo professionale, si barra la colonna 10.

Base imponibile dei coltivatori agricoli se l’Irpef è dovuta

Al di fuori dei casi sopra descritti, nel caso in cui l’Irpef sia dovuta, sia il reddito agrario che quello dominicale concorrono alla formazione del reddito. In tal caso, la misura è corrispondente alla visura catastale del 1° gennaio dell’anno di imposizione. Questo valore deve essere rivalutato per l’80 e il 70% e, successivamente, per una nuova rivalutazione del 30%. Le due rivalutazioni (70 e 80%) non vanno applicate nei casi di terreni affittati per non meno di cinque anni e per utilizzi agricoli, a giovani imprenditori under 40. Questi ultimi devono essere Iap o coltivatori diretti. In tal caso, nel quadro A del modello 730 di dichiarazione dei redditi, il contribuente deve indicare il codice 4 alla colonna 7.

Come si compila il modello 730 di dichiarazione dei redditi dei coltivatori agricoli?

I coltivatori diretti devono compilare il quadro “A” del modello 730 di dichiarazione dei redditi per ogni terreno in possesso o condotto. Il numero dei terreni posseduti corrisponde a tanti righi da compilare del quadro “A”. Nella colonna 1, il contribuente deve indicare il reddito dominicale; invece, nella colonna 3 il contribuente deve indicare quello agrario. Nel caso in cui il terreno è solo coltivato, si dovrà compilare la sola colonna 3. Se, invece, il contribuente possiede solo il terreno, deve compilare la sola colonna 1. Il contribuente deve inserire i redditi non rivalutati: sarà chi presta assistenza fiscale a provvedervi.

Modello 730, quadro A dei coltivatori diretti: a cosa serve la colonna 2?

La colonna 2 del modello 730, al quadro A, serve per indicare la tipologia di possesso del terreno. Ad esempio, se il terreno è di proprietà e non è stato affittato, il contribuente deve indicare il codice “1”. Le colonne dalla 4 alla 6, invece, indicano ulteriori specifiche di possesso del terreno ed eventualmente il canone di affitto. Il contribuente deve indicare nella colonna 9 se non sconta l’Imu.

 

Locazioni brevi, quali vincoli per le detrazioni fiscali e quando si deve aprire la partita Iva

Sulle locazioni brevi è necessario rispettare, dal 2021, il nuovo vincolo dei quattro appartamenti. Al di sopra di questa soglia, infatti, scatta l’obbligo di apertura della partita Iva poiché questa situazione si inquadra nello svolgimento di un’attività di impresa. E, dunque, la dichiarazione dei redditi non può più essere ottemperata mediante la presentazione del modello 730.

Quali sono le locazioni brevi?

Le locazioni brevi sono disciplinati dall’articolo 4 del decreto legge numero 50 del 2017. In base alla definizione data dal provvedimento, le locazioni brevi sono quelle riguardanti gli immobili ad utilizzo abitativo. La durata non può eccedere i 30 giorni. Chi cede in locazione un immobile può essere una persona fisica, non qualificata come imprenditore. Ci si può servire anche di intermediari immobiliari ai fini della locazione e anche dei siti on line specializzati in finalità del turismo o abitative.

Qual è la durata del contratto di locazione breve?

La durata della locazione breve massima, fissata in 30 giorni, si riferisce al singolo contratto stipulato. Tra le parti possono essere sottoscritti più contratti di durata breve, ma sempre nell’arco del tempo massimo previsto. Se nell’anno la durata dovesse eccedere i 30 giorni, è necessaria la registrazione del contratto. Chi loca l’immobile può scegliere, in sede di dichiarazione dei redditi o se registra il contratto, di beneficiare della cedolare secca. L’attuale aliquota è fissata al 21% e può essere scelta come alternativa alla tassazione ordinaria.

Cosa può comprendere e cosa è escluso dal contratto di locazione breve degli immobili?

Il contratto con il quale si cede in locazione un immobile per un periodo breve può comprendere:

  • la biancheria;
  • la pulizia delle stanze e dei locali;
  • l’area condizionata;
  • le spese per le utenze;
  • la navigazione a internet wifi.

Nella locazione breve degli immobili, invece, devono essere esclusi:

  • i pasti;
  • la colazione;
  • la disponibilità di auto a noleggio;
  • le guide turistiche;
  • gli interpreti.

Come va dichiarato il reddito derivante dalla locazione breve nel modello 730?

Nel caso in cui il contratto di locazione sia stipulato da colui che dell’immobile ne è il proprietario, il reddito è considerato fondiario. Quindi, deve essere dichiarato nel modello 730 nel quadro “B”. Come deve essere applicata la tassazione? Nel caso in cui il proprietario dell’immobile scelga la tassazione ordinaria, il corrispettivo della locazione si abbassa, forfettariamente, del 5 per cento. Nel caso in cui, invece, il proprietario dell’immobile scelga la cedolare secca, il canone del contratto di locazione è tassato per l’intero importo. In quest’ultimo caso, in sede di compilazione del modello 730, deve essere selezionata la colonna “11” dei righi: B 1, B 2, B 3, B 4, B 5 e B 6.

Quale tassazione per i contratti di locazione breve nel caso di cedolare secca?

Se il proprietario applica la cedolare secca per i contratti di locazione breve, il canone del contratto sarà tassato per intero e dovrà essere utilizzato il codice “3” nella colonna “5”. Le spese sostenute da chi loca l’immobile non possono essere detratte in nessun modo dalla dichiarazione dei redditi nel caso di cedolare secca. Fa eccezione il caso in cui le spese non siano addebitate al conduttore dell’immobile sulla base dei consumi che ha prodotto nel periodo di permanenza.

Cosa avviene in caso di contratto di locazione breve del comodatario o del locatario?

Nel caso in cui il contratto di locazione breve venga stipulato dal locatario o dal comodatario dell’immobile si ricade nella situazione dei redditi diversi. In tal caso i redditi devono essere inseriti nel quadro D del modello 730 e si deve riportare il codice “10” in corrispondenza del rigo D 4 e della colonna 3. Per avvalersi della cedolare secca, è necessario barrare la colonna “2”.

Come si compila il modello 730 in caso di locazioni brevi?

Inoltre, nella compilazione del modello 730 per la dichiarazione dei redditi, nella colonna “4” è necessario indicare il reddito che si è incassato l’anno precedente. Ad esempio, l’anno 2021. Il principio da seguire è quello per cassa, a prescindere dall’anno al quale si riferisca il contratto. Nella colonna “5”, invece, si possono riportare le spese sostenute e, naturalmente, non prive di relativa documentazione. Tali spese devono essere correlate alla locazione e possono essere detratte solo se si sceglie il regime ordinario di tassazione (non la cedolare secca).

Cosa avviene per i contratti di locazione breve conclusi on line, anche tramite intermediari?

Qual è la procedura da seguire nella dichiarazione dei redditi per i contratti di locazione breve conclusi on line, anche mediante l’intervento dell’intermediario? In tal caso, se l’intermediario ha l’onere di incassare i corrispettivi delle locazioni brevi, è necessario che quest’ultimo applichi la ritenuta del 21% sul totale del canone lordo. Inoltre, l’intermediario deve rilasciare la Certificazione unica che ne riporti l’operazione.

Ritenuta del 21% per le locazioni brevi, come deve essere considerata?

La ritenuta del 21% deve essere considerata a titolo di imposta se la scelta ricade sulla cedolare secca. Nel caso di tassazione ordinaria, invece, costituisce ritenuta di acconto. Pertanto, se l’intermediario ha rilasciato la Certificazione unica a favore del proprietario dell’immobile, nel modello 730 l’operazione deve essere inserita al rigo F 8. L’onere dell’inserimento è a carico del proprietario che ha già compilato il quadro “B” del modello; oppure del comodatario o del locatario che hanno l’onere di compilare il quadro “D”.

Bonus mobili, quale detrazione fiscale è dovuta per gli elettrodomestici?

Qual è la detrazione fiscale prevista dal bonus mobili per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici? È necessario precisare che il beneficio fiscale del bonus mobili è collegato all’aver usufruito di interventi rientranti in altri bonus edilizi per lavori di recupero. La detrazione fiscale è del 50% della spesa sostenuta, da ripartire per 10 anni con importi costanti. Ammessi al beneficio sono gli acquisti di mobili e grandi elettrodomestici (per la dichiarazione del 2022 si fa riferimento alle spese sostenute durante l’anno 2021). Il tetto delle spese è fissato a 16mila euro per gli acquisti effettuati entro il 31 dicembre 2021.

Come beneficiare del bonus mobili e grandi elettrodomestici nella dichiarazione dei redditi?

La detrazione nel modello 730 della dichiarazione dei redditi del bonus mobili è consentita sull’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici a condizione che, sull’abitazione che accoglierà i nuovi acquisti, siano stati effettuati lavori di recupero del patrimonio edilizio. Tali lavori, dunque, fungono da “interventi trainanti”. I lavori devono iniziare nell’anno in cui si effettuano gli acquisti di mobili e di grandi elettrodomestici o in quello immediatamente precedente. Dunque, per gli acquisti di mobili nel 2021, i lavori di restauro devono essere stati iniziati nel 2021 o nel 2020. In ogni modo, il pagamento dei mobili deve essere avvenuto dopo l’inizio dei lavori. Con tale pagamento avvenuto nel 2021, si può effettuare la detrazione fiscale nella dichiarazione dei redditi del 2022. Inoltre è necessario che il pagamento avvenga mediante il bonifico o bonifico parlante.

Quali sono gli interventi di ristrutturazione trainanti per il bonus mobili?

Ai fini della detrazione fiscale nella dichiarazione dei redditi del bonus mobili delle spese su mobili e grandi elettrodomestici, gli interventi “trainanti” sono quelli per i quale si può beneficiare del bonus casa. Nel dettaglio:

  • le manutenzioni straordinarie (od ordinarie ma solo sulle parti comuni di un edificio o di un condominio);
  • il risanamento conservativo ed il restauro;
  • le ristrutturazioni edilizie;
  • le ricostruzioni e i ripristini degli immobili risultanti danneggiati da eventi calamitosi;
  • comprare un’abitazione che faccia parte di fabbricati totalmente ristrutturati dalle imprese di costruzioni (o ristrutturazioni immobiliari). In questo caso, è necessario che si sia beneficiato del bonus casa acquisti;
  • i lavori per la riduzione del rischio sismico mediante beneficio del bonus sisma ordinario o del super sisma bonus con detrazione del 110%. È ammissibile anche il sisma bonus acquisti;
  • i lavori per ampliare o per realizzare gli impianti fotovoltaici mediante l’utilizzo del bonus casa. Si tratta, in questo caso, di un lavoro rientrante nella manutenzione straordinaria ai sensi dell’interrogazione parlamentare numero 5 07599 dell’8 marzo 2022.

Super sisma bonus, intervento trainante per il bonus mobili

Dunque, anche gli interventi rientranti nel sisma bonus ordinario o super con detrazione del 110% permettono di beneficiare del bonus mobili. In primis, perché questi lavori rientrano pur sempre tra quelli volti a recuperare il patrimonio edilizio ai sensi delle lettere b), c) e d) dell’articolo 3 del Decreto del Presidente della Repubblica numero 380 del 2021. Per la disciplina generica di questi interventi si può fare riferimento all’articolo 16 bis del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir). Ai sensi di quest’ultimo articolo, l’allargamento del beneficio del bonus mobili alle tipologie di intervento di riduzione del rischio sismico con i bonus e superbonus relativi, investe anche i lavori per realizzare o per ampliare gli impianti fotovoltaico (mediante bonus casa del 50% di detrazione); l’installazione degli impianti fotovoltaici trainati con detrazione fiscale del 110% dal super ecobonus.

Quali sono gli interventi dei bonus edilizi che non danno diritto al bonus mobili?

Tra i bonus edilizi che non danno diritto a usufruire del bonus mobili si ritrovano quelli relativi al super ecobonus della detrazione del 110%. La limitazione opera nonostante il super ecobonus del 110% rientri, dal 1° giugno dello scorso anno, tra i lavori di manutenzione straordinaria. Il bonus mobili spetta, invece, anche nel caso in cui sia collegato al sisma bonus o al super sisma bonus e il beneficiario abbia scelto di beneficiare di quest’ultimo bonus mediante cessione del credito di imposta o con applicazione dello sconto in fattura. Lo stabilisce la circolare dell’Agenzia delle entrate numero 30/E del 2020.

Qual è il limite di spesa del bonus mobile e la detrazione fiscale?

La detrazione fiscale spettante per il bonus mobili e grandi elettrodomestici è pari al 50% della spesa sostenuta nei limiti di ammissibilità. Nel 2021, infatti, il limite di spesa era pari a 16 mila euro (nel 2020, invece, 10 mila euro, come per il 2022; per il 2023 e 2024 il tetto di spesa scenderà a 5 mila euro). Il limite del bonus mobili opera indipendentemente e autonomamente rispetto al limite fissato per le spese ricadenti nel bonus casa (96 mila euro per unità immobiliare o per lavori a parti comuni di un condominio). Il limite di spesa è interpretabile come tetto da applicare allo stesso immobile per lo stesso intervento.

Quali sono i metodi di pagamento ammissibili per il bonus mobili e grandi elettrodomestici ai fini della detrazione fiscale?

Ai fini dell’ammissibilità della detrazione fiscale nella dichiarazione dei redditi del bonus mobili è necessario pagare i mobili ed elettrodomestici con il bonifico normale (o anche mediante quello “parlante”, a discrezione dell’acquirente). Si possono altresì utilizzare anche altre metodologie di pagamenti tracciabili come:

  • carte di debito;
  • bancomat;
  • carte di credito;
  • prepagate.

Non sono ammissibili i pagamenti con assegni postali o bancari, o con assegni circolari, tutti metodi consentiti per il bonus giardini.

Come detrarre il 50% del bonus mobili nel modello 730 di dichiarazione dei redditi?

Per la detrazione fiscale del 50% del bonus mobili e grandi elettrodomestici nel modello 730 di dichiarazione dei redditi è necessario:

  • utilizzare il rigo E 57 dove va indicata la detrazione Irpef del 50%;
  • la spesa sostenuta va indicata nelle colonne 2 e 4 nei limiti di 10 mila euro per il 2020 e di 16 mila euro per il 2021.

 

Bonus ristrutturazioni, come procedere con la detrazione fiscale?

Sui lavori relativi al bonus ristrutturazione (o bonus casa) si applica la detrazione fiscale nel modello 730 ai fini della dichiarazione dei redditi. Il vantaggio fiscale spetta per un tetto di spesa pari a 96 mila euro considerando le unità abitative separatamente ed escludendo le pertinenze inerenti. Pertanto, l’importo massimo detraibile ai fini dell’Irpef con il bonus casa al 50% è di 48 mila euro. Il complessivo della detrazione fiscale deve essere spalmato su dieci anni con quote di importo uguale. Lo stabilisce l’articolo 16 bis del Testo unico delle imposte sui redditi.

Limite di detrazione fiscale ai fini del bonus ristrutturazioni del 50%, gli interventi sulle singole unità

Stabilito il limite per ciascuna unità immobiliare, se un contribuenti possiede più abitazioni la detrazione fiscale si applica nel tetto dei 96 mila euro per ciascuna abitazione. Nel caso in cui l’abitazione è cointestata e tutti i cointestatari partecipano al sostenimento delle spese ai fini del bonus ristrutturazioni, il tetto dei 96 mila euro va suddiviso tra tutti i partecipanti alle spese.

Quando due interventi sono considerati separati e ottengono il doppio della detrazione fiscale del bonus casa?

Sia per il bonus ristrutturazioni che per il bonus sisma ordinario o super bonus 110%, il tetto di spesa di 96 mila euro può essere aggiornato a un nuovo limite (96 mila euro + 96 mila euro) solo nel caso in cui si procede a un nuovo lavoro di ristrutturazione che non costituisca la “mera prosecuzione di interventi iniziati successivamente al 1° gennaio del 1998”.

Limiti di detrazione fiscale delle spese per il bonus casa nel caso di interventi iniziati anni prima e proseguiti

Il tetto rimane fissato unicamente a 96 mila euro nel caso in cui per la stessa unità abitativa e per lo stesso anno si proseguano dei lavori iniziati anni prima. Congiuntamente possono iniziarsi anche altri interventi detraibili fiscalmente, ma l’importo massimo delle spese agevolabili rimane di 96 mila euro. Lo stesso avviene se gli altri lavori aggiuntivi rientrino nel bonus sisma ordinario oppure super.

Interventi in bonus ristrutturazioni sulle parti comuni di un edificio rispetto alle singole unità abitative

Nell’ambito dei lavori rientranti nel bonus ristrutturazioni (anche ecobonus, sisma bonus super e ordinario) si può avere la seguente situazione:

  • lavori che hanno ad oggetto parti comuni di edifici condominiali. Ovvero di un unico edificio che abbia più unità abitative appartenente a un unico proprietario;
  • interventi che interessino le parti comuni ma non condominiali.

In questo caso le agevolazioni fiscali nella dichiarazione dei redditi vanno considerate parti di un autonomo intervento rispetto ai lavori che possono svolgersi sulle singole unità abitative dell’edificio. Dunque, l’autonomia delle spese sostenute per le parti comuni di un edificio ha come conseguenza che sui relativi lavori sia applicato un indipendente limite di spesa di 96 mila euro rispetto ai lavori delle singole unità abitative.

Lavori sismici agevolabili in regime di superbonus 100 e bonus sisma ordinario

Tale differenziazione (limite di spesa autonomo per i lavori del bonus ristrutturazione per le parti comuni di un edificio rispetto ai lavori delle singole unità abitative) è di più difficile applicazione per i lavori rientranti nel sisma bonus, sia ordinario che super al 110%. Infatti, risulta più complicato stabilire i benefici di riduzione del rischio sismico derivanti dai lavori sulle parti comuni o sulle singole unità abitative.

Sostituzione del gruppo elettrogeno di emergenza: la detrazione fiscale

Per la sostituzione del gruppo elettrogeno di emergenza la detrazione fiscale è pari al 50%. Il contribuente deve pagare le spese sostenute con il “bonifico parlante” ai fini della detrazione nella dichiarazione dei redditi. La sostituzione può avvenire con generazioni a gas più moderni secondo quanto prevede il comma 3 bis dell’articolo 16 bis, del Testo unico delle imposte sui redditi.

Come si procede per la detrazione fiscale del bonus casa del 50% nel modello 730 di dichiarazione dei redditi?

Per la detrazione fiscale del 50% del bonus casa nel modello 730 di dichiarazione dei redditi è necessario utilizzare i righi E 41, E 42 ed E 43. Il contribuente deve aver sostenuto le spese, ai fini della dichiarazione dei redditi 2022, nell’anno di imposta 2021. La sezione di riferimento è la III A – Spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio, per misure antisismiche, bonus facciate e superbonus.

Esempio di contribuente che ha sostenuto spese del bonus casa nella dichiarazione dei redditi

Si faccia l’esempio di un il contribuente che ha fatto eseguire interventi di ristrutturazione nel 2019 e li ha proseguiti nel 2020. Le spese sono state sostenute negli anni 2019 e 2020. Nel modello 730 di quest’anno dovrà indicare:

  • al rigo E 41, nella colonna 4 il codice “1” corrispondente agli interventi particolari e il relativo importo di spesa;
  • rigo E 42, il codice “1” e il relativo importo di spesa;
  • al rigo E 43, il codice “1” e il relativo importo di spesa.

In questo modo si tiene conto del limite massimo di spesa ai fini della detrazione fiscale del 50% (96 mila euro) per i costi sostenuti negli anni precedenti. Nella colonna 9, infatti, per l’anno 2020 l’importo corrispondente non può eccedere la differenza tra il tetto di 96 mila euro e i costi sostenuti dal contribuente negli anni prima.