Lavoro estivo? Meglio se fisso

Una volta, in estate, a cercare lavoro erano soprattutto i ragazzi, desiderosi di mettere da parte un po’ di soldi per togliersi qualche sfizio o per cominciare ad affrancarsi da mamma e papà, approfittando della chiusura delle scuole. Oggi, complice soprattutto la crisi, l’estate è diventata stagione di ricerca di lavoro per molti.

Lo conferma un’indagine condotta da Jobrapido su un campione di circa 2.500 iscritti alla propria community italiana, dalla quale emerge che il 62% degli italiani che cercano un lavoro durante l’estate lo fanno sperando che possa diventare un’occupazione fissa; accanto a loro, il 24,5% degli intervistati lo fa per arrotondare uno stipendio che ha già, trasformando un hobby in un lavoro. Quasi la metà di chi cerca un lavoro per l’estate (il 48%) lo fa attraverso il web e i social network, solo un quarto (il 26,5%) utilizzando contatti e conoscenze.

Non manca, anche in estate, chi è pronto a espatriare per lavorare: è il 41% degli intervistati, contro un 26% che ha ancora diffidenza verso la cultura straniera e una possibile esperienza all’estero.

Importante anche, per buona parte degli intervistati (il 60%), che l’impiego sia vicino a casa, mentre solo il 16,5% vorrebbe lavorare in luoghi di vacanza. E, a proposito di ferie, non manca naturalmente chi, in estate, anziché lavorare preferisce godersi le vacanze: sono solo il 2,5%, contro un 7% che vorrebbe lavorare solo a giugno e luglio, confermando agosto come il mese migliore nel quale svolgere un lavoro estivo.

Mercato del lavoro e flessibilità? Incompatibili

Il mercato del lavoro italiano non è certo uno dei più elastici in Europa. Sono diversi i fattori che contribuiscono alla sua rigidità e molti gli aspetti di modernità che ancora gli mancano per poter fare il salto di qualità di cui ha bisogno.

Uno dei campi nei quali si misura il ritardo dell’Italia è quello del lavoro flessibile, come testimoniato dalla survey Future People: Le postazioni di lavoro nell’era della trasformazione digitale, realizzata da Cornerstone OnDemand e IDC e svolta sul mercato del lavoro di 16 Paesi europei.

L’indagine ha analizzato il mercato del lavoro di Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Polonia Spagna, Svezia e Svizzera e ha posizionato il nostro Paese al decimo posto per quanto riguarda la capacità delle nostre imprese di implementare policy di digitalizzazione a favore della flessibilità di orari e spazi di lavoro. Una scarsa attenzione che porta i dipendenti italiani a raccomandare il proprio posto di lavoro solo nel 59% dei casi, contro una media europea del 71%.

In sostanza, il mercato del lavoro rigido ed eccessivamente regolamentato presente nel nostro Paese fa sì che le imprese di casa nostra diano poco valore al lavoro flessibile, senza comprendere le potenzialità che esso ha per il benessere dei dipendenti.

Secondo la survey, le imprese italiane si pongono dunque sul mercato del lavoro con percentuali non all’altezza per quanto riguarda alcuni aspetti determinanti nel campo della flessibilità lavorativa. Nello specifico solo il 67% di loro propone attività ricreative sul posto di lavoro, uno scarso 58% mette a disposizione postazioni di lavoro flessibili, il 66% si serve di open space, il 69% utilizza sistemi IT accessibili da nuovi device e il 76% attua orari flessibili. Percentuale dignitosa solo sul fronte della mobilità interna: 86%.

Conclude il quadro poco edificante la scarsa importanza che le imprese italiane attribuiscono, nelle loro policy, alla condivisione e alla collaborazione: solo il 53% dei dipendenti è incoraggiato ad assumersi nuove responsabilità, il 51% è stimolato a condividere la conoscenza o viene coinvolto nei processi decisionali aziendali e a un misero 43% è spinto sono affidate decisioni importanti da prendere in autonomia.

Chi cerca lavoro in Italia?

Che faccia ha l’italiano che cerca un lavoro? Come si muove? Quali sono le sue aspettative di carriera? A queste e ad altre domande ha provato a dare una risposta l’Osservatorio InfoJobs sul Mercato del Lavoro 2015, dal quale emerge anche che le offerte di lavoro in Italia hanno registrato un aumento del 33%.

Tornando all’identikit del candidato in cerca di un nuovo lavoro, dall’analisi InfoJobs emerge una persona giovane, con una buona esperienza in ambito lavorativo alle spalle e con una formazione medio-alta. I candidati sotto i 35 anni superano la metà del campione totale (54,1%) e in larga parte hanno una esperienza di 3-10 anni di lavoro (41,6%) e almeno il diploma di maturità (44,7%).

Il 54,1% degli under 35 alla ricerca di lavoro è composto per il 42% da persone nella fascia 26-35 anni e per il 12,1% da under 25 anni. A seguire, la fascia 36-45 rappresenta il 29,4% del campione, mentre il range 46-55 anni occupa il 12,7% sul totale. Solo il 3,7% supera i 55 anni.

Quanto all’esperienza maturata nel mondo del lavoro, vincono i candidati con 5-10 anni di lavoro (22,7%), seguiti quanti hanno un percorso lavorativo di più di 10 anni (21,2%) e da coloro chi ha maturato un’esperienza di 3-5 anni (18,9%). Percentuali leggermente inferiori per i candidati che hanno maturato fino a 2 anni di esperienza (8,7%) e per quelli con la sola esperienza di stage (8,7%).

Per quanto riguarda la formazione, i percorsi analizzati dall’Osservatorio InfoJobs 2015 parlano di un 44,7% in possesso di diploma di maturità, seguiti dai laureati (28,5%, di cui il 17,7% in possesso di laurea specialistica e il 10,8% di laurea breve), e da chi si è invece fermato alla Licenza media (14,8%). Percentuali minori per i master (3,6%) e per i dottorati di ricerca (0,6%).

Sul fronte della provenienza geografica dei candidati iscritti al portale InfoJobs, viene dalla Lombardia il 23,7% del campione, seguita dal Lazio (11,5%), dal Piemonte (9%) dall’Emilia-Romagna (8,7%) e dalla Campania (8,3%). Leggermente più staccato il Veneto (7,9%) che precede Toscana e Sicilia (entrambe al 5,6%), Puglia (5,3%) e Liguria (2,2%).

Infine, il focus sulle lingue straniere più parlate dai candidati rivela che la predominanza dell’inglese (con il 93,9% del totale), seguito dal francese (36,3%) e dallo spagnolo (20,2%). Completano la top 5 il tedesco (10,2%) e il russo (2,3%). Il 34% dei candidati parla due lingue straniere, il 48,6% una, mentre il 13,7% tre.