Nuove partite Iva o nuova povertà?

All’inizio della crisi, l’apertura di nuove partite Iva sembrava la via più facile per reinventarsi se espulsi dal mercato del lavoro. Purtroppo, la tendenza si è fermata ben presto e i numeri relativi alle aperture di nuove partite Iva hanno cominciato, mese dopo mese, un inesorabile calo.

Anche a settembre 2014 la tendenza si è confermata, dopo il calo già sensibile di agosto anno su anno (-4%): la flessione a settembre nel numero di nuove partite Iva è stata dello 0,2%, per un totale di 41.190 nuove partite Iva.

La distribuzione per natura giuridica mostra che le persone fisiche hanno avviato il 74,2% delle nuove partite Iva, il 20% lo hanno fatto società di capitali, il 5% società di persone, in fondo alla classifica i “non residenti” e “altre forme giuridiche” (1%).

Rispetto al mese di settembre 2013, si registra un aumento di nuove partite Iva per le sole società di capitali (+16%), mentre le altre forme giuridiche mostrano un calo, più marcato per le persone fisiche (-3,3%) e più contenuto per le società di persone (-0,9%).

Riguardo alla ripartizione territoriale, il 42,2% delle nuove partite Iva si è registrato al Nord, il 22,7% al Centro e il 35% al Sud e Isole. Crescono la Basilicata (+9,9%), l’Abruzzo (+6,4%) e la Liguria (+4,9%), calano la provincia di Trento (-11,4%), la Sicilia (-6,9%) e la Valle d’Aosta (-6,4%).

Il commercio continua a registrare il maggior numero di nuove partite Iva (26,1%), seguito dalle attività professionali (12,3%) e dall’edilizia (9,4%). Relativamente alle persone fisiche, la ripartizione è relativamente stabile, con il 63,7% di aperture di nuove partite Iva da parte del genere maschile. Il 48,6% viene avviato da giovani fino a 35 anni e il 34,4% da persone comprese nella fascia dai 36 ai 50 anni. Rispetto settembre 2013, tutte le classi di età registrano cali, ad eccezione di quella più anziana (over 65).

Da notare infine che a settembre 11.142 persone fisiche, pari al 27,1% del totale delle nuove partite Iva, hanno aderito al regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità; un regime che limita per cinque anni l’imposta dovuta al 5% degli utili dichiarati, esonerando i contribuenti interessati dal pagamento di Iva ed Irap.

Nonostante questo, però, la sensazione che dietro al calo di nuove partite Iva ci sia il timore sempre più forte di andare incontro a un futuro di povertà è forte. In questo senso, la ricerca della Cgia di cui abbiamo parlato lunedì ha confermato il segnale.

Alessandrucci: “Basta discriminare le partite Iva”

Sono passati diversi giorni dalla pubblicazione dei dati dell’Osservatorio sulle partite IVA sulle nuove aperture nel mese di aprile (-3,3% rispetto al corrispondente mese dell’anno precedente), ma il polverone suscitato dai numeri deludenti non accenna a placarsi. Dopo le interviste della settimana scorsa ad Anna Soru e Mauro Bussoni, oggi abbiamo incontrato Emiliana Alessandrucci, presidente CoLAP.

Nei giorni scorsi il ministero dell’Economia ha reso noti i dati relativi alle nuove partite Iva aperte nel mese di aprile che certificano un calo del -3,3%, come leggere questo dato?
Il calo delle partite iva era un dato che prevedevamo; e ne conosciamo bene le cause: costi, difficoltà del mercato, assenza di attenzione dalle Istituzioni. Se guardiamo i dati della gestione separata dell’INPS ci rendiamo conto che i professionisti in media guadagnano intorno ai 900 euro netti al mese, sono sotto la soglia della sopravvivenza! L’iva, il contributo previdenziale al 27 % rendono insostenibile la libera professione; i vincoli imposti da Regioni, dallo Stato, da tutta una serie di prescrizioni (oggi anche il MISE decide di obbligare l’iscrizione alle camere di commercio ai professionisti associativi, senza dare in cambio NULLA e in controtendenza rispetto alle iniziative del Governo che tendono a chiudere le CCIA!)non permettono la crescita del nostro settore, nonostante abbiamo competenze, esperienze e innovazione da proporre al mercato. Quello di cui necessitano i nostri professionisti non sono finanziamenti dopanti, ma apertura di opportunità che parta dalla rimozione di vincoli; stiamo lavorando ad un emendamento al codice degli appalti che permetta di inserire tra i soggetti affidatari dell’appalto pubblico anche i professionisti associativi ai sensi della legge 4/2013, questa è l’apertura di nuove possibilità a costo zero; stiamo contribuendo alla riformulazione del titolo V della Costituzione per riportare le professioni sotto l’egida dello Stato, le Regioni troppo spesso in autonomia hanno creato blocchi e sbarramenti alla libera circolazione dei professionisti in Italia… Se il Governo comincerà a riconsiderare il mercato del lavoro includendo anche tutti i lavori flessibili e autonomi questo nostro Paese sarà in grado di offrire nuova occupazione e a progettare la Sua ripresa.

Quando saranno riscontrabili le prime inversioni di tendenza?
Inversioni di tendenza ci saranno solo se verranno attuati provvedimenti volti a valorizzare il lavoro autonomo e la piccolissima impresa; non si può prevedere una ripresa senza: abbassamento della percentuale contributiva della gestione separata dell’INPS, esigibilità delle tutele previste, implementazione delle opportunità professionali. I nostri professionisti hanno diritto all’attenzione degli altri lavoratori.

Andando più nel dettaglio, rispetto ad aprile dello scorso anno, si registra un aumento di aperture delle società di capitali (+12,6%), come si spiega un aumento così importante di queste forme giuridiche assunte da imprese di medie e grandi dimensioni operanti nei diversi settori produttivi?
Non esiste una sola risposta a questa domanda; i fattori che hanno incentivato la crescita delle grandi società di capitale possono essere tante: l’attenuazione della responsabilità e del rischio individuale, la possibilità di accesso ai grandi appalti, la sicurezza di un sistema di welfare che supporta i lavoratori delle grandi imprese e quindi le grandi imprese, l’esigenza di creare strutture capaci per dimensione e capitale di nascere in Italia (usufruendo di diversi incentivi e benefit) e spostarsi poi in paesi a basso costo di manodopera, a fisco ridotto, a tutele inesistenti. L’Italia resta ancora un paese fortemente “industriale”, a carattere produttivo. Ma credo che una visione politica ed economica lungimirante dovrebbe tendere a promuovere un processo di terziarizzazione più forte e competitivo. Siamo ancora un paese che produce “cervelli” e questo dobbiamo imparare a valorizzarlo, a valorizzare le competenze, la capacità di trasferirle, e di fare innovazione; questo è il lavoro del terziario a disposizione della produzione; noi troppo spesso ci concentriamo sul fattore produzione senza pensare ai valori aggiunti che il nostro paese, le nostre risorse sono in grado di offrire.

Jacopo MARCHESANO

Partite Iva, in autunno nuove norme

I recenti dati resi noti dall’Osservatorio sulle partite IVA sulle nuove aperture nel mese di aprile (-3,3% rispetto al corrispondente mese dell’anno precedente) non hanno colto impreparato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che, intervenendo alla Festa della Cisl, ha preannunciato grandi cambiamenti dal prossimo autunno: «stiamo lavorando su questo problema – ha dichiarato il presidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane e ministro del Governo Renzi – ci sarà una serie di nome su questo tema”. Per esempio sulle partite Iva ci sarà una “logica che dice che quelle che sono false vanno fatte fuori, perché devono essere dipendenti, a quelle vere bisogna dare una mano».

«Forme mutualistiche o assicurative» ha assicurato Poletti per tutelare le partite Iva e i lavoratori parasubordinati nei confronti dei datori di lavoro. Intervenuta in merito, il segretario della Cgil Susanna Camusso ha invitato il titolare del Welfare a un intervento immediato di rifinanziamento della cassa integrazione in deroga «perché le aziende stanno licenziando e servono strumenti di sostegno al reddito». Qui Poletti ha però invitato a non sovrapporre sempre e comunque le irrinunciabili politiche sociali con quelle del lavoro, perché «se si è fuori da 10 anni dal mercato non si può dire che va tutelato con le politiche del lavoro»

SUL TEMA LEGGI L’INTERVISTA AD ANNA SORU, PRESIDENTE DELL’ACTA

Per completare la giornata sono arrivate anche le dichiarazioni del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi nel suo intervento all’assemblea di Assolombarda«I primi segnali di riforma del mercato del lavoro lanciati dal Governo sono promettenti e positivi. Occorre adesso il coraggio di varare una riforma radicale degli istituti passivi e attivi del mercato del lavoro, rispetto cui ci sono ancora troppe ancore conservative da parte sindacale – ha dichiarato il presidente della principale organizzazione rappresentativa delle imprese manifatturiere e di servizi italiani  – Se non lo si crea, il lavoro è difficile da tutelare e tutelandolo con vecchi schemi lo si distrugge lentamente. Un solido sistema di protezione nelle situazioni di ristrutturazione e servizi aperti di orientamento e di collocamento, in concorrenza vera fra pubblico e privato, sono la risposta riformista che vorremmo».

Jacopo MARCHESANO

Nuove partite Iva in calo

Guardando i dati sulle aperture delle nuove partite Iva, si possono capire tante cose sull’andamento dell’economia e sul cosiddetto “sentiment” degli operatori economici.

Secondo l’Osservatorio sulle partite IVA, i dati aggiornati al mese di aprile 2014 parlano di 45.879 nuove partite Iva aperte, con un moderato calo (-3,3%) rispetto al corrispondente mese del 2013. Dai dati resi noti dal Dipartimento delle Finanze, emerge che la quota relativa alle persone fisiche nelle nuove aperture è del 72,8%, le società di capitali sono il 20%, le società di persone il 6,4%, mentre la quota dei cosiddetti “non residenti” e le “altre forme giuridiche” sono solo lo 0,7% del totale.

Andando più nel dettaglio, rispetto ad aprile dello scorso anno, si registra un aumento di aperture dellesocietà di capitali (+12,6%) che, secondo il Dipartimento, è “legato verosimilmente alle recenti norme civilistiche che facilitano l’apertura di società a responsabilità limitata”. Giù le aperture di persone fisiche (-6,7%) e di società di persone (-7,1%).

Guardando la ripartizione territoriale, si nota che il 42,5% delle partite Iva avviate ad aprile è localizzato al Nord, il 22,6% al Centro e il 34,8% al Sud e Isole. Le regioni nelle quali si registrano le flessioni più evidenti sono la Puglia (-9,9%) e la Toscana (-9,8%).

Osservando la ripartizione per sesso, relativamente alle persone fisiche, si nota una certa stabilità: i maschi risultano intestatari del 64% di nuove partite Iva. Sul totale, il 48% delle aperture è avvenuta da parte di giovani fino a 35 anni e il 34% nella fascia 36-50 anni. La prima delle due fasce registra il maggiore calo di aperture anno su anno (-10,3%), mentre è in lievissima crescita la fascia over 65 (+0,5%).

Infine, un’occhiata ai settori produttivi. Ilcommercio si conferma al primo posto con un numero di aperture di partite Iva pari al 23% del totale; seguono le attività professionali con il 14% e l’agricoltura con l’11%. Rispetto all’aprile 2013, tra i principali settori, gli aumenti maggiori si notano nell’agricoltura (+4,9%), nei servizi informativi (+4,4%) e nell’alloggio/ristorazione (+3,7%), mentre i cali più consistenti si osservano nelle attività finanziarie (-38,6%, un vero crollo) e nell’edilizia (-9,2%).

Popolo delle partite Iva tra numeri e scarse tutele

Come ogni mese, il ministero dell’Economia comunica i dati relativi alle nuove partite Iva. Stando ai freddi numeri, a febbraio ne sono state aperte 50.915, con una riduzione dello 0,7% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. La quota relativa alle persone fisiche si attesta al 72,7% del totale, le società di capitali sono il 20%, le società di persone il 6,7%, mentre la quota dei cosiddetti “non residenti” e “altre forme giuridiche” sono solo lo 0,6%.

Rispetto al febbraio 2013, le nuove società di capitali sono le uniche che registrano un aumento (+11,5%), mentre calano le società di persone (-13,9%), così come le aperture intestate a persone fisiche (-2,3%)

Circa il 43% delle nuove partite Iva è al Nord, il 22,5% al Centro e il 34,5% al Sud ed Isole. Gli incrementi maggiori anno su anno si sono avuti nella Provincia Autonoma di Trento, in Calabria ed in Campania, mentre le flessioni più forti si sono registrate in Valle d’Aosta, Friuli e nella Provincia Autonoma di Bolzano. Il commercio continua a registrare il maggior numero di aperture di partite Iva pari al 23% del totale, seguito da attività professionali 16% ed edilizia 9,5%.

Detto questo, che cosa spinge una persona, oggi ad aprire una partita Iva, dal momento che la categoria pare godere di sempre meno tutele? Tralasciando il solito qualunquismo anacronistico di certa parte del sindacato (recentemente il segretario della Cgil Susanna Camusso ha parlato degli “evasori” che lavorano a partita Iva), va sottolineato come il recente Jobs Act del presidente del Consiglio Renzi abbia messo sul piatto la proposta di integrazione delle buste paga dei lavoratori dipendenti con 80 euro al mese e come questa misura sia stata fortemente criticata dall’Acta, l’associazione del terziario, per il fatto che ad usufruirne non siano anche i lavoratori indipendenti.

All’obiezione il ministro del lavoro Poletti ha risposto che il Jobs Act contiene misure per i precari delle partite Iva, quando si occupa della liberalizzazione dei contratti determinati (ossia agevolazioni fiscali per i primi tre anni di assunzione a tempo determinato) che dovrebbe portare alla diminuzione dei rapporti di dipendenza nascosti dietro false partite Iva. Un po’ poco per una figura, quella del partitivista, in continua evoluzione.

Chi lavora a partita Iva, oggi, è un imprenditore, un professionista, una falsa partita Iva ma anche un lavoratore indipendente spesso iscritto alla gestione separata Inps e, se giovane, inquadrato nel regime dei minimi. Una categoria per la quale la pressione fiscale è la stessa dei lavoratori, dipendenti ma senza le medesime tutele. E parliamo di circa 1 milione e mezzo di persone.

Delle 527mila partite Iva aperte nel 2013, il 78.4% è relativo a a persone fisiche e di queste il 50% si riconduce ad under 35. Un fenomeno, quindi da considerare in tutta la sua urgenza, visto che la regolarizzazione di questa categoria di partite Iva deve necessariamente vedere una equiparazione da parte dell’Inps a quella dei lavoratori dipendenti (aliquota media a carico del lavoratore del 9,2%) oltre all’introduzione del salario minimo, stimato sulla base del malefico Ddl Fornero, a 18mila euro lordi annui.

Sicuri che il popolo delle partite Iva possa essere ancora per tanto tempo dimenticato e lasciato a se stesso?

La crisi avanza, le partite Iva anche

La crisi non ferma chi vuole mettersi in proprio: sono infatti aumentate del 7,4% le richieste di apertura di nuove partite Iva nel mese di marzo. E se si fa il confronto con febbraio 2012, l’incremento è del 12,4%.
Ma, vedendo nel dettaglio questi dati, emerge che, per la maggior parte, il 77,7% del totale, si tratta di persone fisiche, che sopperiscono alle perdite relative alle altre forme giuridiche.

Dal punto di vista del territorio, invece, non c’è una netta maggioranza.
Se, da un lato, è il Nord ad aver aperto il più alto numero di partite Iva (il 41,5%), seguito dal Centro (il 23,2%) e dal Sud (il 35,2%), i risultati che riguardano le macro aree geografiche evidenziano differenze sostanziali a livello regionale.

Per fare un esempio concreto, se la Campania ha registrato un aumento del 21% rispetto a marzo 2011, il Molise perde ben 8,8 punti. Tra le due isole maggiori, è la Sicilia a portarsi avanti, con un +16,98%.
E poi, se nel Nord-ovest l’incremento è piuttosto contenuto, con la Valle d’Aosta in testa con un +11,2%, il Nord-est non ha registrato sensibili cambiamenti rispetto ad un anno fa, a parte Bolzano, che spicca con un considerevole +21,53%.
Al Centro, infine, nel Lazio le partite Iva sono cresciute del 13,40%.

Per quanto riguarda i settori di occupazione, molto gettonato il commercio (22,2%), seguito dalle attività professionali (15,8%).
Molto bene è il ramo servizi, che registra il 10,8% di aperture in più rispetto a marzo 2011 e il 51,8% del totale. Anche se, in questo settore, calano del 12,6% le attività immobiliari.
Attività imprenditoriali più in evidenza sono quelle legate all’agricoltura (+14,3%), ed in particolare il comparto pesca acquacoltura che arriva quasi al 40% di crescita.
In discesa il settore industriale, dello 0,8%, a causa soprattutto della crisi dell’edilizia (-2,4%).

Ad aprire nuove partite Iva sono stati, per il 65%, uomini, 31.428 in tutto, mentre le donne sono 16.995, anche se in positivo del 13,60% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Dal punto di vista dell’età anagrafica, sono i giovani fino a 35 anni a primeggiare (24.820), rappresentando più della metà dei nuovi entrati a tale criterio.
La percentuale, confrontata con marzo 2011, cresce del 23,38%, 15.710 gli uomini, 9.110 le donne.

Vera MORETTI