Ucina vs. Nautica Italiana: così si va a scogli

Il vizio tutto italiano di non sapere o non volere fare sistema, specialmente nei settori d’eccellenza della nostra impresa, rischia di mettere in difficoltà anche la nautica, alla vigilia del Salone Nautico di Genova.

Ci riferiamo alla clamorosa spaccatura che, nelle settimane scorse, ha visto quindici tra i principali cantieri di nautica italiana – tra cui Apreamare, Azimut-Benetti, Baglietto, il Gruppo Ferretti – lasciare Confindustria a causa, spiegarono in una nota, della “prolungata mancanza di attenzione al comparto nautico”. Gli stessi che, rimasti all’inizio in Confindustria, erano però usciti da Ucina un anno fa dando vita a Nautica Italiana. Ora, l’addio anche all’associazione di viale dell’Astronomia.

Una decisione che ha visto tuonare il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, il quale ha minacciato di non dare nemmeno “un euro l’anno prossimo” al Salone Nautico se non sarà raggiunto un accordo tra Ucina e Nautica Italiana. Perché, secondo Calenda, “dando vita a due associazioni che hanno litigato tra loro, il Salone è sprofondato”.

Un’uscita che ha portato alla reazione di Ucina, che per bocca del presidente, Carla Demaria, ha ribattuto a Calenda: “Siamo da sempre istituzionalmente al servizio di tutta la filiera e siamo quindi allineati con le richieste di unità di intenti espresse oggi dal ministro Calenda”.

Del resto, Ucina ha rinnovato la propria disponibilità a un incontro con Nautica Italiana alla presenza del sottosegretario Scalfarotto per il 24 settembre e, a seguire per il 27 o 28 settembre o per il 3 ottobre. Questo nonostante le dure parole riservate proprio al presidente Demaria dagli “scissionisti” di Nautica Italiana, all’indomani della loro uscita da Confindustria, quando dissero che Ucina è una “associazione presieduta da un dipendente di un gruppo francese, il gruppo Bènéteau, diretto concorrente della industria italiana. Un elemento poco compatibile per aziende impegnate a tenere alta l’immagine del Made in Italy nel mondo”.

Nautica Italiana, infatti, rimprovera a Ucina che le iniziative realizzate “a supporto della piccola nautica e di quella di grandi dimensioni” sono troppo poche e che il focus e i conseguenti investimenti sono solo sul Salone Nautico di Genova.

L’auspicio, all’inizio, era quello di creare un’unica federazione della nautica italiana sotto il cappello di Confindustria, iniziativa mai decollata perché, per la stessa ammissione di Confindustria e Ucina, “non potevamo ammettere anche Nautica Italiana, perché sono due associazioni dello stesso settore e comunque la maggior rappresentatività della nautica è ancora nostra”. E allora l’addio.

Insomma, una guerra tra poveri ricchi la cui unica vittima rischia di essere la nautica italiana (con le iniziali minuscole…), in un momento nel quale il mercato globale ha ripreso a tirare. Possiamo permetterci di perdere questo treno per le solite logiche di campanile?

UCINA punta sull’export

UCINA Confindustria Nautica vara il piano 2016 per il sostegno all’export, frutto di un’analisi dell’andamento dei mercati internazionali effettuata dal proprio Ufficio studi in collaborazione con alcuni istituti economici esterni.

Gli ultimi dati diffusi dall’Istat confermano che la ripresa in Italia è trainata dalle esportazioni, con un +3,7% dell’export italiano nel 2015. Pur rimanendo positivo, negli ultimi mesi rallenta il mercato degli Stati Uniti, a oggi il più dinamico per le imprese italiane, dove si è appena concluso il Miami International Boat Show. Decisamente immobile il mercato del Brasile, la cui economia nell’ultimo anno ha mostrato segni di forte difficoltà; deludenti le aspettative del Far East, mentre la Russia è continua a restare ferma e il Medio Oriente si trova ormai da tempo in una situazione di luci e ombre.

Per quanto riguarda l’Italia, i dati forniti da ASSILEA, Associazione italiana del leasing il cui direttore generale è membro del Consiglio di Presidenza di UCINA, il 2015 si è concluso con un aumento del 62% dello stipulato a fronte di un numero di contratti stabile. Il valore è salito a 240 milioni di euro. Il periodo post Salone Nautico di Genova ha visto firmati contratti di leasing nautico per oltre 20,1 milioni di euro nell’ultimo bimestre dello scorso anno, a fronte dei 14,9 milioni dello stesso periodo del 2014 (+35% circa in valore).

In questa congiuntura internazionale complessa, UCINA Confindustria Nautica rafforza il presidio nei mercati strategici a sostegno delle imprese italiane con un progetto a sostegno della nautica approvato dal ministero dello Sviluppo Economico e reso operativo da ITA-ICE Agenzia, che prevede interventi mirati a favorire l’internazionalizzazione delle aziende della nautica da diporto attraverso linee d’azione rivolte specificamente ai settori dei grandi yacht, della piccola nautica, nonché del comparto accessoristica nautica.

Il progetto prevede tre linee di azione specifiche per la nautica, con una serie di contributi volti a favorire la partecipazione di tutte le aziende, in una logica di filiera, alle più importanti rassegne internazionali. In particolare, le manifestazioni 2016 che prevedono la presenza istituzionale ICE – UCINA sono, oltre al BOOT di Dusseldorf che si è tenuto a gennaio e il Miami International Boat Show che si è appena concluso, il Dubai International Boat Show (1-5 marzo 2016) e il Fort Lauderdale International Boat Show, che si terrà a novembre.

L’Associazione sarà presente al Dubai International Boat Show con uno stand istituzionale ICE – UCINA all’interno dell’area “Equipment Supplies & Services” in un area di 30 mq che comprenderà anche un’area esposizione.

Dal 4 al 7 maggio prossimi, presso Itajaì, città brasiliana che ha ospitato due tappe del giro del mondo a vela in equipaggio, si svolgerà la seconda edizione del Fimar – Fiera dell’economia del mare Italia-Brasile. L’iniziativa bilaterale dedicata al design, alla tecnologia e alla subfornitura è frutto degli accordi firmati da ministero dello Sviluppo economico, UCINA e Governo dello Stato brasiliano di Santa Caterina: un’opportunità per le imprese di impianti, accessori, macchinari, meccanica, arredo e design, refit.

Una missione guidata dal vice presidente Piero Formenti all’Eurasia Boatshow di Istanbul, terminata la scorsa settimana, è stata invece tesa a valutare, attraverso una serie di incontri istituzionali, le opportunità del mercato turco anche alla luce delle ripercussioni delle vicende di politica internazionale sul Paese.

Abbiamo in campo molteplici attività in diverse parti del Mondo e con diversi interlocutori – conferma Carla Demaria, presidente di UCINA Confindustria Nautica – ma l’obiettivo è unico: aiutare e sostenere con contributi economici concreti, presenza istituzionale, accordi bilaterali e know how le attività di export delle nostre imprese”.

La nautica italiana fa rotta sul Brasile

Il Brasile è uno dei Paesi emergenti nei quali la nautica Made in Italy è più apprezzata. Dal 2015 ci sarà un appuntamento in più per far incontrare gli appassionati brasiliani della nautica italiana e le eccellenze che escono dai nostri cantieri nautici. Si chiama Fimar ed è la prima fiera italiana in Brasile dedicata a materiali e accessori per la nautica, che avrà luogo a Florianópolis, capitale dello Stato di Santa Catarina.

La manifestazione è frutto degli accordi bilaterali tra il ministero dello Sviluppo economico italiano, Ucina e il governo di Santa Catarina, promossi e sostenuti dall’Associazione Brazil Planet ed è stata presentata da Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, Giuseppe Tripoli, dg del ministero dello Sviluppo economico, Riccardo Monti, presidente dell’Agenzia Ice, Alfredo Malcarne, presidente di Assonautica italiana in rappresentanza del mondo della nautica.

Secondo i dati diffusi dall‘Instituto de Marinas do Brasil, il mercato della nautica nel Paese sudamericano è rappresentato da circa 120 cantieri navali, 257 fabbricanti di accessori e componenti, 580 marine e rimessaggi, 820 marine private e dentro condomini; 350 negozi nautici, di accessori e componenti e diverse migliaia di strutture legate al turismo nautico. Nel mercato della nautica brasiliana si contano circa 1.500 negozi e broker e circa 1.300 officine e negozi di accessori ed equipaggiamenti. Quasi tutti i grandi distributori del settore importano prodotti italiani, inclusi equipaggiamenti e accessori per nautica.

Proprio per questo alla fiera Fimar, organizzata dalla Brazil Planet in collaborazione con Assonautica e l’Associazione della nautica brasiliana Acatmar, saranno rappresentati impianti, accessori, materie prime e applicazioni, elettronica e domotica, macchinari, meccanica navale, motori e sistemi di propulsione, arredo, progettazione e design, lavorazioni conto terzi, sicurezza, refit & after sales, servizi e attrezzature per la vela.

Come ricorda il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, “tutte le indagini ci confermano che in Brasile il brand Made in Italy, in tutte le sue espressioni, ha un valore enorme. Fimar rappresenta quindi una interessante opportunità per le aziende che possono crescere grazie a joint-ventures con partner locali. Unioncamere e Assonautica italiana rivolgono particolare attenzione a iniziative come questa, che rappresentano un appuntamento di spicco per valorizzare la filiera della nautica e le imprese che vi operano”.

Nautica italiana, un settore da riportare a galla

Il caso della nautica italiana è uno dei più emblematici suicidi industriali. Uno dei settori che per decenni è stato fiore all’occhiello per l’artigianalità e la capacità tecnologica dei nostri cantieri, negli ultimi anni ha subito un progressivo indebolimento, che solo in minima parte si può imputare alla crisi economica mondiale.

I maggiori mercati per la nautica italiana sono infatti al di fuori dell’Europa, tra Stati Uniti, Sud Est Asiatico, Cina, Russia e Medio Oriente, tutte zone in cui i tassi di crescita dell’economia sono sempre stati alti, a dispetto della crisi. Quello che, invece, ha ucciso la nautica italiana, è stato un accanimento politico che, specialmente con i governi tecnici, ha penalizzato il settore punendo i suoi fruitori, con misure folli dal punto di vista fiscale prese contro i possessori di imbarcazioni da diporto.

Un debito, quello della politica nei confronti della nautica italiana, sottolineato nei giorni scorsi dal ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Maurizio Lupi all’apertura del Salone Nautico Internazionale di Genova: “Questo è un settore di cui dobbiamo andare orgogliosi – ha detto Lupi –, il mare è una risorsa, non può essere una negatività. Chi possiede una barca deve essere guardato con orgoglio, non può essere considerato un evasore“, riferendosi ai controlli fiscali compiuti sui possessori di barche negli anni passati.

La nautica italiana ha sofferto al di là della crisi anche per i nostri errori – ha aggiunto – ma è inutile andare a cercare chi ha sbagliato, dobbiamo ripartire tutti insieme“. Fatto sta che le tasse imposte allo stazionamento delle barche nelle marine, la caccia all’evasore e l’equazione armatore = evasore scatenata dagli ultimi governi hanno fatto fuggire dai porti italiani migliaia di barche, facendo la fortuna delle marine, spesso migliori e più attrezzate, di Paesi vicini come Spagna, Croazia e Francia.

In effetti dal Salone di Genova, una certa voglia di rilancio per la nautica italiana è venuta. L’industria del settore, che ha visto il proprio fatturato crollare di oltre il 60% negli ultimi sei anni, ha risposto alla crisi con 180mila metri quadrati di esposizione, 760 marchi, 1000 barche, 100 novità e una previsione di crescita del fatturato per il 2014 del 5,5%, dopo anni di flessione che hanno portato il fatturato del settore della nautica italiana dai 6,4 miliardi nel 2008 (all’inizio della crisi), ai 2,4 nel 2013.

Parole confortanti sono venute anche dal vice ministro allo sviluppo economico Carlo Calenda: “Alla nautica italiana, tra supporto al Salone e fiere, abbiamo portato quest’anno 1,7-1,8 milioni. Il prossimo anno pensiamo si possa arrivare a 5 milioni, 2 dei quali dedicati al Salone di Genova. Ma ci vuole un progetto fatto dall’industria e per l’industria“. Altro punto dolente della nautica italiana, che sconta il difetto tipico del nostro Paese, ovvero l’incapacità di fare sistema, anche se i misura minore rispetto ad altri settori produttivi.

Tutti ci stanno aiutando a 360 gradi“, ha confermato il presidente di Confindustria Nautica Massimo Perotti, ricordando fra i provvedimenti varati dal governo la legge sui Marina Resort, che riduce l’Iva applicata a chi sosta nei porti turistici, e il registro telematico che ha permesso la riduzione dei controlli in mare. Proprio su sollecitazione di Perotti, dal vicecapogruppo del Pd alla Camera Paola De Micheli è arrivato l’impegno a rendere stabile il provvedimento sui Marina Resort che termina a fine 2014.

Perotti ha anche ricordato che c’è ancora da lavorare sull’avvio del nuovo codice della nautica italiana e sull’acquisto in leasing delle imbarcazioni “con una interpretazione allargata del disegno di legge che consenta alle banche di chiedere agli acquirenti garanzie accessorie“.

Insomma, se la nautica italiana era colata a picco, oggi più che mai industria e politica la devono portare a galla. Perché torni a navigare come una volta, serve ancora tempo.